La satira del razzismo è comunque razzismo?

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È probabile che nella settimana appena finita vi siate imbattuti in questa vignetta di Charlie Hebdo un po' - come dire - controversa:

Cosa sarebbe diventato il piccolo Aylan se fosse cresciuto?
PALPATORE DI CHIAPPE IN GERMANIA!

Ne hanno parlato Repubblica, il Fatto, il Giornale, e tanti altri che non ho voglia di andare a controllare; ne hanno parlato i vostri amici che l'anno scorso non indossavano la maglietta Je suis Charlie e insistevano dopo la strage della redazione a trovare discutibile l'approccio di Charlie alla satira - è davvero giusto prendere in giro qualsiasi cosa

Ne ha parlato chi invece continua a credere che la satira sia un diritto fondamentale - da difendere se necessario con le guardie armate e i finanziamenti di Stato - e che si sbigottiva che gli interlocutori non capissero la vignetta: ma come? Credete che sia una vignetta razzista? Guardate che è l'esatto contrario. È una vignetta antirazzista. Non prende in giro il povero Aylan - anche se lo disegna adulto e sbavante, le mani sporcaccione protese verso le natiche di una giovane - è una vignetta che si prende gioco del razzista benpensante! Quello che magari l'estate scorsa di fronte a un'immagine toccante aveva avuto un cedimento e si era commosso per lo straniero - purché bambino, purché morto - e alla prima notizia inquietante si è rimesso ad aver paura di tutti gli stranieri, molestatori in quanto stranieri. Ma davvero non capite? È così chiaro.

È così chiaro. 

D'altro canto, se fossi un razzista potrei anche ipotizzare che la vignetta prenda in giro l'antirazzista frignone che si commuove al primo straniero morto - accidenti, ma è geniale questa cosa. Un po' come Checco Zalone che fa ridere sia gli impiegati assenteisti sia i rottamatori renziani. Incredibile. Ma da quand'è che nei giornali di satira e nei film buffi si sono messi a spacciare messaggi ambigui?

Ho pensato di aiutare chi discute di queste cose su internet inaugurando una rubrica - ero incerto se chiamarla L'angolo di Capitan Ovvio, Chiedi a Lapalisse, o Non è mai troppo tardi. Ho scelto il titolo più rassicurante.

Sto prendendo in giro gli analfabeti che scrivono "Hei"
o sto facendo la parodia di chi li tratta con sufficienza?
Non è mai troppo tardi per scoprire che... tutta la satira è ambigua

Non solo i film di Checco Zalone: tutta la satira, politica o di costume. L'ambiguità non è un dato accessorio: è proprio il modo in cui funziona il dispositivo satirico.
Non succede soltanto in una vignetta di Charlie - tutte le vignette sono suscettibili di essere lette su almeno due livelli. Ecco un esempio piuttosto nobile:


Il New Yorker pubblicò questa copertina durante la campagna elettorale del 2008 - nella Sala Ovale, Barack Obama non ci era ancora entrato da presidente. L'illustrazione era un compendio di tutte le critiche più demenziali che i suoi avversari politici gli stavano lanciando: di essere antiamericano, musulmano, sostenitore dei terroristi e ammiratore di Bin Laden. Inoltre sopra il disegnino c'era la testata del "New Yorker", che ai lettori abituali dice "ironia sofisticata", il che nell'intenzione della redazione avrebbe dovuto rendere chiaro che non si trattava di un attacco scomposto a Barack Obama. Insomma, era così chiaro che non se la stavano prendendo con Obama.

Era talmente chiaro che per la prima volta molti repubblicani acquistarono il New Yorker. Perché sulla copertina c'era Obama vestito da musulmano che bruciava la bandiera americana nel camino, e sua moglie era conciata da pantera nera. 

Torniamo alla scorsa settimana. Se bazzicate facebook, forse in questi giorni siete venuti a conoscenza del fatto che Gasparri non riconosce Jim Morrison (al punto che ormai ne rivendica il diritto). Tale importante scoperta è dovuta alla circolazione di questo scambio. 

Bisogna dire che è il volto di Jim Morrison meno conosciuto, cioè son tutti buoni così.

Il meme del Jim Morrison barbuto è preso da una pagina facebook, Vergogna finiamola fate girare, che negli ultimi giorni è letteralmente esplosa, disseminando sui social network centinaia di immagini simili - foto di celebrità associate a slogan "gentisti" dal qualunquismo insostenibile. Si tratta di una parodia di immagini razziste che vengono effettivamente prodotte da anonimi, e che hanno una certa efficacia - se qualcuno sente la necessità di combatterle. 

Via Claudia Vago
E quindi come si combattono? Con l'inflazione - la disseminazione on line di immagini simili, ma false - cioè a dire il vero anche le immagini originali erano false, ma speculavano sulla dabbenaggine di chi le accettava come vere, mentre i memi di Vergogna finiamola... speculano sulla stessa dabbenaggine. Ehi, aspetta.

Che differenza c'è tra un messaggio stupido e razzista e la parodia di un messaggio stupido e razzista?

Nessuna.

Come nessuna? Ma il contesto, l'intenzione...

No.

Basta così per stasera, arrivederci alla prossima puntata di Non è mai troppo tardi, in cui scopriremo la legge di Poe (il poeta non c'entra nulla, purtroppo).
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