Cronache dalla campagna
02-09-2009, 23:14feste dell'unità, Pd, primarie 2009PermalinkTempo di feste democratiche. Domenica Franceschini era a Modena; lunedì è arrivato Marino. Io sono andato a vedere entrambi e adesso vi racconto. Per chi non ha tempo: Marino 4 – Franceschini 1. Sabato la finale con Bersani.
Lunedì non sapevo ancora per chi avrei votato. Chiedendo in giro mi sono accorto di condividere con molti l'impressione che tutti e tre i candidati non siano poi male, “molto meglio di quelli di prima” (quelli di prima li avevamo votati perché erano meglio dei precedenti, ecc.).
Franceschini e Bersani sono comunemente ritenuti dei gentiluomini, un po' rovinati dalle pessime frequentazioni: Binetti il primo, D'Alema il secondo. Marino è generalmente simpatico a tutti, ma rischia di essere l'ennesimo scalfarotto (con tanto affetto allo Scalfarotto originale). Per cui si rimanda la decisione, si prende del tempo, addirittura si vanno a vedere i comizi. In una situazione del genere un oratore un po' trascinante potrebbe anche fare la differenza. Nessuno dei due lo è (nemmeno Bersani, che io sappia). Marino non ci prova nemmeno: ha trovato uno slogan da appioppare agli avversari, “siete leader del secolo scorso”, e lo ripete due o tre volte senza vergogna; ha così poca retorica che quel poco la sfoggia come una spilletta. Franceschini invece si capisce che è del mestiere. Ha un tono concitato immediatamente riconoscibile (è già un personaggio mediatico, lui: Marino forse non lo diventerà mai), un timbro lievemente stridulo, che ricorda la falsa intransigenza fassiniana, mitigata però dalla dolcezza del ferrarese. È la voce giusta per dettare un programma, imporre la linea: fermezza senza arroganza. Tra sei mesi potrebbe essere scomparso nel nulla, eppure la stoffa per diventare il nuovo Berlinguer catto-laico c'è.
Il campo di gioco
Entrambi giocano in trasferta: Modena, già feudo dalemiano dovrebbe incoronare Bersani – siamo molto prevedibili. Siamo però anche molto aperti al confronto, e domenica sera riempiamo l'arena concerti: molti restano in piedi, e i posti a sedere sono qualche migliaio. Successone, soprattutto se tieni conto che è l'arena dell'ex festival dell'Unità, e che quello che parla fino all'anno scorso era un post-democristiano. Se invece consideri che Franceschini è ancora il Segretario, e che questa è la sua festa, il paragone col passato è impietoso: dieci anni fa quando veniva D'Alema si bloccava la tangenziale. Caldi applausi, ressa finale per gli autografi. Bersaniani con molto fair play.
A Marino ci si credeva meno: niente Arena, il Palaconad era ritenuto più che sufficiente. Forse è Marino a non credere molto all'Emilia, al punto di ficcare nel primo lunedì di settembre (la data peggiore dell'anno, a pensarci bene), non uno ma due comizi: Piacenza alle 18 e Modena alle 21. Ora si può anche capire che siano collegi sacrificabili; nessuna pretesa di essere l'Ohio elettorale di Ignazio Marino, e tuttavia gli interrogativi sorgono spontanei: ma chi è che viene a vederti un lunedì alle sei a Piacenza? E se a Piacenza arrivi alle sei, e come minimo parli un'oretta, come accidenti puoi credere di essere a Modena alle nove? è evidente che quello che ti organizza la campagna non è lo stesso che ti organizzava le operazioni. Insomma, noi arriviamo con una mezz'ora di anticipo e troviamo il palaconad deserto. Mi viene in mente una trista serata di qualche anno fa, Cofferati in versione sceriffo davanti a una platea di vecchietti canuti. Andiamo a fare un giro in libreria.
