Caro Alvar
18/08/2018
Da Savonlinna a Jyväskylä. In linea retta i chilometri non sono poi molti. Ma lo spazio, su questa terra che in Finlandia chiamano la regione dei laghi, non segue le rigide regole euclidee. La strada segue i profili dei laghi, costeggia fiumi e corsi d'acqua, e salta di isola in isola su ponti di tutte le dimensioni. Siamo nella grande regione dei laghi, la grande regione dove c'è più acqua che terra e che dà alla Finlandia meritato titolo di "terra dei mille laghi". Che poi, se li conti sono anche di più: 187 mila e 888, secondo la stima ufficiale della società geografica finnica.
E sempre di isola in isola, siamo a Mikkeli. Città che ti mostra subito tutta la koinè della Finlandia. Strade squadrate, villette con giardino ben curato nelle periferie, edifici moderni e alti al massimo tre piani adibiti a negozi e supermercati nel centro. Una bella e ampia via perdonabile che porta alla piazza centrale piena di caffè e banchetti di specialità (ah, quanto gli piace sedersi all'aperto con una brioche ed un caffè annacquato ai finlandesi). Uno spazio coperto adibito a "salone del gusto", così che lo possono utilizzare anche d'inverno. Tanto verde ed aiuole fiorite ad angolo di strada, un paio di musei assolutamente inutili e privi di materiale di qualche interesse che non sia la storia locale degli ultimi 50 anni, ma comunque disegnati da qualche grande architetto, e poi qualche attività all'aperto. A Mikkeli ad esempio stavano preparando una gara di go kart in pieno centro con un impegno degno dell'avvenimento dell'anno.
Tutto quanto abbiamo detto vale anche per Jyväskylä, con la differenza che invece dei go kart hanno organizzato una manifestazione di pallacanestro e la via principale della città era invasa da specie di bisonti biondi che si litigavano una palla. Ma Jyväskylä, dove ci siamo fermati per la notte, ha anche qualcosa in più. E' la città di Alvar Aalto. Intendiamo (perché molte altre città finlandesi si disputano questo titolo), la città in cui ha vissuto da ragazzo, dove ha studiato, dove gli hanno consigliato di darsi al giornalismo perché per l'architettura era negato, dove ha realizzato le sue prime opere e dove gli hanno dedicato un bel museo. Ce ne saranno una dozzina, in tutta Jyväskylä, di edifici disegnati da lui. Tutti gli altri fanno a gara per assomigliarli. Il massimo del minimo lo abbiamo toccato a Seinäjoki, a 10 minuti d'auto da qui, dove il maestro ha realizzato il celebre municipio che da fuori pare una austera fortezza e dal cortile interno il patio della casa dei tuoi sogni. La tecnica di usare mattoni grezzi è stata copiata da tutti gli edifici del paese, compresa una puzzolente fabbrica, un chiosco di bibite e un supermercato. E noi, che sull'architettura non siamo particolarmente ferrati, se ne stavamo là a fotografare questi muri credendo di trovarci davanti al municipio. Poi, per fortuna, ci siamo accorti del cartello "Town Hall a 200 metri da qui". Ma non son scherzi da fare, caro Alvar!
E sempre di isola in isola, siamo a Mikkeli. Città che ti mostra subito tutta la koinè della Finlandia. Strade squadrate, villette con giardino ben curato nelle periferie, edifici moderni e alti al massimo tre piani adibiti a negozi e supermercati nel centro. Una bella e ampia via perdonabile che porta alla piazza centrale piena di caffè e banchetti di specialità (ah, quanto gli piace sedersi all'aperto con una brioche ed un caffè annacquato ai finlandesi). Uno spazio coperto adibito a "salone del gusto", così che lo possono utilizzare anche d'inverno. Tanto verde ed aiuole fiorite ad angolo di strada, un paio di musei assolutamente inutili e privi di materiale di qualche interesse che non sia la storia locale degli ultimi 50 anni, ma comunque disegnati da qualche grande architetto, e poi qualche attività all'aperto. A Mikkeli ad esempio stavano preparando una gara di go kart in pieno centro con un impegno degno dell'avvenimento dell'anno.
Tutto quanto abbiamo detto vale anche per Jyväskylä, con la differenza che invece dei go kart hanno organizzato una manifestazione di pallacanestro e la via principale della città era invasa da specie di bisonti biondi che si litigavano una palla. Ma Jyväskylä, dove ci siamo fermati per la notte, ha anche qualcosa in più. E' la città di Alvar Aalto. Intendiamo (perché molte altre città finlandesi si disputano questo titolo), la città in cui ha vissuto da ragazzo, dove ha studiato, dove gli hanno consigliato di darsi al giornalismo perché per l'architettura era negato, dove ha realizzato le sue prime opere e dove gli hanno dedicato un bel museo. Ce ne saranno una dozzina, in tutta Jyväskylä, di edifici disegnati da lui. Tutti gli altri fanno a gara per assomigliarli. Il massimo del minimo lo abbiamo toccato a Seinäjoki, a 10 minuti d'auto da qui, dove il maestro ha realizzato il celebre municipio che da fuori pare una austera fortezza e dal cortile interno il patio della casa dei tuoi sogni. La tecnica di usare mattoni grezzi è stata copiata da tutti gli edifici del paese, compresa una puzzolente fabbrica, un chiosco di bibite e un supermercato. E noi, che sull'architettura non siamo particolarmente ferrati, se ne stavamo là a fotografare questi muri credendo di trovarci davanti al municipio. Poi, per fortuna, ci siamo accorti del cartello "Town Hall a 200 metri da qui". Ma non son scherzi da fare, caro Alvar!
Musica e castelli
17/08/2018
Non c'è proprio niente da vedere a Varkaus se non il museo della musica meccanica. Ma vi assicuro che è già abbastanza. Già appena ci arrivi davanti, in quel giardino con un paio di lunghe auto anni '50, improbabili tempietti buddisti e cabine telefoniche vecchio stile inglese riciclate a scambio libri, capisci che non è un museo come gli altri. Poi trovi lui, tedesco (scappato dalla "Germania insanguinata degli anni '70" per motivi che non ci ha voluto dire) naturalizzato finlandese che ti aspetta seduto su una sedia a dondolo davanti all'ingresso e ti arpiona come un capitano Achab alla balena bianca. A questo punto, sei sicuro che sei capitato in una gabbia di matti. Non che il tipo che sembra un po' un Geppetto con in più un ghigno luciferino, ne faccia mistero: "Più che un museo, il mio è un manicomio". Quando entri, ti pare di essere nella fabbrica di cioccolato di Willy Wonka, solo che al posto di dolci ci sono due piani pieni zeppi di strumenti musicali meccanici: pianoforti che suonano da soli, organetti che girano a manovella, quadri di Gioconde che strabuzzano gli occhi ascoltando Beethoven, violini meccanici, complessi di manichini che strimpellano jazz… Una girandola di effetti davvero indescrivibili a parole! E poi c'è lui, il tedesco pazzo che odia i nazisti e che suona, canta, balla, se la piglia con gli inglesi e gli americani, e con i politici del suo Paese adottivo e non solo. Quando da una mela posta ai piedi di un uccello impagliato che fischietta Mozart sale su un verme, ci spiega che lo hanno chiamato Berlusconi. Il nostro poco amato ex premier non è ben visto in Finlandia da quella volta che - con quello stile da macho stronzo impunito che tutti gli riconosciamo - è andato a dire che si era sedotto la prima ministra finnica ad un incontro internazionale. I finlandesi non se la sono presa bene e il Berlusca si è guadagnato la fama di verme. E vai a dargli torto, tu!
