Tra un Berlusconi e l'altro
20-09-2009, 10:02Berlusconi, campagna elettorale (permanente)PermalinkColpetto di Stato
Io ci andrei piano a considerare l'uscita di Brunetta come l'esternazione di un nano frustrato; il berlusconismo - ormai dovremmo saperlo - trionfa proprio quando si lascia sottovalutare. Brunetta non sarà un genio, ma quando parla di golpe sta lanciando un messaggio mirato ed efficace.
La parola “golpe” non dovrebbe suonare così esagerata a chi rammenti che giovedì mattina – prima che la battaglia di Kabul prendesse il sopravvento – l'homepage di Repubblica era dominata da questo fondo, L'alleanza trasversale che lavora al dopo-Silvio. Massimo Giannini vi annunciava la possibile nascita di un “governo di salvezza nazionale” a cui starebbero lavorando “parecchi, nell'ombra e a cielo aperto”, arrivando a ventilare un possibile ruolo attivo nel 'complotto' da parte di Tremonti, nientemeno! e concludendo così: “Sembra fantapolitica. Forse lo è”. Ah, però.
Fantapolitica o no, non credo ci sia bisogno di un medium per captare i pensieri e i sentimenti di Berlusconi nei confronti di un progetto del genere. Dal suo punto di vista si tratterebbe di qualcosa di ben più grave del ribaltone di Dini alla fine del '94: di un golpe. Puro e semplice.
Un golpe di fatto, così come di fatto la nostra ormai è una repubblica presidenziale: Berlusconi si considera legittimato dal voto degli italiani, che sulle schede hanno messo la croce su “Pdl Berlusconi Presidente”. Non hanno espresso preferenze, non hanno votato per questo o quel parlamentare più o meno vicino a Fini o a lui. Hanno votato per lui, mettendo il segno sulla lista di candidati che ha fatto comporre a sua immagine e somiglianza. Ora l'idea che il voto di venti o trenta di questi tizi, che a lui devono tutto, possa metterlo in minoranza, deve risultargli intollerabile. Ancorché costituzionalmente ammissibile.
Lui del resto ha già spiegato chiaramente cosa farebbe in una situazione del genere: sciogliere le camere e rimandarci alle urne. Se solo potesse farlo: ma compete a Napolitano. Cominciare a parlare di golpe a gran voce ha un senso preciso: il corpo elettorale berlusconiano, magari un po' distratto dall'influenza o dall'Afganistan, deve sapere che c'è chi trama per tradire il Capo che hanno regolarmente eletto. Brunetta ha rispolverato la parola, golpe: nei prossimi giorni la useranno un po' tutti. Si tratta di attivare una pressione mediatica su Napolitano affinché faccia la cosa giusta: indire nuove elezioni appena Berlusconi si dimettesse. In alternativa, avremmo cinque canali tv e venticinque portavoce pronti a gridare al golpe e ad accusare il Presidente della Repubblica di essere colluso coi golpisti – in fondo è già successo con Scalfaro, con toni magari un po' più morbidi, ma invecchiando è normale incattivirsi.
La “fantapolitica” di Giannini non risponde alla domanda fondamentale: a chi giova? A chi converrebbe montare un governo di solidarietà nazionale, di fatto una specie di CLN anti-berlusconi, per finire la legislatura? Fini, Casini, D'Alema, hanno veramente tutta questa voglia di sostituire Berlusconi proprio nel momento in cui si scoprirà che alla fine della crisi mondiale l'Italia resta al palo? È la sindrome di Prodi, il bisogno disperato che sentiamo di subentrare a B. anche solo per un misero biennio, il tempo sufficiente per salvare la nazione, rimettere in ordine i conti e fargli vincere di nuovo le elezioni? Nel frattempo B. riprenderebbe tutto lo smalto che si è appannato a Palazzo Chigi. Le orge tra Palazzo Grazioli e Villa Certosa passerebbero finalmente in secondo piano, mentre le sue redazioni tuonerebbero contro i golpisti un giorno sì e l'altro pure, tenendo altissimo il livello dello scontro. Contro Fini, o l'anti-B. di turno, verrebbero scoperchiati i dossier più fantasiosi, Mitrokhin e Telekom docent. Se davvero Napolitano osasse resistere fino al termine naturale della legislatura, l'esilio di B. da Palazzo Chigi non durerebbe comunque più di tre anni. E allora a chi conviene buttarlo giù oggi, quando controlla più della metà del cielo degli italiani? A lui. Soprattutto a lui.
Magari Berlusconi ha già in agenda il giorno delle dimissioni. La sentenza sul Lodo Alfano potrebbe essere il pretesto giusto. L'Avvocatura di Stato ha già messo le mani avanti.