Torniamo dopo venti minuti e il palaconad è esaurito. La gente sta già cominciando a sottrarre panchine dagli stand circostanti. Barattiamo un paio di sedie con due firme su una legge d'iniziativa popolare e ci sistemiamo sul fondo: la gente comincia ad appoggiarsi sulle pareti in compensato. Dopo mezz'ora il giornalista spiega che Marino sta arrivando da Piacenza: il pubblico mormora, qualcuno si indigna (Pc e Mo nello stesso giorno? Ma che roba è?), senza però schiodare dalle panchine. Il giornalista rassicura: l'intervista sarà trasmessa anche nella sala di fianco. Alla fine Marino riempirà tutte e due. Il primo lunedì di settembre, alle dieci di sera, il dott. Ignazio “Chi?” Marino sbarca alla Festa del Lavoro di Modena e fa il pienone. Tanti applausi, anche se c'è gente che rimane a braccia conserte tutto il tempo. Un signore di fianco a me applaude raramente, e spesso scuote la testa sconsolato: atteggiamento tipico del bersaniano disilluso (“ma queste cose ce le deve venire a dire un chirurgo?”) Se posso interpretare: molti modenesi voteranno Bersani sperando che realizzi il programma di Marino. Sì, lo so, è strano, siamo persone strane.
L'interlocutore
Entrambi si affidano alla forma intervista, una chiacchierata con un giornalista che non ha nessun interesse a metterli in difficoltà. Particolarmente sdraiato il direttore tg3 che intrattiene Fassino: a distanza di una mezz'oretta risulta difficile ricordarsi cosa abbia chiesto; l'unica domanda vagamente difficile riguardava il rapporto tra cattolici e laici, senza fare nomi. F. rassicura: nel partito ci sarà spazio per entrambi. Meno male. (Ah, e un paio di frecciate alla situazione del tg3, ma in prima persona, alla Santoro: chissà se ci sarò ancora, speriamo che non mi montino un caso-Boffo, sono andato in soffitta a guardare se ho qualcosa da vergognarmi nel passato, dichiarazioni dei redditi, vecchie fiamme, ecc. ecc. Probabilmente a Roma questo tipo di aneddotica funziona: gli ascoltatori pensano “Però, questo un pezzo grosso che rischia di perdere il posto e ha la forza di scherzarci anche su, fico”. Su da noi è un po' diverso: l'ironia è troppo sottile, non si percepisce. Si sente invece una forte tendenza a personalizzare i problemi, a gridare allo scandalo solo quando ti toccano il posto fisso ecc. ecc. ecc.).
Una scelta migliore è l'intervistatore di Marino, Formigli. Finge addirittura di volerlo mettere in difficoltà, ricordandogli l'unico incidente della sua campagna (l'infelice uscita sulla “moralità” del partito all'indomani dell'arresto del segretario di sezione stupratore). Le domande sono un po' più pepate, come le vuole il pubblico, con nomi e cognomi: insomma, Binetti sì o Binetti no? La gente applaude la domanda ancora prima della risposta.
I contenuti
Ecco, è un po' imbarazzante. Forse avrei dovuto prendere appunti. Ma insomma, io sono stato giù nell'arena in piedi, a sentire Franceschini per 40 minuti, applaudendolo persino... e non mi ricordo niente. Non dico che mi abbia annoiato. Non mi ha nemmeno acceso nessuna spia. Nessun passo falso, ma come dire... niente in tutto. No, esagero, ma davvero: niente che non si potesse riassumere in venti minuti da Vespa o a Ballarò. Aspetta, mi è venuta in mente la cosa delle due rose. Sì, è andato a portare una rosa bianca sulla tomba di Zaccagnini e una rossa su quella del partigiano comandante Bulow. Le due rose, uhm. Insomma, abbiamo un grande passato, anzi due grandi passati, in cui a volte ce le siamo date ma abbiamo anche fatto cose fantastiche assieme, come resistere ai nazisti. E il futuro? Beh, la prima uscita un po' infiammata (forse l'unica) è sulla fuga dei cervelli: stiamo mortificando i nostri giovani, dice. Io applaudo, ma il giorno dopo Marino tornerà sul problema citando esempi concreti.