La nostra meta serale era l'elegante e graziosa città di Savonlinna. Prima di approdare al campeggio, siamo passati a Kerimäki a vedere la chiesa locale, tanto per restare in tema di pazzia. La storia di questa assurda chiesa è divinamente raccontata dal grande Arto Paasilinna ne "L'allegra apocalisse". Il più grande tempio in legno del mondo, con navata alta 27 metri e con tanto di due piani di "platea" che neanche un teatro lirico, pensata per far pregare perlomeno 8 mila fedeli. E se pensate che, anche contando tutti paesi vicini, se si arriva a 5 mila abitanti è tanto, e se considerate, per di più, che sono quasi tutti atei, vi date la misura della follia dell'opera. Ma è proprio questo che che ci ha incantato! Senza follia che vita sarebbe la nostra?
E folle ed incantevole è anche il castello di Savonlinna. Una torrita ed imponente struttura costruita su un'isola davanti ad una città costruita su tante isole. Una fortezza avulsa da qualsiasi logica militare e che è rinata grazie alla musica. Nel mese di luglio, qui si svolge il festival operistico più importante di tutta la Finlandia e ogni settimana vi si tengono concerti. Anche stasera, il ponte che collega il castello alla città era attraversato da persone che andavano ad assistere ad un concerto. Bella gente. Sorridente ed elegante, ma senza strafare e senza quella insopportabile puzza di merda che si respira alle "prime" in Italia.
La nostra meta serale era l'elegante e graziosa città di Savonlinna. Prima di approdare al campeggio, siamo passati a Kerimäki a vedere la chiesa locale, tanto per restare in tema di pazzia. La storia di questa assurda chiesa è divinamente raccontata dal grande Arto Paasilinna ne "L'allegra apocalisse". Il più grande tempio in legno del mondo, con navata alta 27 metri e con tanto di due piani di "platea" che neanche un teatro lirico, pensata per far pregare perlomeno 8 mila fedeli. E se pensate che, anche contando tutti paesi vicini, se si arriva a 5 mila abitanti è tanto, e se considerate, per di più, che sono quasi tutti atei, vi date la misura della follia dell'opera. Ma è proprio questo che che ci ha incantato! Senza follia che vita sarebbe la nostra?
E folle ed incantevole è anche il castello di Savonlinna. Una torrita ed imponente struttura costruita su un'isola davanti ad una città costruita su tante isole. Una fortezza avulsa da qualsiasi logica militare e che è rinata grazie alla musica. Nel mese di luglio, qui si svolge il festival operistico più importante di tutta la Finlandia e ogni settimana vi si tengono concerti. Anche stasera, il ponte che collega il castello alla città era attraversato da persone che andavano ad assistere ad un concerto. Bella gente. Sorridente ed elegante, ma senza strafare e senza quella insopportabile puzza di merda che si respira alle "prime" in Italia.
Di monasteri e di altre sciocchezze
16/08/2018
Vietato correre. Vietato fumare. Vietato indossare calzoni o gonne corte. Vietato parlare ad alta voce. E di colpo la Finlandia non appare poi così evoluta rispetto all'Italia. Ma è solo perché siamo capitati in un monastero. L'unico monastero ortodosso del Paese. Siamo a Valamo, una cinquantina di chilometri di foresta da Joensuu. Il monastero sorge sulle rive del solito lago. Una volta stava in una isola ma sono scappati su un "miracoloso" lago ghiacciato quando sono arrivati i russi. Intendo, scappati portandosi dietro tutte le reliquie e gli ori. Ora ci sono quattro monaci in tutto che gestiscono tutto l'ambaradan. Ci facciamo un giro tra chiese povere fuori e dorate dentro, tra icone di Cristi con la faccia cattiva e dipinti di preti che non sanno dove stia di casa neanche l'accenno del sorriso. Ad una quindicina di chilometri più in là, a Lintula, c'è un convento di monache. Un po' meno turistico rispetto al primo ma della stessa pasta. Anche questo è l'unico convento femminile di tutta la Finlandia. Verrebbe da scrivere "pure troppi", ma alla fin fine una ragione ce l'hanno anche loro: ci puoi portare le scolaresche a far vedere cosa sono le religioni.
Più a nord, sulla sponda più settentrionale del lago Kallavesi, troviamo Kuopio, un'altra città di poco meno centomila abitanti. Oramai siamo entrati nella regione dei laghi. Pur se c'è più acqua che terra come neanche la laguna di Venezia, e con l'auto ti pare di navigare tra rive e ponti, le terre selvagge sono rimaste tutte a settentrione. Non avremo più problemi a trovare un distributore di benzina, come ci era accaduto alla frontiera nord!
La principale attrattiva di Kuopio è una collina. Già. Non è che ce ne siano tante, in Finlandia, di colline. Così chi ce l'ha se la tiene stretta, ne va fiero e la valorizza in tutti i modi. Ad esempio, piazzandoci sopra una torretta di 75 metri con caffè e ristorante culla cima. Ci siamo saliti e dobbiamo dire che il panorama che cadeva su infinite foreste ed ingarbugliati ricami lacustri era davvero… Davvero cosa? "Mozzafiato" l'ho già usato parecchie volte, da "togliere il respiro" pure… va bene! Avete capito, come era quel panorama. Andiamo in città. Kuopio è una metropoli moderna e quadrata, sia nell'architettura che nell'urbanistica. Essenziale, potremmo dire. Tanto verde, parchi e un bel lungomare, anzi, lungolago. C'è anche una grande piazza quadrata e pulita con fiori ad ogni lampione davanti al municipio (e non alla chiesa, che qui sono tutte ai margini della città). C'era un clima da fiera del paese con una manifestazione in corso del tipo Sapori dal Mondo. Tantissimi stand culinari con bandiere di tutti i Paesi. Francia e Italia, con pizza, spaghetti e piadine, la facevano da padrone. Dolore e rabbia! Mi è toccato vedere lo stand tedesco che vendeva le "fritole" veneziane come tipico prodotto germanico di Germania! Va ben. C'era anche lo stand "Il meglio dell'Inghilterra". Ed allora vuol proprio dire che c'è spazio per tutti, al mondo.
E' ora di raggiungere il nostro cottage prenotato sulle placide rive di… lo avete intuito? Proprio così! Di un placido laghetto a Leppävirta!
