Hammerfest, la città del Reale e Antico Circolo dell'Orso Bianco

Conclusa una "cerca dell'anello" che neanche Tolkien se la sognava e di cui non racconteremo, siamo andati a vedere le incisioni rupestri e il museo della preistoria di Alta. La struttura si trova appena fuori della città, lungo la strada che porta a Tromsø. L'esposizione non presenta nulla di particolarmente rilevante, a mio avviso, ma il percorso esterno che scende sulla riva del fiordo sino alle scogliere con le incisioni rupestri non solo è interessante ma piacevole da seguire, tra riflessi azzurri del mare, e prati di eriche color lavanda che si agitano al vento. La giornata è piovosa ma, perlomeno durante questa passeggiata ci ha dato un po' di tregua.
Quindi, una breve visita ad Alto per ammirare la sua cattedrale detta dell'Aurora Boreale. Audace architettura in cemento e titanio il cui campanile sale come una torretta da fortezza fantasy. Anche Alto, si vanta del titolo di città più a nord del mondo. Non è la sola. Come mai? Sul fatto di chi sta più a Nord c'è poco da discutere. Se la giocano tutta sul titolo di "città". E da quel che ho capito, ne sono nate beghe mica da ridere. Anche Alto, ha voluto una "cattedrale" perché le cattedrali sorgono solo sulle città. Che la popolazione non arrivi alle 20 mila anima, poco importa. Ottenuta - e non senza fatica - la nomina di Cattedrale dell'Aurora Boreale per la sua chiesa dai vertici episcopali e dalla Corona, è riuscita a diventare "città". Ed ha fatto le scarpe a Tromsø (che continua però imperterrita a definire se stessa, la città più a nord del mondo).
Lasciate ai norvegesi le loro beghe, siamo saliti ancora sulla penisola che ha sul suo vertice Capo Nord. Trovato il B&B nell'anonima cittadina di Skaidi, siamo andati ad Hammerfest, altra "città" più settentrionale del mondo, eccetera eccetera. Le case di Hammerfest - poco più di 10 mila abitanti - sorgono su un'isola collegata al continente da un lungo ponte. Di interessante la città ha la sua storia, una battaglia ecologica e una Regia e Antica Società dell'Orso Polare. La storia (in breve perché ve la potete leggere anche su Wikipedia): crocevia di pesca e di caccia a foche e orsi, la città è stata più volte distrutta da, in ordine: inglesi, incendi, tempeste marine, ancora incendi e nazisti in fuga. Eppure oggi è ancora qua e si è costruita un futuro con la pesca, il porto e pure con un assai poco ecologico impianto di liquefazione del gas proveniente dall'immenso pozzo di Snøhvit, nel mare di Barents. Eh sì! Ancora energie fossili. Eppure gli effetti dei cambiamenti climatici si stanno facendo sentire pure qui.
Meglio parlare della Regia e Antica Società dell'Orso Polare. Che poi tanto antico non è, visto che è nata nel 1963, pure se con la benedizione della Corona norvegese. Il circolo è assolutamente esclusivo. Vi possono accedere solo coloro che bussano alla sua porta (leggi: che hanno avuto la pazienza o la pazzia di arrivare sin qui) e pare che abbiano risposto picche pure ad Elvis Presley che ci teneva tanto a diventare un orsacchiotto. Cosa fa la Regia ed Antica eccetera eccetera? Niente se non organizzare una festa a Hammerfest ogni gennaio. Periodo non esattamente adatto alle feste all'aperto a queste latitudini. Diciamo però che se non fa nulla di buono perlomeno non fa niente di male. E poi se ti associ ti danno una spilla, il distintivo e pure l'osso del pene di un tricheco in testa a mo' di battezzo. Volete mettere la soddisfazione?

