13-10-2004, 04:20cantautori, musicaPermalink
Sprangate Mario
"Leonardo, la tua missione di stasera è la seguente:
in 6000 battute devi infilare Eugenio Scalfari, Quentin Tarantino, la Gialappa's Band, Stan Lee, Umberto Eco, Renzo Arbore, Silvio Berlusconi e Liala, usare al meno una volta la parola "generazione", le prime righe dell'Inno di Mameli e una citazione dall'Antico Testamento a scelta.
Il brano deve inoltre riassumere l'evoluzione dei gusti e dei costumi degli italiani negli ultimi 15 anni, e terminare con un invito alla speranza.
Questo cappello introduttivo si autodistruggerà in 90 sec… – puf.
Ora (e poi magari cambiamo argomento), se dovessi riassumere in due parole gli anni '90, per prima userei "autoindulgenza". Questo è lo spirito profondo del Bar Mario: un posto dove tutti possiamo continuare a essere quelli che siamo, con le nostre discussioni sul campionato, le partitine, il flipper, eccetera. Senza bisogno di uscire, perché fuori non c'è nulla di meglio, anzi: sono gli altri che spingono per venire al nostro bar (e noi li fermiamo alla frontiera).
L'altra parola che userei è "sdoganare", che ha assunto un significato nuovo proprio in quel decennio, in un contesto che davvero più significativo non si può. I più anziani se lo ricorderanno: la usò il fondatore del gruppo L'Espresso/Repubblica (Eugenio Scalfari) per riferirla al fondatore del gruppo Mediaset/Mondadori (Silvio Berlusconi). L'oggetto "sdoganato" in questione era il Movimento Sociale di Gianfranco Fini, uno dei tanti oggetti trash degli anni '80 che nel decennio seguente è diventato qualcosa di importante, con cui fare i conti, un fenomeno sociale, di costume, una pagina di Storia, fratelli d'Italia l'Italia s'è desta (la simpatica marcetta che negli ultimi anni si sente cantare con sempre minore ironia). Ma tra mondo-Mediaset e mondo-Espresso c'è veramente poco che in quegli anni non sia stato "sdoganato", rivalutato, riabilitato, elevato a fatto di costume e quindi di cultura.
Ma c'è poi differenza con i due innamorati postmoderni di Eco (ne parlavamo qui), quelli della frase "per dirla con Liala, ti amo disperatamente?" Sì: la differenza è che quei due 'citavano' Liala (e la citazione non poteva non andare senza ironia); i loro fratelli minori post-post-moderni la 'sdoganano': niente più ironia, Liala diventa un'autentica maestra di vita. Ed ecco che in libreria arrivano nuove scrittrici (e scrittori) che a Liala si rifanno senza pudore, anche con un certo orgoglio.
Ecco il limite di postmoderno e parodia: per funzionare, hanno bisogno di una comunità di fruitori che condivida tutta una serie di conoscenze: ergo, non possono durare molto più di una generazione. Poi, fatalmente, vengono fraintesi, presi sul serio, 'sdoganati'. La parodia diventa copia conforme all'originale, l'ironia sempre più rarefatta, fino a scomparire del tutto, in una nuvoletta di autindulganza. Uno rimasto in pieni anni '90 è Tarantino: lui non si prende gioco della 'pulp fiction' che ha nutrito il suo immaginario: l'ha sdoganata da un pezzo e adesso la rimette in scena, semplicemente. Mette una dozzina di boss giapponesi intorno a un tavolo, ci scappa una testa mozzata e lui spiega: la scena si rifà ai Yakuza movies. Tutto qui? Sì, tutto qui. Dobbiamo ridere? No, non fa ridere. Dobbiamo semplicemente passarci il tempo, siamo al Bar Mario e stiamo riguardando per l'ennesima volta quel film con Bruslì. O i cartoni dell'Uomo Ragno, riveduti e riadattati al 2004, ma filologicamente fedeli agli albi originali di Stan Lee. Allora vien voglia di andarseli a rileggere davvero, gli albi di Lee, per scoprire una cosa piuttosto curiosa: era più ironico lui, nei confronti di un modello narrativo ormai troppo rodato e ridicolo (Superman, di cui l'imbranato e caustico uomo ragno era già parodia), che Sam Raimi, nel 2004, con la sua pretesa di dare evidenza plastica e drammatica a un Doctor Octopus che quarant'anni prima era solo uno spauracchio per bambini. Stan Lee era postmoderno! Noi, al confronto, poveri primitivi. Ecco, non c'è nulla di nuovo sotto il sole.
Un altro esempio, prima di morir di noia. Due decenni riassunti in due programmi tv: Indietro Tutta e Mai dire Gol.
Cosa hanno in comune? Sono due trasmissioni caciarone e, in modo diverso, innovative (vogliamo usare la parola? Rivoluzionarie). Entrambe arrivano a rivoluzionare la tv attraverso l'improvvisazione. Entrambe fanno tv al quadrato: Indietro Tutta è una parodia del quiz nazional-popolare, Mai dire Gol comincia a parodiare le interviste dei calciatori e poi dal calcio finisce a invadere tutto il palinsesto, fino alla recente reincarnazione in Mai dire Grande Fratello.
