1° giugno: Simeone di Siracusa (XI secolo), eremita e viaggiatore
A Treviri hanno la sensazione di vivere in una città antichissima – se ricordo bene c'è una targa in piazza che dice che è stata fondata mille anni prima di Roma. Questo è evidentemente impossibile, a quei tempi era tutta foresta; ma Treviri è l'ultima città sulla Mosella prima che il fiume si getti nel Reno, dopodiché cominciava la Germania vera e propria, che sarebbe rimasta foresta anche mille anni dopo: ai bordi di questo oceano verde, Treviri si sentiva una metropoli e fece il possibile per conservare quest'illusione. Certe rovine che in altre città facevano tristezza e venivano smantellate, con quel che costava cuocere mattoni nuovi nel medioevo, a Treviri in un qualche modo resistettero: compresa un'intera porta monumentale, la più grande testimonianza architettonica del periodo romano a nord delle Alpi. In parte il merito è anche di un santo, che andò ad abitarci quando ormai era un rudere. Si chiamava Simeone e veniva, di tutti i posti al mondo, da Siracusa. E prima di accamparsi nella Porta Nigra di Treviri era cresciuto a Costantinopoli, rapito in mare, naufragato ad Antiochia, aveva cercato di riscuotere un credito in Bretagna, ed era tornato in Terrasanta come guida turistica.
Una vita del genere è il segno che il Medioevo ormai ha scollinato: prima dell'anno Mille non sarebbe stata possibile e anche ai tempi di Simeone era abbastanza straordinaria. Il mondo cominciava a rimpicciolirsi, al punto che persino a un monaco come lui, che aspirava probabilmente a una vita studiosa e tranquilla, capitava di frombolare da un punto all'altro del mondo conosciuto come una trottola. Se il primissimo viaggio di Simeone (a sette anni, da Siracusa a Costantinopoli) non era che la tipica traiettoria del bambino di buona famiglia che i genitori vogliono far studiare nella capitale – Siracusa era ancora grecofona, e controllata dai bizantini – il pellegrinaggio in Terrasanta compiuto al raggiungimento della maggiore età è uno dei pochi che Simeone sembra aver compiuto per sua libera scelta, anche se una volta arrivato nei luoghi santi (non ancora insanguinati dalle Crociate), Simeone sembra indeciso tra la vocazione all'eremitaggio in solitudine e l'ingresso in un monastero organizzato. Questa indecisione gli consente di guardarsi un po' intorno. Tra i luoghi in cui si ritira c'è il Giordano, una grotta vicino al Mar Rosso, la cima del Sinai. Forse è questa irrequietezza a suggerire ai confratelli che Simeone è l'uomo giusto per una missione quasi impossibile: andare a batter cassa presso un creditore del monastero, Riccardo II duca di Normandia.
All'inizio del XI secolo i Normanni ormai è possibile trovarli un po' dappertutto, compreso in Italia meridionale dove combattono per il migliore offerente; ma Riccardo no, per trovare Riccardo bisogna proprio attraversare tutto il mondo conosciuto e chiedergli udienza in Normandia. Il viaggio di Simeone si complica subito: la nave in cui si era imbarcato viene assalita dai pirati. Il santo si salva tuffandosi e nuotando fino a riva; arriva a piedi ad Antiochia e qui fa la conoscenza con due illustri pellegrini che stanno tornando in Europa: un altro Riccardo, l'abate di Verdun, ed Eberwino abate di San Martino a Treviri, che anni più tardi scriverà la prima agiografia di Simeone. I tre rimangono compagni di strada fino a Belgrado, dove Simeone viene sequestrato e perde di vista gli altri due. Dopo una serie di vicende avventurose arriva a Roma, da cui può imbarcarsi per la Provenza, dopodiché non resta che attraversare tutta la Francia a piedi per raggiungere finalmente la corte del duca Riccardo II, ma non è così strano che quando finalmente arriva (ci ha messo più o meno cinque anni), il duca sia morto. E siccome gli eredi non sono intenzionati a ripagare nessun debito, Simeone si ritrova straniero in terra straniera, senza fondi per tornare nel monastero base. In un qualche modo riesce a contattare i due vecchi compagni di viaggio, Riccardo ed Eberwino, che gli trovano un ingaggio come guida turistica: accompagnerà Poppone, vescovo di Treviri, nel suo pellegrinaggio in Terrasanta. Presso Poppone, Simeone si trova bene che una volta raggiunta la meta tanto agognata, invece di rientrare nel suo monastero sul monte Sinai, decide di ritornare a Treviri col vescovo, che forse gli ha già promesso un eremo d'eccezione. Si tratta appunto della Porta Nigra, che agli abitanti del tempo doveva sembrare una montagna di pietra – nei primi tempi Simeone fu visto da alcuni come un misterioso stregone appollaiato tra le rovine. Poi col tempo la sua fama di santo si diffuse, e alla sua morte la Porta divenne l'ossatura di una delle chiese più grandi della città, con annesso convento. Lo era ancora al tempo di Napoleone, che fece demolire la chiesa per valorizzare l'originale romano.
Per quanto abbia svolto un ruolo cruciale nella preservazione dell'identità di Treviri, Simeone non ne è ovviamente il cittadino più famoso. Lo si è visto nel 2018, quando il comune, vincendo una certa titubanza, ha accettato il dono della Repubblica Popolare Cinese: una nuova statua di Karl Marx, che era nato a Treviri duecento anni prima.