Più a nord, sulla sponda più settentrionale del lago Kallavesi, troviamo Kuopio, un'altra città di poco meno centomila abitanti. Oramai siamo entrati nella regione dei laghi. Pur se c'è più acqua che terra come neanche la laguna di Venezia, e con l'auto ti pare di navigare tra rive e ponti, le terre selvagge sono rimaste tutte a settentrione. Non avremo più problemi a trovare un distributore di benzina, come ci era accaduto alla frontiera nord!
La principale attrattiva di Kuopio è una collina. Già. Non è che ce ne siano tante, in Finlandia, di colline. Così chi ce l'ha se la tiene stretta, ne va fiero e la valorizza in tutti i modi. Ad esempio, piazzandoci sopra una torretta di 75 metri con caffè e ristorante culla cima. Ci siamo saliti e dobbiamo dire che il panorama che cadeva su infinite foreste ed ingarbugliati ricami lacustri era davvero… Davvero cosa? "Mozzafiato" l'ho già usato parecchie volte, da "togliere il respiro" pure… va bene! Avete capito, come era quel panorama. Andiamo in città. Kuopio è una metropoli moderna e quadrata, sia nell'architettura che nell'urbanistica. Essenziale, potremmo dire. Tanto verde, parchi e un bel lungomare, anzi, lungolago. C'è anche una grande piazza quadrata e pulita con fiori ad ogni lampione davanti al municipio (e non alla chiesa, che qui sono tutte ai margini della città). C'era un clima da fiera del paese con una manifestazione in corso del tipo Sapori dal Mondo. Tantissimi stand culinari con bandiere di tutti i Paesi. Francia e Italia, con pizza, spaghetti e piadine, la facevano da padrone. Dolore e rabbia! Mi è toccato vedere lo stand tedesco che vendeva le "fritole" veneziane come tipico prodotto germanico di Germania! Va ben. C'era anche lo stand "Il meglio dell'Inghilterra". Ed allora vuol proprio dire che c'è spazio per tutti, al mondo.
E' ora di raggiungere il nostro cottage prenotato sulle placide rive di… lo avete intuito? Proprio così! Di un placido laghetto a Leppävirta!
Il bosco dell'intagliatrice
15/08/2018
Il lago Pielinen segue la stessa koinè di tutti gli altri laghi finlandesi che abbiamo visto sino ad ora: allungato da nord a sud, rive ricchissime di vegetazione, betulle e muschi in particolare, pieno di isole ed isolette di tutte le dimensioni e dai contorni più arzigogolati, acque calme e di un azzurro gelido. Non basta guardarli dalle sponde, per capire quanto sono grandi. Bisogna vederli in una carta geografica. I contorni della costa sono così frastagliati che non ti permettono da nessun punto di spaziare l'orizzonte acqueo. Qui, sono i laghi e le foreste a spartirsi il territorio da buoni amici, lasciando agli umani solo qualche graffio all'ambiente che loro chiamano strade e qualche costruzione senza illusione di eternità, sparse qua e là, a fargli da tana.
Seguiamo il Pelinen sino al suo punto più a nord per visitare la cittadina di Nurmes che sorge su una penisola collegata da un ponte ad un'isola che a sua volta ritorna terraferma con un altro ponte. Un albergo del posto ha ricostruito un tipico villaggio careliano in legno. Casette basse, tranne la casa comune a due piani, tutte di legno grezzo con finestre fiorite e lavorate che fanno un po' Tirolo.
Quindi continuiamo a sud, sempre seguendo il lago, sino ad arrivare a Paateri - tre case in mezzo alla foresta e, manco a dirlo, sulla sponda del lago. Per un veneziano doc come me, fa un certo che vedere che il canale navigabile che porta al porticciolo è segnato da "bricole".
Qui c'è la casa e l'atelier di Eva Ryynänen, una delle più grandi scultrici di legno del mondo. Sculture belle da vedere e da accarezzare, realizzate in un materiale vivo come solo il legno sa esserlo. Accanto ai due edifici, c'è anche una chiesa, interamente scolpita e progettata dalla Ryynänen. Non che la scultrice fosse particolarmente religiosa. Il fatto è che, in Finlandia, se sei un architetto o un designer e non hai fatto una chiesa non sei nessuno. La piccola cappella è comunque bella da togliere il fiato, specie all'interno dove una enorme vetrata dietro l'altare a corna di renne ti fa sembrare che gli alberi vogliano entrare in chiesa. Così i fedeli possono godersi uno spettacolo che ispira alti sentimenti mentre il prete ciarla.
Lasciato il piccolo paradiso della grande scultrice, attraversiamo il parco nazionale di Koli sino ad arrivare a Joensuu dove facciamo tappa per la notte. E' la prima vera città che vediamo da diversi giorni. Joensuu, capoluogo della Carelia finlandese, ha 73 mila abitanti. Non sta su un lago ma sulla foce del fiume Pielisjoki. Fondata da uno zar e, in seguito, devastata dai russi che la bombardarono 23 volte nel corso della guerra d'Inverno e della guerra di Continuazione. Un tempo era un porto fiorente collegato a San Pietroburgo e riforniva di catrame la Santa Madre Russia. Oggi è una città universitaria, con strade ampie e quadrate, palazzotti alti - che da queste parti significa al massimo tre piani - adibiti a centri commerciali pieni di negozi di vestiti o di design per la casa. Il lungo fiume, cuore della vita cittadina, è confortato da ampi spazi verdi, ben curati e ben attrezzati. Sull'altra riva, collegata da tre ponti stradali e uno pedonabile, la città continua con un mare di case singole che seguono gli standard scandinavi: villette ad un piano di legno colorato attorniate da grandi giardini dove non manca mai un "saltarello" per la gioia dei bambini. E pure dei grandi.
Seguiamo il Pelinen sino al suo punto più a nord per visitare la cittadina di Nurmes che sorge su una penisola collegata da un ponte ad un'isola che a sua volta ritorna terraferma con un altro ponte. Un albergo del posto ha ricostruito un tipico villaggio careliano in legno. Casette basse, tranne la casa comune a due piani, tutte di legno grezzo con finestre fiorite e lavorate che fanno un po' Tirolo.
Quindi continuiamo a sud, sempre seguendo il lago, sino ad arrivare a Paateri - tre case in mezzo alla foresta e, manco a dirlo, sulla sponda del lago. Per un veneziano doc come me, fa un certo che vedere che il canale navigabile che porta al porticciolo è segnato da "bricole".
Qui c'è la casa e l'atelier di Eva Ryynänen, una delle più grandi scultrici di legno del mondo. Sculture belle da vedere e da accarezzare, realizzate in un materiale vivo come solo il legno sa esserlo. Accanto ai due edifici, c'è anche una chiesa, interamente scolpita e progettata dalla Ryynänen. Non che la scultrice fosse particolarmente religiosa. Il fatto è che, in Finlandia, se sei un architetto o un designer e non hai fatto una chiesa non sei nessuno. La piccola cappella è comunque bella da togliere il fiato, specie all'interno dove una enorme vetrata dietro l'altare a corna di renne ti fa sembrare che gli alberi vogliano entrare in chiesa. Così i fedeli possono godersi uno spettacolo che ispira alti sentimenti mentre il prete ciarla.