Lungo il Lyngenfiord

Undici arcate che sembrano blocchi di ghiaccio frantumati. Vista da fuori, la cattedrale dell'Artico fa la sua bella figura imponente, proprio sopra una collina situata ai piedi del lungo ponte che porta a Tromsø. Sembra messa lì per salutare i viaggiatori che lasciano la cittadina. Una specie di biglietto da visita per chi se ne va. La nostra destinazione odierna è Alto. Più precisamente la prima periferia di Alto, dove abbiamo prenotato un B&B. Ma questo che doveva essere solo una tappa di trasferimento si è rivelato un emozionante viaggio sugli stupefacenti sfondi dei fiordi.
Alte montagne come le Lyngsalpene, le Alpi di Norvegia, stracciavano le bianche nubi che osavano sorvolare le loro cime e poi sprofondavano con arditi muri di rocce nel mare di un azzurro turchino che ci regalava magici bagliori di un sole sempre più basso ed eterno. Case rosso cupo di pescatori con le rete sui moli, villette dall'architettura audace con enormi balconi spalancati sull'azzurro del cielo e giardini colorati di fiori. Renne incuranti della presenza umana che attraversavano indisturbate la strada, inconsuete secche coperte di lucenti alghe marroni che contrastavano il celeste del mare. Grandi ghiacciai candidi si adagiavano tra le vette più alte e si stendevano quasi sino alla riva del mare. Torrenti, cascate e laghi dalle gelide acque verde scuro, si incastravano nelle spaccature dei rilievi ondulati coperti di umida erba che scavalcavano le catene montuose. La strada da Tromsø ad Alto che costeggia il Lyngenfiord ci ha ripagato della mezza delusione della costiera senza mare di Finlandia. L'intero percorso ha richiesto tra le cinque e le sei ore di guida, e soltanto perché due pratici traghetti ci hanno consentito di tagliare i fiordi, risparmiando un bel po' di tempo e di fatica.
Alla fine della giornate siano arrivati alla metà. Il B&B dove siamo stati accolti è la casa di una signora danese. Non è la prima volta che troviamo stranieri in queste strutture. Ieri - lo abbiamo scoperto solo prima di andar via - il proprietario era un imam, credo nordafricano, presidente di una associazione culturale islamica. Due giorni fa, è toccato un argentino della Patagonia. All'inizio del viaggio, un curdo di Kobane. La danese comunque, è una bella sorpresa. Ha messo le tendine scure alle finestre! Bene! Potrò dormire senza benda. Se penso a tutte quelle enormi finestre fagocitanti di luce ed a quelle criminali tendine trasparenti…

Tromsø

Siri (suadente voce femminile): Tra 700 metri continua sulla E8
TomTom (altra voce femminile altrettanto suadente): Tra 700 metri gira a destra
Google Maps (ancora una voce femminile, sia pure un poco più metallica): Scusate ragazze, non per polemizzare, ma tra 700 metri bisogna girare sì, ma a sinistra
Siri: Ma l'umano che indicazione ha dato a voi? A ma ha detto che vuole andare a Tromsø!
Google Maps: Tromsø, sì! Pure a me ha detto: 'Ok Google, portami a Tromsø". E Tromsø è a destra!
TomTom: Ma quale destra? Forse avevi inserito qualche preferenza strana, tipo "Evita i pedaggi o le autostrade".
Google Maps: Sì! "Evita le strade con le deviazioni a destra che ho lo sterzo che non funziona da quel lato!" Ma dai! Sono un navigatore serio, io!
TomTom: Proprio tu? Ma se l'altro giorno volevi farlo entrare su una galleria solo che non c'era la galleria?
Google Maps: E che c'entra? Se l'umano non aggiorna l'applicazione, mica è colpa mia! Tu piuttosto che non lo avverti se corre sotto il naso di un autovelox!
TomTom: Quello è un servizio a pagamento! Se come umano ci è toccato un pitocco io che c'entro?
Siri: E' mai possibile che una intelligenza artificiale come me - e una intelligenza artificiale della Apple, eh? Mica cazzi! - debba stare qui a discutere con due navigatori neppure capaci di misurare una riga con un righello! Per non parlare di quando al confine vi siete dimenticate di aggiornare l'ora sul nuovo fuso!
TomTom: Oh! Sentitela Miss Mela tiro da prima della classe! Io perlomeno coi satelliti ci parlo! Tu a che cazzo di satellite ti sei attaccata per trovare una strada che porta a Tromsø continuando sulla E8 che lo sanno anche le biciclette che per quella strada si arriva a Beirut?
Google Maps: Eppure io con i satelliti ci parlo! E volete proprio saperlo cosa mi dicono di voi due? Che non si fiderebbero nemmeno di chiedervi la strada per il cesso di casa!
Siri: Ah sì? Ah sì? E allora sapete cosa vi dico? Trovatevi la strada per quel cesso e ficcatevi un…

Stop. Spente tutte e tre. Questo per dire che un uomo con un orologio sa sempre che ora è ma uno che ne ha tre non è mai sicuro. In Norvegia il navigatore ha dato dei problemi di precisione ma chiedere a Siri, al TomTom Portatile e a Google Maps è servito solo a complicare l'errore.
Tromsø lo raggiungiamo con i cartelli che è meglio!
Scesi dalla montagna dei troll con lo zaino sulle spalle e sotto la pioggia, abbiamo salutato quella specie di B&B modello avventura gestito da quella strana coppia lei norvegese lui argentino. Lasciata l'isola di Senja, ci siamo diretti verso Tromsø, la più grande città del mondo sopra il circolo polare artico. Siamo quasi al 70esimo parallelo.

