Ritratto del genio da stronzo

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Jobs (Joshua Michael Stern, 2013)

Cosa ha permesso a Steve Jobs di diventare Steve Jobs? Un viaggio in India con l'amico fuoricorso? Qualche acido di troppo con la fidanzata fricchettona? Il trauma dell'adozione? Il garage di mamma e papà? E se fosse stata la stronzaggine?

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Non c'è. Nel film ti mostrano soltanto la scheda madre. Uffa.

Ogni tanto, durante il film, sentirete qualche ex amico di Steve dire una di quelle classiche frasi del tipo "È cambiato, una volta non era così". Può anche darsi. Ma a questo punto c'è qualcosa che non va nella sceneggiatura, perché quello che effettivamente vedono gli spettatori è uno stronzo integrale dalla sua prima apparizione. Tanto che viene da rispondere ai personaggi: Ehi, ti sbagli, è sempre stato così, si vede che è nato stronzo, che cosa ci vuoi far. Chissà poi perché tanta insistenza su un tratto del carattere. È davvero così fondamentale sapere che ha fottuto Wozniak sin dall'inizio? Che imponeva ai dipendenti la puzza dei suoi piedi, li licenziava per capriccio, che si sfogava urlando a squarciagola in automobile, che abbandonava fidanzate incinte, e poco altro? Ok, non dico che tutto questo non possa servirci a conoscerlo meglio, ma di solito, quando muore un personaggio importante, tendiamo a farne ritratti virati in rosa. Nel caso di Steve Jobs sembra che stia succedendo il contrario, il che potrebbe stupire chi ricorda l'incredibile cordoglio telematico che esplose due anni fa anche in Italia.

Già la biografia di Isaacson, uscita in tutta fretta pochi giorni dopo, mostrava di non volerci risparmiare i dettagli più sgradevoli della sua personalità. Anche il rassomigliante Ashton Kutcher non si preoccupa minimamente di rendere il suo Jobs più simpatetico di quanto non fosse l'originale: è un manager tarantolato che non riesce a tenere le gambe ferme sotto il tavolo del Consiglio di Amministrazione, terrorizza i dipendenti, taglia teste senza scrupoli - e nel mentre ogni tanto si fa venire qualche buona idea, il Mac, l'Ipad - dettagli, sembra che quello che interessi davvero lo sceneggiatore siano le lotte per la carica di Amministratore Delegato. E dire che la prima parte del film era stata promettente: Jobs avrebbe potuto essere un meraviglioso film per nerd, un viaggio nell'età dei pionieri, quando programmare un videogioco significava anche fissare i circuiti con un saldatore. Secondo me ci sarebbe mercato per un film così.

Voglio dire, stiamo tutti davanti a un aggeggio digitale per quattro o cinque ore al giorno - chi non avrebbe voglia di dare un'occhiata alla prima schermata del primo computer, montato in un garage? Siete sicuri che non troveremmo avvincente la storia della nascita dell'interfaccia grafica, che il film liquida nei pochi secondi in cui Jobs scopre che Bill Gates gli ha fregato l'idea e gli fa una rodomontata per telefono? (Tanto più che il film omette la risposta sorniona di Bill: non ho copiato te, c'era questo ricco vicino di casa che si chiama Xerox, sono entrato a rubargli il televisore e ho scoperto che ci avevi pensato già tu). E tutti quegli oggetti che la polvere rende belli, che so, i floppy (i veri floppy, quelli che a sventolarli facevano: flop). E a proposito di flop, tutti i prodotti bellissimi sulla carta che flopparono miseramente: Lisa, il primo Mac che scaldava come un tostapane...La poesia delle vecchie schermate in bianco e nero. Uno dei momenti più divertenti è quando il giovane Steve, alla ricerca di investitori, cerca di spiegare quello che stanno facendo in quel garage: è una tastiera che si collega al televisore e... puoi farci di tutto. Ecco, Jobs avrebbe potuto essere il film che ci mostrava il primo home computer, il primo Sistema Operativo, il primo mouse che trascina i file nel primo Cestino, e così via. Il caratteraccio di Jobs avrebbe potuto rivelarsi la spia della sua insofferenza nei confronti delle scomodità e inestetismi del quotidiano, la molla che lo spinge a inventare un mondo migliore: un Jobs stanco di digitare righe di comando inventa (o copia) il drag-and-drop, un Jobs che non sopporta più di non poter scaricare la posta al gabinetto inventa l'iPhone. Tutto questo sarebbe stato spettacolare e anche abbastanza divertente, credo.

E invece nel secondo tempo il film si disinteressa dei computer e comincia a concentrarsi su quel che sta sotto, scrivanie e poltrone. Diventa un film di gente che sgomita per occupare scrivanie e poltrone. Jobs continua a dominare la scena, urlando e strepitando, licenziando e facendosi licenziare. Poi si prende una vacanza (in realtà in quel periodo fonda NeXT, un'esperienza fallimentare ma cruciale per gli sviluppi successivi) finché chi lo aveva cacciato dai piani alti di Apple non striscia a implorare il suo ritorno. Forse la chiave del film è tutta lì. Questo non è un film per nerd. Un giorno forse qualcuno farà un bel film di Jobs per nerd (Aaron Sorkin sta lavorando a un progetto, speriamo bene), ma questo non lo è. Questo è un film per manager. Ciò spiegherebbe anche la necessità di enfatizzare la stronzaggine del personaggio. Sono i manager che amano specchiarsi nel miliardario partito dal garage: e nulla li esalta come il suo secondo avvento all'Apple. La storia del manager tradito e cacciato con infamia dalla propria azienda, la quale in sua assenza va in malora, finché un bel giorno Egli non viene supplicato di salvarla, trionfando sui suoi vecchi detrattori con prodotti coraggiosi e innovativi che la porteranno al top: una storia così per i manager di tutto il mondo dev'essere irresistibile, l'equivalente di Cenerentola per le terzogenite. Ecco, Joshua Michael Stern voleva raccontare questa storia, non quella dell'inventore di incredibili aggeggi, che purtroppo restano sullo sfondo. Ed ecco quindi un Kutcher più manager che inventore: non tocca un solo circuito stampato, in compenso mangia la faccia a qualsiasi membro del suo team che non la pensi come lui. I manager di tutto il mondo, quando vanno al cinema, vogliono vedere un manager più bello di loro che licenzia furiosamente tutti gli stronzi che gli capitano a tiro, uno che abbia il coraggio di tagliare le teste che loro non riescono a tagliare. Jobs è il loro film. L'altra sua utilità consiste nel dimostrare definitivamente la Prima Legge del Biopic: la qualità della storia è inversamente proporzionale alla somiglianza dei personaggi. Purtroppo i personaggi di Jobs sono davvero molto somiglianti. Jobs è ancora al Multisala Impero di Bra alle 22:15; se siete manager in carriera magari vi divertite parecchio. Sennò, bah.
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