Dal mercimonio al degrado antropologico

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Chi ha coniato l'odioso termine "Baby-squillo"? Il nome del titolista che per primo condensò uno scandalo in quattro sillabe probabilmente non lo recupereremo mai. E quando avvenne l'irreparabile battesimo? Una breve ricerca nell'archivio on line dell'Unità porta a un risultato sorprendente. Di "baby squillo" si parlava già nel 1976 - quasi quarant'anni fa. "La violenza quotidiana alleva le baby-squillo", scriveva Massimo Cavallini, e la sua prosa da sola basta a farci sentire la distanza:
"I personaggi si muovono con prevedibile scelleratezza. C'è il grande corruttore, il genio del male che trascina decine di fanciulle sulla via della perdizione, fino al mercimonio del loro giovane corpo: c'è la vecchia "maitresse", rotta ad ogni vizio, incartapecorita nella propria dissolutezza, che accuratamente educa alla professione le neofite del meretricio; ci sono i clienti ricchi ed annoiati, pronti a pagare cifre favolose per rapporti mercenari; c'è il medico corrotto, il "fabbricatore di angeli", che dietro lauti compensi stronca la vita che nasce dall'amore, anche quello a pagamento".
Il pezzo prosegue così per quattro colonne fitte, su un paginone senza foto. In mezzo a tanta retorica irrimediabilmente fuori moda, l'espressione "baby squillo" galleggia come un anacronismo. Oggi facciamo frasi più brevi, abbiamo paura di addormentare il lettore. Ma sempre retorica è; abbiamo semplicemente cambiato il modello. Oggi Marida Lombardo Pijola risponde a Silvia Gigli che sulle colonne dell'Unità le chiede "Come si è arrivati a questo?", spiegando che "negli ultimi vent’anni in Italia i costumi si sono trasformati, c’è stato un degrado sociale, politico, umano e antropologico incarnato da una persona, da un regime e da una tv che ci hanno segnati. I ragazzi sono cresciuti circondati da messaggi precisi sul sesso, lo strapotere del denaro, il disvalore del corpo delle donne. Sono stati accerchiati e martellati da queste informazioni fin da piccolissimi».

Degrado sociale, politico, umano e ovviamente antropologico, qualsiasi cosa ciò voglia dire: tutto questo incarnato da una persona e non c'è nemmeno bisogno di spiegare chi sia. Regime. Tv. Disvalore del corpo delle donne. Il tutto sarebbe una novità degli ultimi vent'anni, insomma niente baby squillo prima del 1997. Prima di allora evidentemente non c'erano "incontri sessuali nei bagni [delle scuole]", niente mamme dietro "che spingono per il successo o il denaro facile" (anche a dire il vero è stata una mamma a scoperchiare il caso, ma passi). Tutto questo non sarebbe che uno dei pesanti lasciti del berlusconismo.

Nel 1976 ovviamente Cavallini non poteva pensarla così. Nemmeno poteva incolpare il web, oggi fonte delle "prime informazioni sul sesso - distorte, parziali o amplificate dal web e senza alcuna mediazione da parte degli adulti". Poteva però già prendersela con una "civiltà fondata sul predominio del denaro", con la Torino bene, la città dove "il più grande quotidiano aveva organizzato una petizione popolare per l'abolizione della legge Merlin. È non è forse un luogo comune  affermare che la prostituzione è il più antico mestiere del mondo?"
"Antico, certo, almeno quanto l'ingiustizia, e oggi molte ingiustizie considerate ineliminabili non vengono più ritenute tali. Cresce ogni giorno il numero di coloro che le vogliono cancellare". 
Bel finale ottimista: ci si prostituisce, ci si è sempre prostituiti, ma se lottiamo insieme un giorno non sarà più così. Se devo essere onesto preferisco questo vecchio tipo di retorica al nuovo, quello che continua ad attaccarsi ai soliti obiettivi polemici (Berlusconi, la tv, e da qualche anno anche il web), senza farci intravedere uno spiraglio; e soprattutto al coro dei terapeuti che spiegano a Silvia Gigli che è colpa "nostra", il pezzo dice proprio così, che puntano il dito contro "noi genitori". "Non diamo loro mai situazioni di affettività". In che senso? I nostri genitori ce ne davano molte di più? (No: e infatti qualcuno faceva sesso nei bagni della scuola anche ai nostri tempi, a volerselo ricordare). "Nessuno si sforza di conoscere il loro alfabeto, di capire il loro linguaggio". Proprio nessuno nessuno? E dire che stanno tutti su facebook, in teoria potrebbero essere la generazione più monitorata della Storia (altrove i ragazzini stanno lasciando Facebook proprio per questo motivo). Ma soprattutto non passiamo mai abbastanza tempo con loro, i terapeuti si lamentano di questo. Abbiamo tutti questi impegni, ad esempio lavorare. Una volta non era così, le mamme avevano più tempo e infatti ci si prostituiva meno. Ci si prostituiva meno?

