blink, blink
15-08-2008, 02:51auto, cinema, KubrickPermalinkDifetto di sistema
Quando esci dal cinema dopo aver visto Wall-E, sazio e un po’ stravolto, e nella tua tasca un dito in automatico sta già cercando il pulsante del telecomando del portachiavi, in quel momento ti accorgi che la tua macchina ti sta facendo l’occhiolino, blink blink!
Lo fa da quando l’hai comprata, in rispetto di un elementare protocollo: ma stasera i tuoi occhi ancora increduli, passati in pochi secondi da un trionfo di colori al buio di un parcheggio, decideranno per te che la macchina lo fa anche perché è felice di vederti – magari un po’ delusa, perché tu sei entrato a vedere il film e lei è rimasta fuori con la pioggia, e in fondo il film interessava più a lei, non è vero?
Sì, è come se la Pixar, a furia di giocare al rialzo e accelerare, stesse lasciandosi indietro il genere umano, producendo opere che solo le macchine riusciranno ad apprezzare veramente. Io forse ho occhi vecchi, strumenti anni Ottanta buoni per giocare a Ms Pacman e poco più, fatto sta che già alcuni segmenti di Cars erano per i miei per me erano inguardabili: non brutti, ma troppo veloci: troppo movimento, troppi meccanismi in funzione, così che la fantasia infantile di un mondo di macchine sembrava incisa sulla superficie di un incubo digitale. Ratatouille forse andava ancora più veloce, ma in compenso proponeva un universo smaccatamente analogico: Francia, cibo, fogne e pantegane, tutte cose che al povero terminale uomo potevano suscitare una sensazione di familiarità. Ma Wall-E picchia duro: nella prima mezz’ora l’umanità è bandita, ridotta a un puro orizzonte negativo: quelli hanno sporcato tutto e se ne sono andati. Quando finalmente compare, in un momento qualsiasi (alla svolta di una curva, geniale) l’umanità risulta composta da elementi dal funzionamento altrettanto meccanico, che dai capricci dei robottini malfunzionanti hanno tutto da imparare. Ecco un’altra cosa che sarebbe piaciuta alla mia macchinina (e a Kubrick, per inciso): l’inversione dei ruoli, i robot che insegnano agli uomini il valore della curiosità e dei sentimenti. Non è così che funziona, del resto? Non è fotografandola che abbiamo riscoperto la natura? E cosa c’è di più inebriante di passare una notte a sfogliare wikipedia, una pagina via l’altra, come il capitano della nave? una cosa che ti riconcilia con la civiltà, e ti fa venire voglia di rifondarla, se negli ultimi secoli si è un po’ ammosciata. Ci vuole solo un momento (It only takes a moment, canta la vecchia canzone), per passare da un'esistenza meccanica alla condizione umana; la terra che era persa per sempre è invece a portata di pulsante, e anche le macchine sono lì, per aiutarti: ti ammiccano a ogni incrocio, blink. Continueranno a farlo per qualche giorno.
Dopo un po’ comunque passa. E magari ti svegli un mattino pensando che il messaggio di Wall-E (sintetizzando: alza il culo, pulisciti intorno e scopri la natura!) lo hai assorbito su una poltrona, letteralmente intontito dalla fatica di inghiottire tutti quei megapixel per via oculare. Magari sulla sulla plancia di una nave di crociera, sul bordo di una piscina che nessuno usa più perché sono tutti seduti lì intorno occupati a ciattare, messaggiare, tuittare, e scambiarsi opinioni sul nuovo poetico manifesto ecologista made in pixar. La storia di un robottino che, guarda caso, è tutto occhi, un binocolo ambulante, anche lui pronto a mettersi davanti a un video in religiosa attenzione. Sì, vabbè, effettivamente proporre il ritorno alla natura attraverso un capolavoro dell’intrattenimento digitale è un lieve controsenso: ma non più di certi western della decadenza, visti dalla parte degli indiani; e poi dai (mi sembra di sentirvi) è solo un cartone animato, perché devi sempre spaccare il capello in quattro?
Non saprei. È il mio difetto di sistema. In questo consiste l’individualità, in fondo, no? Nei difetti di sistema (nota bene: la rivolta dei robot parte dal manicomio). Kubrick soffriva di agorafobia, io distillo ideologia dai cartoni animati, e la mia macchina, certe mattine, fa finta di ingolfarsi: appena un’esitazione prima di ingranare. Il meccanico le ha provate tutte, non sa più cosa dire. Secondo me è solo invidiosa delle amiche col garage.
