I want your Sex
16-06-2009, 02:38scuolaPermalinkI giudici loro malgrado
Contrariamente a quanto qualcuno potrebbe pensare, gli insegnanti non bocciano volentieri. Non quelli di oggi, perlomeno. Ci sono vari motivi.
Un primo motivo è burocratico. Respingere qualcuno, o non ammetterlo all'esame, è una scelta che deve essere motivata con pezze d'appoggio di ogni tipo. L'insegnante che sta pensando di bocciare un ragazzo è consapevole che nel caso (probabile) di un ricorso dovrà fornire ampia documentazione, registri in ordine, tutti i compiti in classe e i verbali impeccabili: in pratica, sarà lui a trovarsi sotto esame. Per molti è già un rischio più che sufficiente.
Un secondo motivo è sociale: anche se tutte le pezze d'appoggio fossero al loro posto, l'insegnante che boccia non si trova in una bella posizione. Bocciare non significa soltanto danneggiare una persona, ma prolungare il periodo di tempo che quella persona passerà vicino a te. Quando un giudice condanna un reo, di solito la polizia lo prende subito e lo porta lontano dalla persona che ha deciso la sua sorte. Anche gli insegnanti possono decidere la sorte dei loro studenti, ma a meno che non siano precari o pensionandi, il destino di un bocciato è ritrovare il suo giudice a settembre. E se non la prende bene? E i genitori? A giugno l'equilibrio psico-fisico di molti insegnanti è già abbastanza compromesso senza bisogno di porsi queste domande. Poi, rifletteteci bene: qual è la vostra reazione istintiva davanti a qualsiasi fastidio? Sopprimerlo, allontanarlo. All'insegnante invece viene chiesto di fare il contrario: lo studente che ti rallenta la lezione, che mette in dubbio le tue capacità, che t'infastidisce... devi tenertelo un anno in più.
Un terzo motivo è psicologico. Ho appena paragonato l'insegnante a un giudice, un paragone che è quasi un tabù. Eppure noi siamo giudici: ma quasi mai lo siamo per vocazione. Cerco di spiegarmi: non si diventa giudice per caso. Ci si laurea in legge, si fanno i concorsi, e intanto si cresce con una certa convinzione di saper distinguere, se non il Bene dal Male, almeno il Diritto dal Torto. Allo stesso modo, un poliziotto di carriera non si ritrova in un conflitto a fuoco per caso: ha studiato, ha sviluppato delle convinzioni etiche, oltre a una certa pratica della violenza. Potrei fare altri esempi di persone che si sono allenate per anni all'idea di prendere decisioni anche violente, anche in tempi brevi; ecco, gli insegnanti no.
Gli insegnanti hanno studiato la loro materia, matematica letteratura scienze o arte che sia; si spera che abbiano anche avuto un'infarinatura di pedagogia o didattica, e che abbiano nutrito un sano entusiasmo per l'idea di insegnare ad altri quello che hanno imparato. Se sono diventati insegnanti è perché amavano la loro materia, alcuni; altri (i migliori forse) perché amavano insegnarla ai giovani; altri ancora perché non hanno trovato un posto più sicuro; ma nessuno secondo me diventa insegnante perché gli piace l'idea di stangare gli ultimi della classe. Quelli piuttosto fanno i giudici, no?
Un quarto motivo, l'unico giusto, è che a molti ragazzi la bocciatura fa più male che bene. Ci sono precedenti: il ragazzo demotivato non si motiverà, il bulletto diventerà un po' più grosso e farà ancora più paura ai piccoli, eccetera eccetera. Io parlo da operatore della scuola dell'obbligo, alle superiori la filosofia dovrebbe essere diversa. In ogni caso, in questi anni ho cambiato centinaia di colleghi e non mi è mai capitato di sentire qualcuno che dicesse “quello non vedo l'ora di bocciarlo”. Per contro, ho sentito migliaia di “quello non vedo l'ora di promuoverlo così si toglie dalle xxxxx”.
Questi sono i quattro motivi per cui l'insegnante di oggi non boccia volentieri. Mi sembrava giusto descriverli, se non altro per correggere quell'immagine ormai letteraria della Professoressa donMilaniana, tutta tesa a bocciare il contadino che non sa l'Iliade a memoria. Il tempo è passato, c'è stata una rivoluzione antropologica nel frattempo, e se don Milani gestisse una scuola oggi, secondo me scriverebbe lettere di fuoco alle professoresse che promuovono figli di papà incapaci di declinare un genitivo plurale imparisillabo. Il tempo è passato, ma il Mito della Professoressa Bocciatrice è rimasto, saldandosi all'altro Mito del Sei Politico, formando una specie di mitologia della Scuola Di Sinistra Che Non Boccia Perché È Ideologizzata. Avendo passato ormai quasi un decennio nelle scuole statali di una delle regioni più ideologizzate dell'Europa e quindi del mondo, mi sento di dirlo con cognizione di causa: stronzate. Gli insegnanti non è che non bocciassero per donMilanismo o sessantottismo. Gli insegnanti non bocciavano perché (1) temevano i ricorsi, (2) temevano le rigate sulla macchina, (3) non amavano fare i giudici, (4) non ritenevano fosse il bene del ragazzo.
