un italiano vero?
03-01-2008, 04:02delitti e cronaca, fratelli d'I., migranti, non ho voglia di tuffarmi in un gomitolo, tvPermalinkMohamed
Il ragazzo che vedete qui a fianco è un italiano?
Chiedo a voi, io non lo so.
Nei termini di legge, direi di no. Anche se i suoi famigliari vivono e lavorano nel napoletano da vent'anni, e quindi lui potrebbe benissimo essere nato già qui. Per la legge, però, nascere in Italia non basta. Ci vuole un gotto di sangue italiano, che come è noto abbonda in Canada e in Argentina, ma in Mohamed e in suo fratello Karim, no. Questa è la legge.
E chi se ne frega della legge, d'accordo. Ci sono ben altri parametri. La lingua, per esempio. Mohamed parla l'italiano – eppure c'è qualcosa che non va. Niente di straordinario, ma neanche una sbavatura. Si muove nella lingua italiana con un'agilità che gli italiani della sua età di solito non hanno. Si vede che parla a braccio, eppure non dice sciocchezze e non si perde nella sua sintassi, come fanno ormai anche i vip in tv. Non sbaglia i congiuntivi – anche perché, saggiamente, non va a cercarseli. Insomma, parla bene l'italiano. Un po' troppo bene per sembrare un italiano.
Ma la vera nota stonata è un'altra. Mohamed è davanti a una telecamera. Qualcuno ha sparato a suo fratello per nessun motivo al mondo, per la necessità selvaggia di festeggiare coi botti, di far annusare al mondo il proprio fucile. Mohamed ha a disposizione il quarto d'ora della vita, e invece di fare una sceneggiata... parla. Non piange in camera, non maledice nessuno, non tira in ballo neanche la pena di morte che affratellò tanti telespettatori col marocchino Azouz. Un italiano, colpito negli affetti ed esposto a un microfono, ci tiene a mostrarsi il più possibile irrazionale. Mohamed invece ha soltanto un piccolo discorso da fare. Ha viaggiato un po' e si è accorto che l'Italia non è necessariamente così. Ammette di non aver dato troppa importanza all'“inciviltà”, finché non hanno sparato al fratello: adesso le cose cambieranno. E poi, con semplicità, chiede giustizia: secondo lui identificare il colpevole non dovrebbe essere difficile.
Chiedo a voi: tutto questo vi sembra italiano? A me no.
Ripenso a quando scesero i genitori di Meredith Kercher, la ragazza inglese uccisa a Perugia. Ci fu una conferenza stampa e i cronisti italiani scoprirono, allibiti, che i genitori sorridevano. Erano distrutti dal dolore, ma di fronte a una telecamera si sentivano forzati a un sorriso di cortesia. In Italia è esattamente l'opposto: se quando ti ammazzano un familiare non piangi verso l'obiettivo, sei freddo, insensibile, lucido, e nemmeno Taormina riuscirà a salvarti. Mohamed, seduto, chiede giustizia, quando un suddito italiano striscerebbe e invocherebbe la Vendetta.
Mi costa ammetterlo, ma quella stupida legge del sangue funziona. Mohamed è nato in Italia. Ha viaggiato in lungo in largo, ha imparato la lingua meglio di molti di noi. Ma non è italiano. Tutte queste cose non bastano per fare un italiano.
Mohamed è già qualcosa di più – un cittadino del mondo. Suo padre è nato in Tunisia, suo fratello a Napoli, suo figlio chissà. A Barcellona o Helsinki, o Tokyo, ovunque il mondo avrà bisogno di gente dignitosa e onesta. Gli italiani non sono così. Noi siamo i figli di quelli che non sono voluti andare via. Siamo quelli che non schiodano, anche quando la monnezza arriva al secondo piano. Ogni tanto qualcuno arriva, ci conquista e passa oltre. Passerà anche Mohamed, senza guardarsi troppo indietro.
Il ragazzo che vedete qui a fianco è un italiano?
Chiedo a voi, io non lo so.
Nei termini di legge, direi di no. Anche se i suoi famigliari vivono e lavorano nel napoletano da vent'anni, e quindi lui potrebbe benissimo essere nato già qui. Per la legge, però, nascere in Italia non basta. Ci vuole un gotto di sangue italiano, che come è noto abbonda in Canada e in Argentina, ma in Mohamed e in suo fratello Karim, no. Questa è la legge.
E chi se ne frega della legge, d'accordo. Ci sono ben altri parametri. La lingua, per esempio. Mohamed parla l'italiano – eppure c'è qualcosa che non va. Niente di straordinario, ma neanche una sbavatura. Si muove nella lingua italiana con un'agilità che gli italiani della sua età di solito non hanno. Si vede che parla a braccio, eppure non dice sciocchezze e non si perde nella sua sintassi, come fanno ormai anche i vip in tv. Non sbaglia i congiuntivi – anche perché, saggiamente, non va a cercarseli. Insomma, parla bene l'italiano. Un po' troppo bene per sembrare un italiano.
Ma la vera nota stonata è un'altra. Mohamed è davanti a una telecamera. Qualcuno ha sparato a suo fratello per nessun motivo al mondo, per la necessità selvaggia di festeggiare coi botti, di far annusare al mondo il proprio fucile. Mohamed ha a disposizione il quarto d'ora della vita, e invece di fare una sceneggiata... parla. Non piange in camera, non maledice nessuno, non tira in ballo neanche la pena di morte che affratellò tanti telespettatori col marocchino Azouz. Un italiano, colpito negli affetti ed esposto a un microfono, ci tiene a mostrarsi il più possibile irrazionale. Mohamed invece ha soltanto un piccolo discorso da fare. Ha viaggiato un po' e si è accorto che l'Italia non è necessariamente così. Ammette di non aver dato troppa importanza all'“inciviltà”, finché non hanno sparato al fratello: adesso le cose cambieranno. E poi, con semplicità, chiede giustizia: secondo lui identificare il colpevole non dovrebbe essere difficile.
Chiedo a voi: tutto questo vi sembra italiano? A me no.
Ripenso a quando scesero i genitori di Meredith Kercher, la ragazza inglese uccisa a Perugia. Ci fu una conferenza stampa e i cronisti italiani scoprirono, allibiti, che i genitori sorridevano. Erano distrutti dal dolore, ma di fronte a una telecamera si sentivano forzati a un sorriso di cortesia. In Italia è esattamente l'opposto: se quando ti ammazzano un familiare non piangi verso l'obiettivo, sei freddo, insensibile, lucido, e nemmeno Taormina riuscirà a salvarti. Mohamed, seduto, chiede giustizia, quando un suddito italiano striscerebbe e invocherebbe la Vendetta.
Mi costa ammetterlo, ma quella stupida legge del sangue funziona. Mohamed è nato in Italia. Ha viaggiato in lungo in largo, ha imparato la lingua meglio di molti di noi. Ma non è italiano. Tutte queste cose non bastano per fare un italiano.
Mohamed è già qualcosa di più – un cittadino del mondo. Suo padre è nato in Tunisia, suo fratello a Napoli, suo figlio chissà. A Barcellona o Helsinki, o Tokyo, ovunque il mondo avrà bisogno di gente dignitosa e onesta. Gli italiani non sono così. Noi siamo i figli di quelli che non sono voluti andare via. Siamo quelli che non schiodano, anche quando la monnezza arriva al secondo piano. Ogni tanto qualcuno arriva, ci conquista e passa oltre. Passerà anche Mohamed, senza guardarsi troppo indietro.
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