E un quarto d'ora d'odio?

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La settimana della violenza

All'inizio del mese il Ministero della Pubblica Istruzione ci ha fatto sapere che la settimana dal 12 al 18 ottobre sarebbe stata una “Settimana contro la violenza”, nel corso della quale “ogni Istituzione scolastica, nell’ambito della propria autonomia”, era invitata “a promuovere iniziative di sensibilizzazione, informazione e formazione, anche con il coinvolgimento di rappresentanti delle Forze dell’Ordine, delle Associazioni e del Volontariato sociale, rivolte agli studenti, ai genitori e ai docenti sulla prevenzione della violenza fisica e psicologica”, bla bla bla. Circolare del due ottobre.
Insomma, avevamo una settimana di tempo, per inventarci qualche lezione sulla violenza, magari invitando all'ultimo momento rappresentanti di Forze dell'Ordine o di Associazioni.
Io però non mi sono inventato niente. Insomma, non la sto proprio celebrando, questa settimana contro la violenza.

In tv ne parlano. Io faccio finta di nulla. E così siamo tutti contenti. È la pacifica convivenza dell'era Gelmini-Brunetta: loro strombazzano le loro iniziative, noi ce ne freghiamo, la vita continua. Come quando Brunetta praticamente ci tolse la malattia: una cosa lievemente incostituzionale, e infatti dopo qualche mese ce la dovette ripristinare. Ma nel frattempo per un annetto era andato in giro a mostrare i muscoli, io sì che li faccio rigare dritti gli statali, con me non si ammalano più. Adesso siamo di nuovo liberi di ammalarci e lui è libero di fare il gradasso in tv: con reciproca soddisfazione. Perciò ho deciso che smetterò di osservare le Settimane di Questo e le Giornate di Quello. Non credo che il Ministero mi invierà mai un ispettore durante la giornata della Memoria delle vittime per le foibe, a controllare se sto parlando di foibe dal corretto punto di vista (quello, presumo, degli infoibati). Se l'obiettivo di chi inventò la Giornata era mostrare a certi elettori che lui non se le dimenticava, le foibe... tale obiettivo può dirsi felicemente conseguito senza bisogno di complicare la vita a degli undicenni che in Storia sono ancora a Carlomagno.

Ma voi avete idea di cosa significa spiegare a un undicenne cos'è una foiba (geologia), dove si trova (geografia) il contesto storico (irredentismo-fascismo-guerra civile)... tutto in 60 minuti, perché poi abbiamo la grammatica da correggere? Pensate sia uno scherzo? Avete un minimo di rispetto per il mio mestiere, che è meno facile di quel che sembra? Fidatevi, non si ficca tutta quella roba nel cervello di un ragazzino a cui ancora nessuno ha spiegato cos'è una Guerra Mondiale. È uno spreco di tempo. Le cose vanno fatte con ordine: c'è stata l'Unità d'Italia, ma Trieste era ancora austriaca; poi il '15-'18; poi il Fascismo; poi di nuovo la guerra... e a quel punto la foiba smette di essere un corpo estraneo e s'inserisce naturalmente in un bagaglio di nozioni che cresce piano piano. In questo modo si impara... ammesso che imparare sia quel che c'interessa. Al Ministero interessa molto di più “ricordare”.

Le foibe hanno una loro importanza, lo so. Sono il primo che ci terrebbe a parlarne. Per esempio l'anno scorso ho portato due classi di tredicenni a Trieste. Lungo il sentiero a picco sul golfo che piaceva tanto a Rilke le hanno viste, le maledette foibe, coi loro occhietti ancora vergini. A quel punto abbiamo raccontato loro come venivano impiegate durante la guerra, e credo abbia funzionato. Quei tredicenni non si dimenticheranno tanto facilmente delle foibe. Ma non posso portarli sul Carso tutti gli anni, il mondo è vasto e vario e ci sono tanti altri massacri importanti: il Pasubio, Solferino e San Martino, eccetera eccetera eccetera.

Mi sbilancio: può darsi che l'anno prossimo non celebrerò nemmeno la giornata della Memoria per la Shoah. Mi rendo conto che è una tragedia unica nella Storia, ma i miei tredicenni l'hanno rigorosamente osservata già dai sei anni in poi: sanno La Vita è Bella a memoria e alcuni, se fanno sogni in bianco e nero, è solo perché sognano singole scene di Schindler's List. Insomma ce l'abbiamo fatta: siamo riusciti a ficcare la Shoah nel ristrettissimo bagaglio culturale del preadolescente. Adesso però si tratta di allargarlo, quel bagaglio, perché c'è il serio rischio che a parte la Shoah non vi si trovi nient'altro. Che si mettano a giocare al nazista e all'ebreo come noi al cowboy e all'indiano: poi il west è passato di moda, tutto è passato di moda, l'unico passato che resiste in tv al cinema e a scuola è quello coi nazisti che massacrano gli ebrei. Se alla fine fanno svastiche sui muri è anche per ignoranza di qualsiasi altro simbolo o slogan.

Io capisco che l'immaginario al potere sia televisivo; però non si può semplicemente applicare le logiche dei palinsesti tv all'orario scolastico: c'è l'avversario della battaglia del Ghetto? Tutti a ricordarci del ghetto. È il giorno delle foibe? Uno special sulle foibe. Ehi, avete notato che c'è molta violenza? Allora adesso blocchiamo tutto e ne parliamo... per una settimana. Tanto evidentemente non abbiamo niente di meglio da fare.