Fino all'anno scorso. Cos'è successo improvvisamente? La Gelmini ci ha trasformati in sadici cacciatori di teste? La cosa è un po' più complessa.
Senz'altro l'idea del giro di vite arriva dal Ministero. Ma in un modo molto più ambiguo di come ce la vogliono raccontare i media. Le varie circolari, spesso contraddittorie, ruotavano in ogni caso intorno a questa idea del sei. Quest'anno occorreva passare col sei. Con tutti i sei o con la media del sei? Credeteci o no, non si è capito fino alla settimana degli scrutini. Ma bocciare non è una cosa che si possa fare all'ultimo momento: bisogna aver preparato la famiglia (se per un anno non le dici niente e poi le falci il bambinetto all'ultimo momento, per forza poi ti fa ricorso: e nessuno vuole un ricorso). Questo ministro, che è molto chiaro ogni volta che parla davanti a una telecamera, quando scrive le circolari diventa un mostro d'ambiguità.
Sia come sia, non c'era, nelle comunicazioni ufficiali, niente che potesse essere interpretato come un esplicito invito a bocciare di più: la cosa che premeva al Ministro era che i Cinque o i Quattro degli ammessi agli anni successivi diventassero Sei, anzi Sex (fa ridere, ma si scrive proprio così, per evitare contraffazioni). È anche la cosa che ha maggiormente scandalizzato il corpo docente: in effetti il Ministro che all'inizio del suo mandato aveva ritirato in ballo il mostro dialettico del “Sei politico” sarà ricordata come quella che il Sei politico lo ha introdotto davvero.
Ma questa tutto sommato è una polemica linguistica: chi l'anno scorso aveva un paio di cinque quest'anno passerà con un paio di sex in più: non diventerà per questo più intelligente, e non migliorerà la posizione degli studenti italiani nelle statistiche di rendimento. Poi ci sono le scuole che hanno deciso di identificare i sex farlocchi, con un timbro, un asterisco, il rosso, ecc.: ma non è che cambi molto la situazione. Oggi, come ieri, la tattica di snobbare del tutto un paio di materie e studiare tutte le altre continuerà a pagare.
Rimane da capire perché si sono messi a bocciare, i prof italiani. Spero non per frustrazione. Ma un sospetto ce l'ho.
Al di là di tutte le comunicazioni fumose sui cinque e sui sex, c'è un punto su cui Maria Stella Gelmini è stata sempre chiarissima sugli insegnanti: gli organici. Tagli pesanti, che rimandano i precari storici sul marciapiede, e minacciano le scuole dei piccoli centri. Di fronte a un'offensiva del genere, gli istituti si difendono come possono. A questo punto bocciare può essere un sistema per salvare una classe: in fondo due respinti per sei classi di scuola media sono già dodici alunni in più che restano iscritti anche l'anno prossimo. A volte basta anche meno, per salvare una cattedra.
Nulla di consapevole, s'intende: non riesco a immaginare nessun Preside irrompere nei consigli di classe dicendo “Mi raccomando, bisogna bocciarne almeno due, così salviamo la Prima G”. Ma a livello istintivo l'insegnante a rischio cattedra si difende come una belva braccata: gli hanno tagliato la mutua, i pomeriggi, le compresenze, i sostegni ai disabili, le supplenze... e lui boccia. Sì, ma il ragazzo che colpa ne ha?
Più che colpa una sfortuna: è finita la cuccagna. Magari ha avuto un fratello maggiore cresciuto nella scuola post-D'Onofrio, senza esami a settembre: una lunga autostrada dall'asilo fino alla laurea. Bene, è arrivato il contrordine: tutti questi laureati non servono più (a ben vedere non sono mai serviti), tanto vale rallentare un po' il ritmo. Nella prossima società post-consumista una licenza media sarà più che sufficiente, e ci si potrà trovare a conseguirla a sedici, anche a diciotto anni. Tanto poi c'è da fare i fattorini. E gli ingegneri? Li prenderemo dall'India. Certo, bisognerà spiegarlo ai leghisti. Quando capiremo come comunicano, lo faremo.
