5 film del 2013 che sono piaciuti a tutti tranne a me

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Non è che uno debba avere idee originali per forza - però su un blog aiutano. Troppo facile stroncare i film che non sono piaciuti a nessuno (cioè quello di Refn). Questi sono i cinque titoli che nel 2013 mi hanno tenuto più lontano dall'opinione generale di critici e pubblico. Sia gli uni che gli altri ancora non riescono a farsene una ragione, lo so: sed magis amica veritas o qualcosa del genere.

5. La grande bellezza. Non è che sia proprio piaciuto a tutti, in realtà; ma se arrivano i premi internazionali toccherà far finta di niente e fischiettare. A me era sembrato sin da subito un film da esportazione, quindi a stupirmi non è tanto un'eventuale nomination, quanto il successo al botteghino italiano. Tocca accettare che questo film di vecchi che ballano che a tratti sembra una gita aziendale sui set della Dolce Vita (con dialoghi che sembrano veramente pronunciati da un cicerone abusivo al megafono) è quello che negli ultimi anni ha messo più d'accordo critica e pubblico, e pazienza se li ha messi d'accordo contro di me. Sono felice per Servillo e per Sorrentino, anche se temo che dopo un successo del genere sarà ancora più difficile cercare di contenerlo: preveggo sette anni di carrelli e cartoline, storie senza costrutto e sceneggiature ridondanti, e vecchi che ballano, e critici che applaudono. Senza dubbio sopravviveremo, però che spreco.

4. Lincoln. È un film che assomiglia al Real Madrid quando ci giocavano tutti i fuoriclasse e perdeva le partite. Cioè sul serio puoi prendere un regista come Spielberg, uno scrittore come Kushner (il principale responsabile del disastro, secondo me), interpreti come Daniel Day-Lewis e Tommy Lee Jones, un soggetto così inattaccabile come Lincoln e l'abolizione della schiavitù... e far melina tutto il primo tempo e poi fallire due tiri in porta incredibili? A volte semplicemente non c'è nulla che funzioni: Lincoln dovrebbe fare discorsi memorabili e non li fa, dovrebbe anche sembrare un machiavelli ma non ce la fa, in qualche momento sembra Obama che litiga col congresso. Aggiungi una scrittura confusa, che vorrebbe forse imporre una tesi ma senza far troppa violenza ai fatti storici e finisce per tradire l'una e gli altri: sicché da una parte ci si aspetta che lo spettatore sia un uomo di mondo che sa che i parlamentari vanno comprati al dettaglio, ma dall'altra si pretende che al momento giusto si commuova per l'ennesimo nobile discorso del Padre della Patria (lo stesso che si sta comprando i parlamentari). Aggiungi casini famigliari di cui non frega niente a nessuno; c'è chi riesce a mescolare politico e privato senza dar fastidio ma Kushner stavolta no. Aggiungi la goffaggine con cui si rovina una ricostruzione storica con anacronismi sciocchi (la diretta del voto parlamentare via telegrafo, sul serio?) Aggiungi che non puoi vendere uno Spielberg di due ore e mezza sulla guerra di secessione senza neanche una scena d'azione, e cercare di rimediare con una scenetta splatter. Sembra il film di qualcuno che ha apprezzato Amistad senza riuscire a capire la trama e vuole provare a farci un sequel: sta ad Amistad come la Grande bellezza alla Dolce vita, in un certo senso.

3. Facciamola finita. Ad alienarmi da This is the end non è tanto il fatto che metà degli attori non li conosco - e quindi il fatto che si prendano in giro da soli più di tanto non mi prende. Non è neanche la ddroga - ok, è un film esplicitamente scritto da una banda di amici mentre si passavano la canna, e io non c'ero, e comunque non fumo. Ma non è questo, giuro. A lasciarmi freddo mentre guardavo This is the end, unico al mondo a quanto pare, è lo spaventoso tasso di bromance ormai dato per scontato. Cioè, questi sono di qualche anno appena più giovani di me e si fanno le scenate di gelosia tutto il tempo, santiddio ma siete ometti, datevi un tono. Non so se anche in Italia i trentenni abbiano queste dinamiche - non lo so e non mi interessa - io al tempo dei Backstreet boys ero già troppo vecchio anche solo per detestarli virilmente. Forse non mi sono mai sentito così anziano al cinema. Comunque viva Emma Watson.

2. Spring Breakers. Ora che è passato un po' di tempo - e Miley Cyrus vi ha mostrato un po' di lingua - magari potete anche ammetterlo: vi siete comprati una patacca. Avete scambiato per esperimento d'avanguardia artistica un'operazione - la sessualizzazione delle attrici teen Disney - che ha prima di tutto un senso commerciale: è bastato metterci un regista un po' di culto che preferisce dialoghi fuori sincrono, e James Franco - rapper con l'apparecchio dei denti che sugge la canna di una pistola con trasporto. Vi siete raccontati storie su un videoclip di un'ora e mezza da mandare in loop alle feste dove si offrono i tiri gratis alle ragazzine. Il bello è che le ragazzine vere, e i loro coetanei, un film del genere te lo prendono a calci: tipo che cioè è una storia senza senso e poi dicono sempre le stesse cose e non si capisce dove vanno a finire. Hanno ragione loro - e Alessandra Levantesi Kezich, ovviamente.

1. Zero Dark Thirty. Ripensandoci, un film molto irritante. Non perché difenda la tortura, come ha scritto qualcuno - almeno sarebbe sincero, eh no: deve fingere distacco, deve dire e non dire che la tortura potrebbe non essere stata necessaria, così magari ci cascano sia gli apologeti di Bush che Michael Moore. Zero Dark Thirty è un enorme SUV della Cia che gira per le stradine polverose di una città pakistana e crede che nessuno lo noterà; che nessuno farà caso al fatto che sta girando intorno alle stesse case da mezz'ora: perché sono tutti scemi notoriamente i talebani. Zero Dark Thirty è tutto così, una massiccia operazione di pubbliche relazioni che si atteggia a docufilm e dà per scontato che ci cascheremo. Torturatori sensibili che accarezzano scimmiette; nobili effettivi delle forze speciali disposti a rischiare la vita se la principessa crede che sia il caso; sauditi decadenti pronti a vendere Bin Laden per una Lamborghini; ed è previsto che noi ci beviamo tutto quanto. Siamo tutti paesani scemi che vedono un enorme SUV che gira in tondo e non ci facciamo caso. Ridateci Argo. Ma anche Rambo tre aveva più rispetto per lo spettatore (nonché per i valorosi combattenti afgani).
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