Picchiare maestre, mendicare clic

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Qui non si mordono cani. 

La settimana scorsa, mentre vago su facebook in cerca d'ispirazione, una notizia ottiene la mia curiosità: una maestra è stata presa a schiaffi e a calci dai genitori di un suo alunno, a Roma. I motivi per cui questa informazione mi raggiunge sono molteplici, ma facilmente intuibili anche senza conoscere il misterioso algoritmo con cui fb decide quali notizie metterci davanti. Il fatto di avere molti amici insegnanti senz'altro fa sì che un fatto di cronaca del genere abbia più chance di apparire sulla mia bacheca, dove arrivano appunto le notizie che i miei amici segnalano e commentano.

Una maestra presa a calci, da questo punto di vista, sembra avere molte chance, eppure forse non bastava. Quello che ha smosso i miei colleghi a commentare la notizia - e a farmela notare - è stato l'atteggiamento di un cronista, che su un piccolo quotidiano on line l'ha commentata prendendo le difese dell'alunno. Come dichiara egli stesso nelle prime righe, la sua è addirittura un'arringa: "A scanso di equivoci premetto subito che la mia arringa sarà a favore dell’alunno e dei genitori e non della docente". Di seguito, una serie di affermazioni provocatorie che implicitamente giustificano la reazione violenta dei genitori: cosa aveva fatto la maestra di così orribile da meritarsi schiaffi e calci? Aveva messo una nota sul diario. Pare che non si possa più. "La comunicazione della “signora” maestra non è stata etica e il boomerang l’ha colpita ineluttabilmente. Un docente, non può perdere lucidità e competenza, non può perdere di vista l’obiettivo dell’insegnamento, quello di non offendere la dignità di un bambino. Il progresso scientifico, civile, normativo, culturale non può essere annullato da un modus operandi di ritorno della riforma Gentile nella scuola odierna. L’insegnante avrebbe dovuto prendere per mano quel bambino e cercare di capire quel “continuo disturbare” con un bacio, non con la spada".

A quel punto, voi come reagireste? Calatevi nei panni di un insegnante: un tizio sta scrivendo che una vostra collega si è meritata schiaffi e calci per aver messo una nota a un bambino, per aver offeso la sua dignità eccetera. Non vi viene voglia di reagire, magari con un commento ironico, stizzito, indignato, eccetera? Ecco, appunto. La stessa reazione l'ho avuta io, ma dopo alcuni secondi ho iniziato a sentire che qualcosa non andava. Devo avere sviluppato una specie di sesto senso, a furia di navigare tra newsfeed e bacheche. Quando sarebbe stata picchiata questa maestra? L'articolo non dava nessuna indicazione di tempo. Né di luogo. Una ricerca veloce su google news e sui principali quotidiani romani non mi porta a nulla. L'unico sito a parlarne è, appunto, quel piccolo "quotidiano indipendente" on line che ne approfitta per criticare la comunicazione della signora maestra. Altri siti riprendono la stessa notizia dal piccolo quotidiano. Insomma, ha tutta l'aria di essere una bufala. Una piccola, geniale bufala artigianale. Forse è questo che la rende, nel suo piccolo, più inquietante.

Questo si chiama "Corriere del Corsaro".
Ormai internet, e facebook soprattutto, ci hanno assuefatto a varie tipologie di bufale. C'è il sito sedicente satirico che non pubblica altro, e sei fesso tu se ci caschi; c'è il quotidiano prestigioso che approfitta di un equivoco e lancia a caratteri cubitali una notizia che sa benissimo essere falsa (ad es., Facebook chiude WhatsApp e simili). In quest'ultimo caso la bufala può anche essere mal confezionata, ma la maggior parte degli utenti ci casca lo stesso perché continua a fidarsi del nome del quotidiano; è un calcolo sbagliato, visto che persino i più importanti quotidiani italiani sono costretti ad attirare l'attenzione con questi mezzucci.

Ma quello che ha fatto il piccolo quotidiano on line in questione è interessante: non solo ha inventato una notizia, ma ha anche azzeccato il taglio giusto con cui affrontarla: un'opinione talmente provocatoria da forare il monitor e costringerci a commentare, a linkare, a segnalare. Chi ha scritto il pezzo, avrete notato, sa a malapena mettere la punteggiatura; ma ha già interiorizzato l'arte di farsi largo sulle bacheche: che in questa fase pare sia l'unica a garantire la sopravvivenza di chi su internet vorrebbe viverci. Siccome siamo - non so se l'avete sentito dire - in un periodo difficile: la carta non vende più, e su internet si fatica a conquistare inserzionisti. Bisogna dimostrare di avere tot accessi, e il modo per ottenerli è farsi notare su facebook: e su facebook ci si fa notare così. Tra le poche cose che abbiamo imparato c'è quella storia per cui la notizia è uomo-morde-cane: l'evoluzione 2.0 è fotoscioppare un selfie in cui morderemmo un piccolo di labrador linkando il nostro post in cui inneggiamo alla violenza sui cuccioli. Andrà a finire così? Le nostre bacheche - e il tempo che ci occupano - saranno sempre più piene di questa merda inutile?

La mia speranza è che il sistema si auto-regoli, come si è regolato tante altre volte in cui temevamo che qualcosa avrebbe ucciso internet e invece alla fine no. Troveremo un nuovo equilibrio: per esempio diventeremo sempre più bravi a evitare le bufale. Quel sesto senso che ha cominciato a pizzicarmi, pochi secondi dopo aver letto il pezzo sulla maestra malmenata, diventerà un'abilità sempre più diffusa. Per fare un altro esempio, io ormai le liste non le clicco più. Se leggo "Non crederai..." o qualche altro titolo alla buzzfeed, non ci casco più. Preferisco non pensare a quanti mesi ci ho perso, ma ne sono uscito. Mi piace pensare che è una fase come tante altre, e finirà come è finito myspace o second life o la grande classifica dei blog.

Ma chissà se è vero. Certe dinamiche erano più chiare quando internet era un club più o meno riservato: oggi ci vengono tutti, veramente tutti, i soldi continuano a essere pochini ma fuori evidentemente ne girano persino meno, e la concorrenza comincia a essere pesante. Far sì che un mio pezzo non affondi al primo rimbalzo sui social network è sempre più difficile. Capisco benissimo il perché: pezzi lunghi, argomenti di nicchia - per farla breve, non mordo cani. E allo stesso tempo, continuo a provarci: se la parola "grillo" in un titolo vale cinquecento clic in più, non ho vergogna a usarla. Internet ha sempre funzionato così, non è che uno può accorgersene all'improvviso nel 2014. Uno spazio recintato per intellettuali al riparo dalla corsa al link non c'è, e se ci fosse non mi farebbero comunque entrare.

Non ho intenzione di stilare un manifesto per la resistenza umana su internet o cose del genere. Avverto solo che resterò ancora un po' qui, cercando nuove formule di compromesso tra intelligenza ed esibizionismo, segnalando e commentando le cose interessanti che troverò sul mio cammino, e cercando di ignorare tutto ciò che cercherà di farmi perdere il tempo. Finché continuerà a essere divertente: fin qui lo è stato molto, almeno per me. Spero anche per voi.
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