- prepararsi al peggio e al meglio
29-03-2006, 12:23Berlusconi, campagna elettorale (permanente), elezioni politiche 2006, fascismo, società dell'avanspettacoloPermalinkInsomma, a questo punto (io lo dico piano) (anzi, non lo dico proprio) (lo dico sotto forma di ipotesi, di ipotesi lontanamente plausibile) (un'ipotesi accademica, pura speculazione) dobbiamo prepararci all'eventualità, intendo dire la remota eventualità, che Berlusconi perda le elezioni.
Cosa fare dopo B ?
E che sarà mai, uno dice. Ne ha perse altre. Sì, ma stavolta è diverso. L'uomo è anziano e stanco – e sarebbe anziano e stanco persino se il dieci aprile vincesse. Spira una certa tramontana, e secondo me è il caso di prepararsi. Noi siamo maniaci di Berlusconi, è cosa nota. Per noi è il simbolo delle mille cose di questo Paese che non ci sono mai piaciute. In questo è persino troppo comodo – un signore che da solo mette insieme il malaffare della Tangentopoli milanese con la mafia siciliana, la speculazione edilizia, la televisione spazzatura, la politica spazzatura, l'anticomunismo da strapazzo, l'arroganza brianzola: nell'odissea dello schifo italiano di questi ultimi vent'anni non c'è praticamente un solo capitolo che non possa essere ricondotto a lui. Forse la mucillagine sulla riviera adriatica. Ma con un po' d'impegno.
Ebbene, questo comodo simbolo, questo sorriso a 32 perle stampigliato su tutte le cose che non ci piacciono, sta per salutarci, ed è un grosso pezzo della nostra vita che se ne va. È probabile che ci sentiremo più liberi, dopo. Ma è la liberta dei canarini fuori dalla gabbia, non è detto che sopravvivremo. Berlusconi è al governo dal 2001, ma ingombra il dibattito politico almeno dal 1994. Eravamo ancora ragazzini quando abbiamo imparato a dare ogni colpa a lui. Cosa faremo quando non ci sarà più? Sul serio, si accettano consigli.
S'intenda, noi non siamo quelli disperati che per saltare dal carro, in questi giorni, sono pronti ad aggrapparsi a qualsiasi cosa, comprese le sdrucciolevoli radici cristiane e le tonache di placidi cardinali che mai avrebbero pensato di trovarsi in prima linea nel conflitto di civiltà. Per quelli ormai è ragione di vita o di morte, per noi no; è abbastanza certo che manterremo gli stessi impieghi e le stesse frequentazioni; però siamo quel tipo di persone che non amano trovarsi a corto d'argomenti, e se B dovesse sparire d'un colpo, potrebbe appunto succederci questo: ritrovarci in società senza argomenti. E questo noi non lo vogliamo, vero?
Sgombriamo il campo da certi equivoci. Il fascismo, per esempio. Ogni tanto (anche all'estero) si fa questo paragone, che in realtà non ci dice molto né su Berlusconi né su Mussolini, né sul fascismo, né sull'Italia in cui viviamo oggi. Berlusconi senz'altro non è un antifascista molto convinto. Ma non ha mai pensato di praticare restrizioni alle libertà dei cittadini paragonabili a quelle di Mussolini. Né la situazione gliel'avrebbe consentito – l'Europa del 1994 non era più quella del 1922. Lo dico con una punta di rincrescimento, perché se fosse stato davvero il neoduce che un po' ci aspettavamo, avrei cospirato contro di lui. Il che francamente non è successo – mi sono limitato a lagnarmi su un blog, e lui me l'ha consentito.
D'altro canto il berlusconismo è stato per certi versi qualcosa di più subdolo e strisciante: e se fosse vivo oggi Pasolini affermerebbe senza tema che il ventennio berlusconiano (1986-2006?) ha fatto assai più danni di quello mussoliniano, perché la tetra propaganda fascista non aveva veramente fatto breccia nella coscienza del popolo, nel borgataro e nella contadina, mentre Canale 5… ma Pasolini è morto, e se fosse vivo io probabilmente non sarei d'accordo con lui e passerei il tempo a fargli il verso, quindi lasciamo perdere.
La verità è che il paragone tra Benito e Silvio è molto abusato perché comporta un notevole risparmio d'energia mentale. Soprattutto all'estero. Quando al Guardian parlano di un ritorno al fascismo, non fanno che interpretare male i sintomi, attribuendoci la stessa malattia di cui ci hanno già visto soffrire. Punti rossi, quindi è varicella. E se fosse morbillo?
