Nessuno ci odia più di Checco
05-01-2016, 12:07cinema, Cosa vedere a Cuneo (e provincia) quando sei vivo, fb2020PermalinkQuo vado? (Gennaro Nunziante, 2015).
C'è un mondo là fuori. Può essere la giungla africana o il circolo polare, ma è sempre un mondo più civile. Laggiù, sapeste! non si suona il clacson appena il semaforo è verde. Non ci si fa svegliare dalla mamma a quarant'anni. Non si critica un film comico soltanto perché ha fatto più di venti milioni in meno di una settimana. Non lo si rimpalla tra destra e sinistra, non si approfitta dello spazio di una recensione per parlare di Renzi o della storia della commedia all'italiana. C'è un mondo là fuori, e avremmo tutti una gran voglia di andarci, anzi di esserci già! e invece restiamo qui. Nessuno sa perché. Forse è il prezzo delle ciliegie.
Quelle che alcuni non perdonano a Checco sono in sostanza le regole d'ingaggio della satira di costume. Certo, Checco proietta i nostri difetti rendendoli più tollerabili. Certo, si offre al pubblico più vasto possibile con un prodotto che ha almeno due livelli di lettura - un occhiolino a chi non sopporta più le auto in seconda fila, un cenno d'intesa a chi l'ha parcheggiata sul marciapiede del cinema. Come se questa doppiezza non fosse la formula della commedia all'italiana dai Soliti ignoti fino a Fantozzi e alle sue derive cinepanettonesche. Il fatto che si rimproveri a Zalone di fare bene il suo mestiere significa come minimo che non siamo più abituati a vedere qualcuno che quel mestiere sappia farlo. Che dovrebbe fare un comico, a parte farci ridere mentre suggerisce che come popolo siamo da rottamare? Pretendiamo qualcosa di più? Deve entrare in politica, pure lui? E dopo saremo contenti?
Alcuni si premurano di informarci che Checco non è Totò, né Alberto Sordi - grazie, correvamo il rischio di confonderci - ma il confronto andrebbe fatto con quel che passa in convento negli anni Dieci. Checco continua a sembrare uno dei pochi che ha capito che l'Italia non è un giardino fiorito stuprato da consorterie di uomini cattivi, politici e imprenditori. No, l'Italia è quel che è perché gli italiani sono così. I politici - vedi Lino Banfi, retrocesso con affetto a caratterista - non sono che emanazioni di una civiltà che è da buttar via e rifondare da capo.
A un certo punto del film c'è un bambino razzista. (Continua su +eventi!)
A un certo punto del film c'è un bambino razzista. I bambini di solito nei nostri film sono creature naturalmente buone, che dicono sempre la verità. Nel film di Checco no. Ci sono bambini educati (in Norvegia), che credono in qualsiasi Dio o anche in nessuno, e poi ci sono bambini razzisti. E sono proprio i tipici bambini italiani pettinati da calciatore, che giocano a pallone in piazza e non ti fanno entrare in squadra se non parli il loro dialetto. Veltroni non li vede, Checco sì. Checco vive nella mia Italia, Veltroni non so. Poi dite che è di destra. Un film in cui i cattivi sono i bambini pettinati da calciatori, e i buoni sono gli scienziati con la famiglia aperta. Un personaggio comico che continua a ribadire, film dopo film, che gli italiani non possono più vivere alle spalle dei genitori e dei figli; che devono cambiare: non perché lo impone il Politico cattivo o l'Euro assassino, ma perché oltre a essere necessario, sarà bello. A un comico così si perdona anche il fisiologico calo del secondo tempo (del resto il primo era partito a razzo), e il finale coi lacrimoni e i buoni sentimenti e l'Africa e la medicine.
Checco non sarà Sordi, ma il minimo che si possa dire è che si sta impegnando. A questo punto della favola Luca Medici e Gennaro Nunziante potrebbero riempire un'ora e mezza di pellicola di gag da quattro soldi, e invece insistono a cercare cose nuove, a cambiare situazioni e ambientazioni. Potrebbero restare anche loro nel casolare in campagna, e invece vanno al circolo polare a scherzare sul riscaldamento globale. Un esempio qualsiasi: non si ride quasi più dei gay. È un dettaglio, ma pensate a quanto era centrale la figura dei gay in Cado dalle nubi. Qualcun altro al suo posto avrebbe replicato la ricetta (per dire, sui gay di Cado dalle nubi hanno girato uno spinoff l'anno scorso senza Checco ma con Belén). Invece Medici e Nunziante, con un solo personaggio a disposizione hanno già fatto quattro film senza ripetersi. Villaggio e Salce con Fantozzi non ci sono riusciti.
Farei prima a scrivere i cinema in cui non proiettano Quo vado. La sala Lux di Busca, ad esempio (fanno Timbuktu), onm il cinema San Giacomo di Roburent dove c'è Star Wars. Invece al Cityplex di Alba (17:30, 19:30, 20:00, 21:30, 22:00), al Cinelandia di Borgo San Dalmazzo (14:15, 15:20, 16:20, 17:30, 18:30, 20:20, 20:40, 21:00, 22:35, 22:45), al Multisala Impero di Bra (20:20, 22:30), alla Sala Borsi di Ceva (16:00, 18:00, 21:00), al Fiamma di Cuneo (15:30, 17:40, 20:30, 22:40), ai Portici di Fossano (18:30, 20:30, 22:30), al Bertola di Mondovì (18:00, 21:00), all'Italia di Saluzzo (20:00, 22:15), al Cinecittà di Savigliano (20:20, 22:30) c'è Quo Vado. Tanto ci siete già andati
C'è un mondo là fuori. Può essere la giungla africana o il circolo polare, ma è sempre un mondo più civile. Laggiù, sapeste! non si suona il clacson appena il semaforo è verde. Non ci si fa svegliare dalla mamma a quarant'anni. Non si critica un film comico soltanto perché ha fatto più di venti milioni in meno di una settimana. Non lo si rimpalla tra destra e sinistra, non si approfitta dello spazio di una recensione per parlare di Renzi o della storia della commedia all'italiana. C'è un mondo là fuori, e avremmo tutti una gran voglia di andarci, anzi di esserci già! e invece restiamo qui. Nessuno sa perché. Forse è il prezzo delle ciliegie.