La strada è molto bella. Corre su un manto d'asfalto che non ha nulla da spartire con quello devastato di Senja, e ci regala spettacolari vedute sul fiordo e sulle isole dell'artico, un mare di un azzurro gelido e scuro che riflette come uno specchio delle favole le tonalità verdi delle montagne e il rosso scuro delle case in legno dei pescatori sulle sue sponde.
Tromsø, 67 mila abitanti, sorge su un'isola e ne occupa tutta la parte orientale. Vi si arriva con un lungo ponte. Per evitare il traffico tra le case, hanno realizzato un grande sistema di tunnel, con tanto di rotonde sotterranee, che portano in vari punti dell'isola. E' una cittadina vivace, grazie anche all'università, e possiede molti centri di ricerca scientifica sull'artico. Qui tutti girano vestiti come da protezione civile. Abbiamo visitato un paio di musei: il Polaria, un acquario con una triste vasca di foche, che non mi ha fatto una grande impressione, e il Polarmuseet. Questo si trova su uno scricchiolante ma pittoresco edificio che un tempo era una dogana ed è dedicato, per lo più al mito di Roald Amudsen che da qui partì per incontrare il suo tragico destino nel tentativo di salvare Umberto Nobile ed i suoi uomini. Prima di ritirarci nel nostro B&B, che perlomeno stavolta non ci ha riservato sorprese "trollesche", facciamo una lunga passeggiata per la strada principale della città e concludiamo con una coloratissima e profumata visita ad un ricchissimo e curassimo orto botanico. Ma quando verrà la neve, cosa faranno di tutte queste piante provenienti da climi così diversi?

Senja, l'isola sul fiordo

Non siamo ancora riusciti ad abituarci a tutta questa luce. La sera ti pare di andare a dormire con le galline anche se sono le 11 passate, la mattina ti svegli alle quattro che sei convinto siano le nove passate da un pezzo. Va ben. Facciamoci coraggio che andando a nord le cose peggioreranno!
Lasciato il campeggio dei solitari e dei cani da slitta, decidiamo di andare a vedere l'isola di Senja. La Lonely la descrive come un affresco di magnifici paesaggi sul mar artico e l'azzecca in pieno. Soprattutto la costa nord, è di una bellezza spettacolare che quasi ci richiama l'Anello d'Oro d'Islanda.
Ci si arriva su un lungo ponte che parte dalla città di Finnsnes. Passati dall'altra parte, giriamo subito a destra con l'intenzione di fare il periplo completo dell'isola. Ci riusciamo solo in parte, perché la sponda meridionale è un parco naturale e ci si accede solo a piedi. La strada segue, per quanto possibile, la costa. Altra cosa rispetto alle strade finlandesi dove il mare non si vedeva mai neppure quando ne sentivamo l'odore. I norvegesi di qui sono dei veri marinai. Le case sono in riva al mare e hanno tutte l'accesso all'acqua e alla barca. Di contro, le strade, dal punto di vista della circolazione, sono infinitamente peggiori: piene di buche e, rispetto alla Finlandia, meno segnalate. Anche gli automobilisti corrono di più, non rispettano i limiti e sono più maleducati. Visitiamo qualche villaggio di pescatori e anche un parco di troll in pietra per i bimbi di qui. Il giro dura tutta la giornata, perché non è possibili non fermarsi di tanto in tanto per scattare qualche foto o ammirare il paesaggio di montagne, qualche volta morbide e verdi, ornate da cascatelle, altre volte dure e ripide come schegge di roccia nuda.
Per dormire scendiamo a Stonglandseidet che sta in un istmo che collega Senja ad una penisola. Per il B&B bisogna scendere di una decina di chilometri su uno sterrato da battaglia. E non è finita. Ci accoglie una coppia mista, lei norvegese, lui argentino. Simpatici, certo, ma per arrivare al nostro cottage bisogna inerpicarsi sopra una collina. Non ci sono servizi igienici se non quelli che offre la natura, non c'é acqua se non quella che ti porti tu. Non c'è elettricità e luce se non quella del sole. Che, come ho già detto in apertura, a queste latitudini non manca mai. Insomma, un altro posto da troll. Bene così.