Quando esci dal cinema dopo aver visto Wall-E, sazio e un po’ stravolto, e nella tua tasca un dito in automatico sta già cercando il pulsante del telecomando del portachiavi, in quel momento ti accorgi che la tua macchina ti sta facendo l’occhiolino, blink blink!
Lo fa da quando l’hai comprata, in rispetto di un elementare protocollo: ma stasera i tuoi occhi ancora increduli, passati in pochi secondi da un trionfo di colori al buio di un parcheggio, decideranno per te che la macchina lo fa anche perché è felice di vederti – magari un po’ delusa, perché tu sei entrato a vedere il film e lei è rimasta fuori con la pioggia, e in fondo il film interessava più a lei, non è vero?
Sì, è come se la Pixar, a furia di giocare al rialzo e accelerare, stesse lasciandosi indietro il genere umano, producendo opere che solo le macchine riusciranno ad apprezzare veramente. Io forse ho occhi vecchi, strumenti anni Ottanta buoni per giocare a Ms Pacman e poco più, fatto sta che già alcuni segmenti di Cars erano per i miei per me erano inguardabili: non brutti, ma troppo veloci: troppo movimento, troppi meccanismi in funzione, così che la fantasia infantile di un mondo di macchine sembrava incisa sulla superficie di un incubo digitale. Ratatouille forse andava ancora più veloce, ma in compenso proponeva un universo smaccatamente analogico: Francia, cibo, fogne e pantegane, tutte cose che al povero terminale uomo potevano suscitare una sensazione di familiarità. Ma Wall-E picchia duro: nella prima mezz’ora l’umanità è bandita, ridotta a un puro orizzonte negativo: quelli hanno sporcato tutto e se ne sono andati. Quando finalmente compare, in un momento qualsiasi (alla svolta di una curva, geniale) l’umanità risulta composta da elementi dal funzionamento altrettanto meccanico, che dai capricci dei robottini malfunzionanti hanno tutto da imparare. Ecco un’altra cosa che sarebbe piaciuta alla mia macchinina (e a Kubrick, per inciso): l’inversione dei ruoli, i robot che insegnano agli uomini il valore della curiosità e dei sentimenti. Non è così che funziona, del resto? Non è fotografandola che abbiamo riscoperto la natura? E cosa c’è di più inebriante di passare una notte a sfogliare wikipedia, una pagina via l’altra, come il capitano della nave? una cosa che ti riconcilia con la civiltà, e ti fa venire voglia di rifondarla, se negli ultimi secoli si è un po’ ammosciata. Ci vuole solo un momento (It only takes a moment, canta la vecchia canzone), per passare da un'esistenza meccanica alla condizione umana; la terra che era persa per sempre è invece a portata di pulsante, e anche le macchine sono lì, per aiutarti: ti ammiccano a ogni incrocio, blink. Continueranno a farlo per qualche giorno.
Dopo un po’ comunque passa. E magari ti svegli un mattino pensando che il messaggio di Wall-E (sintetizzando: alza il culo, pulisciti intorno e scopri la natura!) lo hai assorbito su una poltrona, letteralmente intontito dalla fatica di inghiottire tutti quei megapixel per via oculare. Magari sulla sulla plancia di una nave di crociera, sul bordo di una piscina che nessuno usa più perché sono tutti seduti lì intorno occupati a ciattare, messaggiare, tuittare, e scambiarsi opinioni sul nuovo poetico manifesto ecologista made in pixar. La storia di un robottino che, guarda caso, è tutto occhi, un binocolo ambulante, anche lui pronto a mettersi davanti a un video in religiosa attenzione. Sì, vabbè, effettivamente proporre il ritorno alla natura attraverso un capolavoro dell’intrattenimento digitale è un lieve controsenso: ma non più di certi western della decadenza, visti dalla parte degli indiani; e poi dai (mi sembra di sentirvi) è solo un cartone animato, perché devi sempre spaccare il capello in quattro?
Non saprei. È il mio difetto di sistema. In questo consiste l’individualità, in fondo, no? Nei difetti di sistema (nota bene: la rivolta dei robot parte dal manicomio). Kubrick soffriva di agorafobia, io distillo ideologia dai cartoni animati, e la mia macchina, certe mattine, fa finta di ingolfarsi: appena un’esitazione prima di ingranare. Il meccanico le ha provate tutte, non sa più cosa dire. Secondo me è solo invidiosa delle amiche col garage.
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