Nel 1977 sulla Stampa ricompare l'orrenda espressione baby-squillo. Stavolta però lo scandalo è più vasto, coinvolge "una cinquantina di donne" (continua sull'Unita.it...)

 E’ stata scoperta e arrestata l’organizzatrice del giro di «squillo» che da questa città provvedeva ai bisogni dei ricchi «uomini soli» di Milano e Torino. Si tratta di una signora della società «bene», Celestina Gùalandrìs di 45 anni, che in pochi anni ha accumulato centinaia di milioni. La specialità della Gùalandrìs era di arruolare volontarie dai «quartieri alti», cioè mogli e figlie di dirigenti e personalità, disposte a fare le «belle di giorno». [...] La questura ‘ di Torino sta svolgendo indagini supplementari, perché dai « clienti » torinesi erano richieste soprattutto «baby-squillo», ragazze minorenni ancora inesperte. Questi clienti pagavano, oltre le prestazioni, tutte le spese di viaggio e soggiorno delle giovanissime prostitute.
Anche stavolta nessun cenno alle generalità dei clienti: ricchi, soli, anonimi. Viene in mente quella straordinaria scena di Signori e Signore, in cui il direttore del quotidiano locale è costretto a cancellare un cognome per volta dal suo vibrante pezzo di denuncia, a ogni squillo imperioso di telefono.
Ma Signori e Signore non solo è del 1966 (Berlusconi stava cominciando a vendere i suoi primi condomini) ma è ispirato a fatti realmente accaduti anni prima, raccolti e rielaborati da Luciano Vincenzoni, che scrisse il soggetto con Pietro Germi. Tra le tante storie c’è appunto quella di una ragazza di campagna che arriva in città per comprare, mi pare, un tubo di gomma per l’irrigazione; una bella ragazza cresciuta senz’altro senza tv, neanche in bianco e nero, seguita dalla madre 24 ore su 24; poi arriva in città e il suo comportamento non è esattamente quello che sociologi e terapeuti si aspetterebbero. Non lo fa per una borsa, le basta un gelato e poco più; al contrario di tanti moralisti di oggi Germi non si sofferma più di tanto a giudicarla (gli interessa di più osservare i quattro rispettabili cittadini che cercano di sfangarla). Dieci anni dopo invece Carlo Lizzani gira il suo film meno visto, Storie di vita e malavitaRacket della prostituzione minorile, uno sguardo a tutto tondo su un fenomeno che già allora appariva un po’ più complesso di come lo descrivevano i giornali. Tra i vari casi messi in scena da attrici non professioniste, c’è anche la ragazza studiosa che lo fa per ribellarsi alla famiglia: oggi sottolineeremmo la sua arroganza, e allo stesso tempo accuseremmo il padre (e soprattutto la madre) di non capirla, di non sforzarsi di conoscere il suo alfabeto eccetera. Nel ’75 prevaleva un’altra chiave di lettura: la prostituzione giovanile come spia di un disagio sociale e ovviamente politico. In un lungo discorso alla basilica di Massenzio, Berlinguer accusava la classe dirigente di lasciato il Paese in balia di “spinte che disgregano ogni valore morale, ogni principio di convivenza civile: da cui sempre più preoccupanti fenomeni come quelli della delinquenza, della violenza cieca e irrazionale, della droga, della prostituzione minorile, della disperazione”.
La tv aveva due canali, ancora per qualche anno in bianco e nero. Senz’altro organizzare un racket, o anche un semplice servizio di escort, doveva essere molto più complicato, in un mondo senza internet e cellulari. Ma ci si riusciva anche allora. E ci si preoccupava anche allora. La prostituzione esiste da tantissimo tempo, affermarlo è davvero un luogo comune. Ma come scrivevano sull’Unità più di trent’anni fa, non è detto che debba esistere per sempre. Magari esiste anche un modo per ridurla progressivamente, fino a farla scomparire: non saprei proprio indicarlo, ma non posso escludere che ci sia. Non credo che abbia a che fare con internet, cellulari, tv: la prostituzione (anche minorile) è un fenomeno un po’ meno recente. Non è un’eredità di Berlusconi né dei governi centristi degli anni Settanta. Non evidentemente è un segno della decadenza dei costumi, a meno di voler concludere che i costumi decadano continuamente. Forse è un fenomeno che andrebbe studiato con lenti meno appannate da moralismi e sensi di colpa che fin qui, a quanto pare, non sono serviti a molto. http://leonardo.blogspot.com
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