Porto di Venezia, sciopero a oltranza contro il bando iper precario
20/10/2024Il ManifestoProteste Operaie La lotta va avanti da quattro giorni. Il testo rischia di fare da apripista per tutte le altre autorità: «A rischio la sicurezza»
Sciopero, sciopero ad oltranza. Da quattro giorni, i lavoratori del porto di Venezia hanno incrociato le braccia e si sono riuniti in assemblea permanente, fermamente decisi a non tornare sulle banchine sino a quando non sarà ritirato il contestato bando varato dall’Autorità Portuale che determina i parametri del lavoro temporaneo. Uno sciopero proclamato mercoledì 16, dopo l’inevitabile rottura del dialogo col presidente dell’Autorità dell’Adriatico settentrionale, Fulvio Lino Di Blasio, che ha alzato un muro davanti alle richieste dei portuali.
Uno scontro durissimo, come non se ne vedeva da tempo nel nostro paese. Uno scontro che ha visto mobilitarsi tutte le sigle sindacali e occupazionali del porto: Filt Cgil, Fit Cisl, Uilt e la cooperativa Nuova Compagnia Lavoratori Portuali. Uno scontro che non ha come posta in palio solo il futuro occupazionale dei portuali di Venezia. Il nuovo bando infatti è solo un apripista per simili provvedimenti che minacciano di essere varati in tutte le altre realtà portuali d’Italia. Anche per questo, manifestazioni di solidarietà e l’invito a tener duro, ai 120 portuali di Venezia, sono arrivati da tutti gli altri lavoratori dei porti d’Italia, da Ravenna a Monfalcone, da Trieste a Napoli. Gli storici camalli di Genova si sono dichiarati pronti a scendere in agitazione a fianco dei portuali veneziani per fermare il bando.
«C’è una questione di metodo e una di sostanza – spiega Daniele Giordano, segretario della Cgil di Venezia – . Erano state stipulate a livello nazionale delle linee guida. Ci aspettavamo un confronto con l’Autorità Portuale che invece non c’è stato. Il bando è stato calato dall’alto senza nessuna discussione. Inoltre, il testo è assolutamente fumoso su questioni che per noi sono essenziali come le garanzie occupazionali e la sicurezza».
«Continueremo lo sciopero sino a che il bando non sarà ritirato – dichiara Mauro Piazza, presidente della Nuova Compagnia Portuale -. E chiediamo anche le dimissioni del presidente Di Blasio che prima ha firmato le linee guida e poi le ha disattese. Non è la prima volta che questo signore dice una cosa e poi ne fa un’altra».
«Ci siamo sentiti tradire nelle nostre aspettative – spiega Marino De Terlizzi, segretario Fit Cisl – Non soltanto non hanno trovato chiarezza punti qualificanti come la clausola sociale, ma sono stati resi di difficile interpretazione tutti gli elementi che riguardano le normali relazioni sindacali in ambito lavorativo come, ad esempio, l’applicazione della contrattazione di primo e secondo livello a salvaguardia dei livelli reddituali».
Il bando, in altre parole, non sarebbe che uno strumento per precarizzare il lavoro portuale, abbassare gli stipendi e aprire il ritorno del cottimo e del caporalato. Termini che ci si augurava fossero stati confinati solo nel vocabolario. E le condizione di precarietà, sottolineano i sindacati, non implicano solo sfruttamento sociale ma anche l’aumento dei rischi per la sicurezza. Soprattutto in un ambiente di lavoro come quello portuale, dove di incidenti gravi e anche mortali se non sono già verificati troppi.
Ieri pomeriggio era atteso un incontro nazionale tra le parti ma l’Autorità ha rimandato l’appuntamento a data da destinarsi per un non meglio specificato impedimento. Continua insomma il muro contro muro. Inutili gli inviti al dialogo lanciati da esponenti della Confindustria, e dallo stesso sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, che ha lanciato un generico appello alle parti, pure se il Comune, in quanto parte del Comitato del Porto, potrebbe sostenere con più forza la causa dei portuali, come fa notare Gianfranco Bettin, consigliere comunale d’opposizione nei banchi dei Verdi Progressisti: «La ripresa del dialogo è certo auspicabile ma questa ripresa passa necessariamente, come chiedono i lavoratori, per il ritiro del bando sul lavoro temporaneo. Il Comune deve lavorare per questo risultato, senza accettare forzature che mettono a repentaglio la sicurezza, la qualità dei posti di lavoro e la natura stessa delle relazioni tra autorità e lavoratori. Lo deve fare nell’interesse di tutti, perché la centralità del porto nell’economia e, prima ancora, nella storia della nostra città non può essere disconosciuta da nessuno».