In questa pagina ho riportato gli ultimi articoli che ho scritto per il quotidiano ambientalista Terra, il settimanale Carta, Manifesto, per siti come Global Project, FrontiereNews o siti di associazioni come In Comune con Bettin e altro ancora.

In Patagonia Milei fa fuoco sui mapuche

Argentina estrema A ridosso della Cordigliera gli incendi hanno mandato in fumo 100mila ettari di boschi. C’è la mano dell’uomo e c’è puzza di speculazione, ma il governo accusa e minaccia i popoli nativi. Per reprimerli meglio, in nome della «razza argentina»

La Patagonia brucia e i piromani, per il Governo argentino, sono soltanto loro: i Mapuche, il popolo originario. Da fine gennaio, le provincie del Chubut e del Rio Negro, soprattutto le aree a ridosso della Cordigliera, sono quotidianamente devastate da centinaia di incendi che hanno spazzato via almeno 100mila ettari di boschi. I giornali locali parlano di un ecocidio senza precedenti. Un ecocidio che ha fatto tabula rasa di intere aree protette come i parchi nazionali Lanín e Nahuel Huapi.

IL FUOCO HA BRUCIATO più di 150 abitazioni rurali. Interi quartieri periferici della cittadina di El Bolson e di altre località che si trovano nella zona, sono stati fatti evacuare. Le fiamme sono arrivate a lambire anche l’elegante località di San Carlos de Bariloche, la “Cortina d’Ampezzo” della Patagonia. La mitica Ruta 40 che attraversa tutta l’Argentina, correndo ai piedi della Cordigliera Andina, dalla frontiera con la Bolivia a nord, alla Terra del Fuoco a sud, è costellata di posti di blocco dei bomberos (vigili del fuoco) che deviano i mezzi in transito su strade polverose per aggirare le zone colpite dagli incendi mentre alte colonne di fumo nero oscurano l’orizzonte della pampa.

Ma qual è la causa di questo incendi? Certamente, i cambiamenti climatici e le alte temperature registrate in questa estate australe, hanno il loro peso, così come il forte vento secco che scende dalle Ande e che da queste parti non smette mai di soffiare. trasformando ogni piccolo focolaio in un rogo incontrollabile.

Ma, pure se da fonti ufficiali della polizia non è venuta nessuna conferma o smentita, nessuno da queste parti si illude che questi incendi non siano dolosi. Neppure il Servicio Nacional de Manejo del Fuego, l’ente statale che si occupa della prevenzione degli incendi, che ha dichiarato che «almeno il 95% degli incendi è causato dall’azione umana».

Anche le aree colpite sono significative: si tratta per lo più di parchi o zone sottoposte a vari livelli di protezione ambientale che, dopo l’incendio, perdono le tutele e vengono immediatamente predate dalle multinazionali dell’estrattivismo e della speculazione immobiliare turistica.

EPPURE, PER IL GOVERNO argentino, i colpevoli di questi incendi sono le comunità indigene che appiccicherebbero fuochi dappertutto per vendicarsi di essere state scacciate dalle terre che, sempre secondo il Governo, avrebbero abusivamente occupato. «Non è un caso che gli incendi sono iniziati quando abbiamo cominciato a mettere ordine in Patagonia sgomberando gli insediamenti mapuche» ha dichiarato Patricia Bullrich, ministra della sicurezza del Governo di “Motosega” Milei. Aggiungendo per di più che sarà usata la mano dura contro le comunità indigene che ancore resistono allo sgombero da quelle terre che «occupavano abusivamente» da qualche centinaio di anni prima dell’arrivo di Cristoforo Colombo.

Non che sino a oggi il governo di Javier Milei abbia usato la mano morbida nei confronti dei popoli originari. Dall’arrivo al potere del presidente anarco-capitalista, come ama definirsi lui stesso – qualsiasi cosa voglia dire -, è cominciata una radicale contro-narrazione istituzionale volta a cancellare l’intera storia dei popoli nativi in nome di una presupposta «razza argentina». Il salone della Casa Rosada, sede del governo argentino, intitolato a «los pueblos originarios», è stato dedicato agli «Heroes de Malvinas». Il 12 ottobre, ieri giorno della «Diversità culturale», oggi è diventato «Il giorno della razza».

Anche il 2024 è stato ufficialmente nominato dal presidente Milei, con un significativo accorpamento di concetti contraddittori, «Anno della difesa della vita, della libertà e della proprietà».

Sul fronte legislativo, il governo ha soppresso la Commissione speciale dei popoli indigeni, uno sorta di consulta aperta alle comunità mapuche, chiuso il Registro nazionale delle comunità indigene, che permetteva alle comunità di diventare soggetti di diritto internazionale, e abrogato la Legge 26.160 del 2006 che garantiva, sia pure in linea puramente teorica, ai popoli originari il diritto di vivere nei loro territori ancestrali.

La terra è Wallmapu per noi, la madre di tutto. Chi farebbe del male alla propria madre? Non siamo certo noi gli incendiari, inconcepibile solo pensarlo

«È INCONCEPIBILE pensare che un Mapuche possa incendiare la sua terra – ha commentato Mauro Millàn, guida spirituale mapuche -. Per noi la terra è Wallmapu, la madre di tutto. Chi farebbe del male alla propria madre? Non siamo certo noi gli incendiari. Noi che vogliamo soltanto continuare a vivere nel pieno rispetto e sintonia con la terra, l’acqua e il cielo».

«La verità è che le comunità Mapuche resistenti che hanno recuperato le terre acquistate da imprenditori come i Benetton gestendole sotto una ottica comunitaria – spiega Sandro Muraro, attivista dell’associazione Ya Basta -, sono l’unico ostacolo che ancora si frappone in Patagonia alla privatizzazione dell’acqua e all’assalto dell’estrattivismo, delle colture intensive e della deforestazione. Gli indigeni e il loro modo di pensare, inconciliabile con il capitalismo, sono presenze scomode e gli incendi lo strumento perfetto per criminalizzarli e dipingerli come il nemico interno».

A Buenos Aires, l’opposizione punta il dito sul taglio governativo del 78% delle risorse dedicate alla prevenzione degli incendi. Giornali come El Cordillerano denunciano le azioni di gruppi di “gauchos“ nazionalisti che hanno bloccato la partenza di aerei antincendio occupando a cavallo le piste aeroportuali. Ma ad essere arrestati come piromani e terroristi sono stati comunque solo cittadini mapuche, tutti in seguito scarcerati per l’inconsistenza delle accuse.

PER DENUNCIARE questa persecuzione, Millàn e Muraro hanno condotto una carovana di attivisti italiani ed argentini, lungo tutto il corso del fiume Chubut, dalla Cordigliera alla foce, incontrando le comunità originarie e le associazioni ambientaliste locali.
A riceverli, nella manifestazione finale davanti alla sede del governo provinciale, a Rawson, c’era solo un vecchio cane. Un meticcio nero randagio che vive nella piazza della capitale del Chubut da quando, nel novembre del 2012, una protesta di ambientalisti contro la mega miniera fu repressa nel sangue e i partecipanti incarcerati. Da allora, segue tutti i cortei nella speranza di ritrovare il suo padrone.

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