nato ieri
05-07-2007, 02:38calvario precario, Capezzone, cattiva politica, generazione di fenomeni, Marco BiagiPermalink I misteri di Daniele C.
Quest’uomo lo conoscete tutti, o meglio credete di conoscerlo.
(Scusi, lei dov'era negli anni Novanta?)
Quest’uomo lo conoscete tutti, o meglio credete di conoscerlo.
Fa politica e fa tv, è stato opinionista nel partito di Chiambretti e segretario politico nel palinsesto di Pannella. Con quest’ultimo di recente ha litigato, ne avrete sentito parlare. Perciò ieri (4 luglio) ha fondato un nuovo partitino Network neoliberale, con poche idee ma molto chiare. È pragmatico, è giovane, sa comunicare, e si guarda in giro, senza preconcetti: centro-sinistra, centro-destra, centro-quel-che-c’è, centro-basta-che-respiri. Quest’uomo è Daniele Capezzone. Voi pensate di conoscerlo, e invece no.
Quest’uomo è un mistero.
Voi sapete quanto sia ricco d’informazioni d’ogni tipo il web 2.0. E forse sapete anche come in questa foresta d’informazioni e comunicazioni più o meno pervasive e spesso inutili, i radicali italiani costituiscano un cespuglietto non grande, ma inestricabile. Nelle italiche boscaglie essi sono riconoscibili da lontano per il fitto intrecciarsi di link e blogroll, per la tendenza a scriversi addosso all’infinito, quasi che temessero di perdersi o scomparire appena mettono punto. Un’ansia che capisco fin troppo bene, ma qui non si parla di me.
Si parla di Capezzone. Anche lui scrive e comunica molto. Ma quasi mai di sé stesso.
In questo non c'è nulla di male, anzi, il saper sfoggiare altri argomenti a parte sé stesso, in generale, è un bene: tuttavia è piuttosto singolare il caso di un uomo politico, pubblico, con un buco di almeno dieci anni nella propria biografia. La sua storia sembra veramente sintetizzabile in questa riga della sua scheda nel sito della Camera dei Deputati: “Liceo classico; segretario del partito radicali italiani”. Di lui si sa con certezza che ha fatto il Liceo – con le suore. Si tramanda anche una battuta ad effetto: “Il problema è che vi sono uscito con il massimo dei voti ed il minimo della fede”. (Sarà per questo che il suo nuovo Network propone di scaricare le rette delle scuole dei preti dalle tasse: non fa una grinza, se i preti insegnanti formano i migliori studenti laici, tanto vale pagare direttamente i preti e chiudere le scuole laiche).
E dopo il Liceo? Nulla: ha incontrato Pannella e tre anni dopo è stato nominato segretario dei Radicali italiani, il più giovane in Italia. Bravo, complimenti, eppure… tutto qui? Possibile che non si trovi nient’altro?
Se Capezzone è del ’72, deve essersi diplomato nel ’91, bombardieri su Bagdad. La sua nomina a segretario dei Radicali è del 2001. Nel mezzo c’è appunto un buco di dieci anni. Dove è stato Capezzone per tutti gli anni ’90? A Roma, probabilmente, ma a fare cosa? A parte presentarsi a Pannella nel 1998, episodio sicuramente importante e decisivo – ma che non deve avergli preso più di una mezza giornata. Ha frequentato Giurisprudenza alla Luiss – senza laurearsi, vabbè. Questo non significa nulla, nemmeno Veltroni è laureato. Nemmeno D’Alema (Berlusconi sì). Ma è possibile che un giovane così dinamico, così pieno di voglia di fare, sempre in giro a rilasciare dichiarazioni, abbia passato dieci anni ad ascoltare Radio Radicale e a studiacchiare legge?
Voglio essere più esplicito: prima di diventare attivista politico e – con uno sprint impressionante – segretario politico nazionale, Capezzone ha mai lavorato in vita sua? Come ha fatto a campare? Non era mica semplice. Non per tutti, almeno.
Quest’uomo è un mistero.
