Perché facciamo le vacanze di Pasqua? Non ha senso.

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Di tante prevedibili polemiche, ecco una che pensavo scattasse inesorabile e invece quest'anno non s'è presentata: le vacanze di Pasqua. Forse avete sentito che in Francia Macron le ha un po' allargate (e già non erano brevi), probabilmente per frenare i contagi. Nella parte del mondo in cui non si legge il Corriere, in effetti, c'è ampio consenso sul fatto che le scuole aperte influiscano sensibilmente sull'aumento del contagio (c'è anche una ricerca sul Lancet) (una ricerca che a differenza di quella di Sara Gandini tiene conto dei numeri degli ultimi mesi). 

Sempre quando uno non se l'aspetta.

L'assenza di polemica mi ha sinceramente stupito: è da mesi che si va suggerendo di recuperare didattica in luglio, e intanto nessuno fa presente che c'è un buco inutile ad aprile? Inoltre: dopo settimane in cui la vita domestica con gli adolescenti in casa è stata descritta mediamente come un inferno in terra (e non faccio nessuna fatica a crederci) le vacanze di Pasqua dovrebbero rappresentare il punto di massimo disagio. Già quelle italiane non sono mai state molto utili, ma quest'anno risultano particolarmente assurde. Siamo tutti a casa a sciabattare, chi da settimane chi da mesi: potremmo benissimo continuare con un po' di lezioni a distanza e in molti casi ci farebbe bene, ci terrebbe occupati, ci aiuterebbe a dare un senso al tempo che ci cola dal cavo delle mani. E invece no, dobbiamo fare "vacanza" – senza poter andarcene da nessuna parte, ma nella circolare all'inizio dell'anno c'era scritto "vacanza" e a nessuno è venuto in mente di discutere la cosa. L'anno scorso sì, qualche genitore protestò. Quest'anno niente: è curioso.

Dunque qui sotto cerco di rispondere a una domanda che nessuno sta facendo (ma la risposta me l'ero comunque preparata). Perché facciamo le vacanze di Pasqua, quest'anno?

Per riposarci? Non saranno particolarmente riposanti.

Per santificare le feste? Non saranno particolarmente santificate.

Per ricordare ai genitori e a tutte le altre categorie di lavoratori i nostri odiosi privilegi? Non ce n'era bisogno (se li ricordano già).

Perché i diabolici sindacati non possono rinunciare al periodo dell'anno più propenso ai sabba in cui le RSU si congiungono col demonio? Fuochino, ma no. 

Le vacanze di Pasqua le facciamo per un motivo più banale ma anche più significativo: non ci siamo organizzati per sospenderle. C'era questa possibilità? Credo di sì.

Certo, sarebbe servito un pronunciamento in questo senso da parte di una serie di autorità il cui potere si è con le recenti riforme aggrovigliato in un modo inestricabile – diciamo che se il ministro dell'istruzione avesse detto a gennaio: saremo ancora chiusi un po', rivediamo le vacanze di Pasqua? e se i presidenti delle regioni fossero stati d'accordo, e gli Uffici Scolastici Regionali avessero recepito, e i dirigenti scolastici avessero cercato di spiegare la cosa nei Consigli d'Istituto, forse, dico forse, quei 4-5 giorni di inutile sospensione didattica li avremmo recuperati. Ma non è andata così, e perché non è andata così?

Beh, al ministero c'era un trasloco in atto, e vabbe' (notate che uno degli argomenti particolarmente spesi sui media da chi voleva cambiare governo, è che quello nuovo sarebbe stato molto più decisionista e ci avrebbe fatto lavorare di più: ecco, fin qui proprio no).

Ma più in generale, né il ministero né i dirigenti né i consigli d'istituto potevano permettersi di dire a gennaio che le vacanze di Pasqua non si facevano, perché... perché sarebbe stato come ammettere l'ovvio, ovvero che le scuole superiori sarebbero  restate chiuse (e che forse avremmo chiuso anche le inferiori), e questo non si poteva assolutamente ammettere, questo era molto peggio di perdere cinque giorni di didattica ad aprile. Insomma queste vacanze le facciamo, siamo costretti a farle, perché non abbiamo mai voluto ammettere che si potevano togliere. Serviva un po' di tempo, e invece una regola da un anno a questa parte è che tutto si decide al penultimo minuto e si comunica ai sottoposti all'ultimo. 

Quest'ultima cosa non è un'iperbole: nella mia provincia abbiamo scoperto un giovedì alle 18:30 che il giorno dopo passavamo in didattica a distanza. Per fortuna avevamo già un orario pronto (in realtà non è stata fortuna). 

A chi intendesse a questo punto lamentarsi baricchianamente delle rigidità dell'istituzione scolastica, faccio notare che il groviglio è diventato inestricabile proprio per risolvere l'apparente rigidità: ovvero in teoria le regioni potrebbero decidere (ma non volevano farlo) e anche il consiglio d'istituto avrebbe potuto pronunciarsi. Ho la sensazione che il punto debole sia il dirigente, quello che doveva diventare lo sceriffo della scuola ma in pratica si trova schiacciato tra le direttive ministeriali, quelle regionali, e i genitori che confrontano le scelte di scuole diverse sul territorio e a volte mandano lettere ai giornali. Questo è uno dei casi in cui una catena di comando più rigida avrebbe forse funzionato meglio; per dire, un eventuale Macron che dicesse in diretta: facciamo la Dad anche in settimana santa, alla fine avrebbe funzionato. Ma non ce l'abbiamo: abbiamo deciso di andare in ordine sparso e il risultato è che da giovedì ci ritroviamo tutti a casa senza videolezioni e senza un motivo sensato per non farle.

Più in generale: la Didattica a Distanza (o Didattica integrata, che dir si voglia) sarebbe stata molto meglio di com'è, se solo l'avessimo accettata come un'alternativa non preferibile ma praticabile in caso di emergenza. Ma non abbiamo fatto nessun passo in tal senso. Il ministero non si è nemmeno posto il problema di studiare, che so, una piattaforma, di mettere a disposizione un corpus di risorse – no, l'unica cosa che interessava era trovare un sistema per tenere aperte le scuole e l'unico modo per farlo era comprare banchi a rotelle. Al secondo anno di DaD, siamo ancora vivendo la situazione assurda in cui i registri elettronici non sono gestiti dal ministero o almeno dalle regioni, ma da ditte private che vincono appalti scuola per scuola – un insegnante su due scuole diverse lavorerà spesso con due sistemi diversi. Malgrado sia l'unica didattica praticabile per una larga fetta della popolazione scolastica, continua a essere affidata all'improvvisazione degli insegnanti: e tanto di cappello se nel frattempo sono riusciti a formarsi, perché ciò dipendeva unicamente dalla loro volontà e dalla loro serietà. Al ministero non interessava nulla, era troppo preoccupato a... a organizzare le prove Invalsi. 

Ma delle prove Invalsi toccherà parlare un'altra volta: buona Pasqua e buon ritorno a scuola, chi ci torna.

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