Aboliamo subito la Camera delle Autonomie
18-03-2014, 03:46costituzione, ho una teoria, RenziPermalink
Renzi va veloce. Riforma la legge elettorale, ci alza lo stipendio, saluta Hollande, è già dalla Merkel. Non tutto riesce al cento per cento, ma l'impressione è comunque di una notevole vitalità. Qualche cosa ovviamente finisce per sfuggire all'attenzione generale: ad esempio la settimana scorsa è stato presentato il testo della riforma costituzionale. Sui giornali se n'è parlato, ma non tantissimo; il dibattito sul Jobs Act e sulla relativa copertura ha distolto subito l'attenzione, e comprensibilmente. È comunque un peccato che sia già trascorsa una settimana: Renzi ce ne aveva offerte due per discuterne, dopodiché il testo dovrebbe arrivare in parlamento. Purtroppo, è un testo che lascia tantissimo a desiderare.
Renzi propone di sostituire il Senato con un'Assemblea delle Autonomie. Visto che si va di fretta, propongo di accelerare ulteriormente, e sono già qui per chiederne l'abolizione. Tanto - legge alla mano - quell'Assemblea non servirebbe a molto. Non voterebbe la fiducia al governo, non avrebbe la facoltà di proporre disegni di legge suoi: e allora che farebbe? Bisogna dire che il testo non è molto chiaro, e che certe frasi sembrano messe lì giusto per tenere lo spazio, in attesa che qualche emendamento chiarisca il pensiero dell'estensore: ad esempio è difficile immaginare che questa Assemblea, per quanto autorevole, partecipi "alle decisioni dirette alla formazione e all'attuazione degli atti normativi dell’Unione europea" (art. 55): a Bruxelles potrebbero rimanere perplessi di un'Assemblea italiana che improvvisamente si riservi di partecipare alla formazione delle direttive UE. L'assemblea svolgerebbe poi "attività di verifica delle leggi dello Stato e di valutazione dell’impatto delle politiche pubbliche sul territorio" (art. 55), ma non è ancora chiaro con che strumenti. Avrebbe facoltà di riesaminare qualsiasi disegno legge approvato dalla Camera (art. 70), dopodiché a quest'ultima spetterebbe comunque l'ultima parola: nel migliore dei casi l'Assemblea sarebbe percepita come un organo autorevole, in grado di esercitare una specie di moral suasion; nel peggiore, verrà dipinta come un organo della casta con facoltà di rallentare l'approvazione di leggi non gradite.
Anche perché - e qui sta un po' il punto - l'Assemblea delle Autonomie non sarebbe eletta direttamente dal popolo... (continua sull'Unita.it, H1t#222).
Renzi propone di sostituire il Senato con un'Assemblea delle Autonomie. Visto che si va di fretta, propongo di accelerare ulteriormente, e sono già qui per chiederne l'abolizione. Tanto - legge alla mano - quell'Assemblea non servirebbe a molto. Non voterebbe la fiducia al governo, non avrebbe la facoltà di proporre disegni di legge suoi: e allora che farebbe? Bisogna dire che il testo non è molto chiaro, e che certe frasi sembrano messe lì giusto per tenere lo spazio, in attesa che qualche emendamento chiarisca il pensiero dell'estensore: ad esempio è difficile immaginare che questa Assemblea, per quanto autorevole, partecipi "alle decisioni dirette alla formazione e all'attuazione degli atti normativi dell’Unione europea" (art. 55): a Bruxelles potrebbero rimanere perplessi di un'Assemblea italiana che improvvisamente si riservi di partecipare alla formazione delle direttive UE. L'assemblea svolgerebbe poi "attività di verifica delle leggi dello Stato e di valutazione dell’impatto delle politiche pubbliche sul territorio" (art. 55), ma non è ancora chiaro con che strumenti. Avrebbe facoltà di riesaminare qualsiasi disegno legge approvato dalla Camera (art. 70), dopodiché a quest'ultima spetterebbe comunque l'ultima parola: nel migliore dei casi l'Assemblea sarebbe percepita come un organo autorevole, in grado di esercitare una specie di moral suasion; nel peggiore, verrà dipinta come un organo della casta con facoltà di rallentare l'approvazione di leggi non gradite.
Anche perché - e qui sta un po' il punto - l'Assemblea delle Autonomie non sarebbe eletta direttamente dal popolo... (continua sull'Unita.it, H1t#222).
Al suo interno, solo i ventuno presidenti di Regione (più i due delle province autonome di Bolzano e Trento) sarebbero espressi dai cittadini. Gli altri membri dell’Assemblea vi entrerebbero per cooptazione. Ovviamente il testo all’art. 57 non dice così. Dice che saranno ammessi due membri di ogni consiglio regionale, eletti dal consiglio stesso; tre sindaci per regione, eletti da un’Assemblea di tutti i sindaci della regione medesima. Questo è quello che dice il testo della riforma.