E cosa hanno di diverso? Per prima cosa, la durata. Arbore mise fine bruscamente all'esperimento Indietro Tutta dopo neanche una stagione: niente repliche. Aveva capito quando fermarsi. Non si può improvvisare in eterno: prima o poi si finisce per fossilizzarsi negli stessi riff. Ma non poteva rendersi conto nel 1987 di quanto le ragazze coccodè o il cacao meravigliao non fossero una presa in giro di una tv che non c'era ancora, bensì l'anticipazione della tv che ci sarebbe stata, tutta tette e televendite, sempre più sorrisi e sempre meno ironia. O forse sì? Si era reso conto che, invece di ridere della pessima tv, l'aveva 'sdoganata'? Può darsi: in seguito ha lasciato il Paese e si è dato alla missione di sdoganare le orchestre di liscio nel mondo.
La Gialappa, per contro, sta per riuscire in quello che non è riuscito a Pippo Baudo o Corrado: sopravvivere a Mike Bongiorno, diventare i conduttori più longevi della tv italiana. A differenza di Arbore, che ha rotto il giocattolo appena ha capito che stava diventando qualcosa di serio, Mai dire Gol è diventato negli anni lo sdoganatore per eccellenza. I calciatori hanno imparato a dare risposte buffe per guadagnarsi un passaggio televisivo in più: le bellone hanno imparato a ridere a bocca spalancata. Dai e dai, con due o tre battute fuoricampo si sono sdoganate pure le ballerine. E i reality show. A 15 anni di distanza, la domenica sera di Italia 1 è diventato un festival dell'autoindulgenza: tette e culi come al drive-in, ma si ride meno. Si ride, più che altro, per inerzia, perché abbiamo sempre riso e la regola del Bar Mario è che si fanno le stesse cose, sabato briscola e domenica gialappa.
Per chi ha resistito fin qui, ho una buona notizia: i '90 sono finiti. Non c'è più niente da sdoganare: è tutto perfettamente regolare, ora, tutto meravigliosamente borghese.
E quindi, ora, possiamo ricominciare a spaccare tutto con rinnovato rigore. Spegnere la tv e sprangare il bar, con quel pezzo di merda di Mario che ha messo la piadina a tre euro e ottanta. Non c'è nulla di nuovo sotto il sole: al tramonto segue l'alba, infallibilmente. Ci vediamo di là.
"Leonardo, la tua missione di stasera è la seguente:
in 6000 battute devi infilare Eugenio Scalfari, Quentin Tarantino, la Gialappa's Band, Stan Lee, Umberto Eco, Renzo Arbore, Silvio Berlusconi e Liala, usare al meno una volta la parola "generazione", le prime righe dell'Inno di Mameli e una citazione dall'Antico Testamento a scelta.
Il brano deve inoltre riassumere l'evoluzione dei gusti e dei costumi degli italiani negli ultimi 15 anni, e terminare con un invito alla speranza.
Questo cappello introduttivo si autodistruggerà in 90 sec… – puf.
Ora (e poi magari cambiamo argomento), se dovessi riassumere in due parole gli anni '90, per prima userei "autoindulgenza". Questo è lo spirito profondo del Bar Mario: un posto dove tutti possiamo continuare a essere quelli che siamo, con le nostre discussioni sul campionato, le partitine, il flipper, eccetera. Senza bisogno di uscire, perché fuori non c'è nulla di meglio, anzi: sono gli altri che spingono per venire al nostro bar (e noi li fermiamo alla frontiera).
L'altra parola che userei è "sdoganare", che ha assunto un significato nuovo proprio in quel decennio, in un contesto che davvero più significativo non si può. I più anziani se lo ricorderanno: la usò il fondatore del gruppo L'Espresso/Repubblica (Eugenio Scalfari) per riferirla al fondatore del gruppo Mediaset/Mondadori (Silvio Berlusconi). L'oggetto "sdoganato" in questione era il Movimento Sociale di Gianfranco Fini, uno dei tanti oggetti trash degli anni '80 che nel decennio seguente è diventato qualcosa di importante, con cui fare i conti, un fenomeno sociale, di costume, una pagina di Storia, fratelli d'Italia l'Italia s'è desta (la simpatica marcetta che negli ultimi anni si sente cantare con sempre minore ironia). Ma tra mondo-Mediaset e mondo-Espresso c'è veramente poco che in quegli anni non sia stato "sdoganato", rivalutato, riabilitato, elevato a fatto di costume e quindi di cultura.
Ma c'è poi differenza con i due innamorati postmoderni di Eco (ne parlavamo qui), quelli della frase "per dirla con Liala, ti amo disperatamente?" Sì: la differenza è che quei due 'citavano' Liala (e la citazione non poteva non andare senza ironia); i loro fratelli minori post-post-moderni la 'sdoganano': niente più ironia, Liala diventa un'autentica maestra di vita. Ed ecco che in libreria arrivano nuove scrittrici (e scrittori) che a Liala si rifanno senza pudore, anche con un certo orgoglio.