Se di Marino ricordo molte più cose è perché Marino, senza essere un grande oratore, è un vivace affabulatore. Si sta viaggiando l'Italia e si capisce che ha voglia di raccontartela: la gente si aspetta tirate laiciste e invece lui comincia parlando di operai che fanno lo sciopero della fame (è andato a trovarli) del comune di Riace che è diventato una comunità multietnica, eccetera eccetera, e passa una mezz'ora abbondante senza tirare fuori la parola “laico”. È il giornalista che lo deve aizzare: la gente qui è venuta a sentirti fare il laico, su, facci un po' il laico esasperato. Ma anche parlando di contraccezione ha più voglia di raccontare episodi che di spiegare le sue idee: durante una tavola rotonda ha sentito un parlamentare (di destra) ammettere che i ferri sono meglio della pillola perché “fanno paura”. “Ma siamo impazziti?” Ovazione. E la Binetti? “Se mi dimostrano che il 70% del partito è con la Binetti, io ne prenderò atto. Ma se invece il 70% del partito la pensa come me, anche la Binetti dovrebbe prenderne atto...” ovazione, e il giornalista incalza: la vorresti fuori dal partito? Sornione, Marino indica il pubblico. Il pubblico fischia e urla improperi alla parlamentare inciliciata. Alcuni devono essere per forza gli stessi che ieri hanno applaudito il suo candidato.
Bilancio
Franceschini non è male, no: come si dice in questi casi: “è una risorsa” (di solito dopo averlo detto si preme il pulsante della botola). Ma insomma, ha un modo di tenere insieme tutto e niente che mi è troppo familiare.
Lampadina: Franceschini è un Veltroni Senza. Senza Kennedy, senza metri quadri a Manhattan, senza cinema, senza romanzi, senza Africa, senza figurine, senza tutte quelle cose che dovevano alleggerire la figura del leader e invece l'hanno impiombata. Franceschini è molto più leggero, ai limiti della non consistenza: si vede quello che c'è dietro e dietro ci sono molte buone intenzioni e alcune brutte facce.
Marino non vincerà mai. In tv non lo conosce nessuno, molti andranno alle primarie senza nemmeno sapere chi sia. Allo stesso tempo uno che ti realizza una serata così, il primo lunedì di settembre a Modena, ha già vinto. Ha fatto uscire la gente e gli ha raccontato cose che già sanno: crisi economica, emergenza immigrazione, conflitto d'interessi, cosa manca? Ah sì, la questione laicità. È come se avesse preso in mano l'agenda: Franceschini, o Bersani, dopo aver vinto, avranno di fronte i problemi che sta ponendo lui. (Si chiama egemonia).
Verso la fine mando un sms al mio amico ex assessore che non è venuto perché ultimamente tutta la baracca non la regge più. “Qui c'è Marino che si sta mangiando Franceschini”. La risposta arriva in pochi secondi: “Io voto per lui. Appena posso mi faccio anche operare".
Lunedì non sapevo ancora per chi avrei votato. Chiedendo in giro mi sono accorto di condividere con molti l'impressione che tutti e tre i candidati non siano poi male, “molto meglio di quelli di prima” (quelli di prima li avevamo votati perché erano meglio dei precedenti, ecc.).
Franceschini e Bersani sono comunemente ritenuti dei gentiluomini, un po' rovinati dalle pessime frequentazioni: Binetti il primo, D'Alema il secondo. Marino è generalmente simpatico a tutti, ma rischia di essere l'ennesimo scalfarotto (con tanto affetto allo Scalfarotto originale). Per cui si rimanda la decisione, si prende del tempo, addirittura si vanno a vedere i comizi. In una situazione del genere un oratore un po' trascinante potrebbe anche fare la differenza. Nessuno dei due lo è (nemmeno Bersani, che io sappia). Marino non ci prova nemmeno: ha trovato uno slogan da appioppare agli avversari, “siete leader del secolo scorso”, e lo ripete due o tre volte senza vergogna; ha così poca retorica che quel poco la sfoggia come una spilletta. Franceschini invece si capisce che è del mestiere. Ha un tono concitato immediatamente riconoscibile (è già un personaggio mediatico, lui: Marino forse non lo diventerà mai), un timbro lievemente stridulo, che ricorda la falsa intransigenza fassiniana, mitigata però dalla dolcezza del ferrarese. È la voce giusta per dettare un programma, imporre la linea: fermezza senza arroganza. Tra sei mesi potrebbe essere scomparso nel nulla, eppure la stoffa per diventare il nuovo Berlinguer catto-laico c'è.
