Il Merlo nelle orecchie
30-04-2012, 18:32autoreferenziali, blog, giornalistiPermalink
Il me nel Merlo.
Ci sono almeno due motivi sensati per cui Francesco Merlo, che saluto, può aver definito i blogger "cupi" "parassiti" che "trafficano con le parole": una sortita così 2003 che mi viene voglia di farmi la frangetta e uscire a ballare; e proprio al festival del giornalismo di Perugia. Che è un po' come andare al convegno mondiale dei formaggi a infamare la ricotta.
Il primo motivo è che ormai si è capito più o meno cosa sono i blog: uno strumento. E che questo strumento in sé non minaccia il giornalismo, anzi. C'è una sola figura di giornalista, a ben vedere, che ha veramente qualcosa da temere dalla diffusione dello strumento, ed è appunto la figura professionale egregiamente rappresentata da Francesco Merlo: l'elzevirista puro, quello che prende gli stessi fatti che il lettore conosce già e li rifrigge in prima pagina con un'abbondante spolverata delle proprie opinioni. Merlo fa questo da tantissimo tempo, e non c'è dubbio che sia più bravo di tutti i bloggerz in circolazione - ma è un po' come possedere la migliore sala d'essai quando tutti ormai in casa hanno il videoregistratore: anche se il tuo servizio è qualitativamente migliore, non lo è più abbastanza per farsi pagare il biglietto. Non è che la gente preferisca le opinioni di pincopallo.blogspot a quelle di Merlo: a un certo punto con blogspot capisci che le opinioni te le puoi scrivere da solo, e leggere e discutere quelle di Merlo diventa meno interessante. Al reporter d'assalto, o al super-esperto di una materia specifica, blogspot non toglie nulla; al limite può servirgli come strumento: sia il reporter che il super-esperto continuano ad avere una competenza precisa che nessuno gli può togliere. Merlo non ha nessuna di queste competenze: la sua specialità è trovare le parole giuste, l'ha perfezionata durante un lungo apprendistato in un periodo in cui trafficare con le parole era un'attività artigianale e ben remunerata. Ma oggi che il Fatto Quotidiano, o l'Huffington Post, o qualsiasi altra testata, offrono gratis il loro spazio alle opinioni dei dilettanti, Merlo si ritrova spiazzato, nel senso letterale: non è più ben chiaro perché lo paghino. Questo è il primo motivo: Merlo è un intellettuale declassato, un artigiano che lotta per difendere la sua produzione nel mondo dell'opinione di massa a costo zero, un birocciaio disgustato dall'avvento del motore a scoppio, eccetera.
Il secondo motivo è forse frutto di paranoia mia, ma forse no: forse Merlo ce l'ha con me. Magari quando parla di parassiti cupi non sta pensando a un blogger generale, a un blogger platonico, ma proprio a me, che mi chiamo Leonardo e scrivo qui: il parassita cupo, e trafficante parolaio, sarei io. Questo sospetto è generato - oltre che dall'egocentrismo mio, e dalle orecchie che mi fischiano - da una banale constatazione: su Merlo ho scritto diversi pezzi, non so neanche quanti, in più di dieci anni. Se i primi sicuramente non li ha mai letti (uno devo averglielo spedito direttamente, ma ero una goccia nel mare), non è poi così campato in aria immaginare che gli ultimi lo abbiano raggiunto: in fondo da un certo punto in poi bastava aver attivato google alert (o avere colleghi stronzi). A questo punto la domanda rimbalza, e tocca a me spiegare: perché ce l'ho tanto con Merlo? Solo Ferrara mi ha ispirato di più, ma Ferrara è un personaggio pubblico che da vent'anni gioca a farsi sputare addosso da quelli come me. Merlo non è altrettanto famoso, non è altrettanto controverso: è un onesto opinionista e a rileggere in rapida successione le cose che gli ho buttato addosso in tanti anni sembra davvero che io l'abbia messo nel mirino.
