Il semibluff

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C'è un motivo molto semplice per cui il presidenzialismo potrebbe diventare davvero nei prossimi mesi il nuovo obiettivo del PD, chiunque lo dirigerà: un motivo che non coincide con il solito entusiasmo veltroniano, né con una supposta volontà di arrivare a un compromesso col maledettissimo alleato, Silvio Berlusconi. Il PD potrebbe diventare presidenzialista perché solo col presidenzialismo, forse, il PD potrebbe per una volta vincere. Forse. Meglio largheggiare coi forse. Ma non è una coincidenza che di presidenzialismo e doppio turno si riparli dopo il risultato sorprendente del primo turno alle amministrative: un partito che a livello nazionale sembra aver sbagliato tutto, perdendo elezioni già vinte e subendo l'umiliazione di un connubio con Berlusconi che dovrebbe alienargli la simpatia dei suoi elettori più fedeli, a livello locale continua a vincere. Cosa fa la differenza? Lo sappiamo tutti: i candidati.

Il PD ha dei candidati credibili. Non sempre, ma abbastanza spesso da trovarsi in vantaggio. Il PdL ne ha di meno: il suo fondatore non si è mai posto il problema di selezionare o formare personaggi di reale spessore (che avrebbero potuto eclissarlo). Quanto al M5S, ne fa orgogliosamente a meno e rivendica il dilettantismo dei suoi candidati, che spesso restano sconosciuti anche ai concittadini che li dovrebbero votare: e non sempre un comizio di Beppe riesce a metterci una pezza, né Beppe può continuare a comiziare dappertutto. Alla fine votare un candidato PD è in molti comuni d'Italia un gesto assai meno faticoso che votare il PD in sé, come entità astratta e ormai piuttosto astrusa, sulla scheda delle elezioni legislative. Il PD ha tanti difetti, ma può contare su facce né troppo nuove né troppo impresentabili. Se solo si potessero votare, anche a livello nazionale, le facce e non gli stemmi... Se poi ci fosse il doppio turno, il candidato PD potrebbe profittare della volatilità dell'elettorato a tendenza M5S, che se costretto con una pistola a tempia a scegliere tra un candidato PdL e uno (non troppo d'apparato) del PD, nella maggioranza dei casi sceglierebbe il secondo. O si asterrebbe, ma l'astensione non è una protesta, è una resa. (Continua sull'Unita.it).

Tutto questo porta quasi necessariamente il PD verso un’idea presidenzialista (o semipresidenzialista, non fa tutta questa differenza) che storicamente proviene da tutt’altra direzione: per molti anni la sostenne solo il Movimento Sociale di Almirante, in isolamento non troppo splendido. Poi piacque a Craxi, e Berlusconi la portò in bicamerale, contentandosi alla fine di scrivere semplicemente “Berlusconi” sullo stemma del suo partito con tanti nomi e una faccia sola. Parte dello scetticismo, a sinistra, è ancora di scuola antifascista: la nostra costituzione non sarà la più bella del mondo, ma la centralità del parlamento ha impedito che un altro uomo solo si ritrovasse al potere. Non ha impedito l’ascesa di Berlusconi, ma in un qualche modo è riuscita a contenerlo: anche per la fortunata circostanza che portò al Quirinale, nel ventennio berlusconiano, tre inquilini non berlusconiani (sarebbe potuto andare molto peggio). Se Berlusconi avesse vinto un’elezione presidenziale in quegli anni – e i numeri per vincerla li aveva – si sarebbe trovato investito di un potere assai maggiore di quello che esercitò tra il 2001 e il 2006 e tra il 2008 e il 2011. È difficile immaginare che si sarebbe dimesso da solo due anni fa, nel furibondo autunno dello spread.
Ci sono poi ovviamente presidenzialisti seri, che hanno sostenuto questa idea in tempi non sospetti, e con argomenti non banali. È vero che un parlamento ‘liberato’ dalla necessità di sostenere il premier potrebbe diventare un luogo più produttivo. Ma è difficile immaginare in Italia un cosa come la coabitazione, che anche in Francia è passata di moda da quando si è fatto coincidere il mandato presidenziale con quello parlamentare. Nei fatti un presidente già dotato di grandi poteri, e legittimato da un’elezione diretta (sebbene a doppio turno) potrebbe contare anche su un parlamento compiacente. È un’idea che può affascinare solo chi ha la sensazione di poter vincere, nel momento in cui le personalità del M5S sono ancora allo stato larvale e Berlusconi sembra un po’ spompato – ma è dieci anni che sembra spompato, ed è già sopravvissuto a tre segretari PD. È quasi un bluff: il PD le ha sbagliate quasi tutte, ma se si gioca la carta carisma, forse Renzi (o Letta) possono ribaltare il tavolo. Forse. Forse. Ma è una tattica a cortissimo termine, che nel lungo periodo rischia di lasciarci un sistema fortemente squilibrato, fin troppo adatto alle pulsioni populiste degli italiani, alla loro tormentosa ricerca dell’Uomo Forte. Se almeno fossimo bravi a trovarlo, quest’Uomo: ma da Crispi a Mussolini, da Craxi a Berlusconi a Grillo, sembriamo sempre più affascinati da personaggi che in altri Paesi avrebbero fatto carriera giusto nell’avanspettacolo.http://leonardo.blogspot.com
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