15-04-2002, 02:21contare i morti, Israele-Palestina, medio oriente, Oriana FallaciPermalink
L'equazione Kissinger
Come si contano i morti? Non è una domanda da poco. Di solito una vittima pesa più del suo assassino, e un bambino vale sempre più di un adulto. Le convenzioni internazionali (per quel che valgono) prevedono poi che un civile valga più di un militare. Tutto questo ha un valore molto relativo nella Terra Santa, la terra dei paradossi. È più grave l'assassinio di un civile o un militare? Merita più pietà una ragazzina di leva che muore in un agguato, o un 'civile' colono di Hebron o di Gaza che fa tirassegno sulle case dei dirimpettai palestinesi? In ogni caso i palestinesi non hanno il diritto di avere un esercito, quindi o sono tutti civili o tutti terroristi.
Come si contano i morti? Evocata, la Fallaci sostiene che qualcuno "fa la tara" alle vittime degli attentati. È un'accusa grave, ma a chi è rivolta? Può citare un episodio? Ha in mente qualcuno?
La tara sui morti. Nella sua brutalità, quest'espressione mi ha colpito. Ho pensato alla fortuna di essere italiano: da noi la questura fa la tara solo ai manifestanti. E poi ho pensato a Kissinger, e a questa frase di un'intervista di 15 giorni fa, sulla Repubblica (copyright Cnn). L'ex segretario di Stato americano biasimava l'ossessione di Sharon per Arafat:
Credo che gli israeliani così facendo stiano distogliendo l'attenzione dagli attacchi suicidi, che hanno ucciso l'equivalente di 2500 americani in tre giorni, fatte le debite proporzioni.
Eh?
Sulla Questione Palestinese c'è molta letteratura. Decine di personaggi – esperti o no, coinvolti o no, di parte o meno – che ogni giorno dispensano la loro opinione. Nel frastuono generale capita di cogliere ogni tanto una frase al volo, che non si dimentica, tanto è enorme. Cosa vuol dire che in tre giorni i terroristi palestinesi hanno ucciso "l'equivalente di 2500 americani"? Quali sarebbero "le debite proporzioni"? Kissinger non le spiega. Le dà per scontate.
Ora io, senza voler passare per nessun motivo al mondo come sostenitore di Hamas, mi sento di negare con fermezza che in Israele o nei Territori Occupati ci siano mai state 2500 vittime di attentati in tre giorni. Non sono nemmeno sicuro che i palestinesi abbiano ucciso 2500 israeliani dall'inizio dell'Intifada, per cui "la debita proporzione" di Kissinger la trovo tutt'altro che scontata. Per l'americano Kissinger, insomma, un morto israeliano vale molti morti americani. Ma quanti, esattamente? E perché? Qual è la "debita proporzione"?
Ci ho pensato un po' su, e ho costruito la seguente teoria: Kissinger, da bravo americano, ragiona in termini di percentuali. E cioè: per lui tutti i popoli sono uguali (e questo gli fa onore), e valgono, diciamo, cento. Ora, fingiamo che esista un piccolo popolo di sole cento persone. Mettiamo che io ne uccida uno, perché mi sta antipatico. Vengo catturato in flagrante e processato per omicidio. Fin qui tutto bene. Ma interviene il premio Nobel per la pace Henry Kissinger e dice: un momento. Quest'uomo non ha ucciso un altro uomo. Ha ucciso l'uno per cento della popolazione di questo Stato. È come se avesse ucciso l'uno per cento della popolazione degli Stati Uniti. Vale a dire (gli americani sono 250 milioni) due milioni e mezzo di americani. Di conseguenza chiedo che venga processato per genocidio, come minimo.
Credo che in quei giorni si potessero contare una cinquantina di vittime degli attentati. Una cifra spaventosa. Che diviene ancor più spaventosa a contarla con l'unità di misura kissingeriana, il "cittadino americano". Ho fatto dei calcoli. Per ottenere una cifra di "2500 americani" Kissinger deve aver moltiplicato le vittime degli attentati (50) per la popolazione degli USA (250 milioni) e diviso il tutto per la popolazione d'Israele (5 milioni). Il risultato è impeccabile, da un punto di vista matematico, ma è delirante. Devo aver delirato anch'io, mentre lo ricostruivo. Armeggiavo con la penna su un foglio e mi dicevo, dio mio, ma sto davvero moltiplicando morti e vivi in questo modo? Milioni di morti e migliaia di vivi? Perché Sono pazzo? No, sto cercando di capire il modo in cui Kissinger conta i morti. Un perfezionamento dell'"occhio per occhio" biblico (si, Miss Fallaci, sta scritto nella Bibbia, non nel Corano): un occhio israeliano secondo lui vale 50 occhi americani. Ma se n'è reso conto qualcuno? L'intervistatore della CNN? Il traduttore di Repubblica? Un lettore? Ci ha fatto caso qualcuno? Nessun americano si è sentito di protestare? Questo qui si spaccia per esperto di geopolitica e fa calcoli del genere, magari con un foglio e una matita, come me. Li faceva anche quando lavorava per la Casa Bianca? E adesso per chi lavora?