Lasciato il piccolo paradiso della grande scultrice, attraversiamo il parco nazionale di Koli sino ad arrivare a Joensuu dove facciamo tappa per la notte. E' la prima vera città che vediamo da diversi giorni. Joensuu, capoluogo della Carelia finlandese, ha 73 mila abitanti. Non sta su un lago ma sulla foce del fiume Pielisjoki. Fondata da uno zar e, in seguito, devastata dai russi che la bombardarono 23 volte nel corso della guerra d'Inverno e della guerra di Continuazione. Un tempo era un porto fiorente collegato a San Pietroburgo e riforniva di catrame la Santa Madre Russia. Oggi è una città universitaria, con strade ampie e quadrate, palazzotti alti - che da queste parti significa al massimo tre piani - adibiti a centri commerciali pieni di negozi di vestiti o di design per la casa. Il lungo fiume, cuore della vita cittadina, è confortato da ampi spazi verdi, ben curati e ben attrezzati. Sull'altra riva, collegata da tre ponti stradali e uno pedonabile, la città continua con un mare di case singole che seguono gli standard scandinavi: villette ad un piano di legno colorato attorniate da grandi giardini dove non manca mai un "saltarello" per la gioia dei bambini. E pure dei grandi.
Verso la Carelia
14/08/2018
Venti chilometri a sud di Suomussalmi c'è una prateria di rocce spezzate e striate di rosso. Al centro, una sorta di torretta con 105 campane, alcune grandi alcune piccole, che tintinnano dolcemente al vento. Così i finlandesi ricordano i 105 sanguinosi giorni della guerra d'Inverno e tutti coloro che in quelle battaglia sono statti ammazzati. Li ricordano tutti: sia sovietici che partigiani finlandesi. Non ci sono parole di odio. Non ci sono ipocriti riferimenti alla "patria" o alle bandiera. Non ci sono statue inneggianti ad eroici sacrifici. Non si leggono vergognosi eufemismi come "caduti". Sono e restano morti ammazzati da una assurda pazzia come solo la guerra sa essere.
Il "monumento" - e lo scriviamo tra virgolette - è quello di Raatteen Portti. Ed è così che dovrebbero essere tutti i "monumenti" di guerra.
E per noi è venuto il momento di lasciare la Lapponia, le sue renne che pascolano per le strade ed i suoi selvaggi panorami per far rotta verso la Carelia settentrionale. Troviamo, purtroppo, chiusa la chiesa di Paltaniemi con i suoi dipinti talmente terrificanti che il prete li doveva coprire per non terrorizzare i fedeli. Comunque siamo riusciti a buttare un occhio dalle vetrate per scoprire che i dipinti di colori naif non erano poi così terribili!
Passiamo per la vicina Kajaani il cui ponte passa proprio sopra i resti - 4 muri 4 - della famosa fortezza distrutta dai russi, i primi del XVIII secolo, al tempo in cui si accapigliavano con i russi. La città è famosa per aver dato rifugio al poeta Elias Lönnrot (1802-1884), l'autore del Kalevala. O meglio, colui che ha recuperato la tradizione orale finnica trasformandola nel poema epico considerato la base della letteratura finlandese. Elias partiva proprio da Kajaani per girare per la Carelia alla ricerca di racconti e storie da inserire nel suo poema. Con la costa occidentale "svedizzata" (passatemi il termine) e la Lapponia che non aveva nulla a che vedere con la Finlandia, la Carelia, la cui parte orientale oggi è tutta in Russia, veniva considerata all'inizio dell'800 il posto più autentico in cui ricercare le radici della cultura finnica.
Il museo e il centro di ricerca dedicati al Kalevala si trovano però in una cittadina poco distante da Kajaani, Kuhmo. Lo Juminkeko, così si chiama il centro culturale, sta in una struttura molto bella, in legno massiccio, e dal design molto ricercato (non ci aspettavamo altro). La sala espositiva ospita delle collezioni temporanee. In questi giorni le opere esposte sono di una pittrice palestinese che ha disegnato alcune scene del kalevala, disponendo in forma artistica la sua traduzione in caratteri arabi. Davvero molto particolare. Prima di uscire, ci siamo lasciati convincere dalla bibliotecaria ad affrontare un filmato nella nostra lingua sull'opera (secondo me non l'aveva mai proiettato ad italiani e non vedeva l'ora). Venti minuti di terrificante smarronamento in cui ci hanno propinato senza pietà una sorta di Bignami del poema.
Il resto del viaggio è stata una tirata di un paio d'ore d'auto verso il B&B che avevamo prenotato, poco prima di Lieska. Un posto che definire sgarruppato è fargli un favore.
Il "monumento" - e lo scriviamo tra virgolette - è quello di Raatteen Portti. Ed è così che dovrebbero essere tutti i "monumenti" di guerra.
E per noi è venuto il momento di lasciare la Lapponia, le sue renne che pascolano per le strade ed i suoi selvaggi panorami per far rotta verso la Carelia settentrionale. Troviamo, purtroppo, chiusa la chiesa di Paltaniemi con i suoi dipinti talmente terrificanti che il prete li doveva coprire per non terrorizzare i fedeli. Comunque siamo riusciti a buttare un occhio dalle vetrate per scoprire che i dipinti di colori naif non erano poi così terribili!
Passiamo per la vicina Kajaani il cui ponte passa proprio sopra i resti - 4 muri 4 - della famosa fortezza distrutta dai russi, i primi del XVIII secolo, al tempo in cui si accapigliavano con i russi. La città è famosa per aver dato rifugio al poeta Elias Lönnrot (1802-1884), l'autore del Kalevala. O meglio, colui che ha recuperato la tradizione orale finnica trasformandola nel poema epico considerato la base della letteratura finlandese. Elias partiva proprio da Kajaani per girare per la Carelia alla ricerca di racconti e storie da inserire nel suo poema. Con la costa occidentale "svedizzata" (passatemi il termine) e la Lapponia che non aveva nulla a che vedere con la Finlandia, la Carelia, la cui parte orientale oggi è tutta in Russia, veniva considerata all'inizio dell'800 il posto più autentico in cui ricercare le radici della cultura finnica.
Il museo e il centro di ricerca dedicati al Kalevala si trovano però in una cittadina poco distante da Kajaani, Kuhmo. Lo Juminkeko, così si chiama il centro culturale, sta in una struttura molto bella, in legno massiccio, e dal design molto ricercato (non ci aspettavamo altro). La sala espositiva ospita delle collezioni temporanee. In questi giorni le opere esposte sono di una pittrice palestinese che ha disegnato alcune scene del kalevala, disponendo in forma artistica la sua traduzione in caratteri arabi. Davvero molto particolare. Prima di uscire, ci siamo lasciati convincere dalla bibliotecaria ad affrontare un filmato nella nostra lingua sull'opera (secondo me non l'aveva mai proiettato ad italiani e non vedeva l'ora). Venti minuti di terrificante smarronamento in cui ci hanno propinato senza pietà una sorta di Bignami del poema.