Quello che molti cittadini capiranno è: in quell’Assemblea non ci vanno i politici votati da noi, ma i politici votati dai politici. A un politico detestato dai cittadini – per qualsiasi motivo, mettiamo che sia al centro di uno scandalo ambientale anche se è riuscito a scampare condanna e interdizione – basterebbe farsi eleggere in un piccolo comune per diventare poi eleggibile, grazie alla solidarietà dei colleghi, nell’Assemblea. Chi ha scritto questo testo evidentemente sottostima la scarsa fiducia degli italiani nei confronti del proprio ceto politico.
Poi c’è il problema dello squilibrio tra regioni più o meno popolate. Non è una questione da poco. Per ora l’Art. 57 prevede che tutte le regioni siano rappresentate da uno stesso numero di rappresentanti: il presidente della giunta regionale, i due membri del consiglio regionale, i tre sindaci eletti da tutti gli altri sindaci. Fanno sei per regione. Però le regioni italiane sono molto diverse tra loro. Per esempio, la Val d’Aosta fa 128.000 abitanti: all’Assemblea porterebbero un rappresentante ogni 21.000. Non male. In Lombardia ci sono quasi dieci milioni di abitanti; è giusto che siano comunque rappresentati da sei membri, uno per ogni milione e seicentomila lombardi (più di dieci Valli d’Aosta messe assieme)? D’accordo, ho accostato proprio la regione più piccola e la più popolosa; ma se guardiamo il quadro complessivo l’iniquità è comunque lampante, e complessivamente penalizza proprio le più dense regioni del nord (e comunque: perché i calabresi devono avere lo stesso numero di rappresentanti dei siciliani se sono meno della metà?)
Non so se altrove in Europa esistano assemblee democratiche così insensatamente squilibrate. L’unico esempio che mi viene in mente è oltre l’Atlantico: il Senato americano che accoglie due rappresentanti per ogni Stato, che sia desertico o completamente invaso da un tessuto urbano. Non dico che l’esempio statunitense non sia interessante; ma è il complesso risultato di un processo bicentenario che non avrebbe molto senso imitare qui da noi – se ai newyorkesi non interessa essere rappresentati trenta volte meno degli elettori del Wyoming, buon per loro; ma non credo che basterà additare il loro esempio ai veneti per convincerli a contare la metà della metà dei friulani. Siccome non possiamo tutti prendere la residenza in Molise o in Basilicata per dare più peso ai nostri voti, forse è meglio abolire semplicemente l’Assemblea delle Autonomie.
Tutto qui? No, c’è di peggio. Volendo abolire il Senato, Renzi e il suo staff hanno dovuto rassegnarsi a sopprimere anche la figura dei senatori a vita; nasce forse da qui la proposta compensativa di una quota di membri dell’Assemblea nominati direttamente dal Presidente della Repubblica “per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”: non a vita, ma soltanto per un settennato. Non è una bruttissima idea, salvo che la quota-Quirinale è fissata a… ventuno. Lombardi, campani e laziali – venti milioni di abitanti, un terzo degli italiani – esprimeranno diciotto rappresentanti; il Presidente ne potrebbe scegliere fino a ventuno. E forse Renzi e i suoi collaboratori non si rendono conto del ginepraio che stanno seminando intorno al Quirinale, destinato a germinare nel momento in cui si tratterà di scegliere uno scienziato invece di un altro, un artista invece di un altro, un musicista invece di un regista – per non parlare dei letterati (sul serio, non parliamone). È pur vero che si tratterebbe di una carica onorifica e poco più, una specie di feluca dell’Accademia d’Italia. E d’altro canto ventuno voti in più o in meno potrebbero avere il loro peso in una delle non rarissime situazioni in cui l’Assemblea conterà davvero: ad esempio, l’elezione del Capo di Stato. Un Presidente che pensasse alla sua rielezione potrebbe essere tentato a usare il suo pacchetto di feluche in questo senso.
A tutte queste obiezioni, nei prossimi giorni, sentiremo rispondere che comunque l’Assemblea non ha molti poteri (il che sarebbe un buon argomento per chiuderla subito), e soprattutto che costerà poco: e quindi pazienza se vi si accede per cooptazione, e senza rispettare nessuna proporzionalità geografica. Il risparmio è un argomento forte di questi tempi, e tuttavia l’idea di presidenti e sindaci obbligati a viaggiare su e giù per l’Italia almeno una volta al mese, in Frecciarossa, senza indennità, lascia abbastanza scettici. Non hanno tutti la fretta e la buona fede di Renzi. D’altro canto non è nemmeno vero che l’Assemblea sia del tutto inutile: in pochi, determinati momenti, diventerà decisiva. Oltre a votare ogni sette anni per l’inquilino del Quirinale, i membri avranno voce in capitolo al pari dei deputati su tutte le leggi di revisione costituzionale. Il che significa che, una volta istituita l’Assemblea, sarà molto difficile abolirla. Meglio farlo subito, al volo, e non pensarci più. http://leonardo.blogspot.com
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