#Twitter vs #Serra vs #La_gente
17-03-2012, 11:08contro la lingua italiana, giornalisti, internet, TwitterPermalink
Da quel che ho capito su Twitter ieri è successa una tragedia orribile che non ha a che fare con crisi umanitarie o catastrofi naturali o quegli orribili fatti di cronaca che tengono in piedi i palinsesti pomeridiani, epperò è pur sempre orribile, ovvero Michele Serra ha parlato male di twitter. No.
Serra ha detto una cosa un po' più complessa: ha detto che se avesse Twitter, direbbe che gli fa schifo. Ma non ce l'ha. E non avendo twitter, non ha la necessità di essere sbrigativo e tranchant in quei 140 caratteri, che fra parentesi, non so se ci avete pensato, ma sanciscono il definitivo digital divide con gli anglosassoni: loro hanno molti monosillabi e in 140 caratteri riescono a farci stare pensieri complessi, noi - se non siamo battutisti di professione - no. E non siamo praticamente mai battutisti di professione. Ci mancano i monosillabi.
Insomma Serra ha fatto un'operazione un po' più barocca, un periodo ipotetico della possibilità, un mezzo adynaton, una forma di comunicazione che fino alla generazione scorsa funzionava, anzi io sono convinto che fino a qualche anno fa tutto questo equivoco su un'amaca di Serra non sarebbe scoppiato (una volta, secoli fa, le rubriche di Serra erano considerate eccezionali per brevità chiarezza e densità dei significati): Serra non ha detto che twitter gli fa schifo, ma che abitua le persone a esprimersi in affermazioni sbrigative e perentorie, come ad esempio "twitter fa schifo". Capito? Aspetta, controllo se l'ho spiegato in 140 caratteri. Se sono 140 caratteri è chiaro, sennò ormai è incomprensibile.
Nel frattempo si è aperto il cielo, ovviamente su twitter, perché tutte le forme di comunicazione sviluppano sindromi autoreferenziali, specie quando sono allo stato infantile (nei primi anni la maggior parte dei blog scriveva del fatto di scrivere di blog su un blog), insomma questa cosa che Michele Serra ha parlato male del nuovo giochino l'abbiamo presa proprio male. Serra vergogna, Serra chiudi, Serra apri twitter prima di giudicare, Serra sei vecchio. Gli anni passano per tutti e poi Serra è uno che non è mai sembrato un ragazzino, io lo stimo soprattutto per questo. Può darsi che sia invecchiato, ma non gli si può non riconoscere una profonda coerenza. Oggi torna sul luogo del delitto e ci fa notare che negli ultimi giorni ha criticato due cose: la superficialità dei quotidiani e la superficialità di twitter. L'amaca sui quotidiani è stato accolto con cinguettii di entusiasmo. Quella su twitter è stata rapidamente cosparsa da una pioggerella di guano. Non è una sorpresa, anzi, è la conferma di come funziona, di come ha sempre funzionato Michele Serra: è un osservatore dei costumi che da sempre guarda la società di sbieco e rivolge le sue critiche non nello stesso punto (il palazzo, la partitocrazia, eccetera) ma su un arco di 90°. Sin dai tempi di Cuore e forse di Tango, Serra aveva un'idea di satira che lo rendeva diverso dagli altri: non si trattava di prendersela coi potenti, ma anche con la gente. Per Serra la gente è colpevole tanto quanto i potenti: primo perché li vota, secondo perché ogni volta che Serra esce di casa e si fa un giro, nota gente che ha gli stessi identici comportamenti dei potenti. Quindi merita altrettanto di essere sbertucciata, almeno fino alla fase-Cuore: era una forma di satira curiosamente impermeabile al populismo, che in seguito non c'è più stata, anche perché (secondo me) il populismo ne è un ingrediente fondamentale, benché con Serra ci fossimo illusi di no. Ma solo Serra riusciva a esser cattivo con Andreotti e coi piccoli commercianti che danno nomi imbecilli ai propri negozi, e anche Serra non ci è riuscito a lungo. In seguito non è invecchiato, non subito almeno: si è solo evoluto nel classico paternalista che invece di sbertucciare la gente si arma di pazienza e cerca di spiegare alla gente che non ci si comporta così. (Sì, è la mia stessa tribù, sì, non siamo simpatici e non sempre ci teniamo).
Per esempio, non si affida a un mezzo pubblico qualsiasi parere ci venga in mente in mezzo secondo, perché non siamo battutisti o titolisti (Serra lo era, noi no). Critichiamo la superficialità dei giornalisti, il loro sensazionalismo, ma poi li imitiamo, pretendiamo di occuparci di problemi ma poi ci fermiamo sempre alla superficie, la Fornero dice "paccata" e tutti per una mezza giornata a dire "buu #paccata". Il mezzo è pericoloso proprio per la sua illusione di facilità: che ci vuole a sembrare intelligenti in 140 caratteri? Una vita, ci vuole, e certi non ci riescono lo stesso. E invece su Twitter c'è anche la gara a chi arriva prima, immaginatevi, su una pista per principianti. Va a finire che commentiamo cose che non abbiamo nemmeno fatto in tempo a capire, ad esempio le amache di Serra, e guardate che Serra è uno che scrive cose brevi e semplici. In mille caratteri più che in 140, sì, è il suo limite. Io per dire sotto i tremila sembro un deficiente.