E' anche una sorta di riflesso condizionato: messo in difficoltà, Berlusconi reagisce trasferendosi nel campo che conosce meglio, quello della campagna elettorale. Governare lo annoia, ma le campagne lo esaltano e ormai è sicuro di saperle vincere. Lo precede Bossi, che ha già ricominciato a parlare elettorale in estate, con le bordate identitarie su dialetti e bandiere, fino alla riscoperta di un vecchio evergreen: la secessione.
Ma nel caso che Berlusconi cadesse, non dovremmo essere contenti? Il punto è il come. Credo che qui ci sia un equivoco tra Berlusconi, persona fisica, e il berlusconismo, sistema di potere. Alcuni, a mio parere erroneamente, pensano che il secondo sia interamente fondato sul primo, e quindi, per così dire, a scadenza. B. può infuriare finché vuole, ma quanto gli resta ancora? Cinque anni? Dopo crollerà tutto come un castello di carte, alla mercé di chi è riuscito a sopravvivere nei pressi del castello senza farsi troppo male (i soliti: Fini e Casini). In realtà non è così. I sistemi di potere tendono a sopravvivere a chi li ha messi in piedi. Il collante non è il supposto carisma dell'Uomo, ma una ragnatela di interessi: per essere chiari, finché la Mediaset mantiene la sua concentrazione mediatica, non c'è motivo per cui non debba preservare un apparato politico in Parlamento e al governo. Ne va della sua sopravvivenza. Berlusconi tra l'altro ha molti eredi, tutti giovani e bravi: nessuno di loro credo abbia mai accennato a voler fare politica, ma neanche il padre, se per questo, fino al '93. All'occorrenza però la Mediaset sa che può cucire un partito di maggioranza addosso a qualsiasi candidato: perché non dovrebbe farlo?
Ora io vorrei tanto poter fare a meno di Berlusconi anche da stasera: ma scalzarlo dal potere lasciandogli in mano il sistema berlusconismo sarebbe un errore fatale. Lo stesso, peraltro, che abbiamo già fatto nel '94 e nel 2006. Se gli lasci le corazzate, lui combatterà. Lo ha sempre fatto, e che altro dovrebbe fare? E quando ci avrà lasciato combatteranno i suoi, che gli devono tutto.
E allora? E allora mi sono fatto questa idea, che senz'altro troverete reazionaria. Io credo che la fine di Berlusconi non possa essere pacifica. Bisogna accettare l'idea che il berlusconismo è stato un sistema criminale, che si è nutrito dello Stato per fare i propri interessi a scapito di quelli dei cittadini, e che come tale va smontato con la forza. Altrimenti continuerà a colpire, con Berlusconi o con chiunque gli succederà.
Io ci andrei piano a considerare l'uscita di Brunetta come l'esternazione di un nano frustrato; il berlusconismo - ormai dovremmo saperlo - trionfa proprio quando si lascia sottovalutare. Brunetta non sarà un genio, ma quando parla di golpe sta lanciando un messaggio mirato ed efficace.
La parola “golpe” non dovrebbe suonare così esagerata a chi rammenti che giovedì mattina – prima che la battaglia di Kabul prendesse il sopravvento – l'homepage di Repubblica era dominata da questo fondo, L'alleanza trasversale che lavora al dopo-Silvio. Massimo Giannini vi annunciava la possibile nascita di un “governo di salvezza nazionale” a cui starebbero lavorando “parecchi, nell'ombra e a cielo aperto”, arrivando a ventilare un possibile ruolo attivo nel 'complotto' da parte di Tremonti, nientemeno! e concludendo così: “Sembra fantapolitica. Forse lo è”. Ah, però.
Fantapolitica o no, non credo ci sia bisogno di un medium per captare i pensieri e i sentimenti di Berlusconi nei confronti di un progetto del genere. Dal suo punto di vista si tratterebbe di qualcosa di ben più grave del ribaltone di Dini alla fine del '94: di un golpe. Puro e semplice.
Un golpe di fatto, così come di fatto la nostra ormai è una repubblica presidenziale: Berlusconi si considera legittimato dal voto degli italiani, che sulle schede hanno messo la croce su “Pdl Berlusconi Presidente”. Non hanno espresso preferenze, non hanno votato per questo o quel parlamentare più o meno vicino a Fini o a lui. Hanno votato per lui, mettendo il segno sulla lista di candidati che ha fatto comporre a sua immagine e somiglianza. Ora l'idea che il voto di venti o trenta di questi tizi, che a lui devono tutto, possa metterlo in minoranza, deve risultargli intollerabile. Ancorché costituzionalmente ammissibile.