Il resto del viaggio è stata una tirata di un paio d'ore d'auto verso il B&B che avevamo prenotato, poco prima di Lieska. Un posto che definire sgarruppato è fargli un favore.
Orfanotrofi per orsi abbandonati e campi di spaventapasseri con la testa di torba
13/08/2018
Il viaggio che ci porta a Suomussalmi, piccola cittadina che ci ha regalato una panoramica passeggiata in riva al suo lago, ha un solo, spettacolare protagonista: il cielo. Il grigio piovoso sotto il quale lasciamo il nostro rifugio di sul lago Kemijärvi si apre presto rivelando uno scenario di nuvole che è un campionario completo di un libro di meteorologia. Grosse soffici a bassa quota, lunghe striature di bianco azzurrognolo più in alto, immense masse di un bianco candido e lucente a strati sovrapposti… uno spettacolo da lasciarci senza respiro e che ci fa capire perché la Finlandia venga chiamata "il Paese del grande cielo". Davvero, non sembra più tanto fiabesca l'ipotesi che la regina del gelo abbia costruito il suo castello sopra una di queste nubi, e che da queste altezze si prepari a coprire la terra col suo manto di neve.
La prima tappa è il famoso orfanotrofio degli orsi abbandonati, sotto Kuusamo. Il signor Sulo Karjalainen è un attempato e gioviale signore, lungo e magro, della forestale finlandese cui capitò di salvare due cuccioli d'orso rimasti orfani. Il Governo finanziò per un po' il suo progetto e quando terminarono i fondi, Sulo non vuole abbandonare i suoi due amici, oramai incapaci di tornare allo stato selvaggio e fondò il suo "orfanotrofio". Oltre agli orsi, ci sono anche lupi e linci, e, se è vero che gli scopi del signor Sulo sono quelli della tutela degli animali, è anche vero che la struttura somiglia troppo ad uno zoo per non stimolare anche un po' di tristezza.
Commovente la seconda tappa del viaggio, qualche chilometro più a nord di Suomussalmi: un campo interamente coperto di inquietanti spaventapasseri con la faccia di torba e i capelli di erba secca. Ce ne stanno almeno un migliaio raffiguranti uomini, donne, alcune anche gravide, e bambini. Tutti vestiti con abiti reali, portati dalla gente del luogo. E' l'opera di un artista locale, Rejio Kela, che ha voluto ricordare così le vittime della grande battaglia che si combatté in questi luoghi al tempo dell'invasione sovietica: la guerra d'Inverno. L'installazione doveva essere temporanea ma la gente della vicina città l'ha adottata e ogni anno, nell'anniversario della battaglia, viene a cambiare e a rivestire i manichini con abiti nuovi. Uno scenario davvero surreale che dà la misura dell'assurdità e del dolore che porta la guerra.
La prima tappa è il famoso orfanotrofio degli orsi abbandonati, sotto Kuusamo. Il signor Sulo Karjalainen è un attempato e gioviale signore, lungo e magro, della forestale finlandese cui capitò di salvare due cuccioli d'orso rimasti orfani. Il Governo finanziò per un po' il suo progetto e quando terminarono i fondi, Sulo non vuole abbandonare i suoi due amici, oramai incapaci di tornare allo stato selvaggio e fondò il suo "orfanotrofio". Oltre agli orsi, ci sono anche lupi e linci, e, se è vero che gli scopi del signor Sulo sono quelli della tutela degli animali, è anche vero che la struttura somiglia troppo ad uno zoo per non stimolare anche un po' di tristezza.
Commovente la seconda tappa del viaggio, qualche chilometro più a nord di Suomussalmi: un campo interamente coperto di inquietanti spaventapasseri con la faccia di torba e i capelli di erba secca. Ce ne stanno almeno un migliaio raffiguranti uomini, donne, alcune anche gravide, e bambini. Tutti vestiti con abiti reali, portati dalla gente del luogo. E' l'opera di un artista locale, Rejio Kela, che ha voluto ricordare così le vittime della grande battaglia che si combatté in questi luoghi al tempo dell'invasione sovietica: la guerra d'Inverno. L'installazione doveva essere temporanea ma la gente della vicina città l'ha adottata e ogni anno, nell'anniversario della battaglia, viene a cambiare e a rivestire i manichini con abiti nuovi. Uno scenario davvero surreale che dà la misura dell'assurdità e del dolore che porta la guerra.
Per strade deserte
12/08/2018
Chilometri e chilometri senza mai incrociare un'auto e neppure una casa. In compenso, non sono mancate le volpi che dal ciglio della strada ci guardavano incuriosite ed insospettite, e certamente non sono mancate le renne. Singole o a gruppetti di tre o quattro esemplari, se ne andavano tranquille per la carreggiata, limitandosi a tirarsi un po' più in là quando incrociavano un'auto. La Lapponia, con la sua densità abitativa di 0,8 abitanti per chilometro quadrato, è la regione più deserta di un Paese già deserto come la Finlandia. E la Lapponia orientale ancora di più.
Prima di scendere verso sud e salutare il lago Inarijärvi, ne abbiamo seguito le sponde meridionali sino a Nelim, minuscolo paesino a ridosso della frontiera con l'ingombrante vicino russo. Una quarantina di chilometri che ha richiesto quasi due ore di viaggio - e parliamo della sola andata - in quanto le strade sono sterrate. Già. La frontiera, da questo lato d'Europa, è una porta chiusa che nessuno vuole aprire. Prima di tornare sui nostri passi, abbiamo visitato una bella chiesetta ortodossa tutta in legno che profumava di bosco.
Quindi a sud senza esitazione, su una strada che presto perdeva le asperità del nord per riempirsi d'alberi che ti chiudono la visuale come una scatola verde. Come era stato per la costiera, più che viaggiare in auto ti sembra di navigare in un oceano di betulle.
Facciamo qualche sosta per spezzare il viaggio in cittadine che sembrano delle Cortine fuori stagione. Eleganti, con bei negozi e chiese architettonicamente importanti ma abbastanza anonime. Sono luoghi di servizio, dove i lapponi che abitano nelle foreste trovano merci e rifornimenti.
A riempirci la giornata sono ancora i laghi. Enormi, placidamente gonfi d'acqua, ricchissimi di isole di infinite foggia e dimensioni tutte ricoperte di vegetazione e di rocce muschiate.
E proprio sulle sponde di un altro lago, quello di Kemijärvi troviamo asilo per la notte. Un appartamento isolato, con grandi vetrate sulla foresta ed a due passi dal lago che però non si vede. L'arredamento - piuttosto inconsueto in questo Paese - è stile anni '60. La password della wifi è "cortina56". Ci viene il sospetto che sia la casa invernale di una qualche medaglia olimpica finnica che nel '56 si sono svolte proprio a Cortina!
