Sai-Pio sale in cielo
08-08-2011, 23:33finché c'è salute, le 21 notti, racconti, religioni, santiPermalink(2011)
Il mondo sarebbe girato diversamente se al piccolo Sai-Pio, nato in un piccolo villaggio delle province meridionali, i dottori non avessero diagnosticato un handicap inguaribile e mortale. La madre, che al termine di una gravidanza dolorosa e angosciante in lui aveva finalmente avuto l'unico figlio, lungamente desiderato, invece di arrendersi al responso dei medici, si recò con Sai-pio in pellegrinaggio al Sacro Monte, o al Sacro Fiume, le fonti discordano su tutto tranne che su un punto: che dalle acque (o dal digiuno nel deserto, o boh) Sai-Pio riemerse totalmente guarito, consacrato a Dio e nemico di ogni dottore e della scienza medica in generale. E siccome la gente veniva da lontano a vedere il miracolato – disposta anche a pagare qualche soldino che la madre, previdente, accantonava per il college – quella che negli anni dell'infanzia era una semplice avversione contro i medici che lo avevano voluto morto non tardò a diventare una fede, un'ideologia, una religione: non aveva ancora compiuto trent'anni e Sai-Pio già scriveva fulminanti editoriali contro le miserie della medicalizzazione, e denunciava la speculazione dei giganti farmaceutici, e aizzava i suoi seguaci contro i consultori, promettendo l'inferno a chi abortiva, un purgatorio doloroso a chi pretendeva di partorire con l'epidurale e così via, insomma, avete capito il tipo. Un giorno che Sai-Pio era diretto a Damasco per un comizio contro la sperimentazione sulle cellule staminali, accadde un incidente. Stava procedendo a velocità di crociera quando una luce improvvisa lo accecò. Fece appena in tempo ad accostare sulla corsia di emergenza, e non vi dico quanti numeri chiamò (il servizio assistenza della tim, i carabinieri, l'ora esatta) prima di azzeccare al buio la combinazione esatta dei tasti che lo mise in contatto con il Pronto Soccorso più vicino. Ricoverato d'urgenza, Sai-Pio fu visitato dai più importanti luminari del Paese, il cui responso anche stavolta fu unanime: il nemico dei medici aveva pochi mesi di vita davanti a sé.
“Amen, colleghi”, disse uno di loro, tra i più giovani. “Un bigotto in meno. A proposito, dov'è il suo Dio adesso?”
“Taci, imbecille”, gli rispose un anziano. “Non capisci in che guaio ci mette, il bigotto? Se non lo guariamo, saremo accusati di volerlo uccidere”
“Il che non sarebbe poi così sbagliato”, interloquì un terzo, “almeno nel mio caso... Quando ottenne la chiusura del mio laboratorio di ricerche, io ammetto di averlo voluto morto”.
“Ma non era ancora un tuo paziente. Comunque, non è solo un problema etico. La nostra diagnosi sarà presa per una condanna a morte, per un assassinio politico. Non possiamo permettercelo”.
“Sì, però quello morirà lo stesso”.
“Colleghi, sapete cosa ci vorrebbe qui? Un miracolo”.
“Peccato che non esistano. Anche se...”
“Anche se?”
“Ci sarebbe il dottor Asanta”.
“Quel matto?”
“Cosa abbiamo da perdere?”
Fu così che Sai-Pio fu condotto nella clinica sulla collina dove operava il dottor Asanta, figura molto controversa a causa della scarsa eticità dei suoi esperimenti.
“Ma guarda chi si vede, l'ammazza-abortisti”.
“Se ti riferisci alle recenti stragi nei consultori, le inchieste hanno totalmente escluso che io sia il mandante di quei fanatici che...”
“...che avevano tutti il tuo libro sul comodino. Vabbe', venendo al sodo, hai una forma abbastanza rara di cancro all'ipotalamo”.
“Sarà incurabile, immagino”.
“Per i comuni mortali sì, ma tu hai Dio dalla tua parte, o sbaglio?”
“Dio a quest'ora mi avrebbe già salvato. Ci sono altre vie?”
“C'è una sperimentazione che sto conducendo proprio in questo periodo. I risultati sono promettenti, ma... è molto cara”.
“I soldi non sono un problema”.
