E com'è che ancora non si muore

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La scuola dell'endorfina

A fine luglio per i prof la scuola è ormai un vago ricordo che si perde nei vapori dell'afa. Non ci fosse la FLC (Cgil scuola), che ci raggela mettendo nero su bianco i tagli che ci aspettano a settembre. Solo alle medie si tratterebbe di 2487 esuberi. Potrebbero sembrarvi pochi, dopotutto stiamo parlando di un dato nazionale; ma stiamo parlando anche di scuola dell'obbligo. Qui l'esubero è quasi una prima assoluta, si fa persino fatica a crederci: una cattedra che scompare? Prima lì c'era un professore di ruolo – puf, non c'è più. Dove finirà? Eh, mistero. 2487 misteri.

Un po' se ne andranno in pensione. Le chiacchiere telegiornalistiche sull'innalzamento dell'età pensionistica hanno anche questa funzione, di messaggio subliminale alle vecchie prof: PREPENSIONATEVI FINCHé SIETE IN TEMPO... niente di male, salvo che con loro se ne andrà un bagaglio di competenze acquisite sul campo che – in mancanza di un serio percorso accademico di formazione per gli insegnanti – è quello che ha tenuto in piedi la scuola dell'obbligo italiana, nel bene e nel male.

Questo carico di esperienza che perdiamo non sarà ricompensato da un carico di entusiasmo in entrata, nel senso che le sessantenni che mollano non saranno rimpiazzate da un esercito di fresche trentenni. Per queste ultime, anzi, i cancelli della scuola dell'obbligo si serrano forse per sempre. Molte di loro hanno pagato fior di tasse universitarie e post-universitarie – il famoso biennio di Scuola Speciale per l'Insegnamento. Soldi buttati via. Prima di loro, se ci fossero posti (e non ci sono) bisognerebbe sistemare i finti supplenti – non quelli che si fanno una settimana ogni tanto; quelli di fascia alta, gente che la scuola assume a settembre e licenzia a giugno. Ci sono docenti che passano anche dieci anni in una situazione del genere. Nessuno li chiama più supplenti: i loro studenti e i genitori spesso ignorano che essi lo siano: loro stessi a volte fanno fatica a ricordarsene; bene, per loro la strada verso l'immissione in ruolo si allunga. Repubblica spara diecimila supplenze in meno. Solo al Sud si tratterebbe di più di settemila: “l'equivalente di quattro stabilimenti Fiat di Termini Imerese”. Roba da guerra civile, invece no. È fine luglio, ormai siam tutti al mare.

Un giorno bisognerà riparlare di questa classe docente, più o meno la stessa che circa dieci anni fa montava la “più grande manifestazione di categoria del dopoguerra” contro il ministro Berlinguer (reo di voler aumentare la paga ai più meritevoli) e che oggi si avvia al macello in ordinata fila indiana. La solita attribuzione di colpa al sindacato, quello che-difende-sempre-i-privilegi-acquisiti, convince fino a un certo punto: nel comparto scuola si tesserano subito anche i supplenti. Un giorno bisognerebbe davvero riparlarne.

Oggi però vorrei cercare di spiegare a chi non è pratico cosa succederà a settembre, quando i suoi figli torneranno a scuola. Da principio, nulla: la scuola avrà ancora lo stesso numero di aule, di finestre, forse anche di bidelli. E quindi la prima reazione degli utenti sarà: “Ok, non è successo nulla, si vede che la scuola funziona benissimo anche senza tutte quelle cattedre che hanno tagliato”. Sono più o meno gli stessi pensieri che fa il soldato a cui una granata ha appena tranciato un arto: aspetta, com'è che non sento dolore? Beh, forse quel braccio non mi era così indispensabile dopotutto. Benedetta endorfina, non ci fossi tu. Qualcosa di analogo succederà nel mese di settembre: amputata di netto, la scuola farà finta di niente e anzi, non è escluso un soprassalto di isterico entusiasmo. Cercheremo tutti di dimostrare che possiamo farcela, prima di accasciarci al suolo.

I problemi usciranno sulla distanza. Intanto occorre capire cosa è stato tagliato. Non è così facile, è stato fatto un lavoro di fino. Pensate che tagliando un'ora, una misera ora settimanale di italiano ai nostri figli, i tre ministri sono riusciti a ridurre le cattedre d'Italiano del 25%. Com'è stato possibile?