Voi sapete quanto sia ricco d’informazioni d’ogni tipo il web 2.0. E forse sapete anche come in questa foresta d’informazioni e comunicazioni più o meno pervasive e spesso inutili, i radicali italiani costituiscano un cespuglietto non grande, ma inestricabile. Nelle italiche boscaglie essi sono riconoscibili da lontano per il fitto intrecciarsi di link e blogroll, per la tendenza a scriversi addosso all’infinito, quasi che temessero di perdersi o scomparire appena mettono punto. Un’ansia che capisco fin troppo bene, ma qui non si parla di me.
Si parla di Capezzone. Anche lui scrive e comunica molto. Ma quasi mai di sé stesso.
In questo non c'è nulla di male, anzi, il saper sfoggiare altri argomenti a parte sé stesso, in generale, è un bene: tuttavia è piuttosto singolare il caso di un uomo politico, pubblico, con un buco di almeno dieci anni nella propria biografia. La sua storia sembra veramente sintetizzabile in questa riga della sua scheda nel sito della Camera dei Deputati: “Liceo classico; segretario del partito radicali italiani”. Di lui si sa con certezza che ha fatto il Liceo – con le suore. Si tramanda anche una battuta ad effetto: “Il problema è che vi sono uscito con il massimo dei voti ed il minimo della fede”. (Sarà per questo che il suo nuovo Network propone di scaricare le rette delle scuole dei preti dalle tasse: non fa una grinza, se i preti insegnanti formano i migliori studenti laici, tanto vale pagare direttamente i preti e chiudere le scuole laiche).
E dopo il Liceo? Nulla: ha incontrato Pannella e tre anni dopo è stato nominato segretario dei Radicali italiani, il più giovane in Italia. Bravo, complimenti, eppure… tutto qui? Possibile che non si trovi nient’altro?
Se Capezzone è del ’72, deve essersi diplomato nel ’91, bombardieri su Bagdad. La sua nomina a segretario dei Radicali è del 2001. Nel mezzo c’è appunto un buco di dieci anni. Dove è stato Capezzone per tutti gli anni ’90? A Roma, probabilmente, ma a fare cosa? A parte presentarsi a Pannella nel 1998, episodio sicuramente importante e decisivo – ma che non deve avergli preso più di una mezza giornata. Ha frequentato Giurisprudenza alla Luiss – senza laurearsi, vabbè. Questo non significa nulla, nemmeno Veltroni è laureato. Nemmeno D’Alema (Berlusconi sì). Ma è possibile che un giovane così dinamico, così pieno di voglia di fare, sempre in giro a rilasciare dichiarazioni, abbia passato dieci anni ad ascoltare Radio Radicale e a studiacchiare legge?
Voglio essere più esplicito: prima di diventare attivista politico e – con uno sprint impressionante – segretario politico nazionale, Capezzone ha mai lavorato in vita sua? Come ha fatto a campare? Non era mica semplice. Non per tutti, almeno.
Il paragone mi viene facile, essendo quasi un suo coetaneo. Io in effetti in quegli anni non sono stato fermo un attimo. Mi sono laureato. Ho fatto il mediatore culturale in Francia col servizio volontario europeo. Poi sono tornato a casa e avevo bisogno di soldi. Ho fatto cose di cui mi vergogno, per esempio intervistavo la gente per strada sui romanzi di rosa (e non biasimo Capezzone se non mette miserie del genere nel suo curriculum). Ho fatto dei corsi, ho lavorato in una specie di dotCom, ho tradotto dei libri. Ho fatto un mega-Concorso statale al termine del quale sono stato assunto dallo Stato, con quasi una trentina di contratti precari in cinque anni. Ho incontrato una ragazza, che ha sciaguratamente accettato di venire a vivere con me, malgrado non avessimo nessuna agevolazione sull’affitto; anzi, lei licenziandosi dal suo lavoro a tempo indeterminato ha perso il suo diritto al sussidio di disoccupazione, in virtù della Legge 30. Anzi, della Legge Biagi. O della Legge-perla, per dirla con Capezzone. L’ha chiamata proprio così: l’unica perla del Governo Berlusconi. La legge 30.