Verso i fiordi della Norvegia

I ciclisti la chiamerebbero "una tappa di trasferimento". Ci siamo sciroppati con la nostra Clio quasi 400 chilometri per arrivare ai fiordi ripercorrendo, sia pure in auto, la strada che l'esploratore Giuseppe Acerbi ha tracciato nel 1799. Da Sirkka, ci siamo buttati ad ovest, seguendo la sponda finlandese del fiume Kiehvuopio che separa il territorio finnico dalla Svezia. La strada, poco frequentata dalle auto, era piuttosto stretta e non si poteva correre troppo anche per via delle renne che sbucavano dal bosco. Il paesaggio, man mano che procedevamo a nord, diventava sempre più brullo. Le alte betulle che non ci hanno mai lasciato in tutti questi giorni di viaggio, qui si trasformano in poco più che arbusti. Laghi e fiumi, gravidi d'acqua di un gelido colore blu scuro, si intervallavano a destra e a sinistra, tra grandi ciuffi di erica fiorita. La strada cominciava a salire e si destreggiava tra continui scavalcamenti di colline morbidamente ondulate. Più avanti, sorge l'Haltitunturi, che con i suoi 1324 metri, è il più alto monte di Finlandia, e si insinua come un piccolo promontorio tra i confini di Norvegia e di Svezia.
Kilpisjärvi, la cittadina che sta ai piedi di questo monte si trova comunque a soli 480 metri dal livello del mare. La attraversiamo per raggiungere il confine con la Norvegia, segnato solo da un paio di bandiere. Croce azzurra su sfondo bianco da un lato, croce rossa su sfondo blu dall'altro.
Pochi chilometri in terra norvegese e il paesaggio cambia radialmente. La tundra finnica lascia spazio alla montagna coperta da alberi di conifere. Sopra di noi, pesanti nuvole bianche si stagliano su un cielo fortemente contrastato e, di tanto in tanto, sembrano stracciarsi sulle cime irregolari dei monti, regalandoci brevi ma violenti piovaschi. La strada segue stretti canaloni il cui fondo è coperto da foreste impenetrabili. Quando appare quello che sembra un lago di acque del color del ghiaccio sciolto da poco, ci mettiamo un po' per capire che in realtà si tratta di un fiordo. E' acqua di mare. Siamo arrivati sulle sponde dal mar Glaciale Artico. Ci fermiamo in un campeggio solitario. Solitario nel senso che è solitario lui (ci si arriva dopo un lungo sterrato sino ai bordi di un tumultuoso torrente), e che siamo solitari anche noi, considerato che siamo gli unici ospiti. Ah, sì. C'è anche una muta di cani husky ai quali non dobbiamo stare particolarmente simpatici. Vediamo di conviverci in pace.

66°33'39" nord

Non si può passare per Rovaniemi senza visitare l'Arktikum, il famoso museo sull'Artico, nonché centro di ricerca sui cambiamenti climatici. Come c'era da aspettarsi la struttura è molto bella. Le esposizioni sono sotto una collina verde da cui emerge solo la lunga navata in vetro centrale. Per il resto, del museo è visibile solo l'alta facciata in pietra. La parte sinistra è dedicata alla cultura lappone, o meglio, sami. La parte destra, molto interessante, è tutta sui cambiamenti climatici e presenta chiavi di lettura per tutti. Ci sono sia giochi scientifici che pannelli e postazioni informatiche per l'approfondimento. Insomma, un'esposizione eccezionale, soprattutto se consideriamo l'alto livello dei musei finlandesi.
A 8 chilometri a nord da Rovaniemi, si trova Napapiiri, meglio conosciuto come il Villaggio di Babbo Natale. Qui si trova il circolo polare artico, latitudine 66°33'39" nord. Impossibile non farsi la fotografia sulla linea bianca che segna - con un certo pressappochismo - il confine immaginario con le terre artiche. E, a proposito di cambiamenti climatici, il barometro di Babbo Natale segnava 20 gradi! Mai visti in questa stagione. Per il resto, Napapiiri è proprio come uno se lo immagina: negozi di carabattole e souvenir con qualche disgraziato che per mestiere gli tocca vestirsi da Babbo Natale per farsi fare le fotografie con i bambini di tutti i continenti.
Lasciato senza rimpianti il Villaggio, ci siamo diretti a nord macinando altri 200 chilometri e ammirando il paesaggio cambiare: gli alberi si sono via via diradati, muschi ed eriche color lavanda hanno preso il posto dei campi coltivati a grano, la pianura si faceva sempre più ondulata e, alla fine, ci siamo trovati davanti il profilo, non dico di montagne, come le intenderebbe un trentino, ma di alte e verdi colline. E poi c'erano loro, il pericolo numero uno per gli automobilisti che si avventurano in questi luoghi: renne e alci. Questi grossi animali, totalmente incuranti delle automobili, pascolano nei bordi delle strade e le attraversano da padroni, come se fossero pedoni (pedoni finlandesi e non italiani, intendo) sulle strisce. Nonostante i tanti cartelli di avvertimento, l'investimento di alci e renne sono la prima causa di incidente stradale in Lapponia. Anche perché sono parecchi. Ne abbiamo incontrati, ed evitati, perlomeno una dozzina. Quasi più renne che auto, su queste strade!
La zona tra Levi e Muonio è famosa per gli sport invernali. Senza neve, presenta un aspetto un po' triste tra alberghi vuoti e strutture chiuse. Noi abbiamo fatto tappa a Sirkka, proprio nel mezzo. Poche case di residenti, tante case di villeggianti, un market semivuoto. Non non si discosta molto da Kittilä, città natale di Arto Paasilinna, a pochi chilometri da qui. E adesso sappiamo perché lo scrittore che amiamo molto è andato a vivere ad Helsinki.