Non abbiamo programmi ben definiti da portare a termine entro giugno: verbi irregolari e tabelline, figurati. No, noi per la maggior parte dell'anno scolastico siamo in classe a girarci i pollici in attesa che ai ministri venga in mente qualche altro anniversario storico assolutamente Non Dimenticabile. Quella che sta passando a suon di circolari è la sostituzione del Programma con l'Almanacco: a ogni giorno un Fatto Diverso. Senza collegamenti, che dovrebbero essere l'unica cosa importante: insegnare la Storia non significa inculcare una determinata quantità di nozioni, ma sviluppare negli studenti la capacità a intrecciarle tra loro secondo rapporti di causa ed effetto. Che vanno a farsi benedire nel momento in cui il palinsesto scolastico diventa uno show generalista dove oggi si parla di foibe, domani di violenza e dopodomani di Carlomagno.

Io poi la capisco, l'esigenza della politica di sequestrare ore di lezione per celebrare determinati episodi. Vorreste costruirci intorno una nuova coscienza nazionale, sì, lo faceva anche Mussolini ma non vuol dire, sotto certi aspetti è un proposito lodevole. Anche se con sei emittenze nazionali a disposizione forse potreste contare su strumenti più duttili e pervasivi della lezione scolastica... eh, però le fasce tv comunque costano, specie quelle protette, e i film e i cartoni violenti sono un buon investimento, ai ragazzini piacciono da matti. Per contro, obbligare i professori a festeggiare la settimana contro violenza non costa nulla. Che sia chiaro che se poi diventano violenti la colpa non è della tv, la tv non c'entra niente. È colpa del professore fissato col programma che insisteva per insegnarvi i verbi irregolari invece di approfondire il problema della violenza.

Io di violenza ne parlo. Giusto ieri spiegavo che un conto è darsi i pugni, un conto è prendersi per il collo. Avete mai visto un'impiccagione in tv? Vi siete mai chiesti perché li appendono per il collo invece, non so, che per i piedi, le mani, i capelli? Perché l'osso del collo si spezza subito, tunc! Con tanto di schizzo esplicativo sulla lavagna. Questi dettagli funzionano sempre, gli undicenni continueranno a prendersi per il collo ma con più cautela. Insomma, che volete da me? Io per quanto posso sono sempre sul pezzo. Non mi dispiacerebbe nemmeno approfondire, invitare un traumatologo e proiettare lastre di contusioni, ma dovete darmi tempo. Invece me lo state togliendo. Quest'anno mi avete segato un'altra ora di italiano alla settimana, adesso i miei studenti ne fanno cinque. Cinque ore alla settimana, non stupitevi se la prossima generazione non riuscirà a coniugare i passati remoti. Poi c'è lo spettro della Cittadinanza e Costituzione, un'altra materia di cui i giornalisti hanno parlato molto, ma che per adesso nelle circolari non c'è: a occhio sembra la cara vecchia Educazione Civica, ma forse dall'anno prossimo avrà una casella a parte sulla pagella. Quindi ci daranno un'ora in più? Sembra proprio di no. Dovremo ridurre ulteriormente le ore di lettere? Ma di analfabeti ne produciamo già in abbondanza (però sanno benissimo come si pronuncia Auschwitz).

La settimana scorsa il tg2 delle tredici – organo ufficioso degli adoratori dell'orsetto Knut ed altre lobby animaliste italiane – ha raccontato con dovizia di particolari che il Ministro della Pubblica Istruzione (on. Maria Stella Gelmini) e il Ministro del Turismo (on. Michela Vittoria Brambilla) si erano incontrate per discutere dell'esigenza insopprimibile di trasformare l'amore per gli animali in una materia scolastica. C'è già una proposta di legge in Parlamento. Va be', immagino che in Parlamento ci sia ben peggio, ma questo è l'andazzo: ogni argomento degno di suscitare l'interesse di una seppur minuscola lobby sembra avere dignità di materia scolastica. Senza dimenticarsi, già, dell'ora di dialetto, la proposta estiva di Bossi buona giusto per farsi due risate sotto l'ombrellone: ma che prima o poi, confido, troverà la sua strada in qualche programma scolastico autonomo regionale. Finché finalmente non tornerà a casa il figlio di un politico varesotto con un 4 in dialetto – perché forse non ci avete mai fatto caso, ma i verbi irregolari dialettali sono pure peggio di quelli italiani.

Cambiando argomento, avete presente Gengis Khan? Proprio lui, sì, l'unificatore delle sperdute tribù mongole, il fondatore del più grande impero mai esistito? Un impero esteso dalla Manciuria all'Adriatico, che i suoi successori vollero pacifico e tollerante, consentendo a Marco Polo di andare e venire a piacimento e ponendo le premesse per le prime pandemie continentali? Ecco, era la lezione di oggi. Sbrigata in venti minuti, da Gengis Khan a Marco Polo. Come, così poco? Ma valeva la pena di fondare un impero continentale per lasciare una traccia di venti minuti? Forse no, ma a giugno dobbiamo essere arrivati a Robespierre: tagliano la testa a Maria Antonietta e i ragazzi non se lo perderebbero per niente al mondo. Con due ore di Storia alla settimana, il programma scolastico è così. Se ci dobbiamo anche fermare a parlare in dialetto dell'amore per i gatti e i cani, temo che Gengis Khan avrà unificato le tribù e fondato il suo impero invano. Era meglio, sì, restarsene nella fetente pagoda del padre.
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