Questo non è fascismo (non è abbastanza serio)

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Nel 1938 l'editore italiano di origine ebraica Angelo Fortunato Formiggini decise di protestare contro le leggi razziali nel modo più spettacolare, lanciandosi dalla Ghirlandina (la torre del duomo di Modena). Si dice che prima di lanciarsi avrebbe urlato "Italia" tre volte. Si dice: ma per un po' se ne dovette parlare sottovoce. I giornali non riportarono il fatto. Sotto il fascismo andava così.

Continuo a essere convinto che ogni volta che paragoniamo una situazione qualsiasi al nazismo (e al fascismo), noi esprimiamo per prima cosa la nostra scarsa fantasia. Il '900 è la nuova Bibbia, ci ha dato le parole che parliamo e i concetti che pensiamo, e non riusciamo a uscirne. Tra l'altro è un secolo di orrori, che fa impallidire quelli della Bibbia vera. Per esempio, chi paragona quel che è successo in Rai questi giorni a quello che sarebbe successo sotto il nazismo (o il fascismo), manca clamorosamente il punto. In un regime davvero nazista un cantante come Ghali... non sarebbe nemmeno nato, ma ipotizziamo che un Ghali relativamente biondo avesse detto davanti ai microfoni del Festival della Canzone Nazista "Stop al genocidio": come avrebbe reagito a quel punto un regime seriamente nazista?

Non avrebbe reagito.

Nessuno avrebbe risposto niente.

Avrebbe dato alla vicenda la minore importanza possibile. Meno se ne parla, meglio è.

 
Chi era davanti alla tv in quel momento (non moltissimi gli svegli) ne avrebbero parlato un po', nei giorni successivi, ma non così tanto, anche perché in sé la frase non dice molto: stop al genocidio, e ci mancherebbe, chi sarebbe mai favorevole a un genocidio? Nemmeno chi lo commette, di solito, sostiene di esserlo. E poi di che genocidio si tratterebbe? Alla radio ogni tanto parlano di un genocidio da qualche parte in Cina – gli uiguri? O forse in Congo, meno male che il nostro beniamino Ghali Biondo ci ricorda che esistono anche questi lontani scenari di guerra. Bravo Ghali Biondo, e sarebbe finita lì.

L'Eiar funzionava così. L'Eiar non improvvisava. Se avete dato un'occhiata a qualche cinegiornale Luce, sapete che non avevano nessuna remora a parlare di crimini di guerra. Purché fossero crimini imputabili agli inglesi, o ai sovietici.  

Invece nel nostro Paese, che chiamare fascista è offensivo (forse a questo punto è anche offensivo nei confronti del fascismo), un cantante ha cantato che non gli sembra giusto bombardare gli ospedali... e nel giro di poche ore il presidente di una importante comunità aveva scritto un comunicato in cui definiva inaccettabile, giuro, inaccettabile, il fatto che una canzone stigmatizzasse gli ospedali bombardati. Dal che cosa dobbiamo dedurre: che la comunità in questione è favorevole a bombardare ospedali? O piuttosto che il loro rappresentante non li sta rappresentando al meglio?

I cantanti di mestiere vendono canzoni, e se un po' di polemica li può aiutare, troppa rischia di essere controproducente per cui lo stesso Ghali, lo stesso Ghali! ha immediatamente tentato di stemperare la questione, dichiarando di avere scritto quel verso prima del 7 ottobre. E la sera successiva si è limitato ad aggiungere "Stop genocidio". Nient'altro.

Ed è scoppiata una crisi diplomatica.
Per Ghali. 
L'indimenticabile interprete di "Chi se ne frega dei tuoi ma, dei tuoi se, dei tuoi bla-bla".
Ghali. 

