La ruota di Rodi
10-02-2010, 23:28miti, tvPermalinkIl mistero di Lost
Non è più la botola, vero? da un pezzo. Non è più l’orso bianco. I numeri da digitare. Il mistero di Lost non è più la Dharma, non sono più gli Altri. Il mistero di Lost. Non è più la questione se Locke sia tetraplegico o no (a proposito, è vivo?) Il mistero di Lost. La sfinge? Il fumo nero? Il mistero. Forse ho capito.
(Immaginatevi un bel rumore di fondo mentre mi metto a parlare di tutt’altro).
Siamo su un’isola, ma questa almeno sta sulle cartine: Rodi. Sappiamo anche in che anno siamo (più o meno): il quattro prima o dopo Cristo. Da qualche tempo qui abita un personaggio d’eccezione, in una fase molto particolare della sua vita. È stato un Claudio Nerone, ora si chiama Giulio Cesare, ma è un po’ come se un nome valesse l’altro. Già grande condottiero, uomo di potere e assai influente, ma ora non comanda più nessuno: anzi, forse si nasconde alle cure di chi lo vuole morto. Un giorno quest’uomo tornerà ad essere qualcuno molto importante, e sarà ricordato col nome di Tiberio Augusto, secondo imperatore di Roma. Ma per adesso, in effetti, non è più un generale e non è ancora un Augusto: non è niente. E ha molto tempo a disposizione. Come lo impiega? Ci sono diverse teorie. Sappiamo che scriveva poesie – probabilmente niente di speciale. E che aveva una curiosità morbosa per i miti degli antichi. Secondo Robert Graves “aveva ideato e composto un’enorme carta genealogica, di forma circolare, in cui le ramificazioni raggiavano dal centro, occupato dal Caos, primissimo antenato della razza umana, padre del Padre Tempo, verso una confusa periferia fittamente cosparsa di ninfe, di re, di eroi”. Ecco dunque cosa faceva Tiberio in vacanza da sé stesso: il mitologo.
Una contraddizione in termini, dicono (Sì, Jesi non sarebbe stato d’accordo, ma non facciamola troppo complicata). Il mito è un racconto di misteri, il logos un discorso razionale. Cosa vogliono quindi questi mito-logi: portare logos dove non ce n’è? Svelare il nulla dietro le favole dei popoli bambini? Sicuri che non siano invece spie, emissari del mito, venuti a contrabbandare l’irrazionale nella cittadella del logos? Qual era il vero disegno dell’uomo di Rodi? Quando diventerà imperatore, amerà terrorizzare i suoi consulenti con domande velenose: chi era la madre di Ecuba? Che nome assunse Achille quando si travestì da fanciulla? Forse l’imperatore mito-logo voleva semplicemente mostrare che colossale perdita di tempo sia, la mitologia. Il passatempo degli uomini soli che non hanno più una posizione nella vita e nell’Impero. Che senso ha voler mettere ordine in un guazzabuglio di storie che si contraddicono? secondo alcuni Cerbero è figlio di Tifeo, secondo altri è suo nipote, chi ha ragione? Ma soprattutto, a chi importa? Certe cose semplicemente non le sappiamo, perché il Mito non dice tutto. Non sarebbe Mito altrimenti. È una parola misteriosa, che nasce dalle tenebre e ci torna immediatamente, lasciando solo un lampo di luce: un arcaico tentativo di spiegare questo o quel fenomeno naturale, magari ciò che resta di un antica risposta data a un bambino: Papà, cos’è quel fulmine? Sarà la rabbia di un uomo potente. Ha la barba? Boh, sì. Con chi se la sta prendendo? Coi bambini cattivi che fanno troppe domande. Probabilmente Zeus è nato così, ma è difficile pensare che un Tiberio del primo secolo avanti/dopo Cristo ci creda ancora. Se cerca di mettere nero su bianco la genealogia di Zeus e compagni, è (a) perché ha molto tempo da perdere; (b) vuole svelare le contraddizioni della cosiddetta sapienza tradizionale, magari (c) divertendosi alle spalle dei creduloni; ma non si può escludere che (d) tutte queste storie non più credibili lo affascinino ancora. Metterle in ordine forse è l’unico modo per potersele ancora raccontare. Non è più un bambino che può credere alle fate e ai fauni, ma non è ancora un adulto. È in una fase intermedia, in cui applica alle storie dell’infanzia gli schemi razionali della vita adulta: bilanciando col rigore scientifico la futilità della ricerca. Né bambino, né uomo: è un nerd.
Il bambino vuole sempre la stessa Storia: lo stesso buio, lo stesso lampo, lo stesso finale. Le tenebre tutto intorno non lo interessano, non ha la minima intenzione di rischiarare l’oscurità tra una storia e l’altra. Non c’è continuity tra Cappuccetto Rosso e Cenerentola; ognuna va per la sua strada, e quando arriva il Principe Azzurro la fiaba finisce senza discussioni. L’età mitica finisce quando nascono alcune domande: quanti figli avranno avuto? Saranno stati davvero felici? Ma parliamo dello stesso Principe di Biancaneve, aveva divorziato? E quale delle due ha incontrato per prima? Questo non è più mito, è mitologia. Roba da adolescenti. Vogliono sapere tutto, e con chi si è messo quello, e perché non è rimasto con quell’altro… fine dei lampi nella notte, ora viviamo alla luce diffusa e biancastra di una sala d’aspetto, tutt’intorno a noi un chiacchiericcio diffuso, un intreccio di relazioni complicato come la ruota di Tiberio, e più nessun autentico mistero. Zeus perde gli attributi terribili del Dio del tuono e si trasforma lentamente in un signorotto di campagna che si accoppia con chiunque gli capiti a tiro... (non perdetevi la prossima puntata, dove senz’altro sarà svelato il mistero di Lost).