Scusate se per un attimo mi sono paragonato a Capezzone. È chiaro che lui è più bravo di me. Ma quel che provo per lui è un po’ quello che provo per tutti i giovani in politica. Ho la sensazione che abbiano più nozioni di me, ma meno esperienze. Colti, ma nati ieri. Nessuna persona con un po’ di vita vissuta chiamerebbe la legge 30 una “perla”. Nessuno che abbia almeno un cugino, o un amico cocoprò, si permetterebbe. Dicci che è una legge severa, ammortizzabile, dicci quel che vuoi: sei un politico, hai studiato, le parole giuste dovresti conoscerle. Ma non scherzare sui nostri problemi. Non saranno i problemi dei rifugiati in Darfour, ma son problemi.
Lo so che non è giusto prendersela con Capezzone per questo. È vero che l’Italia è piena di politici dal curriculum esclusivamente politico. Rutelli che altro ha fatto in tutta la sua vita? E Fini, e Fassino?
Ma il caso di Capezzone è più curioso, essendo lui un convinto liberale. Non uno alle vongole; lui su questo è serio: vuole tagliare tasse subito, e dare agli imprenditori tutte le ricchezze che si meritano. E se questo significa chiudere il rubinetto al ceto politico, pazienza. In Italia è abbastanza raro vedere queste idee difese da un politico: in effetti di solito gli imprenditori preferiscono difenderle da soli, scendendo direttamente nell’agone politico, come Berlusconi o Montezemolo. Oppure mandare avanti fantocci illetterati, come Bossi o Maroni.
Negli USA è diverso. Laggiù c’è un rispetto tutto particolare per l’intellettuale, e persino gli ultraliberali non vedono nulla di male nel finanziare lobbies di uomini in occhiali e bretelle che passano le giornate a bere caffè in uffici climatizzati, mentre scrivono editoriali su quanto sia prioritario tagliare le tasse ai ricchi. Capezzone è precisamente questo; il problema è che non sta a New York o Washington, ma su un terrazzo di Roma bella. Somiglia a una piccola enclave statunitense in Italia, qualcosa di ancora poco comprensibile.
E allo stesso tempo terribilmente familiare. Capezzone è cresciuto a pane e politica; Pannella lo ha cacciato fuori, e lui che vuoi che faccia? Che altro saprebbe fare? Che altro potrebbe fare, che gli frutti almeno seimila euro al mese? Manco una laurea c’ha, manco il pezzo di carta. Farà un partitino, pardon, un Network. Andrà in tv, pagato da noi, a spiegare che i nostri canali tv vanno svenduti a qualche investitore straniero. Che continuerà a invitarlo in prima serata, si capisce. I miei migliori auguri. Nato appena ieri, e già così tanto più furbo di me.
Scusate se per un attimo mi sono paragonato a Capezzone. È chiaro che lui è più bravo di me. Ma quel che provo per lui è un po’ quello che provo per tutti i giovani in politica. Ho la sensazione che abbiano più nozioni di me, ma meno esperienze. Colti, ma nati ieri. Nessuna persona con un po’ di vita vissuta chiamerebbe la legge 30 una “perla”. Nessuno che abbia almeno un cugino, o un amico cocoprò, si permetterebbe. Dicci che è una legge severa, ammortizzabile, dicci quel che vuoi: sei un politico, hai studiato, le parole giuste dovresti conoscerle. Ma non scherzare sui nostri problemi. Non saranno i problemi dei rifugiati in Darfour, ma son problemi.
Lo so che non è giusto prendersela con Capezzone per questo. È vero che l’Italia è piena di politici dal curriculum esclusivamente politico. Rutelli che altro ha fatto in tutta la sua vita? E Fini, e Fassino?