Anche in questo caso ho due spiegazioni. La prima coinvolge un'altra mia ossessione: il liceo classico. Chi mi legge da un po', poveretto, lo sa: per me il classico, e più in generale l'impostazione crociano-gentiliana è la fonte di ogni guaio in cui l'Italia si dibatte. Anche la mafia? Anche la mafia. Anche i terremoti? L'anno scorso un intellettuale ex consulente ministeriale si lamentava perché alle superiori invece di fare un test di letteratura facevano un test sulle norme di evacuazione, quindi sì: anche i terremoti, se fanno più vittime che altrove, devono ringraziare Croce e Gentile. Ecco, di quel liceo, di quel tipo di cultura, Merlo è il degno erede e non fa nulla per nasconderlo: è sempre tutto un citare Socrate e Santippe, e io intanto devo ancora superare questa cosa che a mezzogiorno suonava una campana e quelli del ginnasio uscivano, mentre io ne avevo per altre due ore. Qualche anno fa scrisse piccato alla Gelmini di non toccare il liceo classico, l'"eccellenza" della scuola italiana, invidiato da tutti nel mondo. Io strabuzzavo gli occhi: quale eccellenza? Quale invidia mondiale? Da quali statistiche internazionali evinceva tutto ciò, Francesco Merlo? Nessuna, ovviamente, Merlo mica è così triviale da spulciar statistiche, del resto l'eccellenza del liceo classico è autoevidente, si tiene su per il codino come Münchhausen: solo il classico poteva produrre Merlo, quindi il mondo ce lo deve invidiare, povero mondo senza elziviri alla Merlo sulla prima pagina di Le Monde o New York Times.
La seconda spiegazione è di nuovo più personale. Io sono il prototipo di quelli che dovrebbero fare concorrenza a Merlo: senza essere bravo quanto lui, comunque gli rovino la piazza. Però alla fine gliela rovino proprio perché faccio le stesse cose che fa lui: prendo gli arcinoti fatti del giorno o del giorno prima, e li cucino con un'abbondante spruzzata di opinioni mie. Quel che più m'infastidisce di Merlo, alla fine, è che è una versione meno imperfetta di me stesso. Potete chiamarla invidia, ma in verità è un po' peggio: io non vorrei essere come lui, ma alla fine mi rendo conto che siamo molto simili. Questo orrore per la scoperta del Merlo in me, di me nel Merlo, si legge tra le righe in vari pezzi che gli ho dedicato: nell'ultimo compare quell'endiadi freudiana, heimlich/unheimlich - bella lingua il tedesco, peccato che la studiassi sempre da mezzogiorno in poi, non mi ricordo niente - comunque in sostanza "heimlich" vorrebbe dire "familiare", e il suo contrario, "unheimlich", perturbante; però non è un vero contrario, in realtà unheimlich contiene heimlich, così come il lupo truccato da nonna contiene davvero la nonna, non c'è nulla di più perturbante di ritrovare noi stessi nei nostri nemici, ed è quello che mi succede quando leggo Merlo: è un ex liceale, ma alla fine dei conti lo sono anch'io. È un parolaio, parassita di chi le notizie se le va a trovare sul campo - eccomi qui, presente, lo sono anch'io. Chissà se anche a Merlo capita, quando passa di qui, di riconoscersi. Magari non è mai passato, magari non mi conosce nemmeno, magari esagero come al solito il mio peso sugli infiniti piattini dell'universo; magari invece mi sta leggendo in questo momento, nel cui caso ciao, scusa, niente di personale. Non ce l'avevo con te, ce l'avevo con me stesso: ma tu eri più comodo.
Io e Merlo (piccola antologia personale, dall'ultimo sputo al primo. Non so se ci sono tutti)
Ma tu non sei Eugeeeeeeeew (2011)
Ci sono almeno due motivi sensati per cui Francesco Merlo, che saluto, può aver definito i blogger "cupi" "parassiti" che "trafficano con le parole": una sortita così 2003 che mi viene voglia di farmi la frangetta e uscire a ballare; e proprio al festival del giornalismo di Perugia. Che è un po' come andare al convegno mondiale dei formaggi a infamare la ricotta.
Il primo motivo è che ormai si è capito più o meno cosa sono i blog: uno strumento. E che questo strumento in sé non minaccia il giornalismo, anzi. C'è una sola figura di giornalista, a ben vedere, che ha veramente qualcosa da temere dalla diffusione dello strumento, ed è appunto la figura professionale egregiamente rappresentata da Francesco Merlo: l'elzevirista puro, quello che prende gli stessi fatti che il lettore conosce già e li rifrigge in prima pagina con un'abbondante spolverata delle proprie opinioni. Merlo fa questo da tantissimo tempo, e non c'è dubbio che sia più bravo di tutti i bloggerz in circolazione - ma è un po' come possedere la migliore sala d'essai quando tutti ormai in casa hanno il videoregistratore: anche se il tuo servizio è qualitativamente migliore, non lo è più abbastanza per farsi pagare il biglietto. Non è che la gente preferisca le opinioni di pincopallo.blogspot a quelle di Merlo: a un certo punto con blogspot capisci che le opinioni te le puoi scrivere da solo, e leggere e discutere quelle di Merlo diventa meno interessante. Al reporter d'assalto, o al super-esperto di una materia specifica, blogspot non toglie nulla; al limite può servirgli come strumento: sia il reporter che il super-esperto continuano ad avere una competenza precisa che nessuno gli può togliere. Merlo non ha nessuna di queste competenze: la sua specialità è trovare le parole giuste, l'ha perfezionata durante un lungo apprendistato in un periodo in cui trafficare con le parole era un'attività artigianale e ben remunerata. Ma oggi che il Fatto Quotidiano, o l'Huffington Post, o qualsiasi altra testata, offrono gratis il loro spazio alle opinioni dei dilettanti, Merlo si ritrova spiazzato, nel senso letterale: non è più ben chiaro perché lo paghino. Questo è il primo motivo: Merlo è un intellettuale declassato, un artigiano che lotta per difendere la sua produzione nel mondo dell'opinione di massa a costo zero, un birocciaio disgustato dall'avvento del motore a scoppio, eccetera.