Contrariamente a quanto qualcuno potrebbe pensare, gli insegnanti non bocciano volentieri. Non quelli di oggi, perlomeno. Ci sono vari motivi.
Un primo motivo è burocratico. Respingere qualcuno, o non ammetterlo all'esame, è una scelta che deve essere motivata con pezze d'appoggio di ogni tipo. L'insegnante che sta pensando di bocciare un ragazzo è consapevole che nel caso (probabile) di un ricorso dovrà fornire ampia documentazione, registri in ordine, tutti i compiti in classe e i verbali impeccabili: in pratica, sarà lui a trovarsi sotto esame. Per molti è già un rischio più che sufficiente.
Un secondo motivo è sociale: anche se tutte le pezze d'appoggio fossero al loro posto, l'insegnante che boccia non si trova in una bella posizione. Bocciare non significa soltanto danneggiare una persona, ma prolungare il periodo di tempo che quella persona passerà vicino a te. Quando un giudice condanna un reo, di solito la polizia lo prende subito e lo porta lontano dalla persona che ha deciso la sua sorte. Anche gli insegnanti possono decidere la sorte dei loro studenti, ma a meno che non siano precari o pensionandi, il destino di un bocciato è ritrovare il suo giudice a settembre. E se non la prende bene? E i genitori? A giugno l'equilibrio psico-fisico di molti insegnanti è già abbastanza compromesso senza bisogno di porsi queste domande. Poi, rifletteteci bene: qual è la vostra reazione istintiva davanti a qualsiasi fastidio? Sopprimerlo, allontanarlo. All'insegnante invece viene chiesto di fare il contrario: lo studente che ti rallenta la lezione, che mette in dubbio le tue capacità, che t'infastidisce... devi tenertelo un anno in più.
Un terzo motivo è psicologico. Ho appena paragonato l'insegnante a un giudice, un paragone che è quasi un tabù. Eppure noi siamo giudici: ma quasi mai lo siamo per vocazione. Cerco di spiegarmi: non si diventa giudice per caso. Ci si laurea in legge, si fanno i concorsi, e intanto si cresce con una certa convinzione di saper distinguere, se non il Bene dal Male, almeno il Diritto dal Torto. Allo stesso modo, un poliziotto di carriera non si ritrova in un conflitto a fuoco per caso: ha studiato, ha sviluppato delle convinzioni etiche, oltre a una certa pratica della violenza. Potrei fare altri esempi di persone che si sono allenate per anni all'idea di prendere decisioni anche violente, anche in tempi brevi; ecco, gli insegnanti no.
Gli insegnanti hanno studiato la loro materia, matematica letteratura scienze o arte che sia; si spera che abbiano anche avuto un'infarinatura di pedagogia o didattica, e che abbiano nutrito un sano entusiasmo per l'idea di insegnare ad altri quello che hanno imparato. Se sono diventati insegnanti è perché amavano la loro materia, alcuni; altri (i migliori forse) perché amavano insegnarla ai giovani; altri ancora perché non hanno trovato un posto più sicuro; ma nessuno secondo me diventa insegnante perché gli piace l'idea di stangare gli ultimi della classe. Quelli piuttosto fanno i giudici, no?
Un quarto motivo, l'unico giusto, è che a molti ragazzi la bocciatura fa più male che bene. Ci sono precedenti: il ragazzo demotivato non si motiverà, il bulletto diventerà un po' più grosso e farà ancora più paura ai piccoli, eccetera eccetera. Io parlo da operatore della scuola dell'obbligo, alle superiori la filosofia dovrebbe essere diversa. In ogni caso, in questi anni ho cambiato centinaia di colleghi e non mi è mai capitato di sentire qualcuno che dicesse “quello non vedo l'ora di bocciarlo”. Per contro, ho sentito migliaia di “quello non vedo l'ora di promuoverlo così si toglie dalle xxxxx”.
Questi sono i quattro motivi per cui l'insegnante di oggi non boccia volentieri. Mi sembrava giusto descriverli, se non altro per correggere quell'immagine ormai letteraria della Professoressa donMilaniana, tutta tesa a bocciare il contadino che non sa l'Iliade a memoria. Il tempo è passato, c'è stata una rivoluzione antropologica nel frattempo, e se don Milani gestisse una scuola oggi, secondo me scriverebbe lettere di fuoco alle professoresse che promuovono figli di papà incapaci di declinare un genitivo plurale imparisillabo. Il tempo è passato, ma il Mito della Professoressa Bocciatrice è rimasto, saldandosi all'altro Mito del Sei Politico, formando una specie di mitologia della Scuola Di Sinistra Che Non Boccia Perché È Ideologizzata. Avendo passato ormai quasi un decennio nelle scuole statali di una delle regioni più ideologizzate dell'Europa e quindi del mondo, mi sento di dirlo con cognizione di causa: stronzate. Gli insegnanti non è che non bocciassero per donMilanismo o sessantottismo. Gli insegnanti non bocciavano perché (1) temevano i ricorsi, (2) temevano le rigate sulla macchina, (3) non amavano fare i giudici, (4) non ritenevano fosse il bene del ragazzo.