Ma il caso di Capezzone è più curioso, essendo lui un convinto liberale. Non uno alle vongole; lui su questo è serio: vuole tagliare tasse subito, e dare agli imprenditori tutte le ricchezze che si meritano. E se questo significa chiudere il rubinetto al ceto politico, pazienza. In Italia è abbastanza raro vedere queste idee difese da un politico: in effetti di solito gli imprenditori preferiscono difenderle da soli, scendendo direttamente nell’agone politico, come Berlusconi o Montezemolo. Oppure mandare avanti fantocci illetterati, come Bossi o Maroni.
Negli USA è diverso. Laggiù c’è un rispetto tutto particolare per l’intellettuale, e persino gli ultraliberali non vedono nulla di male nel finanziare lobbies di uomini in occhiali e bretelle che passano le giornate a bere caffè in uffici climatizzati, mentre scrivono editoriali su quanto sia prioritario tagliare le tasse ai ricchi. Capezzone è precisamente questo; il problema è che non sta a New York o Washington, ma su un terrazzo di Roma bella. Somiglia a una piccola enclave statunitense in Italia, qualcosa di ancora poco comprensibile.
E allo stesso tempo terribilmente familiare. Capezzone è cresciuto a pane e politica; Pannella lo ha cacciato fuori, e lui che vuoi che faccia? Che altro saprebbe fare? Che altro potrebbe fare, che gli frutti almeno seimila euro al mese? Manco una laurea c’ha, manco il pezzo di carta. Farà un partitino, pardon, un Network. Andrà in tv, pagato da noi, a spiegare che i nostri canali tv vanno svenduti a qualche investitore straniero. Che continuerà a invitarlo in prima serata, si capisce. I miei migliori auguri. Nato appena ieri, e già così tanto più furbo di me.
Comments (24)
nati non il 20/2
21-02-2007, 18:21avercela con D'Alema, Berlusconi, Br, cattiva politica, Il G8 di Genova 2001, Marco Biagi, o Prodi o basta, ScajolaPermalinkUn governo appena appena decente è come l’acqua corrente.
Appena ce l’hai non ci fai più caso.
Io non so esattamente cosa stia succedendo in questo esatto momento: più che conclusioni, le mie son sensazioni. Può darsi che D’Alema, per la centounesima volta, abbia promesso qualcosa che non poteva mantenere.
Può darsi che qualcuno a sinistra abbia scoperto per la centounesima volta di avere una coscienza, una coscienza che trepida per la sorte dell’alpino in Afganistan ma se ne frega se Berlusconi torna a Palazzo Chigi. Questione di priorità, che dire.
Può darsi – ma questa è più una certezza – che la gran maggioranza del centrodestra se ne freghi degli Alpini, dell’Afganistan, della guerra e della pace, e di qualunque cosa che non sia la prospettiva di appoggiare l’onorevole sedere su una poltrona di maggioranza in tempi brevi.
Tutti questi sono pregiudizi, ovviamente, ma pregiudizi ben rodati. Non è la prima, non è la seconda volta che li vedo, gli stessi personaggi in azione. Non essendo nato ieri e neanche ieri l'altro, in effetti ho perso il conto.
Con un po’ più di tempo a disposizione potremmo anche tentare di fare un bilancio di questo governo appena appena decente. Certo, è passato da un pezzo il tempo in cui ci si svegliava al mattino ringraziando il Signore per Romano Prodi. Se mai c’è stato, quel tempo lì. Prodi era come l’acqua corrente: non si ringrazia, si paga. Forse si pagava un po’ troppo. Ma la puzza che c’era prima, ve la siete dimenticata?
Proviamo a fare un po’ di Scenario-Berlusconi: cosa sarebbe successo in questi giorni, se un anno fa l’unto del Signore fosse stato bisunto dagli Italiani?
Due settimane fa c’è stata una mezza guerra civile a Catania per il derby siciliano: Berlusconi non avrebbe chiuso gli stadi non a norma. Lo ha detto lui stesso, che è una misura illiberale. Forse non avrebbe nemmeno sospeso il campionato - in nome degli interessi degli italiani; soprattutto degli italiani proprietari di una squadra di Serie A, dei diritti TV e sponsor annessi.