Prima di scendere verso sud e salutare il lago Inarijärvi, ne abbiamo seguito le sponde meridionali sino a Nelim, minuscolo paesino a ridosso della frontiera con l'ingombrante vicino russo. Una quarantina di chilometri che ha richiesto quasi due ore di viaggio - e parliamo della sola andata - in quanto le strade sono sterrate. Già. La frontiera, da questo lato d'Europa, è una porta chiusa che nessuno vuole aprire. Prima di tornare sui nostri passi, abbiamo visitato una bella chiesetta ortodossa tutta in legno che profumava di bosco.
Quindi a sud senza esitazione, su una strada che presto perdeva le asperità del nord per riempirsi d'alberi che ti chiudono la visuale come una scatola verde. Come era stato per la costiera, più che viaggiare in auto ti sembra di navigare in un oceano di betulle.
Facciamo qualche sosta per spezzare il viaggio in cittadine che sembrano delle Cortine fuori stagione. Eleganti, con bei negozi e chiese architettonicamente importanti ma abbastanza anonime. Sono luoghi di servizio, dove i lapponi che abitano nelle foreste trovano merci e rifornimenti.
A riempirci la giornata sono ancora i laghi. Enormi, placidamente gonfi d'acqua, ricchissimi di isole di infinite foggia e dimensioni tutte ricoperte di vegetazione e di rocce muschiate.
E proprio sulle sponde di un altro lago, quello di Kemijärvi troviamo asilo per la notte. Un appartamento isolato, con grandi vetrate sulla foresta ed a due passi dal lago che però non si vede. L'arredamento - piuttosto inconsueto in questo Paese - è stile anni '60. La password della wifi è "cortina56". Ci viene il sospetto che sia la casa invernale di una qualche medaglia olimpica finnica che nel '56 si sono svolte proprio a Cortina!
Sulle sponde dell'Inarijärvi
11/08/2018
Dopo essere stati nel punto più a nord del mondo, non si può che scendere a sud. Decidiamo di lasciare la Norvegia e i suoi indimenticabili fiordi ricamati dalla mano un po' artistica e un po' pazza dell'ultima era glaciale, per far tornare in Finlandia. Abbiamo scelto il valico di frontiera di Karigasniemi, un poco più a est di quello da cui siamo entrati, perché le nostre prossime tappe correranno lungo il mai tranquillo confine con la Russia, il vicino invadente della Finlandia. Karigasniemi è un nome che ricorre spesso tra chi si avventura sino a Capo Nord e sceglie la strada finnica, perché è la via d'accesso più immediata ai fiordi. Noi la percorriamo in senso inverso, tra muschiose spaccature montuose che celano turbolenti torrenti e che, senza quasi che te ne accorga, si trasformano prima in verdi colline di licheni e arbusti, e poi in ampie pianure dove le betulle, sempre più alte, riprendono il loro ruolo di attrici protagoniste della scena paesaggistica. I laghi si fanno sempre più grandi ed allargano le loro sponde, i fiumi profondi e battaglieri, diventano placidi corsi d'acqua navigabili. Questo è il regno dei salmoni e, come è prevedibile, anche dei pescatori.
Prima di lasciare la Norvegia, passiamo per Kaarasjoki con l'intenzione di ammirare il parlamento sami di Norvegia. Pure se, più che un parlamento decisionale (ammesso che nei parlamenti oramai si decida davvero qualcosa) si tratta di un centro culturale con annessa biblioteca. Là vicino si trova il Sami Park. Parco tematico con un paio di renne dentro un recito e la ricostruzione delle tipiche tende lapponi. Niente di che. Molto meglio il museo Siida che troveremo al termine della giornata a Inari, sulle tranquille sponde del lago omonimo. Tra l'altro, anche in questa città sorge un altro parlamento sami, quello della Finlandia. Altra splendida struttura architettonica rivestita di legno nero e grezzo che ha una funzione solo rappresentativa e culturale. E dobbiamo dire che tornare in Finlandia, è stato un po' come tornare a casa. Ce ne siamo chiesti la ragione senza trovare risposta. Il Paese del Grande Cielo, con i suoi laghi e le sue sterminate foreste, ci dona una sensazione di tranquillità casalinga del tutto sconosciuta ai burrascosi fiordi di Norvegia. E, a ben vedere, siamo rientrati in Europa!
Prima di lasciare la Norvegia, passiamo per Kaarasjoki con l'intenzione di ammirare il parlamento sami di Norvegia. Pure se, più che un parlamento decisionale (ammesso che nei parlamenti oramai si decida davvero qualcosa) si tratta di un centro culturale con annessa biblioteca. Là vicino si trova il Sami Park. Parco tematico con un paio di renne dentro un recito e la ricostruzione delle tipiche tende lapponi. Niente di che. Molto meglio il museo Siida che troveremo al termine della giornata a Inari, sulle tranquille sponde del lago omonimo. Tra l'altro, anche in questa città sorge un altro parlamento sami, quello della Finlandia. Altra splendida struttura architettonica rivestita di legno nero e grezzo che ha una funzione solo rappresentativa e culturale. E dobbiamo dire che tornare in Finlandia, è stato un po' come tornare a casa. Ce ne siamo chiesti la ragione senza trovare risposta. Il Paese del Grande Cielo, con i suoi laghi e le sue sterminate foreste, ci dona una sensazione di tranquillità casalinga del tutto sconosciuta ai burrascosi fiordi di Norvegia. E, a ben vedere, siamo rientrati in Europa!
Nordkapp
10/08/2018
Ed ero pure pronto a scriverne male! Anzi, avevo una mezza idea - da quello snob che sono - di non andarci neppure. Capo Nord… ci vanno tutti solo per poter dire di esserci stati. Così, come per piantare una bandierina. E poi non è neppure vero che è il punto più a nord del continente europeo. Intanto perché si trova su un'isola, Mageroya, collegata alla terraferma da un lungo tunnel, e quindi non fa parte della parte continentale. Inoltre, anche se volessimo considerare le isole, il titolo spetterebbe ad un promontorio dal nome impronunciabile, Knivskjelodden, che si trova 3 chilometri a ponente di Capo Nord. Il fatto è che per raggiungere questo luogo, bisogna sfangarsela a piedi, che non ci sono strade e neppure spazi per costruire aree di sosta con relative botteghe di souvenir. Onde per cui, Capo Nord ha il titolo di "luogo più settentrionale del mondo" assicurato!
Lo ha detto pure un re, Oscar II di Norvegia, che ha raggiunto il promontorio nel 1873, quando arrivarci era ancora una impresa, per impartirgli la sua benedizione reale. Re Oscar è stato il primo di una serie di teste coronate che hanno compiuto l'impresa. Tra di loro, pure un principe tahilandese, Chualalonkorn, che ci ha ricercato non so quali energie mistiche della terra. Deve averle pure trovate, considerando che c'è una cappella in suo onore nel grande bunker con mostre e spaccio di souvenir che è stato eretto nel promontorio. E va sottolineato - a proposito del bunker - che, con tanta bella architettura che ci hanno in Norvegia, il progettista che ha pensato bene di costruire un capannone esagonale con grande palla di ping pong sul tetto per "onorare" Capo Nord, doveva essere il più scarso della scuola!