Lui del resto ha già spiegato chiaramente cosa farebbe in una situazione del genere: sciogliere le camere e rimandarci alle urne. Se solo potesse farlo: ma compete a Napolitano. Cominciare a parlare di golpe a gran voce ha un senso preciso: il corpo elettorale berlusconiano, magari un po' distratto dall'influenza o dall'Afganistan, deve sapere che c'è chi trama per tradire il Capo che hanno regolarmente eletto. Brunetta ha rispolverato la parola, golpe: nei prossimi giorni la useranno un po' tutti. Si tratta di attivare una pressione mediatica su Napolitano affinché faccia la cosa giusta: indire nuove elezioni appena Berlusconi si dimettesse. In alternativa, avremmo cinque canali tv e venticinque portavoce pronti a gridare al golpe e ad accusare il Presidente della Repubblica di essere colluso coi golpisti – in fondo è già successo con Scalfaro, con toni magari un po' più morbidi, ma invecchiando è normale incattivirsi.
La “fantapolitica” di Giannini non risponde alla domanda fondamentale: a chi giova? A chi converrebbe montare un governo di solidarietà nazionale, di fatto una specie di CLN anti-berlusconi, per finire la legislatura? Fini, Casini, D'Alema, hanno veramente tutta questa voglia di sostituire Berlusconi proprio nel momento in cui si scoprirà che alla fine della crisi mondiale l'Italia resta al palo? È la sindrome di Prodi, il bisogno disperato che sentiamo di subentrare a B. anche solo per un misero biennio, il tempo sufficiente per salvare la nazione, rimettere in ordine i conti e fargli vincere di nuovo le elezioni? Nel frattempo B. riprenderebbe tutto lo smalto che si è appannato a Palazzo Chigi. Le orge tra Palazzo Grazioli e Villa Certosa passerebbero finalmente in secondo piano, mentre le sue redazioni tuonerebbero contro i golpisti un giorno sì e l'altro pure, tenendo altissimo il livello dello scontro. Contro Fini, o l'anti-B. di turno, verrebbero scoperchiati i dossier più fantasiosi, Mitrokhin e Telekom docent. Se davvero Napolitano osasse resistere fino al termine naturale della legislatura, l'esilio di B. da Palazzo Chigi non durerebbe comunque più di tre anni. E allora a chi conviene buttarlo giù oggi, quando controlla più della metà del cielo degli italiani? A lui. Soprattutto a lui.
Magari Berlusconi ha già in agenda il giorno delle dimissioni. La sentenza sul Lodo Alfano potrebbe essere il pretesto giusto. L'Avvocatura di Stato ha già messo le mani avanti.
E' anche una sorta di riflesso condizionato: messo in difficoltà, Berlusconi reagisce trasferendosi nel campo che conosce meglio, quello della campagna elettorale. Governare lo annoia, ma le campagne lo esaltano e ormai è sicuro di saperle vincere. Lo precede Bossi, che ha già ricominciato a parlare elettorale in estate, con le bordate identitarie su dialetti e bandiere, fino alla riscoperta di un vecchio evergreen: la secessione.
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Ma nel caso che Berlusconi cadesse, non dovremmo essere contenti? Il punto è il come. Credo che qui ci sia un equivoco tra Berlusconi, persona fisica, e il berlusconismo, sistema di potere. Alcuni, a mio parere erroneamente, pensano che il secondo sia interamente fondato sul primo, e quindi, per così dire, a scadenza. B. può infuriare finché vuole, ma quanto gli resta ancora? Cinque anni? Dopo crollerà tutto come un castello di carte, alla mercé di chi è riuscito a sopravvivere nei pressi del castello senza farsi troppo male (i soliti: Fini e Casini). In realtà non è così. I sistemi di potere tendono a sopravvivere a chi li ha messi in piedi. Il collante non è il supposto carisma dell'Uomo, ma una ragnatela di interessi: per essere chiari, finché la Mediaset mantiene la sua concentrazione mediatica, non c'è motivo per cui non debba preservare un apparato politico in Parlamento e al governo. Ne va della sua sopravvivenza. Berlusconi tra l'altro ha molti eredi, tutti giovani e bravi: nessuno di loro credo abbia mai accennato a voler fare politica, ma neanche il padre, se per questo, fino al '93. All'occorrenza però la Mediaset sa che può cucire un partito di maggioranza addosso a qualsiasi candidato: perché non dovrebbe farlo?
Ora io vorrei tanto poter fare a meno di Berlusconi anche da stasera: ma scalzarlo dal potere lasciandogli in mano il sistema berlusconismo sarebbe un errore fatale. Lo stesso, peraltro, che abbiamo già fatto nel '94 e nel 2006. Se gli lasci le corazzate, lui combatterà. Lo ha sempre fatto, e che altro dovrebbe fare? E quando ci avrà lasciato combatteranno i suoi, che gli devono tutto.
E allora? E allora mi sono fatto questa idea, che senz'altro troverete reazionaria. Io credo che la fine di Berlusconi non possa essere pacifica. Bisogna accettare l'idea che il berlusconismo è stato un sistema criminale, che si è nutrito dello Stato per fare i propri interessi a scapito di quelli dei cittadini, e che come tale va smontato con la forza. Altrimenti continuerà a colpire, con Berlusconi o con chiunque gli succederà.
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