- pasticcioni dell'umanità, 2

Permalink
(Questa serie di post, che annoiano tutti, nascono da uno scrupolo: a un certo punto mi sono chiesto se, oltre a rivendicare il diritto di criticare Israele e la politica di Sharon, io fossi in grado davvero di criticare Israele e la politica di Sharon: citando fatti e date, senza le solite scappatoie da blog di opinione. È una gran fatica, ma ogni tanto qualcuno la deve fare. Perché è vero, un sacco di gente non sa di cosa sta parlando: e allora è tempo che chi qualcosa la sa informi gli altri. Che senso ha continuare a palleggiarsi degli "Sharon boia" e degli "Antisemita!" come se avessimo vent'anni – io non li ho più, vent'anni. E i ventenni ignoranti di adesso mi spaventano.

Questo non significa che dobbiamo smettere di scrivere battute su Sharon, se ce ne vengono in mente. E' solo che ogni tanto bisogna spiegare ai nuovi di cosa si parla: illustrare il perché quello che ad alcuni sembra un eroe e uomo di pace è ritenuto da altri un boia o un assassino. Tutto qui).

I disastri di Ariel Sharon (seconda parte)

1. La strage di Qibya.
2. Quel che disse Ben Gurion
3. Il passo di Mitla
4. "Immaginate di dover prendere la collina X..."
5. Eroe di guerra.

6. Nasce il Likud
Nel 1974 il nostro uomo compie il passaggio definitivo dalla vita militare a quella politica.
La traiettoria politica di Sharon, apparentemente, la conosciamo tutti: da caparbio promotore degli insediamenti nei Territori (1977-2003) a coraggioso artefice del ritiro dei coloni dagli insediamenti stessi (2003-2006). È una visione piuttosto schematica dell'uomo e della sua psicologia: come se dopo l'irruenza della gioventù, la cocciutaggine dell'età adulta s'intenerisse con la vecchiaia (secondo il vecchio luogo comune: battaglieri a vent'anni, moderati a sessanta…) Le cose per la verità sono più complicate. Per esempio, il primo incarico politico Sharon lo ottiene in un governo laburista: consigliere speciale di sicurezza nel primo gabinetto Rabin (1974-1977). Pochi sanno (e nemmeno io sapevo) che in un primo tempo "Sharon meditava di formare un partito con i pacifisti…
parlò dello Stato di Palestina, e prima che a destra nessuno avesse nemmeno il coraggio di pronunciare quella parola, lui era pronto a stringere un accordo. Quello che voglio dire è che sapeva come muoversi in tutte le direzioni almeno dal punto di vista retorico."
La testimonianza dello storico israeliano Avishai Margalit ci restituisce l'immagine di un politico più smaliziato e disinvolto. Resta da capire cosa porti in pochi anni Sharon dalle avances nei confronti dei pacifisti alla fondazione del Likud (1973), il blocco di centro-destra capeggiato da Menahem Begin che considera i Territori Occupati nel 1967 "Terra di Israele liberata". Forse l'ostinazione opposta e speculare dell'OLP di Arafat, che continuava la sua guerriglia dal Libano, rifiutando ogni progetto di spartizione tra il fiume Giordano e il mare (non già perché voleva cacciare gli israeliani, come qualcuno oggi pensa e dice, ma perché il programma di Al Fatah prevedeva la creazione di uno Stato unico, multietnico e non confessionale, in cui arabi ed ebrei avrebbero dovuto vivere con pari diritti e dignità: lo so, a dirlo oggi sembra fantascienza). Potrebbe anche trattarsi di una questione di opportunità: alla prova dei fatti Sharon sperimenta che il pacifismo in politica non paga, e si butta a destra. Quando il Likud va al potere, Begin lo nomina Ministro dell'Agricoltura. È un dicastero fondamentale, perché ha la delega sugli insediamenti.