Un salto in Svezia

Nottata con botti da Redentore. Un temporale ha spazzato via il caldo degli ultimi giorni. Ci alziamo che piove. Cosa che non scoraggia la gente di qua da correre o pattinare su sci con rotelle nelle loro ampie piste ciclabili. Tanto ampie che, se non ci stai attento, ci finisci dentro con l'auto ad ogni incrocio. Ma si passa in poche ore dal caldo al freddo. La Finlandia non ha mezze misure!
Torniamo verso Oulu per poi dirigersi nella vicina Kierikki, il "museo dell'età della pietra". Il sito si trova sulla sponda del fiume Iijoki, placido, gonfio d'acqua e ricco di isole e isolette, come è consueto da queste parti. Il museo è, come al solito, molto bello e molto ben curato. Ci sono anche spazi per divertirsi e travestirsi da uomini della pietra. Fuori c'è un percorso che porta alla riva del fiume. Mi aspettavo di vedere gli scavi, ed invece si tratta della ricostruzione di un villaggio preistorico, con tanto di comparse umane, che mi ha lasciato alquanto perplesso. I reperti del museo erano stati datati tra il 2 mila e il 4 mila ac, epoca che qui viene considerata "della pietra". Le case però mi sembravano troppo ben curate nei dettagli ed eccessivamente "modernistiche" nel linee architettoniche. Inoltre la barche erano scavate nel legno e non intessute di giunchi, come mi aspetterei da un popolo neolitico. Ma magari sbaglio io. Le idee che abbiamo della preistoria variano di anno in anno.
Chiudiamo il nostro giro costiero sul golfo di Botnia, raggiungendo Kemi e poi Tornio. Siamo ufficialmente in Lapponia. Kemi è famosa per il castello sul ghiaccio, che in questa stagione ovviamente non è ancora stato realizzato. E' una città piuttosto piccola affacciata sul mare con un suo arcipelago davanti. Ha un lungomare con un piccolo porto per barche da diporto. Più avanti c'è anche quello commerciale. Piove a dirotto e ci limitiamo a scattare qualche foto delle isole prospicienti. Tornio è una città molto strana. Realizzata su varie isole - ma questo è normale qui! - ha una parte in Svezia. Non ci sono frontiere se non cartello con "Welcome in Sweden". Prima ancora di vedere una bandiera, ci appare il "campanile" dell'Ikea. Siamo proprio in Svezia. Si passa da una parte all'altra su dei lunghi ponti e si dovrebbe ogni volta cambiare l'ora. Già. Queste due parti della stessa città che si guardano da poche decine di metri di distanza, sulla sponda opposta di un fiume, appartengono a due fusi orari diversi!
Ultima tappa del giorno, la "capitale" della Lapponia finlandese: Rovaniemi. Devastata dai nazisti, la pianta è stata interamente disegnata da Alvar Aalto sui contorni, pensate un po', di una renna! Fatto salvo il centro storico, ancora ancorato su quadre, il resto della strade sono arzigogolate come non ne ho mai viste in Finlandia. Anche questa città si trova sulle due sponde di un largo fiume. Anzi due, si trova tra il Kemijoki e il suo affluente Ounasjok. Le isole - immancabili - che stanno nel mezzo sono i parchi verdi della città. I ponti sono molto belli in particolare l'impronunciabile Jätkänkynttilä, il "ponte delle candele", con le sue fiamme perennemente accese sul pilone di sostegno. Alloggio in un B&B gestito da persone molto molto particolari. Se sono in due, perché hanno trenta spazzolini da denti nel bagno? (E solo per dirne una…)
Ultima nota. In tutti questi giorni di via vai tra svedesi e finlandesi mi sono fatto una idea dei due tipi di persone. Partendo dal luogo comune che li vede tutti alti, biondi e barbuti, i primi sembrano docenti universitari in pensione anche se lavorano come camionisti, i secondi camionisti anche se sono docenti universitari in pensione. Camionisti con pance da birra e che ruttano anche supermercati.