Quelle che alcuni non perdonano a Checco sono in sostanza le regole d'ingaggio della satira di costume. Certo, Checco proietta i nostri difetti rendendoli più tollerabili. Certo, si offre al pubblico più vasto possibile con un prodotto che ha almeno due livelli di lettura - un occhiolino a chi non sopporta più le auto in seconda fila, un cenno d'intesa a chi l'ha parcheggiata sul marciapiede del cinema. Come se questa doppiezza non fosse la formula della commedia all'italiana dai Soliti ignoti fino a Fantozzi e alle sue derive cinepanettonesche. Il fatto che si rimproveri a Zalone di fare bene il suo mestiere significa come minimo che non siamo più abituati a vedere qualcuno che quel mestiere sappia farlo. Che dovrebbe fare un comico, a parte farci ridere mentre suggerisce che come popolo siamo da rottamare? Pretendiamo qualcosa di più? Deve entrare in politica, pure lui? E dopo saremo contenti?
Alcuni si premurano di informarci che Checco non è Totò, né Alberto Sordi - grazie, correvamo il rischio di confonderci - ma il confronto andrebbe fatto con quel che passa in convento negli anni Dieci. Checco continua a sembrare uno dei pochi che ha capito che l'Italia non è un giardino fiorito stuprato da consorterie di uomini cattivi, politici e imprenditori. No, l'Italia è quel che è perché gli italiani sono così. I politici - vedi Lino Banfi, retrocesso con affetto a caratterista - non sono che emanazioni di una civiltà che è da buttar via e rifondare da capo.
A un certo punto del film c'è un bambino razzista. (Continua su +eventi!)
A un certo punto del film c'è un bambino razzista. I bambini di solito nei nostri film sono creature naturalmente buone, che dicono sempre la verità. Nel film di Checco no. Ci sono bambini educati (in Norvegia), che credono in qualsiasi Dio o anche in nessuno, e poi ci sono bambini razzisti. E sono proprio i tipici bambini italiani pettinati da calciatore, che giocano a pallone in piazza e non ti fanno entrare in squadra se non parli il loro dialetto. Veltroni non li vede, Checco sì. Checco vive nella mia Italia, Veltroni non so. Poi dite che è di destra. Un film in cui i cattivi sono i bambini pettinati da calciatori, e i buoni sono gli scienziati con la famiglia aperta. Un personaggio comico che continua a ribadire, film dopo film, che gli italiani non possono più vivere alle spalle dei genitori e dei figli; che devono cambiare: non perché lo impone il Politico cattivo o l'Euro assassino, ma perché oltre a essere necessario, sarà bello. A un comico così si perdona anche il fisiologico calo del secondo tempo (del resto il primo era partito a razzo), e il finale coi lacrimoni e i buoni sentimenti e l'Africa e la medicine.
Checco non sarà Sordi, ma il minimo che si possa dire è che si sta impegnando. A questo punto della favola Luca Medici e Gennaro Nunziante potrebbero riempire un'ora e mezza di pellicola di gag da quattro soldi, e invece insistono a cercare cose nuove, a cambiare situazioni e ambientazioni. Potrebbero restare anche loro nel casolare in campagna, e invece vanno al circolo polare a scherzare sul riscaldamento globale. Un esempio qualsiasi: non si ride quasi più dei gay. È un dettaglio, ma pensate a quanto era centrale la figura dei gay in Cado dalle nubi. Qualcun altro al suo posto avrebbe replicato la ricetta (per dire, sui gay di Cado dalle nubi hanno girato uno spinoff l'anno scorso senza Checco ma con Belén). Invece Medici e Nunziante, con un solo personaggio a disposizione hanno già fatto quattro film senza ripetersi. Villaggio e Salce con Fantozzi non ci sono riusciti.
Farei prima a scrivere i cinema in cui non proiettano Quo vado. La sala Lux di Busca, ad esempio (fanno Timbuktu), onm il cinema San Giacomo di Roburent dove c'è Star Wars. Invece al Cityplex di Alba (17:30, 19:30, 20:00, 21:30, 22:00), al Cinelandia di Borgo San Dalmazzo (14:15, 15:20, 16:20, 17:30, 18:30, 20:20, 20:40, 21:00, 22:35, 22:45), al Multisala Impero di Bra (20:20, 22:30), alla Sala Borsi di Ceva (16:00, 18:00, 21:00), al Fiamma di Cuneo (15:30, 17:40, 20:30, 22:40), ai Portici di Fossano (18:30, 20:30, 22:30), al Bertola di Mondovì (18:00, 21:00), all'Italia di Saluzzo (20:00, 22:15), al Cinecittà di Savigliano (20:20, 22:30) c'è Quo Vado. Tanto ci siete già andati
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