C'è un'altra possibilità. Nella coscienza politica degli italiani, di quasi tutti gli italiani, Mussolini rappresenta il polo negativo. Ma all'estero, quando si cita Mussolini, non si ha tanto in mente il traditore ex-socialista, il delitto Matteotti, le leggi razziali, Salò… quanto piuttosto il massimo esempio di moderno tiranno-buffo, tiranno wannabe che si sgola per trascinare all'Impero un popolo di guitti scettici. È questo, dunque? Berlusconi sarebbe il successore di Mussolini in quanto clown?
Oggi non c'è dubbio che Berlusconi sia un clown – e anche come clown, piuttosto malriuscito. Da anni le sue clownerie ingombrano la scena politica italiana, abbassando il livello del dibattito, impedendoci di parlare di altro che non sia una pelata e un nasone rosso. Ma non è sempre stato così.
Nel 1994, quando abbiamo iniziato a preoccuparci seriamente di lui, l'aspetto clownesco era l'ultima voce in lista. A quel tempo eravamo tutti sinceramente spaventati di quello che avrebbe potuto fare un uomo in possesso di tre televisioni e un polo editoriale-pubblicitario, se si fosse conquistato la maggioranza in Parlamento. In effetti non sembravano esserci limiti al suo potere. Avrebbe potuto completare la conquista dei media italiani e sopprimere ogni voce di dissenso. E non era nemmeno inverosimile che un imprenditore di successo riuscisse a dare una scrollata a un sistema di potere incancrenito, e a conquistarsi coi fatti un consenso superiore a quel famoso 51% degli italiani.
Nei fatti, in cinque anni di governo si è 'limitato' a far votare innumerevoli leggi a suo favore, Costituzione inclusa. Ma non è andato oltre, non ci ha costretti ad amarlo con la forza.
Perché? Ci sono tante spiegazioni. Alcune ce le ha fornite lui stesso: gli alleati rissosi, la campagna d'odio della sinistra, il buco dell'Ulivo, l'Euro a 1936 lire, l'undici settembre… sì, sì, d'accordo.
E se B, più semplicemente, fosse un inetto? Come imprenditore ha avuto qualche buona idea (e qualche Santo in paradiso), ma come politico è stato incapace di mettere a frutto l'incredibile credito politico che milioni di italiani (dagli operai a Confindustria) gli hanno aperto nel 1994 (e qui il paragone con Benito Mussolini, giornalista post-socialista abbandonato dagli ex compagni, che in pochi anni si fa gioco di Giolitti e del Re, è davvero impietoso). Nella sua megalomania, si è sempre aspettato che gli italiani dovessero innamorarsi di lui spontaneamente. È un vecchio patetico playboy, che sotto il cerone si crede ancora, in qualche modo, irresistibile.
Ma è facile dirlo col senno del poi. Nel 1994 non potevamo saperlo. Eravamo partiti a lottare contro un tiranno moderno, efficiente e seducente; e ci siamo trovati di fronte, strada facendo, un clown che infila una serie prodigiosa di gaffes e orrende freddure. Dopo un'adolescenza abbastanza spensierata eravamo finalmente pronti alla tragedia, e abbiamo impiegato degli anni a capire che era una farsa, a nostre spese. Il nostro disagio non è poi così dissimile da quello di tanti berlusconiani, che dieci anni fa salirono sul carro pensando di appoggiare uno statista liberista, e oggi devono ridursi a dimostrare la genialità dell'odierna strategia comunicativa del Cavaliere. Partiti per fare i maître à penser, si ritrovano oggi a ridacchiare a comando sulle quinte del Drive In.
Da cui l'equivoco fondamentale, nel quale ci troviamo tutti invischiati: cosa non ci piace veramente in Berlusconi? Il caimano o il clown? Il fatto che abbia concentrato su di sé tutto il potere, o il fatto che non abbia saputo che farsene? Guardiamoci in faccia, compagni di trincea: abbiamo lottato contro un tiranno ridicolo perché era un tiranno o perché era ridicolo? Uno statista democratico altrettanto ridicolo ci andrebbe bene? O non preferiremmo un altro tiranno, ma un po' più serio?