(Però su twitter ci sono, eh, giusto perché poi arrivano quelli che "come fai a saperlo se non lo usi" eccetera).
Serra ha detto una cosa un po' più complessa: ha detto che se avesse Twitter, direbbe che gli fa schifo. Ma non ce l'ha. E non avendo twitter, non ha la necessità di essere sbrigativo e tranchant in quei 140 caratteri, che fra parentesi, non so se ci avete pensato, ma sanciscono il definitivo digital divide con gli anglosassoni: loro hanno molti monosillabi e in 140 caratteri riescono a farci stare pensieri complessi, noi - se non siamo battutisti di professione - no. E non siamo praticamente mai battutisti di professione. Ci mancano i monosillabi.
Insomma Serra ha fatto un'operazione un po' più barocca, un periodo ipotetico della possibilità, un mezzo adynaton, una forma di comunicazione che fino alla generazione scorsa funzionava, anzi io sono convinto che fino a qualche anno fa tutto questo equivoco su un'amaca di Serra non sarebbe scoppiato (una volta, secoli fa, le rubriche di Serra erano considerate eccezionali per brevità chiarezza e densità dei significati): Serra non ha detto che twitter gli fa schifo, ma che abitua le persone a esprimersi in affermazioni sbrigative e perentorie, come ad esempio "twitter fa schifo". Capito? Aspetta, controllo se l'ho spiegato in 140 caratteri. Se sono 140 caratteri è chiaro, sennò ormai è incomprensibile.
Nel frattempo si è aperto il cielo, ovviamente su twitter, perché tutte le forme di comunicazione sviluppano sindromi autoreferenziali, specie quando sono allo stato infantile (nei primi anni la maggior parte dei blog scriveva del fatto di scrivere di blog su un blog), insomma questa cosa che Michele Serra ha parlato male del nuovo giochino l'abbiamo presa proprio male. Serra vergogna, Serra chiudi, Serra apri twitter prima di giudicare, Serra sei vecchio. Gli anni passano per tutti e poi Serra è uno che non è mai sembrato un ragazzino, io lo stimo soprattutto per questo. Può darsi che sia invecchiato, ma non gli si può non riconoscere una profonda coerenza. Oggi torna sul luogo del delitto e ci fa notare che negli ultimi giorni ha criticato due cose: la superficialità dei quotidiani e la superficialità di twitter. L'amaca sui quotidiani è stato accolto con cinguettii di entusiasmo. Quella su twitter è stata rapidamente cosparsa da una pioggerella di guano. Non è una sorpresa, anzi, è la conferma di come funziona, di come ha sempre funzionato Michele Serra: è un osservatore dei costumi che da sempre guarda la società di sbieco e rivolge le sue critiche non nello stesso punto (il palazzo, la partitocrazia, eccetera) ma su un arco di 90°. Sin dai tempi di Cuore e forse di Tango, Serra aveva un'idea di satira che lo rendeva diverso dagli altri: non si trattava di prendersela coi potenti, ma anche con la gente. Per Serra la gente è colpevole tanto quanto i potenti: primo perché li vota, secondo perché ogni volta che Serra esce di casa e si fa un giro, nota gente che ha gli stessi identici comportamenti dei potenti. Quindi merita altrettanto di essere sbertucciata, almeno fino alla fase-Cuore: era una forma di satira curiosamente impermeabile al populismo, che in seguito non c'è più stata, anche perché (secondo me) il populismo ne è un ingrediente fondamentale, benché con Serra ci fossimo illusi di no. Ma solo Serra riusciva a esser cattivo con Andreotti e coi piccoli commercianti che danno nomi imbecilli ai propri negozi, e anche Serra non ci è riuscito a lungo. In seguito non è invecchiato, non subito almeno: si è solo evoluto nel classico paternalista che invece di sbertucciare la gente si arma di pazienza e cerca di spiegare alla gente che non ci si comporta così. (Sì, è la mia stessa tribù, sì, non siamo simpatici e non sempre ci teniamo).
Per esempio, non si affida a un mezzo pubblico qualsiasi parere ci venga in mente in mezzo secondo, perché non siamo battutisti o titolisti (Serra lo era, noi no). Critichiamo la superficialità dei giornalisti, il loro sensazionalismo, ma poi li imitiamo, pretendiamo di occuparci di problemi ma poi ci fermiamo sempre alla superficie, la Fornero dice "paccata" e tutti per una mezza giornata a dire "buu #paccata". Il mezzo è pericoloso proprio per la sua illusione di facilità: che ci vuole a sembrare intelligenti in 140 caratteri? Una vita, ci vuole, e certi non ci riescono lo stesso. E invece su Twitter c'è anche la gara a chi arriva prima, immaginatevi, su una pista per principianti. Va a finire che commentiamo cose che non abbiamo nemmeno fatto in tempo a capire, ad esempio le amache di Serra, e guardate che Serra è uno che scrive cose brevi e semplici. In mille caratteri più che in 140, sì, è il suo limite. Io per dire sotto i tremila sembro un deficiente.
(Però su twitter ci sono, eh, giusto perché poi arrivano quelli che "come fai a saperlo se non lo usi" eccetera).
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