Il secondo motivo è forse frutto di paranoia mia, ma forse no: forse Merlo ce l'ha con me. Magari quando parla di parassiti cupi non sta pensando a un blogger generale, a un blogger platonico, ma proprio a me, che mi chiamo Leonardo e scrivo qui: il parassita cupo, e trafficante parolaio, sarei io. Questo sospetto è generato - oltre che dall'egocentrismo mio, e dalle orecchie che mi fischiano - da una banale constatazione: su Merlo ho scritto diversi pezzi, non so neanche quanti, in più di dieci anni. Se i primi sicuramente non li ha mai letti (uno devo averglielo spedito direttamente, ma ero una goccia nel mare), non è poi così campato in aria immaginare che gli ultimi lo abbiano raggiunto: in fondo da un certo punto in poi bastava aver attivato google alert (o avere colleghi stronzi). A questo punto la domanda rimbalza, e tocca a me spiegare: perché ce l'ho tanto con Merlo? Solo Ferrara mi ha ispirato di più, ma Ferrara è un personaggio pubblico che da vent'anni gioca a farsi sputare addosso da quelli come me. Merlo non è altrettanto famoso, non è altrettanto controverso: è un onesto opinionista e a rileggere in rapida successione le cose che gli ho buttato addosso in tanti anni sembra davvero che io l'abbia messo nel mirino.
Anche in questo caso ho due spiegazioni. La prima coinvolge un'altra mia ossessione: il liceo classico. Chi mi legge da un po', poveretto, lo sa: per me il classico, e più in generale l'impostazione crociano-gentiliana è la fonte di ogni guaio in cui l'Italia si dibatte. Anche la mafia? Anche la mafia. Anche i terremoti? L'anno scorso un intellettuale ex consulente ministeriale si lamentava perché alle superiori invece di fare un test di letteratura facevano un test sulle norme di evacuazione, quindi sì: anche i terremoti, se fanno più vittime che altrove, devono ringraziare Croce e Gentile. Ecco, di quel liceo, di quel tipo di cultura, Merlo è il degno erede e non fa nulla per nasconderlo: è sempre tutto un citare Socrate e Santippe, e io intanto devo ancora superare questa cosa che a mezzogiorno suonava una campana e quelli del ginnasio uscivano, mentre io ne avevo per altre due ore. Qualche anno fa scrisse piccato alla Gelmini di non toccare il liceo classico, l'"eccellenza" della scuola italiana, invidiato da tutti nel mondo. Io strabuzzavo gli occhi: quale eccellenza? Quale invidia mondiale? Da quali statistiche internazionali evinceva tutto ciò, Francesco Merlo? Nessuna, ovviamente, Merlo mica è così triviale da spulciar statistiche, del resto l'eccellenza del liceo classico è autoevidente, si tiene su per il codino come Münchhausen: solo il classico poteva produrre Merlo, quindi il mondo ce lo deve invidiare, povero mondo senza elziviri alla Merlo sulla prima pagina di Le Monde o New York Times.