Se la situazione non fosse tragica, sarebbe persino divertente, perché davvero, non si è mai vista a memoria d'uomo una coda di paglia tanto grande, tanto in fiamme. Ghali ha detto "Stop genocidio", e il giorno dopo l'ambasciatore israeliano ha sentito la necessità di rispondergli, trasformando un cantante famoso tra i ragazzini nel nuovo punto di riferimento del pacifismo italiano. Merlo lo ha già definito antisemita, e come ti sbagli? Un'AI sarebbe stata meno prevedibile, magari Merlo ormai adopera l'AI, oppure l'AI adopera Merlo. Costretto da cotanti interlocutori a ritornare sull'argomento a Domenica In, Ghali non ha detto molto di più, ma tanto è bastato per costringere Mara Venier a leggere un comunicato della direzione, e se credete che tutto questo sia il fascismo avete una strana idea del fascismo. Questo è il risultato di un sistema mediatico che invece di troncare e sopire ogni dissenso, lo stimola e amplifica finché non diventa una crisi diplomatica. Questo è anche il disastro comunicativo che si verifica quando qualcuno che crede di avere ben saldo il controllo della narrativa scopre che non è così: un cantante qualsiasi ha notato che il re è nudo e non c'è più niente che si può fare. 

Ovvero no: si può continuare a sfilare nudi, portando a casa almeno un po' di coerenza e decenza, come il re della favola di Andersen. Invece il re che abbiamo visto all'opera in questi giorni sta passando il tempo a strepitare sui giornali e sui social che lui non è nudooooooo! basta dire che sono nudoooooo! Questo è un vestito finissimooooooo, posso mostrarvi le fatture dei sarti di fama mondiale, voi non lo vedete perché siete incompetenti. Saremo anche incompetenti, ma la sentenza preliminare della Corte di Giustizia Internazionale dell'Aja l'abbiamo letta; c'è scritto che i rischi di genocidio erano concreti e che Israele doveva prevenirli. Questo, alcune settimane fa: dopodiché il governo israeliano ha intimato ai profughi palestinesi di raggiungere Rafah, e ora sta bombardando Rafah. Un'altra cosa che il governo ha fatto è cercare di screditare l'UNRWA, che aveva fornito gran parte delle prove ammesse alla Corte. Ma per ora nessuna accusa è stata provata. 

Ora vi prego di seguirmi: se Israele, che doveva prevenire un genocidio, non lo sta facendo, e anzi sta distruggendo archivi e cimiteri – i segni della secolare presenza palestinese a Gaza – premendo la striscia come un tubetto di dentifricio sul varco di Rafah, si sbaglierà più di tanto Ghali a dire "Stop genocidio"? Che non vuol nemmeno dire che il genocidio ci sia già stato. Vuol dire che il rischio c'è, perdio, siamo a trentamila morti, due terzi civili, se avete paura a usare la parola in questo momento, per quale motivo al mondo abbiamo perso tempo a insegnarvela? Lo capite che tutta la Storia che avete studiato serviva a evitare di ritrovarvi qui, ora, di fronte a una catastrofe, con gli occhi chiusi per non vedere, e la bocca piena di se, di ma, di bla-bla, per non sentire?  

No, non solo Ghali non sbaglia, ma non dice niente di eccezionale. Quel che dice diventa eccezionale perché nessuno professionista ha il coraggio di dirlo. Ghali e Dargen D'Amico – quanto dev'essere frustrante passare anni e risorse a piazzare un po' di gente in tutto il sistema mediatico e politico, a blandire e minacciare, per poi scoprire che la gente dà retta a un tizio vestito da scemo che cantava Fottitene e balla? Di chi è esattamente la colpa, se Ghali e Dargen D'Amico sono più informati e attendibili della Repubblica e del Corriere? Quanto può essere ridicolo un Molinari che non pubblica l'intervista a Ghali finché non prende le distanze da Hamas, come se i lettori fossero più interessati alle lezioni di Molinari che alle parole di Ghali? Diteci ancora una volta, coraggio, che i giornali stanno sul mercato perché danno alla gente quello che vuole leggere.  

Come ha notato per esempio Anna Momigliano su Haaretz, in Italia di Gaza non si stava parlando molto, prima di Sanremo. E Ghali non ne stava praticamente parlando, prima che i filoisraeliani non lo stimolassero in tal senso. Convinti di avere dalla loro parte una cassa di risonanza che non funziona, anzi li stordisce, li convince di avere il polso di un pubblico che semplicemente non li conosce. Se sulla Repubblica non esce un'intervista a Ghali, non è certo un danno per Ghali. Sarebbe un danno per Repubblica, se non avesse chiuso, qualche anno fa.
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