Una settimana fa abbiamo scoperto che in Italia c’è qualcuno che ancora ci prova con la lotta armata. La polizia li ha fermati prima che riuscissero a svaligiare un bancomat. Vogliamo ricordarci cosa succedeva ai tempi in cui Claudio Scajola, l’incompetenza fatta persona, era ministro degli Interni? A quei tempi il governo toglieva le scorte agli obiettivi dei brigatisti. Del resto a quei tempi un giuslavorista a libro spese del governo poteva essere più utile da morto che da vivo. Specie se ammazzato a sangue freddo alla vigilia di una manifestazione nazionale.
Qualche giorno fa c’è stata una manifestazione nazionale. Non è successo niente. Non è una sorpresa, per chi non avesse passato gli ultimi 5 anni in apnea. Il movimento pacifista italiano è serio e maturo: ha imparato sulla sua pelle quanto sia importante non reagire alle provocazioni. Tre mesi di governo Berlusconi furono sufficienti per imparare: sono bastati i fatti di Genova a chiarire a chi convenissero davvero violenza e vandalismo.
Dal 2001 a oggi ci sono state decine di altre manifestazioni nazionali, alcune oceaniche. Tutte tranquille al limite della noia. Questo anche per merito del ministro degli Interni che subentrò a Scajola. Ma se Berlusconi oggi fosse al governo, chi sarebbe al Viminale? Un degno successore di Pisanu o un avventurista incompetente come Scajola? E perché non Fini, il ministro che nel luglio del 2001 si aggirava per Genova a incoraggiare poliziotti e carabinieri?
Il movimento pacifista italiano non tira sassi, non spacca vetrine, non inneggia al brigatismo – perché sa che tutto questo è controproducente. La polizia, da Genova in poi, non isola spezzoni di corteo, non carica, non lancia camionette allo sbaraglio come in Piazza Alimonda, non compie blitz cileni come alle Diaz, non fabbrica molotov false. Non lo fa perché nessuno glielo ordina, perché a nessuno conviene. Ma se Berlusconi fosse a Palazzo Chigi, o magari al Colle? Chi può dirlo? Possiamo dirlo noi, giusto perché non siamo nati ieri. Se anche fossimo nati a Genova, non sarebbe già più ieri. È passato del tempo, e le facce in giro sono sempre le stesse. Difficile che ci stupiscano a partire da domani.
Appena ce l’hai non ci fai più caso.
Io non so esattamente cosa stia succedendo in questo esatto momento: più che conclusioni, le mie son sensazioni. Può darsi che D’Alema, per la centounesima volta, abbia promesso qualcosa che non poteva mantenere.
Può darsi che qualcuno a sinistra abbia scoperto per la centounesima volta di avere una coscienza, una coscienza che trepida per la sorte dell’alpino in Afganistan ma se ne frega se Berlusconi torna a Palazzo Chigi. Questione di priorità, che dire.
Può darsi – ma questa è più una certezza – che la gran maggioranza del centrodestra se ne freghi degli Alpini, dell’Afganistan, della guerra e della pace, e di qualunque cosa che non sia la prospettiva di appoggiare l’onorevole sedere su una poltrona di maggioranza in tempi brevi.
Tutti questi sono pregiudizi, ovviamente, ma pregiudizi ben rodati. Non è la prima, non è la seconda volta che li vedo, gli stessi personaggi in azione. Non essendo nato ieri e neanche ieri l'altro, in effetti ho perso il conto.
Con un po’ più di tempo a disposizione potremmo anche tentare di fare un bilancio di questo governo appena appena decente. Certo, è passato da un pezzo il tempo in cui ci si svegliava al mattino ringraziando il Signore per Romano Prodi. Se mai c’è stato, quel tempo lì. Prodi era come l’acqua corrente: non si ringrazia, si paga. Forse si pagava un po’ troppo. Ma la puzza che c’era prima, ve la siete dimenticata?
Proviamo a fare un po’ di Scenario-Berlusconi: cosa sarebbe successo in questi giorni, se un anno fa l’unto del Signore fosse stato bisunto dagli Italiani?