A questo punto, perché dover sempre ragionare in termini di americani? Prendiamo i cinesi. Sono più o meno un miliardo. Mi aspetto di sentir dire qualche esperto di geopolitica (al di sopra delle parti, beninteso), che i terroristi hanno ucciso l'equivalente di diecimila cinesi, "facendo le debite proporzioni". Oppure prendiamo il principato di Monaco. Trentamila abitanti. Sconsiglio di torcere un capello a chiunque di loro. Equivarrebbe a torcere un capello a ottomila cittadini USA, in base all'equazione Kissinger (un altro motivo per tenersi caro Pavarotti).
E i palestinesi? Come la mettiamo coi morti palestinesi?
La mettiamo male, perché non si sa quanti siano. Per esempio, a Jenin gli israeliani sostengono di averne seppellito solo "qualche decina", ed erano "tutti armati". Per i palestinesi sono molti di più: forse cinquecento. Ma facciamo la tara anche alle vittime di Jenin, che essendo armate sono senz'altro terroristi (mentre i coloni che girano armati per il centro di Hebron sono pacifici cittadini). Mettiamo che "qualche decina" siano 50: quanto valgono, in base all'equazione Kissinger, cinquanta morti palestinesi?
Se si calcola tre milioni di palestinesi nei Territori (approssimazione per eccesso, ma ragionevole, se ce n'è un milione e duecentomila solo nella striscia di Gaza), la debita proporzione dà 4166,6 periodico (controllate anche voi). Facciamo quattromila. L'equivalente di quattromila cittadini americani è morto e sepolto a Jenin. Quasi le Twin Towers. Nota: abbiamo i dati forniti dall'esercito israeliano, che non è tenuto a dire la verità (sarebbe piuttosto stupefacente che la dicesse). Ma anche così l'equazione Kissinger darebbe ragione ad Arafat. A meno che non sia applicabile ai morti palestinesi, ma solo agli israeliani. Quindi anche la matematica non sarebbe uguale per tutti? Questo Mr. Kissinger, sospettato di crimini contro l'umanità, non lo dice.
Insomma, hai voglia a fare la tara. I morti palestinesi sono più di quelli israeliani. E se i civili contano di più, anche i civili morti palestinesi sono più dei civili israeliani. Per una ragazzina israeliana morta in discoteca possono esserci due o tre ragazzini palestinesi che forse avrebbero preferito esserci anche loro, in discoteca, ma non ce ne sono nei Territori. Se decidiamo che ogni vita umana ha il medesimo valore (idea familiare in quella regione, da duemila anni almeno), piangeremo sia per gli israeliani che per i palestinesi, ma per questi ultimi dovremo piangere più tempo. Se diciamo che lo Stato d'Israele è minacciato, dobbiamo anche dire che è minacciata l'esistenza stessa del popolo palestinese. E trarre la conseguenza: da che parte stiamo? Perché è ipocrita, in questa colossale disparità di mezzi, dirsi imparziali: è solo un modo lambiccato e tipicamente italiano di infilarsi sul carro dei vincitori, quali che siano. (Israele vince? Ed ecco un'affollata schiera di opinionisti sentire l'improvviso bisogno di riconoscere a Israele il diritto all'esistenza. Purtroppo Israele questo diritto se lo è preso anni fa, senza chiedere opinioni alla crema del giornalismo italiano). Io non sono imparziale. Io sto coi perdenti. Le ragioni dei vincitori non m'interessano. Tanto i vincitori hanno i mezzi sufficienti a farsi sentire. I perdenti invece hanno bisogno di aiuto. Non dico che i loro morti valgono di più – non faccio equazioni, io, non sono un esperto di geopolitica e non lavorerò mai per la Casa Bianca. Dico solo che i loro morti sono di più. Vediamo chi smentisce questo.
Come si contano i morti? Non è una domanda da poco. Di solito una vittima pesa più del suo assassino, e un bambino vale sempre più di un adulto. Le convenzioni internazionali (per quel che valgono) prevedono poi che un civile valga più di un militare. Tutto questo ha un valore molto relativo nella Terra Santa, la terra dei paradossi. È più grave l'assassinio di un civile o un militare? Merita più pietà una ragazzina di leva che muore in un agguato, o un 'civile' colono di Hebron o di Gaza che fa tirassegno sulle case dei dirimpettai palestinesi? In ogni caso i palestinesi non hanno il diritto di avere un esercito, quindi o sono tutti civili o tutti terroristi.
Come si contano i morti? Evocata, la Fallaci sostiene che qualcuno "fa la tara" alle vittime degli attentati. È un'accusa grave, ma a chi è rivolta? Può citare un episodio? Ha in mente qualcuno?