“Già. Ma visto che i tuoi soldi li hai fatti gettando quintali di fango contro la mia scienza...”
“Fidati che non puzzano, come diceva quello”.
“Sarò franco: preferirei continuare a sperimentare su scimpanzè, barboni e sequestri di persona finiti male piuttosto di intascare da uno come te. Ma ci sarebbe un'altra cosa che potresti fare per me”.
“Ma non mi dire”.
“Potresti convertirti alla scienza”.
“E cioè?”
“Una volta sceso da questa collina, potresti convocare una conferenza stampa e spiegare: Dio non mi ha salvato, la Scienza sì, quindi hai deciso di convertirti a quest'ultima e d'ora in poi girerai il mondo aizzando le folle contro chiese templi e sinagoghe, esortando i tuoi fedeli al controllo delle nascite mediante contraccezione e aborto, e devolvendo tutti i proventi delle tue crociate alla ricerca scientifica eccetera...”
“No, questo non succederà mai”.
“E perché?”
“Quello che mi proponi è di fare della scienza una religione”.
“E perché no?”
“Perché la scienza è una cosa, la religione è un'altra, e l'ibrido che ne salterebbe fuori disgusterebbe te per primo”.
“Può darsi, però non è giusto. Ogni volta che una madonnina o un fiume sacro salva qualcuno nasce una religione. Ogni volta che io salvo qualcuno – e fidati che ho una percentuale di successi che straccia qualsiasi madonnina...”
“Lo so, lo so”.
“...Non succede niente. Addirittura hanno la faccia tosta di dirmi che è stato Dio a muovermi le mani. 'sti disgraziati... Sette anni di facoltà, cinque di tirocinio, e poi altri vent'anni a sventrare e ricucire e sperimentare e diagnosticare e mandar giù anfetamine allungate con lo xanax, e poi se ti salvo la vita manco mi stringi la mano, no, t'inginocchi alla Madonnina di Sarcazzo, che a saperlo mi facevo prete, quattro anni di teologia e poi con cinque minuti di omelia hai già salvato la vita a milioni di embrioni... Scusa, ma dov'è la giustizia, eh? Dov'è?”
“La giustizia divina, intendi? Ma tu sei ateo, non dovresti pretendere...”
“Lo so, lo so, dicevo per dire, è che questa cosa mi fa così incazzare... non hai idea, guarda...”
“Ma non ti metterai a piangere, adesso... Dottor Asanta, ti chiedo scusa”.
“Snif, e perché?”
“Dai racconti dei tuoi colleghi mi ero fatto tutta un'idea mefistofelica di te. Vedo invece che sei un buon diavolo. E per questo ti faccio una controproposta”.
“Sentiamo”.
Mezzo secolo più tardi, quando alla fine Sai-Pio morì – di vecchiaia, nel suo letto – fu condotto davanti a San Pietro, che nel vestibolo dell'Alto dei Cieli è Giudice di Istanza Preliminare. “Sai-Pio, ho una buona notizia e una cattiva. La buona è che Dio c'è”.
“Non ne ho mai dubitato”.
“Certo, dicono tutti così quando arrivano qui. La cattiva è che è piuttosto laico”.
“Laico? E com'è successo?”
“Ah, dev'essere stata una depressione, intorno al Millecinquecento... non mangiava più, cominciava a dubitare di sé stesso... era in piena deriva solipsistica, finché non ha letto un po' di Cartesio. Da lì in poi si è fatto tutto l'Illuminismo, Newton, la scienza moderna... tutta roba sua”.
“Anche Einstein?”
“Guarda, lascia perdere, quello ci fece passare dei mesi orribili... per far funzionare le sue equazioni ci è toccato riprendere in mano lo spaziotempo e curvarlo, hai un'idea del casino? No, non ce l'hai”.
“Lasciami indovinare, io per lui sono un povero ciarlatano, o sbaglio?”
“Te lo posso dire, tanto ormai... ti stanno preparando un giudizio coi fiocchi lassù. Il principale ha messo insieme una giuria di tutto rispetto, Charles Darwin, Galileo, Giordano Bruno... quest'ultimo in particolare frigge dal desiderio di mandarti all'inferno”.
“Quindi esiste anche l'inferno”.
