Anonima parlamentari

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Ieri gli iscritti al Movimento 5 Stelle ("al 31 dicembre 2012") hanno votato on line il loro candidato alla presidenza della Repubblica. È solo il primo turno; lunedì avverrà un "ballottaggio" tra i dieci nomi più votati - il che significa che probabilmente il vincitore della competizione non avrà la maggioranza assoluta dei consensi nemmeno tra gli elettori m5s. È comunque un po' presto per fare previsioni: per ora tra i nomi più frequenti sui social network ci sono per lo più persone che hanno fatto altri mestieri (Gino Strada, Milena Gabanelli), figure che ci dicono molto dell'immaginario grillino (la centralità del videogiornalismo, l'antagonismo barricadero) ma che è difficile immaginare realmente candidati al Colle. Va da sé che qualcuno voterà direttamente Beppe Grillo: non ci è dato sapere quanti, né se a Grillo interessi o serva un trampolino del genere. Si vedrà più avanti.

Per adesso è interessante osservare il modo in cui il MoVimento punta, consapevolmente o meno, a una repubblica di fatto presidenziale, aggirando la Costituzione. Non c'è bisogno di abrogarla là dove prevede che il presidente sia nominato dal parlamento; è sufficiente trasformare il parlamento in una semplice assemblea di esecutori della volontà popolare, pronta a esprimersi in ogni momento attraverso sondaggi on line sulla piattaforma del MoVimento. Qualcosa di simile ai "grandi elettori" che vengono eletti dai cittadini americani in occasione delle elezioni presidenziali, e ai quali, salvo imprevisti, non viene chiesto che votare esattamente il candidato indicato dai cittadini. È in questo modo che assume un senso anche la boutade di Grillo sull'aspirazione del M5S a raggiungere "il 100% dei consensi": il MoVimento non è un partito - e infatti coi partiti non dialoga - il MoVimento è la piattaforma in cui in futuro i cittadini voteranno le loro leggi ed eleggeranno i loro rappresentanti, compreso il Presidente, senza passare attraverso i partiti. Anche se per ora la piattaforma non è ancora pronta, Casaleggio ci sta lavorando ma è molto impegnato; comunque adesso si prova a eleggere l'inquilino del Quirinale e vediamo come va.

È curioso notare come Grillo, che accusa gli altri partiti di aver trasformato i parlamentari in "figure di cartone", in sostanza consideri i senatori e i deputati non molto più che pigia-bottoni, dai quali non pretende nessuna competenze o professionalità: e infatti dopo due mandati li vuole fuori dai piedi. Dal suo punto di vista non ha tutti i torti, un pigia-bottoni non diventa più bravo dopo cinque anni passati a pigiare bottoni; può però abituarsi agli ozi romani e farsi fotografare alla buvette (continua sull'Unita.it, H1t#174).

In questo programma di superamento e aggiramento delle istituzioni repubblicane  il MoVimento rivela un certa continuità con il passato che pretende di distruggere, e in particolare il berlusconismo. È berlusconiano il tentativo di trasformare l’Italia in una repubblica presidenziale de facto, mutando le elezioni legislative in referendum sulla sua persona (agli italiani era chiesto di barrare o no una croce sul simbolo “Berlusconi presidente”). È sua in fondo anche la concezione del parlamentare come dipendente, da gratificare minacciare o licenziare, e perché no sostituire con qualche elemento strappato alla concorrenza. A questo modello aziendalista Grillo si è ispirato, sostituendo l’immagine del Boss con quella del popolo: i parlamentari, ci ha spiegato, sono nostri dipendenti: non di Berlusconi (e nemmeno di Bersani), ma nostri. Non ci resta che votare e fidarci di Beppe, che più che megafono in questo momento sembra incarnare la figura di un bizzoso amministratore delegato.
In fondo il grillismo è una delle conseguenze del porcellum, la legge elettorale voluta da Berlusconi e che nessun contendente è mai riuscito a cambiare. Abolendo le preferenze, attribuendo ai vertici di partito la totale responsabilità sui nomi da mettere in lista, il porcellum ha eliminato ogni residua necessità di individuare candidati credibili, radicati in un territorio. Proprio nel momento in cui la fiducia nei confronti dei partiti toccava il punto più basso, questi ultimi hanno tolto l’ultima possibilità per l’elettore di segnalare il proprio disagio nei confronti di un candidato indigesto. Il porcellum ha creato le premesse per il successo di un partito di anonimi pigia-tasto: tra i peones di Grillo e quelli di Berlusconi, abbiamo pensato tutti, magari ci sarebbe stato addirittura un salto di qualità – che finora, purtroppo non si è veduto. Ma in un certo senso il M5S è il partito che meglio di tutti incarna la filosofia del porcellum: non si votano le persone, si vota un simbolino che è proprietà di qualcuno che sceglie per te le persone. Se poi è tanto onesto e gentile da aprire consultazioni on line per comporre le liste, tanto meglio, ma non è che faccia molta differenza: in un modello del genere, il candidato ideale non ha né personalità né dubbi, è un automa autorizzato a pigiare determinati tasti durante determinate votazioni. Fa un po’ paura, ma ha un senso. Potrebbe persino funzionare.
Il partito degli anonimi ha però un punto debole: non può, per definizione, esprimere candidati credibili alle cariche più importanti. Lo si è visto al momento di individuare i presidenti delle camere, e ancor più durante le tragicomiche consultazioni in cui il M5S ha reclamato un incarico di governo senza spiegare chi, in concreto, avrebbe voluto mandare a Palazzo Chigi. Dietro all’enigma surreale c’è una banalissima ammissione di inadeguatezza: il partito di anonimi non ha nessun candidato credibile. Non li ha nemmeno per il Quirinale: Grillo in un primissimo momento aveva buttato lì Dario Fo; pretattica o semplice ingenuità? Non lo sapremo mai: c’è da sperare che i suoi iscritti siano un po’ meno confusi di lui.
Nel frattempo Bersani e Berlusconi negoziano. In discussione non può che esserci la riforma elettorale: tutto il resto potrebbe anche essere rimandato dopo nuove elezioni, ma il porcellum va cambiato, a parole sono d’accordo tutti. Personalmente – per quel che conta – avrei preferito che l’accordo lo avessero fatto Pd e M5S, ma le possibilità erano scarse fin dall’inizio. A questo punto la logica, e la pragmatica, ci suggeriscono che due grandi partiti su tre si mettano d’accordo su una legge elettorale disegnata in modo da sfavorire il terzo. E siccome il terzo è un partito di anonimi, è lecito supporre che la prossima legge rimetterà in primo piano le personalità dei candidati. Sarebbe una buona notizia, credo, persino per molti elettori M5S. http://leonardo.blogspot.com
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