Lunga storia, che mi va di raccontare. A partire dagli anni Novanta gli insegnanti di Italiano (che fanno anche Storia, Geografia ed Educazione Civica) hanno progressivamente ceduto ore settimanali ai colleghi, di solito di lingua straniera. Se avete fatto le medie fino agli Ottanta, non avete frequentato probabilmente più di tre ore di lingua straniera alla settimana. Col tempo le lingue straniere sono diventate due (un escamotage per garantire a tutti un'infarinatura d'inglese e non licenziare le prof di francese), e le ore cinque. E i prof d'Italiano si sono ritrovati coi pacchetti di 10+6 o 10+4 ore, dove “10” sta per Italiano, Storia e Geografia in una classe, “6” per solo italiano, “4” Storia e Geografia.
In questo modo si rispettava la tradizionale alternanza di due insegnanti in un corso triennale. Mettiamo che il corso X sia quello della prof. Bianchi e del prof. Rossi.: i due si dividono la prima X (la Bianchi fa Italiano, Rossi S+G); la seconda X sarà il feudo del prof. Rossi, mentre le dieci ore di It+St+Geo della terza X spetteranno interamente alla prof. Bianchi.

Unico inconveniente: sia il prof. Rossi che la prof. Bianchi sono relativamente sottoccupati. Rispetto alle 18 ore di lezione settimanali che devono offrire per contratto, la prof. Bianchi quest'anno ne farebbe 16, il prof. Rossi 14 (l'anno prossimo viceversa).
Questo non significa che mangino il pane dello Stato a tradimento. Di solito la prof. Bianchi impiega le due ore settimanali per coprire delle supplenze, mentre il prof. Rossi fa tre ore di Materia Alternativa Alla Religione Cattolica e la quarta la usa per mettere a posto la biblioteca. Poi, naturalmente, c'è sempre qualcuno che fa il furbo: ma in generale le ore di eccedenza di questi prof sono necessarie per tappare buchi e svolgere mansioni che altrimenti la scuola dovrebbe finanziare coi fondi d'Istituto; e tenete presente che i dirigenti scolastici ormai non hanno i soldi per il toner della fotocopiatrice.

A questo punto intervengono Gelmini-Brunetta-Tremonti: e con un semplice taglio di un'ora, zacchete! Riducono le due cattedre per corso a una cattedra in mezzo. Da 10+6 o 10+4, il prof. Rossi e la prof. Bianchi passeranno, da settembre, a 9+9. Dove in questo “9” devono rientrare Italiano, Storia e Geografia (più l'Educazione Civica a cui la Gelmini tiene tantissimo, adesso sembra che prima di lei non si facesse).
Il prof. Rossi così potrà insegnare It+St+Geo+EdC in due classi, mettiamo la prima e la seconda X; e la prof. Bianchi farà lo stesso in terza X e... in un'altra classe di un altro corso, magari la prima Y. In questo modo si passa da due prof per corso a tre prof per due corsi. In pratica si perde una cattedra di Italiano ogni due corsi. Semplicemente tagliando un'ora, un'ora sola a tutti. C'è del genio, in questa macelleria.

Anche perché, al genitore che obiettasse che nove ore di Italiano, Storia e Geografia sono un po' pochine, la Gelmini è già pronta a replicare che non è vero, le ore sono dieci: in effetti l'ora l'ha persa solo l'insegnante, non lo studente. Lui la frequenterà lo stesso, soltanto che adesso si chiamerà (mi pare) ora di approfondimento delle materie letterarie. A tutt'oggi (luglio inoltrato) permane il mistero sull'identità del professore che la insegnerà. Non può essere né la Rossi né il Bianchi, entrambi impegnati full time a 18 ore. E quindi chi?
Ecco, la cosa interessante è che da nessuna parte si trova scritto che l'insegnante di approfondimento delle materie letterarie debba essere necessariamente un prof di Italiano, abilitato all'insegnamento della nostra bella lingua madre. Potrebbe essere, per esempio... un altro insegnante che deve completare le sue 18 ore... magari un prof. di religione... o meglio ancora di francese (così si libera un posto per quella chimerica classe full english che per ora resta un sogno di presidi e genitori). Forse che non ce l'hanno anche i francesi, una letteratura? Anzi meravigliosa. E quinci sian le nostre viste sazie.