Oulu, le porte della Lapponia

Anche oggi, caldo rabbioso. Un caldo umido e appiccicoso, del tutto sconosciuto a queste latitudini. Ce lo confermano tutti coloro con i quali parliamo. Ce lo confermano gli sbarellati - per lo più a petto nudo e mutandine - che vanno al supermercato, reparto surgelati, a cercare un poco di refrigerio. Per di più, ad affrontare queste temperature, i finlandesi di qui non sono affatto preparati. Tutti i B&B in cui abbiamo soggiornato, hanno delle finestra molto grandi, per far entrare la poca luce invernale, a doppio vetro ma che non si possono spalancare! Al massimo, si riesce a socchiudere la parte sinistra per pochi centimetri, ma non di più. Insomma, manca l'aria! Ci dicono che è per le zanzare - che cominciano a pungere - e che finora non avevano mai sentito il bisogno di aprire del tutto i balconi, che di aria fresca ne avevano sempre avuta a sufficienza.
La prima tappa odierna è stata Liminganlahti, un paradiso per gli appassionati di ornitologia. L'osservatorio si trova a pochi chilometri a sud di Oulu, nel cuore della laguna di Liminka. Siamo arrivati che il museo non era ancora aperto e abbiamo raggiunto una torretta di osservazione in legno che spaziava su un paesaggio molto simile a quello della mia laguna. Al ritorno visita al museo, splendidamente curato come sono tutti i musei di questo angolo di mondo. Anche quando non hanno materiale particolare da offrire ai visitatori. Per dire… in questo museo dedicato alla fauna della luogo, c'era una sezione tutta dedicata alla zanzara! Davvero spettacolare la mostra fotografica esposta nelle sale adiacenti al museo. Probabilmente le più belle immagini naturalistiche che abbia mai visto.
Dalla natura all'arte. Quella naif dei dipinti, un poco inquietanti come il prete che non ci ha parso d'occhio, che adornano la chiesetta di Haukipudas, una delle poche affrescate di tutta la Finlandia. Da qui, al villaggio museo di Turkansaari, situato su due verdi isolette in mezzo al fiume Oulujoki, che ricostruisce la vita dei boscaioli di un secolo fa, quando i pini venivano bruciati per produrre catrame destinato in principalmente alla marina inglese.

Dopo averci girato intorno tutto il giorno, siamo finalmente entrati a Oulu. E' una grande città moderna, attraversata da grandi strade a 4 corsie, senza troppe concessioni all'architettura tradizionale. Le soluzioni urbanistiche sono comunque intelligenti e sempre verdi. La piazza principale, Kauppatori, è piena di vita e di banchetti di cianfrusaglie e di cibi. E' l'unica a dare sull'acqua, sia pure di un fiume, ed i finlandesi se la godono un sacco nei brevi mesi estivi, mentre in quelli invernali affollano gli spazi coperti pieni di teatri, auditorium, cinema, ristoranti, negozi situati in due grandi edifici dalle linee moderne cui si accede per mezzo di ponti pieni di fioriere. Altri ponti e ponticelli ti portano su isole verdi e abitate che costituiscono il cuore della città. All'inizio della piazza, c'è una curiosa statua di un poliziotto cicciotello e dalla faccia idiota con la quale gli abitanti di Oulu sfottono gli sbirri della loro città (la vorrei vedere possibile in Italia). Dopo una visita alla maestosa cattedrale per la solita pipì, abbiamo concluso la giornata nel lussureggiante parco cittadino di Ainola, tra serra gonfie di piante e fiori, ed i giochi di spruzzi d'acqua realizzati sul fiume.

