Tre gemiti all'unisono

Permalink
"Siamo quindi già alla fine del terzo turno; come vola il tempo, quando ci si diverte", proseguì l'ironica Verola. "Mària, prof. Esso, i vostri racconti non erano neppure così male; è evidente che vi stavate risparmiando per gli ultimi turni. E tuttavia non è curioso che quando io vi ho chiesto un racconto sul lavoro, voi mi abbiate rifilato un racconto su voi stessi? Non è indicativo di una certa confusione? Mària, tu sei forse il lavoro che fai?"
"Può darsi", ammise Mària, "che io lo sia diventato, cogli anni e le delusioni. Ma..."
"Professore, hai parlato tanto di scuola fin qui, e stavolta invece hai sognato di scappare. Si direbbe che tu t'impegni a mancare sempre il bersaglio".
"C'è del vero, mia Signora, e tuttavia..."
"Basta ma, basta tuttavia. Statevene zitti per un buon minutino, adesso, ok? Devo riflettere".
































































































(Stai scrollando troppo in fretta, torna su)














(bwowwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwww)

























































"Mària", rispose infine Verola, "temo che dobbiamo privarci della tua pur gradevole compagnia".
A quella notizia, un gemito sfuggì all'unisono dalle gole di Taddei e don Tinto, consapevoli che le notti seguenti sarebbero state molto meno interessanti. Lo stesso professore, pur manifestando sollievo per l'eliminazione scampata, s'inginocchiò davanti alla sua signora, e lo si udì proferire queste parole:
"Mia signora, non discuto, come è giusto, la tua sentenza che una volta ancora conforta le mie folli speranze; ma se ho qualche merito presso di te, ti prego, non espellere Mària nella valle dove imperversa il morbo che ormai, lo sappiamo, è mortale. Trattienila presso il tuo seguito, dove, benché sconfitta nel certame, non le mancheranno le occasioni per rendersi utile..."
"Fingerò di non capire quali occasioni non le mancherebbero", rispose Verola malcelando un sorriso, "e di non vedere le motivazioni meno nobili dietro alla tua scena madre. Del resto non nego che Mària mancherà anche a me: ma se ho scacciato gli altri due concorrenti sconfitti, non posso per lei cambiare le regole della competizione; tanto più che il personale di servizio comincia a scarseggiare e nell'ala della residenza in cui ci siamo rifugiati non ci sono abbastanza giacigli per tutti".
"Se è un problema di giaciglio", osò allora dire Mària, "io posso stringermi..."
"Basta così, Mària, non stancarmi. Prendi le tue cose e in bocca al lupo", tagliò corto Verola. E come Mària, senza una lacrima, ebbe abbandonato la compagnia, riprese: "Cosa sono quelle facce? Preferivate scendere al suo posto?"
"Mia signora", rispose Taddei, "se pure ognuno di noi in cuor suo si augura di veder cadere tutti i suoi rivali e restare qui per ultimo, tutti per penultimo avremmo probabilmente voluto Mària". 
"Ah, e come mai?"
"Forse è l'unica", azzardò Don Tinto, "che nei suoi racconti ha messo un po' di carnalità, un po' di solido amore..."
"Meglio così, allora", rispose Verola, "dal momento che l'amor carnale sarà l'argomento del prossimo turno. Comincerà il professore, che con tutta quella pietà per la povera Mària non me la conta mica giusta. E adesso ritiriamoci, che domani... domani... mah, siamo rimasti in quattro, che ne dite di un doppio misto?"
"Mia signora, il campo da tennis è stato adibito a... fossa comune".
"Ah già. Beh, ci dev'essere un tavolo da ping pong in solaio".


******* FINE DEL TERZO TURNO *******
Comments