La seconda spiegazione è di nuovo più personale. Io sono il prototipo di quelli che dovrebbero fare concorrenza a Merlo: senza essere bravo quanto lui, comunque gli rovino la piazza. Però alla fine gliela rovino proprio perché faccio le stesse cose che fa lui: prendo gli arcinoti fatti del giorno o del giorno prima, e li cucino con un'abbondante spruzzata di opinioni mie. Quel che più m'infastidisce di Merlo, alla fine, è che è una versione meno imperfetta di me stesso. Potete chiamarla invidia, ma in verità è un po' peggio: io non vorrei essere come lui, ma alla fine mi rendo conto che siamo molto simili. Questo orrore per la scoperta del Merlo in me, di me nel Merlo, si legge tra le righe in vari pezzi che gli ho dedicato: nell'ultimo compare quell'endiadi freudiana, heimlich/unheimlich - bella lingua il tedesco, peccato che la studiassi sempre da mezzogiorno in poi, non mi ricordo niente - comunque in sostanza "heimlich" vorrebbe dire "familiare", e il suo contrario, "unheimlich", perturbante; però non è un vero contrario, in realtà unheimlich contiene heimlich, così come il lupo truccato da nonna contiene davvero la nonna, non c'è nulla di più perturbante di ritrovare noi stessi nei nostri nemici, ed è quello che mi succede quando leggo Merlo: è un ex liceale, ma alla fine dei conti lo sono anch'io. È un parolaio, parassita di chi le notizie se le va a trovare sul campo - eccomi qui, presente, lo sono anch'io. Chissà se anche a Merlo capita, quando passa di qui, di riconoscersi. Magari non è mai passato, magari non mi conosce nemmeno, magari esagero come al solito il mio peso sugli infiniti piattini dell'universo; magari invece mi sta leggendo in questo momento, nel cui caso ciao, scusa, niente di personale. Non ce l'avevo con te, ce l'avevo con me stesso: ma tu eri più comodo.
Io e Merlo (piccola antologia personale, dall'ultimo sputo al primo. Non so se ci sono tutti)
Ma tu non sei Eugeeeeeeeew (2011)
Capite, non è tanto Merlo in sé. Merlo si può leggere, a volte è discutibile ma non è che sia disgustoso. Ma leggere Merlo credendo di leggere don Eugenio, come posso descrivere la sensazione perturbante, heimlich/unheimlich... è come scoprire che la biondina che state spiando nella cabina dello stabilimento balneare è vostra sorella ciccia coi brufoli, ecco. E qualcosa dentro di te in quel momento si ribella, nel mio caso il cappuccino.Il merlo maschio (2009, l'annoso problema del burkini)
...forse senza volere Merlo ha centrato il problema. Quello che ci disgusta di più, dell'Islam, non è il maschilismo. Non sono le bombe (che per ora da noi non si son viste). Quello che ci rende l'Islam più indigesto di altre religioni, è che ci assomiglia da vicino. È la nostra foto in bianco e nero, di quando eravamo più giovani e passavamo pomeriggi in piscina nel tentativo d'intravedere un'ascella: e tra gomitate e risatine si passava il sabato. Il ritratto di noi stessi da poveri, questo è l'Islam.Martiri della sintassi (2008, per Merlo il liceo classico è un'"eccellenza" che non va toccata: contiene il vincitore del "trofeo sintassi involuta '08")
Pensate, se ci sfasciassero il liceo, Merlo potrebbe essere l'ultimo editorialista al mondo a scrivere cose come "Brunetta che sogna l'ipercinesi mercuriale del colore aragosta o del blu elettrico" o "abbiamo imparato ad usare la gobba di Leopardi contro quella di Andreotti" e tutte quelle scemenze che da anni piazza nella seconda metà del fondo, nella speranza che qualcuno arrivi fin lì.Come muore un italiano? (2004, Merlo insiste perché la Rai mostri lo snuff di Quattrocchi)
Vedere ed essere visto da milioni di occhi. Per Merlo non c’è italianità più grande. Reggere nell’ora estrema lo sguardo della videocamera. Offrirsi al voyeurismo nazionale. Abbiamo il diritto di vedere. Abbiamo il dovere di guardare. E insomma, ce lo fate vedere o no? (Merlo insiste sul concetto per sei colonne) I corsivisti hanno fame!Gentile signor Merlo (luglio 2001, con lo zaino già pronto per Genova)
Nei prossimi giorni sarò a Genova, da una parte di una nota linea rossa (che in tutta franchezza non vorrei neanche oltrepassare). [...] So quanto lei che tra le forze dell’ordine non sono tutti lettori di Seneca (e forse neanche di De Gennaro), che anzi ce n’è parecchi che bruciano dalla voglia di sprangarci, e ce l’hanno anche già mandato a dire. Bene, signor Merlo, le dico una cosa: quei ragazzi, quegli uomini, non sono miei nemici. Non ho nulla contro di loro. Ho molto più rispetto per il più esaltato di loro di quanto potrò mai averne per lei, che seduto davanti al suo pc scorrerà i drammi del giorno chiedendosi: vediamo cosa posso buttar giù di divertente, oggi. In tutta franchezza, signor Merlo.
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