La vita tra le tracce
21-08-2012, 00:57la musica è finitaPermalinkGli anni intanto passavano - non sarebbe piu' appropriato dire che si intorcigliavano a a spirale come il solco di un LP, ogni giro piu' breve e rapido ma illusoriamente parallelo al precedente, l'estate con l'estate l'inverno con l'inverno? Di giro in giro accadde questa cosa mirabile: che un'abitudine presa per caso e per necessita', quella di metter musica casuale su cassette da viaggio, una pratica senza nemmeno la dignita' di hobby, divenisse a ogni giro piu' importante, fino a prendere le forme della musica stessa.
Non so nemmeno dire quando iniziai, tanto all'inizio la cosa mi risultava poco interessante. So che all'origine non valeva la pena nemmeno di dedicarvi cassette nuove ("vergini", si chiamavano): mettevo in piastra quelle gia' usate e strausate, dimodoche' tra un pezzo e l'altro uno squarcio poteva lasciar riemergere qualsiasi cosa, una lezione in facolta', una strimpellata di chitarra, noi tre che parliamo di Wittgenstein in una sede del PDS, perché? In una vita precedente, anni prima di ascoltare a palla tarzan boy in autostrada, discutevo di Wittgenstein con l'aria di saperne qualcosa? Alcune cassette erano così antiche (le cassette non si buttavano mai) che vi resistevano successi anni 80 incisi davvero negli anni 80: hit that perfect beat incisa col bottone arancione del registratore panasonic appoggiato davanti alla tv durante dj television o peggio. Da qualche parte probabilmente anche la mia prima cassetta in assoluto, una Maxwell donatami con il panasonic per la prima comunione, un nastrone di successi messo assieme nel negozio di dischi di Cavezzo, ultimamente esce sempre fuori Cavezzo. Il negoziante, incurante anche lui del chiodino che conficcava nella bara dell'industria musicale, aveva messo assieme un po' di roba sanremese, qualche cantautore recente e poi, il solito guizzo da dj, un pezzo inglese che al terzo ascolto elessi il mio preferito, con chitarre squillanti ma non moleste e coretti sognanti che a quell'eta' non potevo ancora associare alla west coast, ma senz'altro al secondo segmento dell'estate, il versante nostalgico.
Tutto questo comunque, tempo dieci anni, non era che un ricordo polveroso in qualche cassettone che presto o tardi recuperai per inciderci una lezione o una schitarrata o una scatarrata o i charlatans. Quando sei giovane davvero, della tua infanzia ti frega nulla: ci passi sopra, i disegni dell'asilo son cartacce da bruciare, ti serve spazio.
Passano altri cinque giri, cinque anni, e quel corpus di cassettacce usate, graffiate, staccate, rimesse assieme col bianchetto o l'acetone, cassette anonime, senza custodia, pregne di secoli di polvere incrostata nei cruscotti... erano diventate cose preziose, una collana di pezzi unici, insostituibili. Me ne accorsi soltanto quando fui davvero lontano da casa per un po' di tempo. Quasi tutto quello che mi lasciavo dietro avrei potuto perderlo senza patemi: era già tutto sostituibile, duplicabile, al limite ricomprabile. Ma mio fratello mi aveva spostato le cassettacce e gli feci una scenata: perderne una equivaleva a perdere mesi di vita e di ricordi incrostati tra gli interstizi delle canzoni.
Oggi ho le mie belle cartelle in the cloud, che si riordinano da sole; centinaia di dischi di back up; milioni di canzoni, la maggior parte delle quali non ricordo e non faro' in tempo a riascoltare più. In ogni caso mi bastano pochi minuti per rintracciare qualsiasi artista qualsiasi album qualsiasi brano io abbia in archivio, anche se faccio ancora prima a cercare su youtube. E non c'è più vita tra le tracce, tra i solchi, non ci sono nemmeno più i solchi, la musica non assorbe più i ricordi, forse non c'è più la musica adatta o forse non ci sono più ricordi che valgano la pena.
Non so nemmeno dire quando iniziai, tanto all'inizio la cosa mi risultava poco interessante. So che all'origine non valeva la pena nemmeno di dedicarvi cassette nuove ("vergini", si chiamavano): mettevo in piastra quelle gia' usate e strausate, dimodoche' tra un pezzo e l'altro uno squarcio poteva lasciar riemergere qualsiasi cosa, una lezione in facolta', una strimpellata di chitarra, noi tre che parliamo di Wittgenstein in una sede del PDS, perché? In una vita precedente, anni prima di ascoltare a palla tarzan boy in autostrada, discutevo di Wittgenstein con l'aria di saperne qualcosa? Alcune cassette erano così antiche (le cassette non si buttavano mai) che vi resistevano successi anni 80 incisi davvero negli anni 80: hit that perfect beat incisa col bottone arancione del registratore panasonic appoggiato davanti alla tv durante dj television o peggio. Da qualche parte probabilmente anche la mia prima cassetta in assoluto, una Maxwell donatami con il panasonic per la prima comunione, un nastrone di successi messo assieme nel negozio di dischi di Cavezzo, ultimamente esce sempre fuori Cavezzo. Il negoziante, incurante anche lui del chiodino che conficcava nella bara dell'industria musicale, aveva messo assieme un po' di roba sanremese, qualche cantautore recente e poi, il solito guizzo da dj, un pezzo inglese che al terzo ascolto elessi il mio preferito, con chitarre squillanti ma non moleste e coretti sognanti che a quell'eta' non potevo ancora associare alla west coast, ma senz'altro al secondo segmento dell'estate, il versante nostalgico.
Tutto questo comunque, tempo dieci anni, non era che un ricordo polveroso in qualche cassettone che presto o tardi recuperai per inciderci una lezione o una schitarrata o una scatarrata o i charlatans. Quando sei giovane davvero, della tua infanzia ti frega nulla: ci passi sopra, i disegni dell'asilo son cartacce da bruciare, ti serve spazio.
Passano altri cinque giri, cinque anni, e quel corpus di cassettacce usate, graffiate, staccate, rimesse assieme col bianchetto o l'acetone, cassette anonime, senza custodia, pregne di secoli di polvere incrostata nei cruscotti... erano diventate cose preziose, una collana di pezzi unici, insostituibili. Me ne accorsi soltanto quando fui davvero lontano da casa per un po' di tempo. Quasi tutto quello che mi lasciavo dietro avrei potuto perderlo senza patemi: era già tutto sostituibile, duplicabile, al limite ricomprabile. Ma mio fratello mi aveva spostato le cassettacce e gli feci una scenata: perderne una equivaleva a perdere mesi di vita e di ricordi incrostati tra gli interstizi delle canzoni.
Oggi ho le mie belle cartelle in the cloud, che si riordinano da sole; centinaia di dischi di back up; milioni di canzoni, la maggior parte delle quali non ricordo e non faro' in tempo a riascoltare più. In ogni caso mi bastano pochi minuti per rintracciare qualsiasi artista qualsiasi album qualsiasi brano io abbia in archivio, anche se faccio ancora prima a cercare su youtube. E non c'è più vita tra le tracce, tra i solchi, non ci sono nemmeno più i solchi, la musica non assorbe più i ricordi, forse non c'è più la musica adatta o forse non ci sono più ricordi che valgano la pena.
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