Allora perché andare Nordkapp? mi sono chiesto. La risposta è stata: perché oramai sono qui. Poca saggezza, ma tanta fortuna. Già. Perché salire a Capo Nord è stato davvero un bel viaggio. Il paesaggio, intanto. Il cielo d'un azzurro grigiastro che ieri ci ha portato solo pioggia, oggi si è aperto ad un blu turchino ornato di bianche nuvole gonfie che correvano veloci in un cielo ricco di arcobaleni. Il mare, che del cielo è lo specchio incantato, si è risvegliato e rivestito dei suoi colori più belli. La strada che ci ha portato a nord, correva lungo i bordi dei fiordi che ricamavano meraviglie di terra e mare. Branchi di cornutissime renne pascolavano liberamente nella tundra verde coperta di muchi e licheni. Gli alberi a queste latitudini non sono neppure un ricordo. Polle e laghetti lampeggiavano di freddo blu, e dietro ogni curva di strada, si aprivano sorprendenti panorami dal respiro dell'anima.
Quasi temevamo che tutta questa bellezza sarebbe stata umiliata dalla banalità di un sito turistico di basso profilo. Ed invece, alla fine della strada, la bellezza delle scogliere che precipitavano nel mare, mentre, da lontano le navi che doppiavano il capo lo salutavano con lunghi ululati di sirena, come vuole la tradizione marinara, ci ha mondati da ogni timore.
Certo, ci sono "orde" di turisti (che vuol dire da queste parti che non sanno cosa significhi cercare di farsi una passeggiata in piazza San Marco, un paio di centinaia di persone in tutta l'area del promontorio). Molti sono italiani da gita organizzata. E si sa che è meglio evitarli, soprattutto se li trovi all'estero. Tanti i camper del nord Europa. Tante le moto. Ho trovato un pazzoide che è arrivato da Bologna sin qui in soli 4 giorni . Tante pure le biciclette di turisti "alternativi". Per entrare nella parte finale del promontorio si pagano 25 euro di biglietto (ma per la stampa è gratis! Benedetto il mio tesserino). Del bunker poi, abbiamo già detto tutto il male possibile. Tutto questo è vero. Eppure… eppure… Capo Nord è sempre Capo Nord! Una magia di suggestioni alla quale non è possibile resistere.
E ti viene da pensare agli antichi sacerdoti sami che salivano su questa rupe per implorare il grande e gelido dio bianco, agli avventurieri come Giuseppe Acerbi, arrivato sin qui dopo un lungo viaggio in zone ancora inesplorate, ai re e ai principi che hanno seguito le sue orme, ai navigatori che da qui son salpati per cercare ostinatamente il mitico passaggio a nord est, alle navi inglesi che superavano il blocco degli uboat tedeschi per portare rifornimenti all'Armata Rossa che resisteva tra sangue e barricate all'invasione nazista. E penso anche al mio maestro delle elementari che ci raccontava con commozione di come era riuscito ad arrivare sin qui da Venezia a cavallo di una piccola Vespa, assieme ad un suo amico, di come, dopo tanto andare, si siano fermati davanti alla biglietteria perché non avevano più il denaro per pagarsi l'entrata, e di come erano contenti lo stesso. Mi sforzo di immaginarli mentre si abbracciano ridendo e con le lacrime agli occhi davanti a quel cartello con la scritta "Nordkapp parking".
Lo ha detto pure un re, Oscar II di Norvegia, che ha raggiunto il promontorio nel 1873, quando arrivarci era ancora una impresa, per impartirgli la sua benedizione reale. Re Oscar è stato il primo di una serie di teste coronate che hanno compiuto l'impresa. Tra di loro, pure un principe tahilandese, Chualalonkorn, che ci ha ricercato non so quali energie mistiche della terra. Deve averle pure trovate, considerando che c'è una cappella in suo onore nel grande bunker con mostre e spaccio di souvenir che è stato eretto nel promontorio. E va sottolineato - a proposito del bunker - che, con tanta bella architettura che ci hanno in Norvegia, il progettista che ha pensato bene di costruire un capannone esagonale con grande palla di ping pong sul tetto per "onorare" Capo Nord, doveva essere il più scarso della scuola!
Allora perché andare Nordkapp? mi sono chiesto. La risposta è stata: perché oramai sono qui. Poca saggezza, ma tanta fortuna. Già. Perché salire a Capo Nord è stato davvero un bel viaggio. Il paesaggio, intanto. Il cielo d'un azzurro grigiastro che ieri ci ha portato solo pioggia, oggi si è aperto ad un blu turchino ornato di bianche nuvole gonfie che correvano veloci in un cielo ricco di arcobaleni. Il mare, che del cielo è lo specchio incantato, si è risvegliato e rivestito dei suoi colori più belli. La strada che ci ha portato a nord, correva lungo i bordi dei fiordi che ricamavano meraviglie di terra e mare. Branchi di cornutissime renne pascolavano liberamente nella tundra verde coperta di muchi e licheni. Gli alberi a queste latitudini non sono neppure un ricordo. Polle e laghetti lampeggiavano di freddo blu, e dietro ogni curva di strada, si aprivano sorprendenti panorami dal respiro dell'anima.
Quasi temevamo che tutta questa bellezza sarebbe stata umiliata dalla banalità di un sito turistico di basso profilo. Ed invece, alla fine della strada, la bellezza delle scogliere che precipitavano nel mare, mentre, da lontano le navi che doppiavano il capo lo salutavano con lunghi ululati di sirena, come vuole la tradizione marinara, ci ha mondati da ogni timore.
Certo, ci sono "orde" di turisti (che vuol dire da queste parti che non sanno cosa significhi cercare di farsi una passeggiata in piazza San Marco, un paio di centinaia di persone in tutta l'area del promontorio). Molti sono italiani da gita organizzata. E si sa che è meglio evitarli, soprattutto se li trovi all'estero. Tanti i camper del nord Europa. Tante le moto. Ho trovato un pazzoide che è arrivato da Bologna sin qui in soli 4 giorni . Tante pure le biciclette di turisti "alternativi". Per entrare nella parte finale del promontorio si pagano 25 euro di biglietto (ma per la stampa è gratis! Benedetto il mio tesserino). Del bunker poi, abbiamo già detto tutto il male possibile. Tutto questo è vero. Eppure… eppure… Capo Nord è sempre Capo Nord! Una magia di suggestioni alla quale non è possibile resistere.
E ti viene da pensare agli antichi sacerdoti sami che salivano su questa rupe per implorare il grande e gelido dio bianco, agli avventurieri come Giuseppe Acerbi, arrivato sin qui dopo un lungo viaggio in zone ancora inesplorate, ai re e ai principi che hanno seguito le sue orme, ai navigatori che da qui son salpati per cercare ostinatamente il mitico passaggio a nord est, alle navi inglesi che superavano il blocco degli uboat tedeschi per portare rifornimenti all'Armata Rossa che resisteva tra sangue e barricate all'invasione nazista. E penso anche al mio maestro delle elementari che ci raccontava con commozione di come era riuscito ad arrivare sin qui da Venezia a cavallo di una piccola Vespa, assieme ad un suo amico, di come, dopo tanto andare, si siano fermati davanti alla biglietteria perché non avevano più il denaro per pagarsi l'entrata, e di come erano contenti lo stesso. Mi sforzo di immaginarli mentre si abbracciano ridendo e con le lacrime agli occhi davanti a quel cartello con la scritta "Nordkapp parking".
