In viaggio coi cretini
16-10-2010, 08:41ragazzini, scuolaPermalinkLa vita, se ci tieni a saperlo, è un lungo viaggio in compagnia dei cretini. Non fa fine notarlo, ma sì, ne capiteranno molti anche nel tuo scompartimento. Non dico che non avrai anche compagni di viaggio intelligenti; potrebbero persino essere la maggioranza, ma li si nota comunque meno: sono più discreti. I cretini invece arrivano rombando, li precede il polverone dei casini che scateneranno, e in fondo un po' li si apprezza: se non ci fossero loro, il cretino della comitiva potresti persino essere tu. E non è detto, sai.
La parte più lunga del viaggio – non già la più eccitante – si chiama “maturità”. È il tunnel che imbocchi quando ti rendi conto che i cretini sono inevitabili e, in qualche misura, invincibili. Non c'è errore più grande che prenderli di petto, ed è un errore che hai commesso così volentieri in gioventù. Non vedevi l'ora di scontrarti con un cretino per dirgli: Cretino! Che gran soddisfazione. Ma durava pochi istanti, e lasciava un gusto amaro. Ci vuole tutta la maturità per capire che un cretino, se gli dai del cretino, non migliora. Si offende, si arruffa, fa la ruota, mostra le unghie, i bargigli, comincia ad abbaiare, chiama i parenti, gli amici altolocati, i contatti in magistratura, e resta un cretino. Ti va già bene se non ti trascina con sé (è contagiosa, la faccenda). È una patologia seria, forse genetica, di certo incurabile nei soggetti adulti, e tu pensavi di guarirla con cosa? Con la verità? Non funziona. Non è un rimedio, la verità, a volte diventa un semplice dettaglio, la verità, una curiosità. Non si agita uno specchietto davanti a un toro nell'arena: all'inizio era un'idea divertente, ma alla fine capisci che non è sano. Passerai il resto del viaggio ad aggirarli, i cretini, a provare a raggirarli, metterli nella condizione di fare cose intelligenti senza accorgersene, mordendoti la lingua ogni volta che il grido “cretino” ti cresce in gola.
La gente che mi chiede se è dura fare l'insegnante, uh, se sapessero. Mi credono così buono, il missionario, la maestrina. Se sapessero che passo le ore a urlare in faccia a piccole creature, come un indemoniato, un ossesso, uno scimmione. Non sono un buon insegnante, non sono proprio buono in generale. Il motivo per cui faccio questo mestiere è ben altro. E' forse l'unico mestiere in cui puoi trattare i cretini come tali. Se vedo un bambino che fa una cosa cretina (e ne vedo in continuazione), glielo posso dire in faccia. Il mio ruolo me lo consente, anzi me lo richiede, e io ne approfitto. Continuamente, vigliaccamente. E' persino possibile che in qualche modo io contribuisca al progresso della società, perché a differenza dell'adulto cretino, il cervello del preadolescente è ancora in fase di crescita e chissà, qualche urlaccio assestato da parte mia potrebbe in modo abbastanza fortuito contribuire. Ma non è per questo che ci vado. Capitare in una classe, intercettare un frugoletto che saluta a tre dita come Ivan Bogdonov, prendersi venti minuti per spiegargli che quel signore è tre volte cretino: cretino per i tatuaggi, cretino per il passamontagna, cretino perché si cala il passamontagna per non farsi identificare ma il 13 ottobre va in giro con le mezze maniche e i tatuaggi più vistosi dei Balcani e se li fa inquadrare per un'ora in eurovisione, e sai perché? Perché egli è il Principe, Re, Imperatore dei Cretini: uno e trino: questo è il senso più recondito del saluto nazionalista serbo: inoltre in Bosnia i cetnici mozzavano le altre due dita ai prigionieri, quindi invece di fare il furbacchione in quest'aula prova a ordinare tre cappuccini a Sarajevo, se ne hai il coraggio, ecco: poi tiri fuori dalla borsa la fotocopia dell'articolo della gazzetta e glielo spieghi, per i restanti 40 minuti: questo scimmione, questo principe e imperatore e re dei pirla, è una marionetta dei narcotrafficanti, un idiota che fa il gradasso e poi si nasconde nel bagagliaio come quegli esserini, sai, i vermi. Vuoi davvero farne il tuo mito? Guardalo: ti metto davanti lo specchio del cretino che potresti essere a trent'anni: che ne dici? Perché non cominci a tatuarti demenze ideologiche e poi passi tutti il resto della tua vita a farti compatire? E ti vedi vecchietto ai parchi il 15 di agosto con la sciarpa tirata sul collo perché non vedano la svastica o il teschio o qualsiasi altra idiozia? Guarda, se proprio vuoi essere un cretino, fuori è pieno di burattinai che non vedono l'ora di attaccarti ai fili.