Insomma, dopo B. una possibilità potrebbe essere rifarlo. Ma migliore. Più serio. Niente barzellette. O almeno divertenti. In Italia del resto gli autori non mancano. Siamo un popolo di allenatori, opinionisti, spindoctors. Forse è meglio mettersi sul mercato, si aprono mesi interessanti, le ragazze tirano fuori le camicette, e questa tramontana… è un bel momento, proviamo a godercelo. Ci sentiamo.
Cosa fare dopo B ?
E che sarà mai, uno dice. Ne ha perse altre. Sì, ma stavolta è diverso. L'uomo è anziano e stanco – e sarebbe anziano e stanco persino se il dieci aprile vincesse. Spira una certa tramontana, e secondo me è il caso di prepararsi. Noi siamo maniaci di Berlusconi, è cosa nota. Per noi è il simbolo delle mille cose di questo Paese che non ci sono mai piaciute. In questo è persino troppo comodo – un signore che da solo mette insieme il malaffare della Tangentopoli milanese con la mafia siciliana, la speculazione edilizia, la televisione spazzatura, la politica spazzatura, l'anticomunismo da strapazzo, l'arroganza brianzola: nell'odissea dello schifo italiano di questi ultimi vent'anni non c'è praticamente un solo capitolo che non possa essere ricondotto a lui. Forse la mucillagine sulla riviera adriatica. Ma con un po' d'impegno.
Ebbene, questo comodo simbolo, questo sorriso a 32 perle stampigliato su tutte le cose che non ci piacciono, sta per salutarci, ed è un grosso pezzo della nostra vita che se ne va. È probabile che ci sentiremo più liberi, dopo. Ma è la liberta dei canarini fuori dalla gabbia, non è detto che sopravvivremo. Berlusconi è al governo dal 2001, ma ingombra il dibattito politico almeno dal 1994. Eravamo ancora ragazzini quando abbiamo imparato a dare ogni colpa a lui. Cosa faremo quando non ci sarà più? Sul serio, si accettano consigli.
S'intenda, noi non siamo quelli disperati che per saltare dal carro, in questi giorni, sono pronti ad aggrapparsi a qualsiasi cosa, comprese le sdrucciolevoli radici cristiane e le tonache di placidi cardinali che mai avrebbero pensato di trovarsi in prima linea nel conflitto di civiltà. Per quelli ormai è ragione di vita o di morte, per noi no; è abbastanza certo che manterremo gli stessi impieghi e le stesse frequentazioni; però siamo quel tipo di persone che non amano trovarsi a corto d'argomenti, e se B dovesse sparire d'un colpo, potrebbe appunto succederci questo: ritrovarci in società senza argomenti. E questo noi non lo vogliamo, vero?
Sgombriamo il campo da certi equivoci. Il fascismo, per esempio. Ogni tanto (anche all'estero) si fa questo paragone, che in realtà non ci dice molto né su Berlusconi né su Mussolini, né sul fascismo, né sull'Italia in cui viviamo oggi. Berlusconi senz'altro non è un antifascista molto convinto. Ma non ha mai pensato di praticare restrizioni alle libertà dei cittadini paragonabili a quelle di Mussolini. Né la situazione gliel'avrebbe consentito – l'Europa del 1994 non era più quella del 1922. Lo dico con una punta di rincrescimento, perché se fosse stato davvero il neoduce che un po' ci aspettavamo, avrei cospirato contro di lui. Il che francamente non è successo – mi sono limitato a lagnarmi su un blog, e lui me l'ha consentito.
D'altro canto il berlusconismo è stato per certi versi qualcosa di più subdolo e strisciante: e se fosse vivo oggi Pasolini affermerebbe senza tema che il ventennio berlusconiano (1986-2006?) ha fatto assai più danni di quello mussoliniano, perché la tetra propaganda fascista non aveva veramente fatto breccia nella coscienza del popolo, nel borgataro e nella contadina, mentre Canale 5… ma Pasolini è morto, e se fosse vivo io probabilmente non sarei d'accordo con lui e passerei il tempo a fargli il verso, quindi lasciamo perdere.
La verità è che il paragone tra Benito e Silvio è molto abusato perché comporta un notevole risparmio d'energia mentale. Soprattutto all'estero. Quando al Guardian parlano di un ritorno al fascismo, non fanno che interpretare male i sintomi, attribuendoci la stessa malattia di cui ci hanno già visto soffrire. Punti rossi, quindi è varicella. E se fosse morbillo?
