La scuola dei poliziotti buoni

Permalink
Di solito, quando non trovo niente di originale da aggiungere a quanto di importante e intelligente si dice in giro, io sto zitto - questo non mi impedisce, l'avrete notato, di parlare molto più del necessario. Fin qui non ho avuto niente da aggiungere al caso Cucchi: la mia indignazione si sovrapponeva perfettamente a quella di tanti altri cittadini come me. Stavolta è lievemente diverso perché mi sono accorto - un po' tardi - che le persone che hanno lasciato morire un ragazzo in un'infermeria, senza essere a norma di legge responsabili della sua morte, sono miei colleghi.

Servitori dello Stato, come si usa dire, e lo sono anch'io. Tra l'altro più o meno lo Stato ci paga uguale. Non ci avevo mai fatto molto caso; poi hanno assolto guardie carcerarie e infermieri e adesso mi sembra davvero veramente strano: lo Stato che non vede nessun crimine nel lasciar morire Stefano Cucchi su una brandina è lo stesso che mi mette in mezzo se un ragazzo si fa male in corridoio.

Io - per chi si è appena sintonizzato - non faccio la guardia, bensì l'insegnante. Sono penalmente responsabile non solo del male che faccio ai ragazzi (evito per quanto possibile anche solo di toccarli), ma anche di quello che si fanno in mia presenza. In realtà sono responsabile anche del male che si fanno in mia assenza, perché non sempre mi trovo a essere dove dovrei. I ragazzi ogni tanto chiedono di uscire per andare in bagno - è un loro diritto - se nel tragitto qualcuno li prende a sberle, e succede, io sono responsabile. Se in bagno trafficano foto col cellulare, ciò mi può essere imputato, in quanto successo mentre io avrei dovuto vigilare (nel bagno?)

Questa cosa è particolarmente interessante, perché onde evitare appunto lo scambio di foto e altri contenuti francamente non didattici, molti istituti proibiscono agli alunni l'uso dei cellulari. Ma non possiamo impedire agli stessi alunni di portare il cellulare a scuola; né perquisirli; se glieli sequestriamo, come a volte avviene, un genitore può denunciarci per furto, come a volte avviene. (Comunque se il progetto renziano di Buona Scuola andrà avanti, tra un po' tutti gli alunni arriveranno a scuola col tablet comprato dalla famiglia - in pratica lo scambio di foto e contenuti, da proibito, diventerà in qualche modo incentivato. Sarà una rivoluzione abbastanza copernicana).

Poi c'è l'intervallo, durante il quale i ragazzi vanno un po' dappertutto e l'insegnante a volte persino in bagno, ma anche in questo caso sarà ritenuto responsabile se qualcuno si fa male. C'è quel delicato momento in cui suona l'ultima campana e i ragazzi lasciano le aule - ma gli insegnanti sono ancora responsabili della loro incolumità finché quelli non hanno superato il cancello, e molti non lo lasciano ancora per una mezz'ora; è un bel posto dove prendersi a cinghiate. Anche in questo caso insegnanti o personale non docente potrebbero essere ritenuti responsabile. Al limite il dirigente scolastico. C'è sempre un responsabile a scuola, non c'è proprio modo di evitare che ci sia. A scuola. In caserma, o in carcere, il discorso è evidentemente diverso.

Poi c'è la gita scolastica, durante la quale l'insegnante è responsabile di qualsiasi cosa avvenga a qualsiasi ora del giorno e della notte. Se approfittando della stanchezza dell'insegnante, un ragazzo decide di raggiungere gli amici saltellando su un cornicione; se cadendo riporta lesioni alla spina dorsale, l'insegnante che ha scelto quell'albergo dotato di cornicioni pericolosi (e che mentre i ragazzi vi saltellavano dormiva!) sarà ritenuto responsabile e dovrà corrispondere alla famiglia dell'invalido un adeguato indennizzo. Non è lo scenario peggiore che possa venire in mente a un insegnante pavido in cerca di scuse per non portare classi in gita, è una sentenza della Cassazione. E d'altro canto l'insegnante non è mica un tour operator, è un servitore dello Stato. I genitori gli affidano i ragazzi, e lui ne risponde.

Già.

Poi può capitare agli stessi ragazzi, qualche anno più tardi, di venire a contatto con miei colleghi in divisa blu o nera e magari aspettarsi la stessa animosa sollecitudine. Ecco, qui forse c'è un problema. Non è tanto la violenza dello Stato. Forse basterebbe spiegarlo da subito, che lo Stato è un'entità violenta; che i suoi servitori possono, senza pagarne le conseguenze, picchiarti a sangue e lasciarti morire. Uno poi lo sa e si regola di conseguenza.

Cucchi è morto perché rifiutava cibo e cure. Voleva parlare col suo avvocato. Non poteva uscire nel corridoio o recarsi in bagno; non poteva saltellare da un cornicione. Era immobile, su un lettino di ospedale: preoccuparsi del suo stato non doveva essere cosa al di sopra delle possibilità del personale ospedaliero e delle guardie carcerarie. In qualsiasi altra istituzione, se un cittadino si fa male, c'è un responsabile che paga. Magari è assente, ma è comunque il responsabile. Se durante un'evacuazione in una scuola un ragazzo urta uno spigolo, qualcuno dovrà rispondere di quello spigolo che forse a norma di legge non doveva essere lì. Ma se un cittadino viene trattenuto in caserma, e poi tradotto in carcere, e da lì in ospedale, e durante questa trafila viene occasionalmente malmenato, e poi rifiuta le cure, pare che la responsabilità sia soltanto sua, del suo stile di vita. Nessuno evidentemente è responsabile di quanto succede tra caserma e carcere e ospedale. D'altro canto non è mica la scuola, è il mondo degli adulti.

Non chiederò il frustino per ripristinare l'equilibrio, non saprei come si maneggia e probabilmente farei del male a me per primo. Mi resta uno strano vuoto allo stomaco, la sensazione di essere un omino di burro, un tizio che fa il buono di mestiere, come lo fanno i poliziotti buoni. Tra i servi, quello sciocco e bonaccione che accoglie gli ospiti all'entrata e li consegna con molte premure ai colleghi dei bracci interni. Non è gente meglio pagata di me, né più professionale: la differenza che salta agli occhi è che loro hanno il volto coperto.
Comments (89)