Ecco, questo è il mio mestiere di adulto imperfetto: prendere di petto i cretini in potenza. Sarà la mia rovina. Ma è inutile dirmelo: ormai sono fatto così, non miglioro. (Mi arruffo, gonfio il petto, mostro i bargigli, gli artigli, le zanne, mi percuoto il torso con noci di cocco, guaisco, strillo, fischio, mi faccio palla come un pesce palla, e non miglioro).
La parte più lunga del viaggio – non già la più eccitante – si chiama “maturità”. È il tunnel che imbocchi quando ti rendi conto che i cretini sono inevitabili e, in qualche misura, invincibili. Non c'è errore più grande che prenderli di petto, ed è un errore che hai commesso così volentieri in gioventù. Non vedevi l'ora di scontrarti con un cretino per dirgli: Cretino! Che gran soddisfazione. Ma durava pochi istanti, e lasciava un gusto amaro. Ci vuole tutta la maturità per capire che un cretino, se gli dai del cretino, non migliora. Si offende, si arruffa, fa la ruota, mostra le unghie, i bargigli, comincia ad abbaiare, chiama i parenti, gli amici altolocati, i contatti in magistratura, e resta un cretino. Ti va già bene se non ti trascina con sé (è contagiosa, la faccenda). È una patologia seria, forse genetica, di certo incurabile nei soggetti adulti, e tu pensavi di guarirla con cosa? Con la verità? Non funziona. Non è un rimedio, la verità, a volte diventa un semplice dettaglio, la verità, una curiosità. Non si agita uno specchietto davanti a un toro nell'arena: all'inizio era un'idea divertente, ma alla fine capisci che non è sano. Passerai il resto del viaggio ad aggirarli, i cretini, a provare a raggirarli, metterli nella condizione di fare cose intelligenti senza accorgersene, mordendoti la lingua ogni volta che il grido “cretino” ti cresce in gola.
La gente che mi chiede se è dura fare l'insegnante, uh, se sapessero. Mi credono così buono, il missionario, la maestrina. Se sapessero che passo le ore a urlare in faccia a piccole creature, come un indemoniato, un ossesso, uno scimmione. Non sono un buon insegnante, non sono proprio buono in generale. Il motivo per cui faccio questo mestiere è ben altro. E' forse l'unico mestiere in cui puoi trattare i cretini come tali. Se vedo un bambino che fa una cosa cretina (e ne vedo in continuazione), glielo posso dire in faccia. Il mio ruolo me lo consente, anzi me lo richiede, e io ne approfitto. Continuamente, vigliaccamente. E' persino possibile che in qualche modo io contribuisca al progresso della società, perché a differenza dell'adulto cretino, il cervello del preadolescente è ancora in fase di crescita e chissà, qualche urlaccio assestato da parte mia potrebbe in modo abbastanza fortuito contribuire. Ma non è per questo che ci vado. Capitare in una classe, intercettare un frugoletto che saluta a tre dita come Ivan Bogdonov, prendersi venti minuti per spiegargli che quel signore è tre volte cretino: cretino per i tatuaggi, cretino per il passamontagna, cretino perché si cala il passamontagna per non farsi identificare ma il 13 ottobre va in giro con le mezze maniche e i tatuaggi più vistosi dei Balcani e se li fa inquadrare per un'ora in eurovisione, e sai perché? Perché egli è il Principe, Re, Imperatore dei Cretini: uno e trino: questo è il senso più recondito del saluto nazionalista serbo: inoltre in Bosnia i cetnici mozzavano le altre due dita ai prigionieri, quindi invece di fare il furbacchione in quest'aula prova a ordinare tre cappuccini a Sarajevo, se ne hai il coraggio, ecco: poi tiri fuori dalla borsa la fotocopia dell'articolo della gazzetta e glielo spieghi, per i restanti 40 minuti: questo scimmione, questo principe e imperatore e re dei pirla, è una marionetta dei narcotrafficanti, un idiota che fa il gradasso e poi si nasconde nel bagagliaio come quegli esserini, sai, i vermi. Vuoi davvero farne il tuo mito? Guardalo: ti metto davanti lo specchio del cretino che potresti essere a trent'anni: che ne dici? Perché non cominci a tatuarti demenze ideologiche e poi passi tutti il resto della tua vita a farti compatire? E ti vedi vecchietto ai parchi il 15 di agosto con la sciarpa tirata sul collo perché non vedano la svastica o il teschio o qualsiasi altra idiozia? Guarda, se proprio vuoi essere un cretino, fuori è pieno di burattinai che non vedono l'ora di attaccarti ai fili.
Ecco, questo è il mio mestiere di adulto imperfetto: prendere di petto i cretini in potenza. Sarà la mia rovina. Ma è inutile dirmelo: ormai sono fatto così, non miglioro. (Mi arruffo, gonfio il petto, mostro i bargigli, gli artigli, le zanne, mi percuoto il torso con noci di cocco, guaisco, strillo, fischio, mi faccio palla come un pesce palla, e non miglioro).
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