Non è più la botola, vero? da un pezzo. Non è più l’orso bianco. I numeri da digitare. Il mistero di Lost non è più la Dharma, non sono più gli Altri. Il mistero di Lost. Non è più la questione se Locke sia tetraplegico o no (a proposito, è vivo?) Il mistero di Lost. La sfinge? Il fumo nero? Il mistero. Forse ho capito.
(Immaginatevi un bel rumore di fondo mentre mi metto a parlare di tutt’altro).
Siamo su un’isola, ma questa almeno sta sulle cartine: Rodi. Sappiamo anche in che anno siamo (più o meno): il quattro prima o dopo Cristo. Da qualche tempo qui abita un personaggio d’eccezione, in una fase molto particolare della sua vita. È stato un Claudio Nerone, ora si chiama Giulio Cesare, ma è un po’ come se un nome valesse l’altro. Già grande condottiero, uomo di potere e assai influente, ma ora non comanda più nessuno: anzi, forse si nasconde alle cure di chi lo vuole morto. Un giorno quest’uomo tornerà ad essere qualcuno molto importante, e sarà ricordato col nome di Tiberio Augusto, secondo imperatore di Roma. Ma per adesso, in effetti, non è più un generale e non è ancora un Augusto: non è niente. E ha molto tempo a disposizione. Come lo impiega? Ci sono diverse teorie. Sappiamo che scriveva poesie – probabilmente niente di speciale. E che aveva una curiosità morbosa per i miti degli antichi. Secondo Robert Graves “aveva ideato e composto un’enorme carta genealogica, di forma circolare, in cui le ramificazioni raggiavano dal centro, occupato dal Caos, primissimo antenato della razza umana, padre del Padre Tempo, verso una confusa periferia fittamente cosparsa di ninfe, di re, di eroi”. Ecco dunque cosa faceva Tiberio in vacanza da sé stesso: il mitologo.
Una contraddizione in termini, dicono (Sì, Jesi non sarebbe stato d’accordo, ma non facciamola troppo complicata). Il mito è un racconto di misteri, il logos un discorso razionale. Cosa vogliono quindi questi mito-logi: portare logos dove non ce n’è? Svelare il nulla dietro le favole dei popoli bambini? Sicuri che non siano invece spie, emissari del mito, venuti a contrabbandare l’irrazionale nella cittadella del logos? Qual era il vero disegno dell’uomo di Rodi? Quando diventerà imperatore, amerà terrorizzare i suoi consulenti con domande velenose: chi era la madre di Ecuba? Che nome assunse Achille quando si travestì da fanciulla? Forse l’imperatore mito-logo voleva semplicemente mostrare che colossale perdita di tempo sia, la mitologia. Il passatempo degli uomini soli che non hanno più una posizione nella vita e nell’Impero. Che senso ha voler mettere ordine in un guazzabuglio di storie che si contraddicono? secondo alcuni Cerbero è figlio di Tifeo, secondo altri è suo nipote, chi ha ragione? Ma soprattutto, a chi importa? Certe cose semplicemente non le sappiamo, perché il Mito non dice tutto. Non sarebbe Mito altrimenti. È una parola misteriosa, che nasce dalle tenebre e ci torna immediatamente, lasciando solo un lampo di luce: un arcaico tentativo di spiegare questo o quel fenomeno naturale, magari ciò che resta di un antica risposta data a un bambino: Papà, cos’è quel fulmine? Sarà la rabbia di un uomo potente. Ha la barba? Boh, sì. Con chi se la sta prendendo? Coi bambini cattivi che fanno troppe domande. Probabilmente Zeus è nato così, ma è difficile pensare che un Tiberio del primo secolo avanti/dopo Cristo ci creda ancora. Se cerca di mettere nero su bianco la genealogia di Zeus e compagni, è (a) perché ha molto tempo da perdere; (b) vuole svelare le contraddizioni della cosiddetta sapienza tradizionale, magari (c) divertendosi alle spalle dei creduloni; ma non si può escludere che (d) tutte queste storie non più credibili lo affascinino ancora. Metterle in ordine forse è l’unico modo per potersele ancora raccontare. Non è più un bambino che può credere alle fate e ai fauni, ma non è ancora un adulto. È in una fase intermedia, in cui applica alle storie dell’infanzia gli schemi razionali della vita adulta: bilanciando col rigore scientifico la futilità della ricerca. Né bambino, né uomo: è un nerd.
Il bambino vuole sempre la stessa Storia: lo stesso buio, lo stesso lampo, lo stesso finale. Le tenebre tutto intorno non lo interessano, non ha la minima intenzione di rischiarare l’oscurità tra una storia e l’altra. Non c’è continuity tra Cappuccetto Rosso e Cenerentola; ognuna va per la sua strada, e quando arriva il Principe Azzurro la fiaba finisce senza discussioni. L’età mitica finisce quando nascono alcune domande: quanti figli avranno avuto? Saranno stati davvero felici? Ma parliamo dello stesso Principe di Biancaneve, aveva divorziato? E quale delle due ha incontrato per prima? Questo non è più mito, è mitologia. Roba da adolescenti. Vogliono sapere tutto, e con chi si è messo quello, e perché non è rimasto con quell’altro… fine dei lampi nella notte, ora viviamo alla luce diffusa e biancastra di una sala d’aspetto, tutt’intorno a noi un chiacchiericcio diffuso, un intreccio di relazioni complicato come la ruota di Tiberio, e più nessun autentico mistero. Zeus perde gli attributi terribili del Dio del tuono e si trasforma lentamente in un signorotto di campagna che si accoppia con chiunque gli capiti a tiro... (non perdetevi la prossima puntata, dove senz’altro sarà svelato il mistero di Lost).
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