Due settimane fa c’è stata una mezza guerra civile a Catania per il derby siciliano: Berlusconi non avrebbe chiuso gli stadi non a norma. Lo ha detto lui stesso, che è una misura illiberale. Forse non avrebbe nemmeno sospeso il campionato - in nome degli interessi degli italiani; soprattutto degli italiani proprietari di una squadra di Serie A, dei diritti TV e sponsor annessi.
Una settimana fa abbiamo scoperto che in Italia c’è qualcuno che ancora ci prova con la lotta armata. La polizia li ha fermati prima che riuscissero a svaligiare un bancomat. Vogliamo ricordarci cosa succedeva ai tempi in cui Claudio Scajola, l’incompetenza fatta persona, era ministro degli Interni? A quei tempi il governo toglieva le scorte agli obiettivi dei brigatisti. Del resto a quei tempi un giuslavorista a libro spese del governo poteva essere più utile da morto che da vivo. Specie se ammazzato a sangue freddo alla vigilia di una manifestazione nazionale.
Qualche giorno fa c’è stata una manifestazione nazionale. Non è successo niente. Non è una sorpresa, per chi non avesse passato gli ultimi 5 anni in apnea. Il movimento pacifista italiano è serio e maturo: ha imparato sulla sua pelle quanto sia importante non reagire alle provocazioni. Tre mesi di governo Berlusconi furono sufficienti per imparare: sono bastati i fatti di Genova a chiarire a chi convenissero davvero violenza e vandalismo.
Dal 2001 a oggi ci sono state decine di altre manifestazioni nazionali, alcune oceaniche. Tutte tranquille al limite della noia. Questo anche per merito del ministro degli Interni che subentrò a Scajola. Ma se Berlusconi oggi fosse al governo, chi sarebbe al Viminale? Un degno successore di Pisanu o un avventurista incompetente come Scajola? E perché non Fini, il ministro che nel luglio del 2001 si aggirava per Genova a incoraggiare poliziotti e carabinieri?
Il movimento pacifista italiano non tira sassi, non spacca vetrine, non inneggia al brigatismo – perché sa che tutto questo è controproducente. La polizia, da Genova in poi, non isola spezzoni di corteo, non carica, non lancia camionette allo sbaraglio come in Piazza Alimonda, non compie blitz cileni come alle Diaz, non fabbrica molotov false. Non lo fa perché nessuno glielo ordina, perché a nessuno conviene. Ma se Berlusconi fosse a Palazzo Chigi, o magari al Colle? Chi può dirlo? Possiamo dirlo noi, giusto perché non siamo nati ieri. Se anche fossimo nati a Genova, non sarebbe già più ieri. È passato del tempo, e le facce in giro sono sempre le stesse. Difficile che ci stupiscano a partire da domani.
Comments (19)
11-03-2003, 00:43attivismo, blog, Bossi, Br, giornalisti, Marco BiagiPermalink
lettere anonime
Non so se ci avete fatto caso, ma questo è un sito anonimo. Un anonimato molto blando, d’accordo, ma è pur sempre anonimato.
Se mi chiedono il perché, di solito rispondo: c’è gente in giro che ha la querela facile, come il caso Dall'Omo ha dimostrato (a proposito: com’è andata a finire?).
La realtà è, come sempre, più complessa. Ho sentito spesso dire che l’abitudine dei potenti a querelare sia uno dei motivi per cui in Italia non si riesce a fare un buon giornalismo. Sarà vero, sarà una scusa, sarà che comunque ogni quotidiano ha il suo ufficio legale (e i freelance, anche in questo caso, cosa fanno? Si attaccano?)
Io però non faccio giornalismo, ogni tanto è bene metterlo nero su bianco. Esprimo le mie opinioni, come al bar. Ritengo anch'io di averne il diritto. Tuttavia mi pongo un problema: è possibile che le mie opinioni (che al bar sono legittime) trasferite su internet si trasformino in diffamazione?