7. La guerra della terra e dell'acqua
Gli "insediamenti" sono villaggi creati dagli israeliani (e in alcuni casi diventate vere città) nei territori occupati dopo la Guerra dei Sei Giorni (1967): Gaza e la Cisgiordania. Fino al 1977 erano sorte per lo più in zone scarsamente popolate ma strategicamente rilevanti. La 'colonizzazione' vera e propria dei Territori inizia con l'avvento del Likud al potere. L'obiettivo è rendere i milioni di palestinesi, residenti e profughi a Gaza e in Cisgiordania, una minoranza, circondata da una rete di città e strade israeliane. Come avverte, a chiare lettere, il presidente della commissione per l'insediamento dell'Organizzazione sionista mondiale, Matityahu Drobless: "diviene necessario effettuare una corsa contro il tempo.
[…] le terre demaniali e le terre incolte di Giudea e Samaria devono essere immediatamente confiscate al fine di colonizzare le zone entro e attorno i centri di residenza delle minoranze per ridurre al minimo il pericolo di un nuovo Stato arabo su questi territori. Non deve esserci il minimo dubbio sulla nostra intenzione di tenerci per sempre la Giudea e la Samaria" (citato da Baron, I palestinesi (2000), pag. 369).
"Giudea e Samaria" è il nome biblico per la Cisgiordania. I progetti di colonizzazione avanzati da Drobless riprendono le idee avanzate da Sharon e costituiscono il proseguimento della guerra (della sua guerra) con altri mezzi. Il principio fondamentale è lo stesso: non c'è miglior difesa dell'attacco, non c'è migliore strategia di quella che consiste nel mettere il nemico di fronte a un fatto compiuto. Così, mentre Begin temporeggia e tratta la pace separata con l'Egitto, Sharon permette ai coloni d'impadronirsi della risorsa fondamentale: l'acqua. Dal 1967 le autorità militari hanno proibito ai palestinesi dei Territori di creare, possedere o fare funzionare una installazione idraulica esistente senza l'autorizzazione del comandante della regione. In compenso i coloni dei Territori hanno il permesso di trivellare i pozzi nei loro insediamenti. Del resto nel 1980 Sharon ammette che due terzi dell'acqua nelle tubature israeliane proviene dalle alture del Golan e della Cisgiordania. Nel 1982 il governo 'nazionalizza' l'acqua palestinese, affidandola alla compagnia idrica israeliana.
Quello che rende disastrosa questa strategia di accerchiamento è che paradossalmente ha funzionato, rendendo nei fatti impossibile la creazione di uno Stato palestinese dotato, almeno in Cisgiordania, di una contiguità territoriale. Come ben sa chi ha guardato una cartina del futuro Stato palestinese secondo Camp David, Oslo, o la Road Map. Ma se i palestinesi hanno perso terre e acqua, gli israeliani non hanno vinto la battaglia demografica: in pratica Israele si è dissanguata (nel 1982 l'insediamento di una famiglia di coloni costava a Israele e all'Organizzazione sionista mondiale 120.000 $) per creare colonie di ostaggi, nelle quali la sindrome di accerchiamento ha favorito lo sviluppo di una società alternativa, spesso ispirata all'ebraismo più ortodosso: refrattaria a qualsiasi idea di pace coi palestinesi, pronta ad accusare i fratelli israeliani di tradimento, come si è visto quest'estate. Un bel disastro. E chi lo ha combinato? Dovendo fare un solo nome, io direi… ma è solo una mia opinione, andiamo avanti.

8. Gli attentati del 2 giugno 1980
Fino al 1977 Israele aveva combattuto molte guerre: alcune contro eserciti regolari, altre asimmetriche e 'sporche', contro nemici non riconosciuti, fedayn e terroristi (del resto il terrorismo era stato praticato anche da fazioni israeliane, come l'Irgun di Begin).
Con la colonizzazione dei Territori, la guerra diventa demografica. Può sembrare un progresso: non si tratta più di respingere un nemico, ma di circondarlo; non di sopprimerlo, ma di essere più prolifico di lui. In realtà è probabilmente il più grande disastro commesso da Sharon: l'aver posto le premesse per la nascita di una generazione di israeliani nelle colonie, cresciuti nel culto della terra degli antenati e, inevitabilmente, nell'odio per "gli usurpatori" palestinesi. I coloni sono, naturalmente, 'costretti' a difendersi da soli: nella pratica formano una milizia paramilitare permanente (in compenso sono spesso esentati dal servizio militare, il che li allontana ancora di più dall'esperienza di vita dei loro connazionali). Con la colonizzazione dei territori il conflitto israelo-palestinese diventa definitivamente una guerra civile: non più un Esercito regolare contro un Fronte di liberazione, ma coloni coi fucili e i palestinesi con le pietre (all'inizio; e con le bombe, in seguito). Una metastasi sociale che complicherà le cose sia all'Esercito israeliano che all'OLP. Forse Sharon non aveva previsto tutto questo.
In ogni caso si tratta di un processo che egli ha contribuito più di altri ad avviare. Nel 1980, durante un duro confronto tra le autorità israeliane e i sindaci palestinesi (accusati di essere "direttamente responsabili della sovversione in Cisgiordania"), Sharon parla di non meglio precisati "mezzi non convenzionali" da adoperare per normalizzare i Territori. Il 2 giugno il sindaco di Nablus (da poco scarcerato) perde due gambe in un'esplosione, dopo aver messo in moto la sua auto. Pressappoco alla stessa ora anche il sindaco di Ramallah ha un incidente analogo (perde una gamba). Il sindaco di el-Bireh, informato, dà un'occhiata alla sua auto nel garage e vi trova una terza carica esplosiva. Per il quotidiano israeliano Haaretz "è praticamente sicuro che si tratti di opera di ebrei" (Baron, op. cit., pag. 377). Nel 1982 quattro importanti esponenti della colonia di Kyriat Arba vengono arrestati per detenzione di esplosivi: due di loro sono processati in Israele per aver occultato documenti utili sull'inchiesta relativa agli attentati del 2 giugno. Nessuno, naturalmente, si permette di attribuire una qualche responsabilità morale a Sharon. Che nel frattempo è già lontano, a Beirut, alle prese con nuovi disastri… (Continua)
Comments (5)