“Come no. Ed è pieno di bigotti, te lo devo dire. Io me la sono cavata, pensa, perché prima che il gallo cantasse ho dubitato, dimostrando indipendenza di giudizio”.
“Complimenti”.
“La stai prendendo bene”.
“Inutile angosciarsi. Ho diritto a un avvocato, almeno?”
“Un avvocato? In paradiso? Rifletti bene”.
“Ah già, che scemo”.
Il dibattimento fu lungo (nell'Eternità nessuno ha fretta). Davanti alla giuria l'Accusatore enumerò tutti i misfatti della vita di Sai-Pio, un'esistenza interamente consacrata a circuire il prossimo dietro la scusa di difendere la sua ignoranza dagli arroganti assalti della scienza. Sai-Pio non negò nulla, non avrebbe avuto molto senso davanti all'occhio di Dio.
“Sai-Pio, confessi di avere messo in scena più volte il miracolo della lievitazione?”
“Beh, sì, all'inizio era poco più di uno scherzo, ma alla gente piaceva...”
“Sai-Pio, confessi di avere finto di possedere le stimmate?”
“Devo dire che quell'eritema mi tornò molto utile”.
“Sai-Pio, con quante donne in stato di trance hai giaciuto, al fine di provocare in loro le cosiddette gravidanze miracolose?”
“Non ricordo, e poi non erano tutte le verginelle che dicevano di essere, cioè, contestualizziamo”.
“Sai-Pio, cos'hai da dire a tua discolpa?”
“Mah, niente. A parte che credo di essere uno dei più grandi benefattori dell'umanità. Ma non so se qui sia considerato un titolo di merito”.
“Tu? Un benefattore dell'umanità”.
“Uno dei più grandi, sissignore”.
“Un ciarlatano che simulava i miracoli? Un santone impostore che si faceva intestare i conti correnti dei giovani sprovveduti e delle vecchiette rincitrullite?”
“Già, e non dimentichiamo le frodi fiscali, ne ho commesse di astutissime”.
“E ciononostante ti consideri un benefattore”.
“Beh, avete dato un'occhiata ai bilanci dei miei ospedali?”
“Sono tutti truccati, ovviamente”.
“Sì, no, intendevo ai bilanci di vite umane che le mie cliniche, mirabilmente dirette dal primario dott. Asanta hanno salvato in questi cinquant'anni? Santissimi giudici, non so esattamente quali sono i metri con i quali qui si misura il bene o il male. Io per me ho stabilito questo principio empirico: è bene tutto ciò che concorre alla riduzione aritmetica del dolore. Dopodiché, sì, lo ammetto, per raccogliere fondi ho fatto il buffone. Ho finto un sacco di miracoli, perché è quello che la gente vuole. Ma le monete che la gente mi lanciava le passavo al dottore che faceva i miracoli veri. Ho salvato molte più vite, ho raccolto molti più fondi io, da ciarlatano, che tanti onesti uomini di fede o medicina con i loro ridicoli scrupoli morali piccoloborghesi. Sono stato un vero difensore della scienza, un mecenate”.
“E dovremmo salvarti per questo? Per il fine che giustifica i mezzi?”
“Non vi immaginavate che fossi così laico anch'io, eh?”
Il mondo sarebbe girato diversamente se al piccolo Sai-Pio, nato in un piccolo villaggio delle province meridionali, i dottori non avessero diagnosticato un handicap inguaribile e mortale...
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"Non so", disse la pensosa Verola, "morte ce n'è, sofferenza pure, ma manca quell'afflato violento che cercavo, l'odore del sangue che sgorga e scorre, del resto cosa aspettarsi da un prete".
"Ho fatto del mio meglio", osò rispondere don Tinto.
"Del tuo meglio? Andiam bene", commentò Arci.
"Perché, cosa c'è che non va".
"Hai finito coi puntini di sospensione. Ripetendo il primo paragrafo. Un espediente da corso di scrittura creativa, primo anno".
"Senz'altro tu sai portare la punteggiatura a ben altre vette di originalità espressiva..."
"Non per vantarmi, ma..."
"Domani", disse l'assonnata Verola, "Arci ce lo dimostrerà domani sera. Adesso si va a nanna, ché domani mattina sul presto si va a fiocinare i pesci in via d'estinzione. E a pranzo, grigliata!"
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