Ognuno potrà farsi la sua Storia su misura

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Dopo un paio di settimane, è sintomatico che là fuori ancora qualcuno parli del video fake di Barbero. Una storia che sembra escogitata per confermare la saggezza di quegli indigeni che per prima cosa rompevano le macchine fotografiche agli esploratori, non perché le confondessero con delle armi, ma perché capivano benissimo cosa fossero: strumenti che servono a rubare la tua immagine, e quindi la tua anima. Per un secolo li abbiamo presi in giro e poi... abbiamo scoperto i deepfake.

Provo a riassumere. Bottura (che stimo e che saluto) scrive un programma su rai3, che come tutti i programmi rai durano un'ora, un'ora e mezza più di quanto dovrebbero durare per essere divertenti. Riempirlo di contenuti di qualità è economicamente impossibile, e questo conduce rapidamente il nostro autore a un patto col diavolo, ovvero con l'AI: la quale AI forse un giorno scriverà davvero testi interessanti, ma nel frattempo, ricordiamolo, il motivo per cui qualcuno la progetta e qualcun altro la usa è la possibilità di produrre ingenti quantità di contenuti scadenti in tempi brevissimi e a costo zero. È da sempre che su Splendida Cornice compaiono dei video deepfake, anche se di solito più brevi e soprattutto la Cucciari avvisa immediatamente che sono deepfake. Da cui la domanda: ma c'è una sostanziale differenza da quando i deepfake li usava Striscia per far ballare la macarena ai politici a quando li usa Bottura per far dire Barbero che armarsi è giusto? A parte il fatto che a tutti, ogni tanto dovrebbe venire il dubbio: ma se lo facessero a me, un video in cui dico cose in cui non credo, ne sarei contento? A parte questo ognuno risponda secondo coscienza. 

Il video in questione proponeva un paragone storico notevolmente più bislacco del solito. Di solito chi fa propaganda cerca di paragonare quello che sta succedendo oggi (chiamiamolo A) con quello che è successo in un altro periodo storico (chiamiamolo B) che infallibilmente è il 1939 – siccome la propaganda al 90% serve a giustificare delle guerre, e l'unica guerra che la coscienza collettiva dà per giustificata sin dalla scuola dell'obbligo è quella contro i nazisti, B è praticamente sempre il 1939. Bottura invece se ne esce con questa idea senza senso di un tentativo degli austriaci di conquistare l'Italia che non solo non è mai successo (cioè inventati uno scenario e poi arrabbiati perché nel tuo scenario accadono cose ingiuste) ma è anche una grottesca inversione di quello che hanno sperimentato i sudtirolesi dopo il 1918: dal loro punto di vista sono gli italiani che li hanno invasi, sono loro che li hanno forzati a parlare in italiano e/o, dopo il 1939 a levare le tende.

Il video fora l'attenzione collettiva, come purtroppo non succede mai alle cose meglio riuscite; tra i critici c'è anche chi nota che in questo caso qualcuno sta speculando sull'immagine di uno storico con un minimo di competenza per raccontare una storiella che non ha senso, uno scenario fittizio che non funziona. Lo stesso Bottura a un certo punto capisce di avere esagerato, almeno dal punto di vista tecnico, e ammette che in futuro starà più attento. Barbero dal canto suo la prende sportivamente, e quindi perché ne stiamo parlando ancora? Perché la fuori c'è gente che non solo è convinta che mettere in bocca a Barbero un messaggio opposto a quello che dice Barbero non sia una pratica scorretta, ma trova il contenuto del finto Barbero interessante. Parliamo di giornalisti, di esperti di comunicazione, di gente che sostiene di condividere con Barbero una passione per la Storia. Quello che hanno in comune, è l'avere sostenuto con molta causa una certo tipo di narrazione intorno al conflitto ucraino, e una non-accettazione del fatto che questa narrazione non avrà evidentemente un lieto fine. Il che li porta a contorsioni logiche e retoriche spettacolari – per chi vi assiste – ma forse anche pericolose.

In controluce c'è tutto un problema di ridefinizione della satira, un genere da cui la mia generazione si aspettava la "resistenza umana", ovvero la creazione di una dimensione altra in cui i torti del potere venivano vendicati da un'eletta schiera di autori satirici che in effetti erano molto bravi, fu un'età dell'oro, ma è finita; e ha lasciato questi cinque-sessantenni orfani non già di un'ideologia, ma di una cosa un po' meno interessante: una retorica. Se non si sono mai chiesti quale sia la differenza tra "satira" e "propaganda", non è per un caso, ma perché la risposta li schianterebbe: non c'è nessuna differenza. La chiamiamo "satira" quando se la prende coi nostri nemici – e in quel caso a quanto pare tutto le è concesso, anche rubare l'immagine e l'anima dei suoi avversari e indossarla per far loro dire il contrario di quello in cui credono – e "propaganda" quando se la prende coi nostri amici, nel qual caso, va da sé, è di regime. Ma se una la vediamo rossa e l'altra la vediamo blu, l'unica cosa che sappiamo davvero è la direzione verso la quale ci stiamo spostando. E questo è forse il motivo per cui continuiamo a parlare di questa storia abbastanza minuscola, mentre fuori si bombardano ospedali: qualcuno sta precipitando, non può più fidarsi dei maestri, come Barbero, nei quali aveva riposto illimitata fiducia; deve ricostruirsi un sistema morale e deve farlo alla svelta; e per quanto non sembri una buona idea, l'AI è lì a disposizione: non costa niente, è veloce, convincente, ormai la usano tutti, insomma perché no. 

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