Lungo le sponde del golfo di Botnia

Lasciamo Vaasa e il suo splendido arcipelago per dirigerci a nord. La nostra prossima tappa è Raahe, a pochi chilometri a sud di Oulo, dove abbiamo prenotato un altro B&B. E c'è da dire che queste sistemazioni sono la chiave migliore per entrare in contatto con la gente del luogo. Due sere fa, la nostra "host" Susanna, madre svedese, padre finlandese e marito curdo, ci ha fatto una vera e propria lezione sulla depressione da mancanza di luce e sul funzionamento delle scuole finniche, stupendosi quando noi le abbiamo raccontato che l'insegnamento della religione nei nostri istituti è limitato a quella cattolica e gestito esclusivamente dai vescovi. Lei dice che non le pare né democratico né giusto. Sapesse a noi…
Per salire verso nord, riprendiamo la costiera. Gli alberi - alte conifere e verdi betulle - cominciano a diradarsi già dopo Vaasa. Troviamo molti campi di grano, sia pure di piccole dimensioni. Non sono campi squadrati, come da noi, ma seguono i contorni della foresta, come il mare segue il profilo della costa. L'alternanza di verde e giallo, con qualche casa rosso scuro che fa capolino tra le fronde, rende il paesaggio molto piacevole e rilassante. Ad un certo punto, ma solo per poche decine di metri, si intravvede il mare azzurro e lucente. Scegliamo, come prima sosta, Jakobstad. Città che prende il nome da un eroe svedese. E pure qui, è lo svedese la lingua più parlata, pure se tutti capiscono anche il finlandese. Mica come alle Aland, dove fanno finta di non saperlo! Anche qui, la città vecchia si trova alle spalle della chiesa. Belle casette ad un piano, risalenti a due secoli fa ma conservate con amore e sistemate come sui punti di un foglio a quadretti. Solo in una Paese del genere poteva nascere un architetto come Alvar Aalto che ha buttato a mare le simmetrie! Passiamo per la chiesa per fare la solita pipì ed assicurarci che non abbiamo dimenticato di appendere il galeone, poi gironzoliamo per la città vecchia. Al ritorno passiamo a vedere uno splendido orto botanico curato con passione maniacale.
Su consiglio della Lonely, prendiamo una strada stretta che ci conduce alla costa. Il posto si chiama Fäboda e si rivela una bella sorpresa. Dietro una pineta si aprono alcune piccole spiagge di sabbia, intervallate da promontori rocciosi bassi e dolci. Qua e là, isole e cannetti dipingono il paesaggio con le loro sfumature di verde. Davvero incantevole. Ci sono anche alcune famigliole del posto che prendono il sole mentre i bambini sguazzano nell'acqua che è molto bassa anche a distanza dalla costa.
Kokkola è la tappa successiva. Ordinata città col solito centro storico di case tipiche che però non ci è sembrato particolarmente degno di nota. Erano le case dei lavoratori del porto e un tempo qui arrivavano le barche. Ora non più. Kokkola è una città che sta inseguendo il suo mare. Infatti, come per le isole dell'arcipelago Kvarken, la terra si sta alzando e le acque si stanno ritirando. Il porto ora è lontano. L'unica acqua è rimasta quella - color caffè, per non dire di peggio - di uno striminzito rigagnolo che qui chiamano ancora "fiume", anche se fiume non è più da tanti anni. Bello e grande comunque, il giardino inglese che corre attorno al corso d'acqua. "Inglese" non solo per lo stile, ma anche perché si chiama così in onore di una barca con tanto di cannoni che la Marina di Sua Maestà ha dovuto abbandonare dopo una aziona militare finita male (una volta tanto, anche loro) ai tempi della guerra di Crimea. Pare che dal 1914, gli inglesi chiamano la restituzione di questi trofei, ma la Finlandia ha sempre risposto picche.
Un'ora e mezza dopo siamo già a Raahe, al nostro B&B. La cittadina è abbastanza anonima, C'è però una chiesa con 4 facciate principali, una per ogni lato. La disposizione a croce con l'altare su uno degli angoli interni che mi sembrava tanto strana, qui è normale. Prima di ritirarci per la notte, andiamo a vedere la costa. Ci si arriva per un sentiero sterrato che ci porta su una deliziosa spighetta in mezzo ad una canneto che pare una laguna. Ci sono tutto intorno postazioni per l'osservazione degli uccelli.
Ultima nota prima di chiudere. Quando si mette il bancomat nel distributore per far benzina, bisogna stare attenti che scali i soldi. Sennò quelli ti chiamano e tocca tornare indietro per pagare!