Fino all'anno scorso. Cos'è successo improvvisamente? La Gelmini ci ha trasformati in sadici cacciatori di teste? La cosa è un po' più complessa.
Senz'altro l'idea del giro di vite arriva dal Ministero. Ma in un modo molto più ambiguo di come ce la vogliono raccontare i media. Le varie circolari, spesso contraddittorie, ruotavano in ogni caso intorno a questa idea del sei. Quest'anno occorreva passare col sei. Con tutti i sei o con la media del sei? Credeteci o no, non si è capito fino alla settimana degli scrutini. Ma bocciare non è una cosa che si possa fare all'ultimo momento: bisogna aver preparato la famiglia (se per un anno non le dici niente e poi le falci il bambinetto all'ultimo momento, per forza poi ti fa ricorso: e nessuno vuole un ricorso). Questo ministro, che è molto chiaro ogni volta che parla davanti a una telecamera, quando scrive le circolari diventa un mostro d'ambiguità.
Sia come sia, non c'era, nelle comunicazioni ufficiali, niente che potesse essere interpretato come un esplicito invito a bocciare di più: la cosa che premeva al Ministro era che i Cinque o i Quattro degli ammessi agli anni successivi diventassero Sei, anzi Sex (fa ridere, ma si scrive proprio così, per evitare contraffazioni). È anche la cosa che ha maggiormente scandalizzato il corpo docente: in effetti il Ministro che all'inizio del suo mandato aveva ritirato in ballo il mostro dialettico del “Sei politico” sarà ricordata come quella che il Sei politico lo ha introdotto davvero.
Ma questa tutto sommato è una polemica linguistica: chi l'anno scorso aveva un paio di cinque quest'anno passerà con un paio di sex in più: non diventerà per questo più intelligente, e non migliorerà la posizione degli studenti italiani nelle statistiche di rendimento. Poi ci sono le scuole che hanno deciso di identificare i sex farlocchi, con un timbro, un asterisco, il rosso, ecc.: ma non è che cambi molto la situazione. Oggi, come ieri, la tattica di snobbare del tutto un paio di materie e studiare tutte le altre continuerà a pagare.
Rimane da capire perché si sono messi a bocciare, i prof italiani. Spero non per frustrazione. Ma un sospetto ce l'ho.
Al di là di tutte le comunicazioni fumose sui cinque e sui sex, c'è un punto su cui Maria Stella Gelmini è stata sempre chiarissima sugli insegnanti: gli organici. Tagli pesanti, che rimandano i precari storici sul marciapiede, e minacciano le scuole dei piccoli centri. Di fronte a un'offensiva del genere, gli istituti si difendono come possono. A questo punto bocciare può essere un sistema per salvare una classe: in fondo due respinti per sei classi di scuola media sono già dodici alunni in più che restano iscritti anche l'anno prossimo. A volte basta anche meno, per salvare una cattedra.
Nulla di consapevole, s'intende: non riesco a immaginare nessun Preside irrompere nei consigli di classe dicendo “Mi raccomando, bisogna bocciarne almeno due, così salviamo la Prima G”. Ma a livello istintivo l'insegnante a rischio cattedra si difende come una belva braccata: gli hanno tagliato la mutua, i pomeriggi, le compresenze, i sostegni ai disabili, le supplenze... e lui boccia. Sì, ma il ragazzo che colpa ne ha?
Più che colpa una sfortuna: è finita la cuccagna. Magari ha avuto un fratello maggiore cresciuto nella scuola post-D'Onofrio, senza esami a settembre: una lunga autostrada dall'asilo fino alla laurea. Bene, è arrivato il contrordine: tutti questi laureati non servono più (a ben vedere non sono mai serviti), tanto vale rallentare un po' il ritmo. Nella prossima società post-consumista una licenza media sarà più che sufficiente, e ci si potrà trovare a conseguirla a sedici, anche a diciotto anni. Tanto poi c'è da fare i fattorini. E gli ingegneri? Li prenderemo dall'India. Certo, bisognerà spiegarlo ai leghisti. Quando capiremo come comunicano, lo faremo.
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