Hammerfest, la città del Reale e Antico Circolo dell'Orso Bianco
9/08/2018
Conclusa una "cerca dell'anello" che neanche Tolkien se la sognava e di cui non racconteremo, siamo andati a vedere le incisioni rupestri e il museo della preistoria di Alta. La struttura si trova appena fuori della città, lungo la strada che porta a Tromsø. L'esposizione non presenta nulla di particolarmente rilevante, a mio avviso, ma il percorso esterno che scende sulla riva del fiordo sino alle scogliere con le incisioni rupestri non solo è interessante ma piacevole da seguire, tra riflessi azzurri del mare, e prati di eriche color lavanda che si agitano al vento. La giornata è piovosa ma, perlomeno durante questa passeggiata ci ha dato un po' di tregua.
Quindi, una breve visita ad Alto per ammirare la sua cattedrale detta dell'Aurora Boreale. Audace architettura in cemento e titanio il cui campanile sale come una torretta da fortezza fantasy. Anche Alto, si vanta del titolo di città più a nord del mondo. Non è la sola. Come mai? Sul fatto di chi sta più a Nord c'è poco da discutere. Se la giocano tutta sul titolo di "città". E da quel che ho capito, ne sono nate beghe mica da ridere. Anche Alto, ha voluto una "cattedrale" perché le cattedrali sorgono solo sulle città. Che la popolazione non arrivi alle 20 mila anima, poco importa. Ottenuta - e non senza fatica - la nomina di Cattedrale dell'Aurora Boreale per la sua chiesa dai vertici episcopali e dalla Corona, è riuscita a diventare "città". Ed ha fatto le scarpe a Tromsø (che continua però imperterrita a definire se stessa, la città più a nord del mondo).
Lasciate ai norvegesi le loro beghe, siamo saliti ancora sulla penisola che ha sul suo vertice Capo Nord. Trovato il B&B nell'anonima cittadina di Skaidi, siamo andati ad Hammerfest, altra "città" più settentrionale del mondo, eccetera eccetera. Le case di Hammerfest - poco più di 10 mila abitanti - sorgono su un'isola collegata al continente da un lungo ponte. Di interessante la città ha la sua storia, una battaglia ecologica e una Regia e Antica Società dell'Orso Polare. La storia (in breve perché ve la potete leggere anche su Wikipedia): crocevia di pesca e di caccia a foche e orsi, la città è stata più volte distrutta da, in ordine: inglesi, incendi, tempeste marine, ancora incendi e nazisti in fuga. Eppure oggi è ancora qua e si è costruita un futuro con la pesca, il porto e pure con un assai poco ecologico impianto di liquefazione del gas proveniente dall'immenso pozzo di Snøhvit, nel mare di Barents. Eh sì! Ancora energie fossili. Eppure gli effetti dei cambiamenti climatici si stanno facendo sentire pure qui.
Meglio parlare della Regia e Antica Società dell'Orso Polare. Che poi tanto antico non è, visto che è nata nel 1963, pure se con la benedizione della Corona norvegese. Il circolo è assolutamente esclusivo. Vi possono accedere solo coloro che bussano alla sua porta (leggi: che hanno avuto la pazienza o la pazzia di arrivare sin qui) e pare che abbiano risposto picche pure ad Elvis Presley che ci teneva tanto a diventare un orsacchiotto. Cosa fa la Regia ed Antica eccetera eccetera? Niente se non organizzare una festa a Hammerfest ogni gennaio. Periodo non esattamente adatto alle feste all'aperto a queste latitudini. Diciamo però che se non fa nulla di buono perlomeno non fa niente di male. E poi se ti associ ti danno una spilla, il distintivo e pure l'osso del pene di un tricheco in testa a mo' di battezzo. Volete mettere la soddisfazione?
Quindi, una breve visita ad Alto per ammirare la sua cattedrale detta dell'Aurora Boreale. Audace architettura in cemento e titanio il cui campanile sale come una torretta da fortezza fantasy. Anche Alto, si vanta del titolo di città più a nord del mondo. Non è la sola. Come mai? Sul fatto di chi sta più a Nord c'è poco da discutere. Se la giocano tutta sul titolo di "città". E da quel che ho capito, ne sono nate beghe mica da ridere. Anche Alto, ha voluto una "cattedrale" perché le cattedrali sorgono solo sulle città. Che la popolazione non arrivi alle 20 mila anima, poco importa. Ottenuta - e non senza fatica - la nomina di Cattedrale dell'Aurora Boreale per la sua chiesa dai vertici episcopali e dalla Corona, è riuscita a diventare "città". Ed ha fatto le scarpe a Tromsø (che continua però imperterrita a definire se stessa, la città più a nord del mondo).
Lasciate ai norvegesi le loro beghe, siamo saliti ancora sulla penisola che ha sul suo vertice Capo Nord. Trovato il B&B nell'anonima cittadina di Skaidi, siamo andati ad Hammerfest, altra "città" più settentrionale del mondo, eccetera eccetera. Le case di Hammerfest - poco più di 10 mila abitanti - sorgono su un'isola collegata al continente da un lungo ponte. Di interessante la città ha la sua storia, una battaglia ecologica e una Regia e Antica Società dell'Orso Polare. La storia (in breve perché ve la potete leggere anche su Wikipedia): crocevia di pesca e di caccia a foche e orsi, la città è stata più volte distrutta da, in ordine: inglesi, incendi, tempeste marine, ancora incendi e nazisti in fuga. Eppure oggi è ancora qua e si è costruita un futuro con la pesca, il porto e pure con un assai poco ecologico impianto di liquefazione del gas proveniente dall'immenso pozzo di Snøhvit, nel mare di Barents. Eh sì! Ancora energie fossili. Eppure gli effetti dei cambiamenti climatici si stanno facendo sentire pure qui.
Meglio parlare della Regia e Antica Società dell'Orso Polare. Che poi tanto antico non è, visto che è nata nel 1963, pure se con la benedizione della Corona norvegese. Il circolo è assolutamente esclusivo. Vi possono accedere solo coloro che bussano alla sua porta (leggi: che hanno avuto la pazienza o la pazzia di arrivare sin qui) e pare che abbiano risposto picche pure ad Elvis Presley che ci teneva tanto a diventare un orsacchiotto. Cosa fa la Regia ed Antica eccetera eccetera? Niente se non organizzare una festa a Hammerfest ogni gennaio. Periodo non esattamente adatto alle feste all'aperto a queste latitudini. Diciamo però che se non fa nulla di buono perlomeno non fa niente di male. E poi se ti associ ti danno una spilla, il distintivo e pure l'osso del pene di un tricheco in testa a mo' di battezzo. Volete mettere la soddisfazione?