C'è un'altra possibilità. Nella coscienza politica degli italiani, di quasi tutti gli italiani, Mussolini rappresenta il polo negativo. Ma all'estero, quando si cita Mussolini, non si ha tanto in mente il traditore ex-socialista, il delitto Matteotti, le leggi razziali, Salò… quanto piuttosto il massimo esempio di moderno tiranno-buffo, tiranno wannabe che si sgola per trascinare all'Impero un popolo di guitti scettici. È questo, dunque? Berlusconi sarebbe il successore di Mussolini in quanto clown?
Oggi non c'è dubbio che Berlusconi sia un clown – e anche come clown, piuttosto malriuscito. Da anni le sue clownerie ingombrano la scena politica italiana, abbassando il livello del dibattito, impedendoci di parlare di altro che non sia una pelata e un nasone rosso. Ma non è sempre stato così.
Nel 1994, quando abbiamo iniziato a preoccuparci seriamente di lui, l'aspetto clownesco era l'ultima voce in lista. A quel tempo eravamo tutti sinceramente spaventati di quello che avrebbe potuto fare un uomo in possesso di tre televisioni e un polo editoriale-pubblicitario, se si fosse conquistato la maggioranza in Parlamento. In effetti non sembravano esserci limiti al suo potere. Avrebbe potuto completare la conquista dei media italiani e sopprimere ogni voce di dissenso. E non era nemmeno inverosimile che un imprenditore di successo riuscisse a dare una scrollata a un sistema di potere incancrenito, e a conquistarsi coi fatti un consenso superiore a quel famoso 51% degli italiani.
Nei fatti, in cinque anni di governo si è 'limitato' a far votare innumerevoli leggi a suo favore, Costituzione inclusa. Ma non è andato oltre, non ci ha costretti ad amarlo con la forza.
Perché? Ci sono tante spiegazioni. Alcune ce le ha fornite lui stesso: gli alleati rissosi, la campagna d'odio della sinistra, il buco dell'Ulivo, l'Euro a 1936 lire, l'undici settembre… sì, sì, d'accordo.
E se B, più semplicemente, fosse un inetto? Come imprenditore ha avuto qualche buona idea (e qualche Santo in paradiso), ma come politico è stato incapace di mettere a frutto l'incredibile credito politico che milioni di italiani (dagli operai a Confindustria) gli hanno aperto nel 1994 (e qui il paragone con Benito Mussolini, giornalista post-socialista abbandonato dagli ex compagni, che in pochi anni si fa gioco di Giolitti e del Re, è davvero impietoso). Nella sua megalomania, si è sempre aspettato che gli italiani dovessero innamorarsi di lui spontaneamente. È un vecchio patetico playboy, che sotto il cerone si crede ancora, in qualche modo, irresistibile.
Ma è facile dirlo col senno del poi. Nel 1994 non potevamo saperlo. Eravamo partiti a lottare contro un tiranno moderno, efficiente e seducente; e ci siamo trovati di fronte, strada facendo, un clown che infila una serie prodigiosa di gaffes e orrende freddure. Dopo un'adolescenza abbastanza spensierata eravamo finalmente pronti alla tragedia, e abbiamo impiegato degli anni a capire che era una farsa, a nostre spese. Il nostro disagio non è poi così dissimile da quello di tanti berlusconiani, che dieci anni fa salirono sul carro pensando di appoggiare uno statista liberista, e oggi devono ridursi a dimostrare la genialità dell'odierna strategia comunicativa del Cavaliere. Partiti per fare i maître à penser, si ritrovano oggi a ridacchiare a comando sulle quinte del Drive In.
Da cui l'equivoco fondamentale, nel quale ci troviamo tutti invischiati: cosa non ci piace veramente in Berlusconi? Il caimano o il clown? Il fatto che abbia concentrato su di sé tutto il potere, o il fatto che non abbia saputo che farsene? Guardiamoci in faccia, compagni di trincea: abbiamo lottato contro un tiranno ridicolo perché era un tiranno o perché era ridicolo? Uno statista democratico altrettanto ridicolo ci andrebbe bene? O non preferiremmo un altro tiranno, ma un po' più serio?
Insomma, dopo B. una possibilità potrebbe essere rifarlo. Ma migliore. Più serio. Niente barzellette. O almeno divertenti. In Italia del resto gli autori non mancano. Siamo un popolo di allenatori, opinionisti, spindoctors. Forse è meglio mettersi sul mercato, si aprono mesi interessanti, le ragazze tirano fuori le camicette, e questa tramontana… è un bel momento, proviamo a godercelo. Ci sentiamo.
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