Un tuffo in Boemia
16-05-2014, 23:18santiPermalink16 maggio - San Giovanni Nepomuceno (1340-1393), patrono degli annegati, dei confessori e della Boemia.
[Si legge intero qui]
Nel centro dell'Europa, perenne spina nel fianco destro tedesco, c'è una nazione che da quattordici anni non sappiamo come chiamare. Sulle cartine c'è scritto Repubblica Ceca. Manco fosse l'unica repubblica d'Europa: per dire, e invece l'Italia cos'è? L'Estonia? E il Lussemburgo? No, aspetta, il Lussemburgo è un Granducato. Però non leggerai su nessuna mappa d'Europa "Repubblica Estone" o "Granducato di Lussemburgo", anche perché ti occuperebbe mezzo Belgio e tutta la Renania. Non è che i cechi siano più repubblicani degli altri: è che in italiano abbiamo l'aggettivo ma non il sostantivo. "Cechia" è una parola che proprio non riusciamo a dire. Qualcuno ci prova: ricordo in tal senso il coraggio di Claudio Lippi nel presentare Giochi Senza Frontiere. E però a un certo punto dovremmo anche rassegnarci: ci sono parole che funzionano e altre che non prendono mai il largo, e "Cechia" in italiano non ce l'ha fatta.
Io sarei per tornare a "Boemia", che suona infinitamente meglio. E però ogni volta che su internet provo a proporre questa cosa, qualcuno protesta che sarebbe un'offesa ai moravi. In realtà non sono mai riuscito a capire perché un moravo dovrebbe offendersi meno se invece che "ceco" lo chiamiamo "boemo" (conoscete un moravo? Glielo chiedete per favore? grazie). I moravi in verità non sono né cechi né boemi. Sono una cospicua minoranza etnica all'interno della Repubblica Ceca: costituiscono il 30% della popolazione e occupano il 30% del territorio. Però non sono cechi. Sono moravi, appunto. Se ci tenessimo davvero alla loro opinione, dovremmo chiamarla Cecomoravia. Per fortuna non sembrano tenerci troppo neanche loro.
"Cechi" è il termine slavo occidentale con cui gli abitanti della Boemia chiamano sé stessi sin dall'alto medioevo. "Boemia" è una parola ancora più antica, derivata probabilmente dai Galli Boi che abitavano nella stessa zona prima di emigrare in Valpadana (non tutti), strappare Felsina agli Etruschi e ribattezzarla Bononia. Similmente agli ungheresi, che tutti chiamano così anche se tra loro preferiscono chiamarsi magiari, i cechi fuori dai loro confini erano conosciuti come boemi: Böhmen in tedesco, bohémiens in francese (che però era anche sinonimo di "zingari", perché si riteneva che venissero da lì; finché per estensione diventarono bohémiens gli studenti squattrinati con ambizioni artistoidi, a metà strada tra hipster e pancabbestia). L'aggettivo "ceco" arriva nelle lingue occidentali nell'Ottocento, il secolo in cui incubano i nazionalismi e i tedeschi per primi scoprono la necessità di distinguere tra boemi di lingua tedesca (Deutschböhmen, concentrati nei Sudeti) e boemi di lingua... ceca (Tscheschien). I moravi però non c'entrano: perlappunto, non sono cechi, sono moravi. La tesi per cui Ceco=Boemo+Moravo non ha nessun serio fondamento, anche se ormai si sta consolidando (vedi la voce di Wiki Italia). Io non sono d'accordo, per cui da qui in poi dirò "Boemia", e credo che tutti dovrebbero imitarmi. Questa sciocchezza della Repubblica Ceca è durata fin troppo.
D'altro canto come potrei definire San Jan Nepomucký patrono della Repubblica Ceca? Una delle nazioni più agnostiche al mondo, dove i cattolici non superano il 10% della popolazione, e nell'ultimo censimento il 35% si è definito "irreligioso" e il 40% non ha nemmeno risposto alla domanda? Jan di Nepomuck era un pio suddito del Regno di Boemia, Stato piccolo ma importante; specie quando alla fine del Trecento il suo re, Venceslao (Václav) il Pigro, riesce a farsi eleggere Sacro Romano Imperatore. Non deve fare una campagna elettorale a tappeto: gli elettori sono sei, uno dei quali è proprio lui. Non solo, ma essendo re di Boemia e principe del Brandeburgo, la Bolla d'Oro gli riconosce il doppio voto (come il jolly ai GSF).
