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La grande bellezza (Paolo Sorrentino, 2013)

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Capiterà anche a voi da Cuneo di passare ogni tanto per Roma, e di chiedervi se è proprio Roma, e non uno scherzo che vi sta facendo qualcuno; un fondale per vecchi peplum, un parco a tema per turisti giapponesi. Magari la vera Roma è da qualche parte nascosta che se la gode. Questo spiegherebbe alcune cose: le cartacce intorno al Pantheon, l'insofferenza dei tassisti, e tutti quei pini marittimi, ma il mare dov'è? Anche quei poveretti che a 60 anni continuano ad andare alle feste e sbracciare sniffare e fare le smorfie: si chiama mondanità. Magari è tutta una sceneggiata anche quella, per turisti che vengono dall'altra parte del mondo e si aspettano il satyricon, si aspettano la decadenza psicofisico-morale, e chi siamo noi per negargliela.

Il sospetto è che anche Sorrentino, regista di grandi ambizioni, sia finito invischiato in una di queste operazioni per turisti. Per remixare la Dolce Vita nel 2013 ci vuole il coraggio di un suicida lanciato verso un muro con un'auto in corsa; oppure potrebbe semplicemente trattarsi del fatto che gli stranieri vogliono quella roba lì: sennò non applaudono, non premiano, non pagano. Un qualche produttore, mi piace immaginarmelo francese, deve essere stato abbastanza drastico: "Mi è piaciuto il Divo, non ci ho capito niente, ma la scena in cui i vecchi ballano la samba in salotto era formidable. Perché non ci fai un film tutto così, tutto di vecchi che ballano? Sui terrazzi romani. Col solito contorno di robe di cinema italiano: preti in altalena, artisti matti, animali dello zoo, la pizza, tutto quel genere di cose, e vedrai che a Cannes li avrai ai tuoi piedi. Come dici, la critica italiana non capirà? Cioè mi stai dicendo che in Italia avete anche la critica? Tu m'étonnes, non lo sapevo. E dà i voti anche alla pizza?"
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Gli stranieri. Ma perché non dovrebbero aver ragione loro? Non è meraviglioso che rischino l’infarto per un paesaggio a cui non abbiamo mai fatto caso, che vadano in sollucchero per un fondale di ruderi di templi romani e brandelli (finti) di vecchi film, uno sketch di un finto Moretti qui, una terrazzata di un finto Scola qua? e il film va avanti. Cioè, no, non è quel tipo di film che va avanti. Gli eroi di Sorrentino sono troppo spesso uomini finiti: tutto quello che potava ribaltare il loro destino è già alle spalle, e ora si tratta di girare in cerchio – ma senza carrelli circolari, sarebbero volgari. Sorrentino è barocco, preferisce l’ellisse. Procede accumulando cose, a volte gira al largo, altre volte si avvicina, si ferma, vorrebbe mettere in bocca al suo Jep Gambardella una battuta memorabile, purtroppo non sempre la scrittura lo assiste. Ed è un peccato. Per esempio: “I nostri trenini sono i più belli di Roma perché non vanno da nessuna parte”. I trenini delle altre feste invece dove andranno, chi lo sa. “Lo vuole sapere perché mangio solo radici?” Meglio di no, sorella, che se mi dice una banalità poi ci resto male. A sorreggere Sorrentino è il solito Toni Servillo, una meraviglia per occhi e orecchie: non ci si stanca mai di guardarlo ammiccare, di sentirlo strascicare il suo amabile accento che rende gradevole ogni resistibile battuta: se il film scorre liscio per più di due ore è tutto merito suo. E nel complesso hanno ragione gli stranieri, non è un brutto film.

È divertente: in un paio di occasioni ti strappa proprio la risata. È chiassoso, ogni tanto quelli che guardavano Fast and Furious 6 nella sala di fianco venivano a lamentarsi. È commovente in un modo quasi volgare (le lacrime sono volgari, dice Jep prima di sciogliersi). Ci sono tante figure davvero grottesche, tanti fondali davvero suggestivi, che solo gli italiani possono snobbare: trovalo un film francese o inglese o diversamente europeo che ti sappia mostrare la decadenza così. È il nostro core business la decadenza, è la cosa che sappiamo meglio fare in assoluto – o forse la cosa che ci sanno copiare peggio in assoluto. La pizza la sanno fare anche a Shangai, ormai. E tra vent’anni anche a Shangai magari sapranno anche fare film così, milioni di film di anziani cinesi che ballano e tirano la coca e a 65 anni non sanno che fare della loro vita. Ma se fino a quel momento restiamo gli unici a cui questa roba viene ancora credibile, perché non approfittarne? Hai ragione tu Sorrentino, scusaci. Lasciaci perdere, siamo tutti incazzati perché quando arrivano i turisti poi i prezzi nei locali si alzano. Gira pure la tua pizza e non ti curare di noi, che come la giri tu non la gira ancora nessuno.

La grande bellezza è al cinema Fiamma di Cuneo alle 21.10. Buona visione!
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