La città di Alvar Aalto

E' una città di confine, Vaasa. Per i finlandesi del sud, questa è la prima città del nord del Paese, per i finlandesi del nord, Vaasa è la prima città meridionale. Ma c'è anche un confine tra est ed ovest. Metà degli abitanti parla svedese, l'altra metà finlandese. Due lingue che non ci azzeccano niente l'una con l'altra. Anche se, mi racconta una signora di madre svedese che di professione fa l'assistente sociale, "alla fine, se vuoi lavorare, devi conoscerle bene tutte e due". E così si può scrivere sia Vasa in svedese che Vaasa in finlandese, con le sue "aa" strascicate tipiche della lingua finnica. Cosa che fa impazzire il Tom Tom e che spinge i ragazzini che trovi per strada a chiederti "tu, che lingua parli?" che tanto loro le conoscono tutte e due. Oltre ad un buon livello di inglese.
Questa mattina non siamo rimasti in città. Abbiamo fatto rotta per Seinäjoki, 40 chilometri più a est, la città del tango - i finlandesi ne vanno pazzi - ma soprattutto la città di Alvar Aalto. Il celebre architetto ne ha disegnato tutto l centro storico, dall'urbanistica ai principali palazzi: la chiesa, il campanile, il municipio, il teatro, la biblioteca, il centro commerciale, il ponte, la stazione ferroviaria e altro ancora. Si deve essere divertito. Perlomeno come noi ci siamo divertiti a camminare in quegli spazi ariosi. Dal campanile si gode una magnifica vista e si può apprezzare al meglio il taglio urbanistico di Aalto. La biblioteca è semplicemente invidiabile. Aperta e accogliente come non sono certo le nostre. Adesso poi che per la "sicurezza" ci hanno messo persino i tornelli! Il centro commerciale ha fatto scuola ed è stato imitato nelle architetture da tutti i centri che sono venuti dopo. Un capolavoro di architettura ma anche un capolavoro di politica che ha dimostrato di essere davvero "cosa di tutti", affidando con coraggio ad un genio il compito di disegnare la città. Da noi, questo compito lo avrebbero affidato alla mafia.
Lasciato con rimpianto Seinäjoki, siamo andati una 40ina di chilometri a sud per vedere una strana formazione geologica: il Nnido del Diavolo. Ci si arriva dopo un lungo sterrato ben battuto. Il Nido è un buco circolare, profondo 23 metri e largo una decina di metri, abbastanza regolare. Sembra strano che lo abbia scavato la natura e non l'uomo. Si scende su una scala di metallo ed è necessario tenersi con le mani da tanto è scoscesa. In basso ci sono pozzanghere d'acqua e del muschio dove pisolano delle viscide rane. Ci sono anche delle sorte di "blob" che credo servano a proteggere le loro uova. Nel complesso, la sensazione che ti dà il nido è piuttosto inquietante e siamo risaliti volentieri. Accanto c'è una torre alta una trentina di metri, fatta apposta per chi non soffre di vertigine, da cui si può spaziare sul panorama. Un vero e proprio mare di alberi senza soluzione di continuità.
Per rientrare a Vaasa, bisogna tornare a nord. L'idea era quella di fare tappa al museo all'aperto dell'artigianato Stundars, ma ci sorprende una violentissima ed improvvisa pioggia che sembrava mitragliare il parabrezza con pallottole d'acqua. La temperatura è scesa improvvisamente di 12 gradi e noi siam dovuti passare dall'aria condizionata al riscaldamento. Un vero e proprio nubifragio a puntate. Ogni tanto si interrompeva e pareva tornasse il sereno poi di nuovo pioggia battente. Stranissimo! Lo Stundars era aperto ma di attività neppure parlarne, con quel tempaccio. Non c'erano neppure i guardiani e ci siamo fatti un giretto tra ricostruzioni bagnate d'epoca.
Ultima tappa, prima di rincasare, alle isole Kvarken, che qui chiamano semplicemente "l'arcipelago". Ci si arriva passando sopra il ponte più lungo della Finlandia: un chilometro e qualche metro. Molto bello, tra l'altro, perché ci regala uno splendido gioco di arcate. Le isole Kvarken sono isole mobili. Si alzano di 4 mm all'anno ed è previsto che, tra poche migliaia di anni, le isole emerse raggiungeranno la Svezia, creando una specie di ponte naturale e trasformando il Golfo di Botnia in un lago interno. Rispetto alle Aland, il mare è più acquitrinoso, le isole sono più piccole e, a mio avviso, il paesaggio ne guadagna. Certo, anche qui some nel resto delle isole svedesi, le strade tagliano le isole nel mezzo, procedendo in un "mare verde" di alberi, piuttosto che seguire la costa. Anche perché i paesi si trovano sempre al centro dell'isola, come se avessero paura di bagnarsi i piedi! Di ponte in ponte, siamo arrivati sino a Björköby, che si trova in mezzo all'isola di Björkö, e poi abbiamo proseguito sino a Svedjehamn, dove la strada si fermava davanti al mare. Luogo davvero incantevole. Non un paese ma un piccolo porticciolo pieno di barche da pesca e, soprattutto, da diporto con decine di rimesse nel caratteristico legno rosso scuro. Le rimesse non sono per le barche, come si farebbe nella mia laguna, ma per le attrezzature e, soprattutto, le auto con le quali i finlandesi raggiungono la loro barca e la armano prima di salpare.
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