Essendo Imperatore, Re e Principe, Venceslao ritiene di avere il sacrosanto diritto di nominare vescovo un suo sodale; purtroppo nessuna diocesi è vacante. In compenso è appena morto l'abate del monastero di Kladruby; Venceslao converte l'abbazia in diocesi e ordina ai monaci di sospendere le procedure per l'elezione dell'abate. I monaci non lo ascoltano e nel marzo 1393 eleggono il loro collega Olenus. Jan è il vicario generale dell'arcivescovo di Praga, che ratifica la nomina. Venceslao lo fa arrestare insieme ad altri tre membri dello staff; li fa torturare finché gli altri tre non cambiano idea, e infine condanna l'irremovibile Jan a morte per annegamento nella Moldava (il fiume che attraversa Praga - da non confondere con l'omonima repubblica che sta molto più a est). Fin qui Jan ha tutte le carte per diventare il Thomas Becket boemo: un ecclesiastico tutto d'un pezzo che non si arrende ai diktat del potere temporale e difende fino alla morte l'autonomia della Chiesa. E però la fortuna di Jan sarà molto inferiore a quella del collega inglese: i tempi stanno cambiando. Proprio in quel 1393 a Praga un giovane studente squattrinato sta prendendo la laurea breve in filosofia. Si chiama Jan Hus (continua sul Post...)
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Nel centro dell'Europa, perenne spina nel fianco destro tedesco, c'è una nazione che da quattordici anni non sappiamo come chiamare. Sulle cartine c'è scritto Repubblica Ceca. Manco fosse l'unica repubblica d'Europa: per dire, e invece l'Italia cos'è? L'Estonia? E il Lussemburgo? No, aspetta, il Lussemburgo è un Granducato. Però non leggerai su nessuna mappa d'Europa "Repubblica Estone" o "Granducato di Lussemburgo", anche perché ti occuperebbe mezzo Belgio e tutta la Renania. Non è che i cechi siano più repubblicani degli altri: è che in italiano abbiamo l'aggettivo ma non il sostantivo. "Cechia" è una parola che proprio non riusciamo a dire. Qualcuno ci prova: ricordo in tal senso il coraggio di Claudio Lippi nel presentare Giochi Senza Frontiere. E però a un certo punto dovremmo anche rassegnarci: ci sono parole che funzionano e altre che non prendono mai il largo, e "Cechia" in italiano non ce l'ha fatta.
Io sarei per tornare a "Boemia", che suona infinitamente meglio. E però ogni volta che su internet provo a proporre questa cosa, qualcuno protesta che sarebbe un'offesa ai moravi. In realtà non sono mai riuscito a capire perché un moravo dovrebbe offendersi meno se invece che "ceco" lo chiamiamo "boemo" (conoscete un moravo? Glielo chiedete per favore? grazie). I moravi in verità non sono né cechi né boemi. Sono una cospicua minoranza etnica all'interno della Repubblica Ceca: costituiscono il 30% della popolazione e occupano il 30% del territorio. Però non sono cechi. Sono moravi, appunto. Se ci tenessimo davvero alla loro opinione, dovremmo chiamarla Cecomoravia. Per fortuna non sembrano tenerci troppo neanche loro.
Nel Settecento, una volta fatto santo, Jan divenne anche piuttosto bello, grazie a un anonimo di scuola fiorentina che ne dipinse il santino più famoso. |
D'altro canto come potrei definire San Jan Nepomucký patrono della Repubblica Ceca? Una delle nazioni più agnostiche al mondo, dove i cattolici non superano il 10% della popolazione, e nell'ultimo censimento il 35% si è definito "irreligioso" e il 40% non ha nemmeno risposto alla domanda? Jan di Nepomuck era un pio suddito del Regno di Boemia, Stato piccolo ma importante; specie quando alla fine del Trecento il suo re, Venceslao (Václav) il Pigro, riesce a farsi eleggere Sacro Romano Imperatore. Non deve fare una campagna elettorale a tappeto: gli elettori sono sei, uno dei quali è proprio lui. Non solo, ma essendo re di Boemia e principe del Brandeburgo, la Bolla d'Oro gli riconosce il doppio voto (come il jolly ai GSF).
Essendo Imperatore, Re e Principe, Venceslao ritiene di avere il sacrosanto diritto di nominare vescovo un suo sodale; purtroppo nessuna diocesi è vacante. In compenso è appena morto l'abate del monastero di Kladruby; Venceslao converte l'abbazia in diocesi e ordina ai monaci di sospendere le procedure per l'elezione dell'abate. I monaci non lo ascoltano e nel marzo 1393 eleggono il loro collega Olenus. Jan è il vicario generale dell'arcivescovo di Praga, che ratifica la nomina. Venceslao lo fa arrestare insieme ad altri tre membri dello staff; li fa torturare finché gli altri tre non cambiano idea, e infine condanna l'irremovibile Jan a morte per annegamento nella Moldava (il fiume che attraversa Praga - da non confondere con l'omonima repubblica che sta molto più a est). Fin qui Jan ha tutte le carte per diventare il Thomas Becket boemo: un ecclesiastico tutto d'un pezzo che non si arrende ai diktat del potere temporale e difende fino alla morte l'autonomia della Chiesa. E però la fortuna di Jan sarà molto inferiore a quella del collega inglese: i tempi stanno cambiando. Proprio in quel 1393 a Praga un giovane studente squattrinato sta prendendo la laurea breve in filosofia. Si chiama Jan Hus (continua sul Post...)
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