Nel dubbio, cerco di trovare riscontri oggettivi, e quando non li trovo, evito l’argomento. Lo dico perché anch’io, come tanti, ho una mia idea su chi può avere ucciso Marco Biagi o Michele Landi, su chi ci sia dietro le nuove Br e anche le vecchie, e su tante altre cose. La dietrologia è uno sport nazionale, e io non mi tiro indietro.
Ma siccome non ho riscontri, siti autorevoli da lincare, testi o fatti da citare, queste opinioni le tengo per me.
Non dico neanche più che Berlusconi è un ladro, anche se con un po’ di sforzo sicuramente riuscirei a rintracciare qualche sentenza patteggiata o qualche indagine caduta in proscrizione. Ma siccome non ho voglia di sforzarmi, sto zitto o parlo d’altro.
A chi in questi giorni va dicendo, qua e là sui blog, che le Br sono colluse col movimento, vorrei suggerire: perché non ci consigliate anche voi un bel film, o i 31 jingle pubblicitari che vi hanno cambiato la vita, o quel che avete mangiato a pranzo la domenica?
Se invece insistete per parlare di br, perché non ci date qualche riscontro oggettivo? È così difficile trovare una pistola fumante su Indymedia o su qualsiasi altro forum alternativo a cielo aperto? Digitate “brigate rosse casarini” su google e vedete cosa salta fuori. È troppa fatica?
O pensate che internet vi dia il diritto di accusare di omicidio e banda armata il primo che vi viene in mente? Fate così anche al bar? In che razza di bar andate?
Ma d’altro canto, non vi si può troppo biasimare, visto che siete italiani, e l’Italia (l’ho capito stamattina) non è un Paese civile.
E quando dico stamattina, non mi riferisco a una svastica in Corso Sempione – sono cose che purtroppo succedono nelle migliori democrazie. No, parlo del signor Umberto Bossi, che ha dichiarato “vedo la mano mafiosa dei nazisti rossi”.
Se il signor Bossi fosse seduto al banco del bar, prenderei fiato e mi volterei dall’altra parte, perché dopotutto ognuno ha diritto di pensarla come vuole e di vedere le mani che vuole.
Se fosse un giornalista, mi aspetterei che citasse la fonte dell’informazione, e qualche riscontro più preciso: chi sono i nazisti rossi? Da chi è partito l’ordine? Chi lo ha eseguito?
Capita invece che il signor Umberto Bossi sia un Ministro della Repubblica, democraticamente eletto. E a questo punto non mi resta che chiedere scusa a tutti quanti.
Scusatemi se vi ho preso troppo sul serio, pretendendo da voi più serietà di quella dimostrata dai nostri governanti. Tante scuse anche a me stesso. Quante notti insonni passate a cercare link, a sfogliare libri e giornali, quando per fare informazione sarebbe semplicemente bastato dire le prime cose che mi passavano per la testa.
E già che ci sono, voglio togliermi qualche sassolino, ora che posso. Per esempio. Berlusconi è un ladro. Ma questo è il meno. Berlusconi è stonato, gli puzza il fiato, e la moglie lo tradisce con un filosofo, ah ah ah, povera donna. Dell'Utri ha le mani mafiose e l'ombelico camorrista. Fini è un ebreo. Casini è un gay. La Prestigiacomo è un transessuale. Giuliano Ferrara è un infiltrato. Scajola è un abile stratega. E Bossi? Bossi è un ignobile mentecatto.
Oh, adesso sì. Adesso sì che mi sento un vero blog d’opinione, libero e fiero. Buona notte.
Non so se ci avete fatto caso, ma questo è un sito anonimo. Un anonimato molto blando, d’accordo, ma è pur sempre anonimato.
Se mi chiedono il perché, di solito rispondo: c’è gente in giro che ha la querela facile, come il caso Dall'Omo ha dimostrato (a proposito: com’è andata a finire?).
La realtà è, come sempre, più complessa. Ho sentito spesso dire che l’abitudine dei potenti a querelare sia uno dei motivi per cui in Italia non si riesce a fare un buon giornalismo. Sarà vero, sarà una scusa, sarà che comunque ogni quotidiano ha il suo ufficio legale (e i freelance, anche in questo caso, cosa fanno? Si attaccano?)
