In che legge elettorale ti sei cacciato, Matteo Renzi

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Quando nel 2014 il nuovo segretario del PD invitò Berlusconi al Nazareno, entrambi erano convinti di poter avere dalla loro parte, al massimo, un terzo degli elettori: due compartimenti stagni che non avrebbero mai potuto sommarsi. La prima bozza della nuova legge elettorale descrive perfettamente questa situazione: un'altissima soglia di sbarramento (8%) sarebbe scattata soltanto per i partiti che avessero rifiutato di coalizzarsi coi più grossi; quanto a questi, avrebbe vinto tutto chi avesse sorpassato la ridicola soglia del 35 (quasi subito ritoccata al 37). Nel malaugurato caso che nessuno dei contendenti riuscisse a sorpassarla, si sarebbe proceduto all'estrazione, pardon, al ballottaggio: che proprio a causa delle tripartizione dell'elettorato (un fatto radicalmente nuovo, al quale forse né Berlusconi né Renzi si erano ancora rassegnati) rischiava di diventare davvero una lotteria. Una legge ridicola, che rischiava di regalare qualche chance a chi non le voleva nemmeno, ovvero Beppe Grillo. Bastava un po' di buon senso per rendersene conto, e in tanti lo scrivemmo - mentre dirigenti di PD e insigni costituzionalisti erano già pronti a spellarsi le mani.

Quattro mesi dopo - Renzi nel frattempo era salito a Palazzo Chigi - le europee ci regalarono un quadro radicalmente diverso. Il PD aveva sfondato la soglia psicologica del 40%: tutto sembrava a quel punto possibile. Chi in quell'occasione faceva notare che si trattavano comunque di 11 milioni di voti (tanti, ma meno di quelli presi da Veltroni nel 2008) venne trattato da uccello del malaugurio. Renzi avrebbe salvato l'Italia. Restava da convincere gli italiani. Quanti? La soglia del 37 fu ritoccata al 40: in cambio il precipitante Berlusconi concedeva a Renzi il premio di lista. Non sarebbe stato più necessario allearsi coi partitini che, peraltro, stavano già scomparendo - Lega a parte. Renzi doveva semplicemente mantenere la presa salda su quegli 11 milioni di elettori che avevano già scelto lui. Non sembrava così difficile. Bastava non disgustarli. Poi ci fu il Jobs Act. Poi la Buona Scuola.

La settimana scorsa Ilvo Diamanti lo dava al 32% - c'è da dire che i sondaggi in Italia sbagliano sempre. Non sarebbe nemmeno questa grossa tragedia, se l'ultimo turno di amministrative non avesse dimostrato quello che il buon senso ci suggeriva già da un anno, ovvero che i ballottaggi sono un grosso rischio per il PD. Renzi rischia di passare alla storia per aver scritto la legge elettorale che consegnò l'Italia ai suoi avversari.

Come è stato possibile un capolavoro del genere? Difficile dirlo, anche se circondarsi di collaboratori mediocri, e "mettere la faccia" su qualsiasi cosa loro suggerissero, potrebbe avere aiutato. Abbiamo voluto dei leader giovani, tocca tenerseli permalosi? Ci sono stati mesi di occasioni per buttare a mare l'Italicum e ripartire con una legge decente, ma significava "perdere la faccia" e Renzi è genuinamente convinto di averne ancora una e una sola. Adesso però qualcosa sembra essere cambiato. Il professor D'Alimonte, che tanto si è speso in questi anni per sistemare il Partito Democratico, e ancora girando e rigirando sulla carcassa sembra insoddisfatto del risultato, come il saggio e prudente avvoltoio, il professor D'Alimonte dicevo, ci fa sapere che Berlusconi preferirebbe tornare al premio di coalizione, e che l'idea non spiace nemmeno a molti esponenti del Pd. "Anche Verdini sarebbe contento, presumibilmente": siam ridotti a preoccuparci di ciò che farebbe contento Denis Verdini. Su Repubblica Stefano Folli prende la palla al balzo e ci spiega che a Palazzo Chigi c'è "inquietudine", e che l'Italicum "è già in archivio", è il "vestito sbagliato per l'Italia di oggi". A me sembrava già sbagliatissimo nel 2013, ma forse l'antirenzismo mi ottundeva le facoltà. Tuttora non sono ben sicuro di quel che vedo e sento, ho il sospetto che tra Folli e D'Alimonte non vi sia che una chiacchiera estiva, di quelle che scoppiano appena entrano in contatto con qualcosa di appena appena reale. Sul serio Renzi potrebbe a questo punto decidere di rimettere mano all'Italicum, senza tema di perdere la sua prediletta faccia? E come la spiegherebbe agli italiani: scusatemi, la legge che tutto il mondo ci invidia non va più bene perché rischia di farmi perdere le elezioni?

Mi sembra di avere le allucinazioni, vedo editorialisti nudi difendere la necessità di un politico di tagliarsi le leggi elettorali su misura. Voi li vedete vestiti? Perché magari è un problema mio, anzi senz'altro. A questo punto Renzi ha bisogno di 12 milioni di voti per chiudere la partita prima di andare al sorteggio, pardon, al ballottaggio. In questo stesso punto Renzi forse ha capito che 12 milioni di italiani non li ha mai conquistati, e mai li conquisterà, e quindi? Se passa dal premio di lista a quello di coalizione, chi pensa di imbarcare? Il prudente D'Alimonte sembra consigliare Verdini: è sempre tanto saggio e prudente D'Alimonte, chissà quante centinaia di voti ci porterà in dote il popolarissimo Denis Verdini (forse anche decine di centinaia di voti). E poi? Magari c'è ancora qualche radicale sulla piazza, perché no, certo non è gente che viene gratis, ma altrimenti di chi staremmo parlando? Di Vendola? Non è un tantinello tardi? Va a finire che aveva capito tutto Civati a chiamarsi fuori - e infatti guarda, sta uscendo anche Fassina - se dopo aver tenuto il fronte del bipartitismo, Renzi cede di schianto alla prima tornata elettorale che gli va male, chiunque si ritrovi fuori dal partito avrà un potere contrattuale superiore ai peones che si sono fatti andar bene Renzi fin qui. Cioè se fa una mossa del genere, secondo me, Renzi si rovina da solo. D'altro canto che ne so io.
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