Ecco il limite di postmoderno e parodia: per funzionare, hanno bisogno di una comunità di fruitori che condivida tutta una serie di conoscenze: ergo, non possono durare molto più di una generazione. Poi, fatalmente, vengono fraintesi, presi sul serio, 'sdoganati'. La parodia diventa copia conforme all'originale, l'ironia sempre più rarefatta, fino a scomparire del tutto, in una nuvoletta di autindulganza. Uno rimasto in pieni anni '90 è Tarantino: lui non si prende gioco della 'pulp fiction' che ha nutrito il suo immaginario: l'ha sdoganata da un pezzo e adesso la rimette in scena, semplicemente. Mette una dozzina di boss giapponesi intorno a un tavolo, ci scappa una testa mozzata e lui spiega: la scena si rifà ai Yakuza movies. Tutto qui? Sì, tutto qui. Dobbiamo ridere? No, non fa ridere. Dobbiamo semplicemente passarci il tempo, siamo al Bar Mario e stiamo riguardando per l'ennesima volta quel film con Bruslì. O i cartoni dell'Uomo Ragno, riveduti e riadattati al 2004, ma filologicamente fedeli agli albi originali di Stan Lee. Allora vien voglia di andarseli a rileggere davvero, gli albi di Lee, per scoprire una cosa piuttosto curiosa: era più ironico lui, nei confronti di un modello narrativo ormai troppo rodato e ridicolo (Superman, di cui l'imbranato e caustico uomo ragno era già parodia), che Sam Raimi, nel 2004, con la sua pretesa di dare evidenza plastica e drammatica a un Doctor Octopus che quarant'anni prima era solo uno spauracchio per bambini. Stan Lee era postmoderno! Noi, al confronto, poveri primitivi. Ecco, non c'è nulla di nuovo sotto il sole.
Un altro esempio, prima di morir di noia. Due decenni riassunti in due programmi tv: Indietro Tutta e Mai dire Gol.
Cosa hanno in comune? Sono due trasmissioni caciarone e, in modo diverso, innovative (vogliamo usare la parola? Rivoluzionarie). Entrambe arrivano a rivoluzionare la tv attraverso l'improvvisazione. Entrambe fanno tv al quadrato: Indietro Tutta è una parodia del quiz nazional-popolare, Mai dire Gol comincia a parodiare le interviste dei calciatori e poi dal calcio finisce a invadere tutto il palinsesto, fino alla recente reincarnazione in Mai dire Grande Fratello.
E cosa hanno di diverso? Per prima cosa, la durata. Arbore mise fine bruscamente all'esperimento Indietro Tutta dopo neanche una stagione: niente repliche. Aveva capito quando fermarsi. Non si può improvvisare in eterno: prima o poi si finisce per fossilizzarsi negli stessi riff. Ma non poteva rendersi conto nel 1987 di quanto le ragazze coccodè o il cacao meravigliao non fossero una presa in giro di una tv che non c'era ancora, bensì l'anticipazione della tv che ci sarebbe stata, tutta tette e televendite, sempre più sorrisi e sempre meno ironia. O forse sì? Si era reso conto che, invece di ridere della pessima tv, l'aveva 'sdoganata'? Può darsi: in seguito ha lasciato il Paese e si è dato alla missione di sdoganare le orchestre di liscio nel mondo.
La Gialappa, per contro, sta per riuscire in quello che non è riuscito a Pippo Baudo o Corrado: sopravvivere a Mike Bongiorno, diventare i conduttori più longevi della tv italiana. A differenza di Arbore, che ha rotto il giocattolo appena ha capito che stava diventando qualcosa di serio, Mai dire Gol è diventato negli anni lo sdoganatore per eccellenza. I calciatori hanno imparato a dare risposte buffe per guadagnarsi un passaggio televisivo in più: le bellone hanno imparato a ridere a bocca spalancata. Dai e dai, con due o tre battute fuoricampo si sono sdoganate pure le ballerine. E i reality show. A 15 anni di distanza, la domenica sera di Italia 1 è diventato un festival dell'autoindulgenza: tette e culi come al drive-in, ma si ride meno. Si ride, più che altro, per inerzia, perché abbiamo sempre riso e la regola del Bar Mario è che si fanno le stesse cose, sabato briscola e domenica gialappa.
Per chi ha resistito fin qui, ho una buona notizia: i '90 sono finiti. Non c'è più niente da sdoganare: è tutto perfettamente regolare, ora, tutto meravigliosamente borghese.
E quindi, ora, possiamo ricominciare a spaccare tutto con rinnovato rigore. Spegnere la tv e sprangare il bar, con quel pezzo di merda di Mario che ha messo la piadina a tre euro e ottanta. Non c'è nulla di nuovo sotto il sole: al tramonto segue l'alba, infallibilmente. Ci vediamo di là.
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