Il campo di gioco
Entrambi giocano in trasferta: Modena, già feudo dalemiano dovrebbe incoronare Bersani – siamo molto prevedibili. Siamo però anche molto aperti al confronto, e domenica sera riempiamo l'arena concerti: molti restano in piedi, e i posti a sedere sono qualche migliaio. Successone, soprattutto se tieni conto che è l'arena dell'ex festival dell'Unità, e che quello che parla fino all'anno scorso era un post-democristiano. Se invece consideri che Franceschini è ancora il Segretario, e che questa è la sua festa, il paragone col passato è impietoso: dieci anni fa quando veniva D'Alema si bloccava la tangenziale. Caldi applausi, ressa finale per gli autografi. Bersaniani con molto fair play.
A Marino ci si credeva meno: niente Arena, il Palaconad era ritenuto più che sufficiente. Forse è Marino a non credere molto all'Emilia, al punto di ficcare nel primo lunedì di settembre (la data peggiore dell'anno, a pensarci bene), non uno ma due comizi: Piacenza alle 18 e Modena alle 21. Ora si può anche capire che siano collegi sacrificabili; nessuna pretesa di essere l'Ohio elettorale di Ignazio Marino, e tuttavia gli interrogativi sorgono spontanei: ma chi è che viene a vederti un lunedì alle sei a Piacenza? E se a Piacenza arrivi alle sei, e come minimo parli un'oretta, come accidenti puoi credere di essere a Modena alle nove? è evidente che quello che ti organizza la campagna non è lo stesso che ti organizzava le operazioni. Insomma, noi arriviamo con una mezz'ora di anticipo e troviamo il palaconad deserto. Mi viene in mente una trista serata di qualche anno fa, Cofferati in versione sceriffo davanti a una platea di vecchietti canuti. Andiamo a fare un giro in libreria.
Torniamo dopo venti minuti e il palaconad è esaurito. La gente sta già cominciando a sottrarre panchine dagli stand circostanti. Barattiamo un paio di sedie con due firme su una legge d'iniziativa popolare e ci sistemiamo sul fondo: la gente comincia ad appoggiarsi sulle pareti in compensato. Dopo mezz'ora il giornalista spiega che Marino sta arrivando da Piacenza: il pubblico mormora, qualcuno si indigna (Pc e Mo nello stesso giorno? Ma che roba è?), senza però schiodare dalle panchine. Il giornalista rassicura: l'intervista sarà trasmessa anche nella sala di fianco. Alla fine Marino riempirà tutte e due. Il primo lunedì di settembre, alle dieci di sera, il dott. Ignazio “Chi?” Marino sbarca alla Festa del Lavoro di Modena e fa il pienone. Tanti applausi, anche se c'è gente che rimane a braccia conserte tutto il tempo. Un signore di fianco a me applaude raramente, e spesso scuote la testa sconsolato: atteggiamento tipico del bersaniano disilluso (“ma queste cose ce le deve venire a dire un chirurgo?”) Se posso interpretare: molti modenesi voteranno Bersani sperando che realizzi il programma di Marino. Sì, lo so, è strano, siamo persone strane.
L'interlocutore
Entrambi si affidano alla forma intervista, una chiacchierata con un giornalista che non ha nessun interesse a metterli in difficoltà. Particolarmente sdraiato il direttore tg3 che intrattiene Fassino: a distanza di una mezz'oretta risulta difficile ricordarsi cosa abbia chiesto; l'unica domanda vagamente difficile riguardava il rapporto tra cattolici e laici, senza fare nomi. F. rassicura: nel partito ci sarà spazio per entrambi. Meno male. (Ah, e un paio di frecciate alla situazione del tg3, ma in prima persona, alla Santoro: chissà se ci sarò ancora, speriamo che non mi montino un caso-Boffo, sono andato in soffitta a guardare se ho qualcosa da vergognarmi nel passato, dichiarazioni dei redditi, vecchie fiamme, ecc. ecc. Probabilmente a Roma questo tipo di aneddotica funziona: gli ascoltatori pensano “Però, questo un pezzo grosso che rischia di perdere il posto e ha la forza di scherzarci anche su, fico”. Su da noi è un po' diverso: l'ironia è troppo sottile, non si percepisce. Si sente invece una forte tendenza a personalizzare i problemi, a gridare allo scandalo solo quando ti toccano il posto fisso ecc. ecc. ecc.).
Una scelta migliore è l'intervistatore di Marino, Formigli. Finge addirittura di volerlo mettere in difficoltà, ricordandogli l'unico incidente della sua campagna (l'infelice uscita sulla “moralità” del partito all'indomani dell'arresto del segretario di sezione stupratore). Le domande sono un po' più pepate, come le vuole il pubblico, con nomi e cognomi: insomma, Binetti sì o Binetti no? La gente applaude la domanda ancora prima della risposta.