Insomma, in questo modo cosa succede? (“Niente”, disse il fante agitando il moncherino). All'inizio non dovrebbe avvenire nulla di strano. Le prime crepe arriveranno coi malanni di stagione. Cosa succede se un prof si ammala? Pagare un supplente è fuori discussione. L'anno scorso di usavano i prof d'italiano con le ore eccedenti... ma non ci sono più ore eccedenti. E quindi? E quindi vediamo. Si può lasciare la classe sola col bidello, perché no. Se il bidello non è ritenuto affidabile, si può dividere la classe in tanti spezzoni e distribuirli nelle altre aule. Per inciso, molte aule italiane, a norma della famosa legge 626, non potrebbero contenere più di 25 alunni: è proprio una questione di metratura, più di così non ci stanno. Già ora stiamo tranquillamente oscillando intorno ai 28 per ambiente. Se i prof cominciano ad ammalarsi (qualcosa mi dice che cominceranno presto), non sarà così strano bussare ed entrare in un'aula dove si trovano 35-40 studenti. E pensare che Bertolaso è preoccupato perché le scuole italiane non rispettano i criteri antisismici. Come se 40 studenti in un'aula che ne dovrebbe contenere 25 lo sentissero, un sisma.

E gli studenti stranieri? Di solito l'alfabetizzazione era in mano a un insegnante d'italiano con qualche ora eccedente. Non ci saranno più ore eccedenti, quindi molte scuole lasceranno perdere l'alfabetizzazione. Del resto quelli che non sanno l'italiano non sono quasi mai quelli che disturbano di più: se ne stiano in fondo all'aula zitti e buoni (rigorosamente ripartiti in classi diverse, con insegnanti che non hanno tempo da dedicare esclusivamente a loro, altrimenti sarebbe razzismo).

Nel frattempo cominceremo a sentire la vera emorragia, che è quella degli insegnanti di sostegno. Ora, può anche darsi che negli anni passati ci sia stata una certa corsa al sostegno – che era anche un sistema per immettere in ruolo un po' di gente e alleggerire la situazione degli insegnanti. C'è anche stata una sorta di corsa alla certificazione da parte delle famiglie: molti ragazzi che vent'anni fa sarebbero stati semplicemente “asini che non s'impegnano” adesso hanno un documento che li riconosce dislessici, o disgrafici, o altri oscuri disturbi dell'apprendimento. Alcuni di questi grazie al sostegno vengono effettivamente recuperati e riescono a ottenere risultati che vent'anni fa non avrebbero ottenuto: altri no, la scuola è ben lontana da essere una macchina perfetta, però... però come tutti i meccanismi, non è che migliora se la prendi a mazzate. Quindi cosa succederà esattamente quando a settembre un sacco di disgrafici e dislessici non risulteranno più disgrafici e dislessici? All'inizio nulla. Li metteremo nel primo posto davanti alla cattedra e cercheremo di far lezione anche per loro. Quelli che in aula proprio non ci riescono a stare li libereremo più spesso nel corridoio. E poi? E poi niente, andrà avanti così finché qualcuno non si farà male, e anche dopo. Del resto a scuola ci facciamo tutti male continuamente, è solo che quest'anno ci capiterà più spesso. Qualche incidente in più, qualche insegnante esaurito in più, magari un suicidio in più, questo tipo di cose. Quel tipo di cose che succedono sempre in altre scuole.

Quello che senz'altro succederà nella vostra, è che vi chiederanno un obolo più spesso. Per il toner della fotocopiatrice, per le nuove lavagne elettroniche che il ministero ci aveva promesso e chi le ha viste più, tra un po' cominceremo a chiedervi anche i soldi per l'intonaco e i sanitari. E per gli assistenti di qualche cooperativa, che metteremo al posto dei prof di sostegno nelle situazioni in cui davvero non possiamo più farne a meno. La differenza tra una scuola che ha genitori generosi e una che fa quel che può comincerà a rendersi evidente, anche solo dallo stato dei giardinetti. In altre parole: ci stiamo privatizzando senza disturbare nessuno (a parte voi, carissimi genitori).

Ah, in teoria stiamo anche diventando più cattivi. Ovvero: quando uno studente ha la media del cinque siamo autorizzati a dargli un sei, e a settembre addirittura avremo la facoltà di guarire disgrafici e dislessici con la sola imposizione delle mani – però chiunque disturba lo sospendiamo, il Ministro è d'accordo. Ma lo faremo davvero? In molte situazioni mettersi contro i genitori sarà ancora meno conveniente. E bocceremo? Con la prospettiva di ritrovarci trenta ragazzi per classe, di cui magari uno dislessico decertificato e tre analfabeti senza più corso di alfabetizzazione? E chi bocciamo, il dislessico e l'analfabeta? E se li promuoviamo, con che faccia bocceremo quelli che anche non studiando un tubo l'italiano un po' lo sanno? Non sono domande retoriche, me lo sto chiedendo e la risposta arriverà tra un anno. Nel frattempo pare che il tanto sbandierato aumento di bocciature non ci sia stato: a riprova che bocciare in generale non conviene. E a un insegnante in difficoltà conviene ancor meno.
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