Io però non faccio giornalismo, ogni tanto è bene metterlo nero su bianco. Esprimo le mie opinioni, come al bar. Ritengo anch'io di averne il diritto. Tuttavia mi pongo un problema: è possibile che le mie opinioni (che al bar sono legittime) trasferite su internet si trasformino in diffamazione?
Nel dubbio, cerco di trovare riscontri oggettivi, e quando non li trovo, evito l’argomento. Lo dico perché anch’io, come tanti, ho una mia idea su chi può avere ucciso Marco Biagi o Michele Landi, su chi ci sia dietro le nuove Br e anche le vecchie, e su tante altre cose. La dietrologia è uno sport nazionale, e io non mi tiro indietro.
Ma siccome non ho riscontri, siti autorevoli da lincare, testi o fatti da citare, queste opinioni le tengo per me.
Non dico neanche più che Berlusconi è un ladro, anche se con un po’ di sforzo sicuramente riuscirei a rintracciare qualche sentenza patteggiata o qualche indagine caduta in proscrizione. Ma siccome non ho voglia di sforzarmi, sto zitto o parlo d’altro.
A chi in questi giorni va dicendo, qua e là sui blog, che le Br sono colluse col movimento, vorrei suggerire: perché non ci consigliate anche voi un bel film, o i 31 jingle pubblicitari che vi hanno cambiato la vita, o quel che avete mangiato a pranzo la domenica?
Se invece insistete per parlare di br, perché non ci date qualche riscontro oggettivo? È così difficile trovare una pistola fumante su Indymedia o su qualsiasi altro forum alternativo a cielo aperto? Digitate “brigate rosse casarini” su google e vedete cosa salta fuori. È troppa fatica?
O pensate che internet vi dia il diritto di accusare di omicidio e banda armata il primo che vi viene in mente? Fate così anche al bar? In che razza di bar andate?
Ma d’altro canto, non vi si può troppo biasimare, visto che siete italiani, e l’Italia (l’ho capito stamattina) non è un Paese civile.
E quando dico stamattina, non mi riferisco a una svastica in Corso Sempione – sono cose che purtroppo succedono nelle migliori democrazie. No, parlo del signor Umberto Bossi, che ha dichiarato “vedo la mano mafiosa dei nazisti rossi”.
Se il signor Bossi fosse seduto al banco del bar, prenderei fiato e mi volterei dall’altra parte, perché dopotutto ognuno ha diritto di pensarla come vuole e di vedere le mani che vuole.
Se fosse un giornalista, mi aspetterei che citasse la fonte dell’informazione, e qualche riscontro più preciso: chi sono i nazisti rossi? Da chi è partito l’ordine? Chi lo ha eseguito?
Capita invece che il signor Umberto Bossi sia un Ministro della Repubblica, democraticamente eletto. E a questo punto non mi resta che chiedere scusa a tutti quanti.
Scusatemi se vi ho preso troppo sul serio, pretendendo da voi più serietà di quella dimostrata dai nostri governanti. Tante scuse anche a me stesso. Quante notti insonni passate a cercare link, a sfogliare libri e giornali, quando per fare informazione sarebbe semplicemente bastato dire le prime cose che mi passavano per la testa.
E già che ci sono, voglio togliermi qualche sassolino, ora che posso. Per esempio. Berlusconi è un ladro. Ma questo è il meno. Berlusconi è stonato, gli puzza il fiato, e la moglie lo tradisce con un filosofo, ah ah ah, povera donna. Dell'Utri ha le mani mafiose e l'ombelico camorrista. Fini è un ebreo. Casini è un gay. La Prestigiacomo è un transessuale. Giuliano Ferrara è un infiltrato. Scajola è un abile stratega. E Bossi? Bossi è un ignobile mentecatto.
Oh, adesso sì. Adesso sì che mi sento un vero blog d’opinione, libero e fiero. Buona notte.