Anonimo ad Anonima

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Gentile Onorevole XXXXXXXXX XXXXXXXX,
chi le scrive, come noterà, non ha un cognome. Lo ha perso diversi anni fa, quando ha iniziato a scrivere su Internet, e non voleva grattacapi. Malgrado questo, non credo di aver mai fatto male a nessuno. Non ho mai plagiato minori o sottratto dati bancari: nonostante ci sia chi dice che su Intenet sia più facile, non me n'è mai venuta la voglia.

Il motivo per cui ho lasciato il mio cognome all'ingresso è che all'inizio non volevo legarlo a qualcosa di estemporaneo, di cui dopo qualche anno avrei potuto vergognarmi. Credo che possa capirmi. Le poesie che abbiamo scritto da ragazzini, grazie al cielo, sono da lungo tempo cadute dai muri ai quali qualche vecchia amica le ha appese. Su internet no, questo mi fu chiaro da subito, su internet sarebbe rimasto tutto, e questo mi spaventava.

Il secondo motivo per cui non ho voluto inserire il mio cognome è che volevo essere un po' più libero di scrivere quel che pensavo, senza l'ansia di dover tirare in ballo gli avvocati per una battuta – com'è successo a tanti. Per quanto possibile cerco di usare questa libertà correttamente, senza profittarne e senza diffamare nessuno; ma dopo tanti anni so quanto sia sottile il confine e quanto facile perderlo di vista.

Scrivere a lei, Onorevole XXXXXXXX, è una delle cose più pericolose che mi sono arrischiato a fare: so bene quanto Lei tenga al suo buon nome, e quanto tempo trascorra alla polizia postale cercando di rintracciare chi la insulta on line. E sono tanti. E io potrei benissimo essere tra loro, tanto evanescente è il confine tra “insulto” e “opinione” per chi ha tutto il tempo e l'agio di denunciare il prossimo. Mi scuserà se nel mio piccolo mi cautelo un po'. E se non mi scusa, fa niente.

Onorevole, a quest'ora avrà saputo che l'emendamento D'Alia (articolo 50bis del decreto sicurezza), approvato a febbraio con una maggioranza schiacciante, e in seguito sconfessato un po' da tutti, è stato soppresso. L'emendamento prevedeva la possibilità per il governo di chiudere qualsiasi sito o piattaforma sulla quale comparisse un'apologia di reato. Per intenderci, Onorevole: su facebook arriva un video di writers (=scrittori sui muri)? Ma scrivere su un muro è reato: a quel punto sarebbe bastata la richiesta di un magistrato il Governo avrebbe potuto 'chiudere' facebook. In che modo, non si sa, l'emendamento D'Alia non lo spiegava. In effetti, nessuno lo aveva ancora spiegato a D'Alia.

La soppressione dell'emendamento è da considerarsi anche una pietra tombale per il suo disegno di legge, Onorevole, che prevedeva forme di censura ancora più repressive e, in sostanza, inattuabili: a meno di non voler eguagliare o superare la Repubblica Popolare Cinese, e per ora non vogliamo. Questa è un'ottima notizia per me, e per centinaia di migliaia di altri abitanti italiani della Rete: ed è pessima per Lei, me ne rendo conto.

La consapevolezza che l'emendamento stava per essere soppresso potrebbe spiegare in parte il nervosismo da lei manifestato giovedì scorso, quando durante un incontro pubblico alla Camera ha interrotto un giornalista (che stava cercando di spiegarLe cosa fosse Internet) con le parole (testuali): “le auguro che appena suo figlio avrà accesso a facebook venga intercettato dai pedofili, e che lo incontrino sotto scuola”. Una battuta, Onorevole, che estrapolata dal contesto suona se possibile ancor più agghiacciante, e che naturalmente è rimbalzata su Internet per tutta la settimana, liberamente accessibile a chiunque digiti il Suo nome. Questi sono i veri danni che fa internet agli sprovveduti: altro che approcci pedofili (più facili da tracciare delle profferte di caramelle ai giardini).

Tutto questo è quindi abbondantemente noto, Onorevole: e allora perché le scrivo? Cosa voglio aggiungere al biasimo universale? Nulla. Volevo semplicemente ricambiare il suo augurio.
Non so quanti figli lei abbia (sul WWW l'informazione ci sarà, ma non ho voluto cercarla). Non importa: qualunque età abbiano, voglio augurarLe che su Internet si trovino bene almeno quanto mi sono trovato io.
Le auguro che imparino a maneggiarlo presto, e che lo usino per arricchire il loro bagaglio culturale di tutta quell'attualità che anche nelle migliori scuole fa fatica ad entrare. Le auguro che lo usino per divertirsi, correndo anche qualche rischio, e imparando alla svelta (come abbiamo imparato a tutti) le elementari norme di prudenza.
Le auguro che Internet serva loro a confrontarsi con persone di altri Paesi e segmenti sociali che diversamente non avrebbero frequentato. Magari con alcune di queste persone si fidanzeranno, com'è successo a me (e a me è andata piuttosto bene). Se vivono in luoghi lontani, Le auguro che su Internet possano trovare le migliori offerte per viaggiare e dormire, a prezzi che i loro genitori (come i miei) non avevano mai sospettato.

In breve, Le auguro di avere figli meravigliosi, in grado di abbracciare quella contemporaneità che Lei, come tanti padri e madri, non può non guardare col sospetto con cui si squadrano gli sconosciuti che presto o tardi si porteranno i loro bambini in un luogo lontano; migliore, ma lontano.

Anche se, Onorevole, rimane un problema: l'imbarazzo che avranno ogni volta che qualcuno, cercando il loro cognome su Internet, s'imbatterà nelle pubbliche figuracce della mamma. E così torniamo al solito problema: non tanto la pedofilia, ma la nostra stupidità. Internet la amplifica, la diffonde, la rende indelebile. Cosa possiamo fare per impedirglielo? Non si sa, per ora non si è ancora trovato un rimedio che non sia peggiore del male.

Fino a quel momento, Onorevole, io non scriverò il Suo cognome sul mio sito: non mi aggiungerò al coro che la critica, anche comprensibilmente, ma che lascia ovunque tracce volgari e incancellabili che la fanno seriamente soffrire.
Lo so, è una ben piccola foglia di fico, l'omissione di un cognome: ma è tutto quello che ho per difendere me e i miei amici, e Glielo offro volentieri. Suo affezionato, XXXXXXXX XXXXXXXX.
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