I contenuti
Ecco, è un po' imbarazzante. Forse avrei dovuto prendere appunti. Ma insomma, io sono stato giù nell'arena in piedi, a sentire Franceschini per 40 minuti, applaudendolo persino... e non mi ricordo niente. Non dico che mi abbia annoiato. Non mi ha nemmeno acceso nessuna spia. Nessun passo falso, ma come dire... niente in tutto. No, esagero, ma davvero: niente che non si potesse riassumere in venti minuti da Vespa o a Ballarò. Aspetta, mi è venuta in mente la cosa delle due rose. Sì, è andato a portare una rosa bianca sulla tomba di Zaccagnini e una rossa su quella del partigiano comandante Bulow. Le due rose, uhm. Insomma, abbiamo un grande passato, anzi due grandi passati, in cui a volte ce le siamo date ma abbiamo anche fatto cose fantastiche assieme, come resistere ai nazisti. E il futuro? Beh, la prima uscita un po' infiammata (forse l'unica) è sulla fuga dei cervelli: stiamo mortificando i nostri giovani, dice. Io applaudo, ma il giorno dopo Marino tornerà sul problema citando esempi concreti.
Se di Marino ricordo molte più cose è perché Marino, senza essere un grande oratore, è un vivace affabulatore. Si sta viaggiando l'Italia e si capisce che ha voglia di raccontartela: la gente si aspetta tirate laiciste e invece lui comincia parlando di operai che fanno lo sciopero della fame (è andato a trovarli) del comune di Riace che è diventato una comunità multietnica, eccetera eccetera, e passa una mezz'ora abbondante senza tirare fuori la parola “laico”. È il giornalista che lo deve aizzare: la gente qui è venuta a sentirti fare il laico, su, facci un po' il laico esasperato. Ma anche parlando di contraccezione ha più voglia di raccontare episodi che di spiegare le sue idee: durante una tavola rotonda ha sentito un parlamentare (di destra) ammettere che i ferri sono meglio della pillola perché “fanno paura”. “Ma siamo impazziti?” Ovazione. E la Binetti? “Se mi dimostrano che il 70% del partito è con la Binetti, io ne prenderò atto. Ma se invece il 70% del partito la pensa come me, anche la Binetti dovrebbe prenderne atto...” ovazione, e il giornalista incalza: la vorresti fuori dal partito? Sornione, Marino indica il pubblico. Il pubblico fischia e urla improperi alla parlamentare inciliciata. Alcuni devono essere per forza gli stessi che ieri hanno applaudito il suo candidato.
Bilancio
Franceschini non è male, no: come si dice in questi casi: “è una risorsa” (di solito dopo averlo detto si preme il pulsante della botola). Ma insomma, ha un modo di tenere insieme tutto e niente che mi è troppo familiare.
Lampadina: Franceschini è un Veltroni Senza. Senza Kennedy, senza metri quadri a Manhattan, senza cinema, senza romanzi, senza Africa, senza figurine, senza tutte quelle cose che dovevano alleggerire la figura del leader e invece l'hanno impiombata. Franceschini è molto più leggero, ai limiti della non consistenza: si vede quello che c'è dietro e dietro ci sono molte buone intenzioni e alcune brutte facce.
Marino non vincerà mai. In tv non lo conosce nessuno, molti andranno alle primarie senza nemmeno sapere chi sia. Allo stesso tempo uno che ti realizza una serata così, il primo lunedì di settembre a Modena, ha già vinto. Ha fatto uscire la gente e gli ha raccontato cose che già sanno: crisi economica, emergenza immigrazione, conflitto d'interessi, cosa manca? Ah sì, la questione laicità. È come se avesse preso in mano l'agenda: Franceschini, o Bersani, dopo aver vinto, avranno di fronte i problemi che sta ponendo lui. (Si chiama egemonia).
Verso la fine mando un sms al mio amico ex assessore che non è venuto perché ultimamente tutta la baracca non la regge più. “Qui c'è Marino che si sta mangiando Franceschini”. La risposta arriva in pochi secondi: “Io voto per lui. Appena posso mi faccio anche operare".
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