La tara sui morti. Nella sua brutalità, quest'espressione mi ha colpito. Ho pensato alla fortuna di essere italiano: da noi la questura fa la tara solo ai manifestanti. E poi ho pensato a Kissinger, e a questa frase di un'intervista di 15 giorni fa, sulla Repubblica (copyright Cnn). L'ex segretario di Stato americano biasimava l'ossessione di Sharon per Arafat:
Credo che gli israeliani così facendo stiano distogliendo l'attenzione dagli attacchi suicidi, che hanno ucciso l'equivalente di 2500 americani in tre giorni, fatte le debite proporzioni.
Eh?
Sulla Questione Palestinese c'è molta letteratura. Decine di personaggi – esperti o no, coinvolti o no, di parte o meno – che ogni giorno dispensano la loro opinione. Nel frastuono generale capita di cogliere ogni tanto una frase al volo, che non si dimentica, tanto è enorme. Cosa vuol dire che in tre giorni i terroristi palestinesi hanno ucciso "l'equivalente di 2500 americani"? Quali sarebbero "le debite proporzioni"? Kissinger non le spiega. Le dà per scontate.
Ora io, senza voler passare per nessun motivo al mondo come sostenitore di Hamas, mi sento di negare con fermezza che in Israele o nei Territori Occupati ci siano mai state 2500 vittime di attentati in tre giorni. Non sono nemmeno sicuro che i palestinesi abbiano ucciso 2500 israeliani dall'inizio dell'Intifada, per cui "la debita proporzione" di Kissinger la trovo tutt'altro che scontata. Per l'americano Kissinger, insomma, un morto israeliano vale molti morti americani. Ma quanti, esattamente? E perché? Qual è la "debita proporzione"?
Ci ho pensato un po' su, e ho costruito la seguente teoria: Kissinger, da bravo americano, ragiona in termini di percentuali. E cioè: per lui tutti i popoli sono uguali (e questo gli fa onore), e valgono, diciamo, cento. Ora, fingiamo che esista un piccolo popolo di sole cento persone. Mettiamo che io ne uccida uno, perché mi sta antipatico. Vengo catturato in flagrante e processato per omicidio. Fin qui tutto bene. Ma interviene il premio Nobel per la pace Henry Kissinger e dice: un momento. Quest'uomo non ha ucciso un altro uomo. Ha ucciso l'uno per cento della popolazione di questo Stato. È come se avesse ucciso l'uno per cento della popolazione degli Stati Uniti. Vale a dire (gli americani sono 250 milioni) due milioni e mezzo di americani. Di conseguenza chiedo che venga processato per genocidio, come minimo.
Credo che in quei giorni si potessero contare una cinquantina di vittime degli attentati. Una cifra spaventosa. Che diviene ancor più spaventosa a contarla con l'unità di misura kissingeriana, il "cittadino americano". Ho fatto dei calcoli. Per ottenere una cifra di "2500 americani" Kissinger deve aver moltiplicato le vittime degli attentati (50) per la popolazione degli USA (250 milioni) e diviso il tutto per la popolazione d'Israele (5 milioni). Il risultato è impeccabile, da un punto di vista matematico, ma è delirante. Devo aver delirato anch'io, mentre lo ricostruivo. Armeggiavo con la penna su un foglio e mi dicevo, dio mio, ma sto davvero moltiplicando morti e vivi in questo modo? Milioni di morti e migliaia di vivi? Perché Sono pazzo? No, sto cercando di capire il modo in cui Kissinger conta i morti. Un perfezionamento dell'"occhio per occhio" biblico (si, Miss Fallaci, sta scritto nella Bibbia, non nel Corano): un occhio israeliano secondo lui vale 50 occhi americani. Ma se n'è reso conto qualcuno? L'intervistatore della CNN? Il traduttore di Repubblica? Un lettore? Ci ha fatto caso qualcuno? Nessun americano si è sentito di protestare? Questo qui si spaccia per esperto di geopolitica e fa calcoli del genere, magari con un foglio e una matita, come me. Li faceva anche quando lavorava per la Casa Bianca? E adesso per chi lavora?
A questo punto, perché dover sempre ragionare in termini di americani? Prendiamo i cinesi. Sono più o meno un miliardo. Mi aspetto di sentir dire qualche esperto di geopolitica (al di sopra delle parti, beninteso), che i terroristi hanno ucciso l'equivalente di diecimila cinesi, "facendo le debite proporzioni". Oppure prendiamo il principato di Monaco. Trentamila abitanti. Sconsiglio di torcere un capello a chiunque di loro. Equivarrebbe a torcere un capello a ottomila cittadini USA, in base all'equazione Kissinger (un altro motivo per tenersi caro Pavarotti).
E i palestinesi? Come la mettiamo coi morti palestinesi?
La mettiamo male, perché non si sa quanti siano. Per esempio, a Jenin gli israeliani sostengono di averne seppellito solo "qualche decina", ed erano "tutti armati". Per i palestinesi sono molti di più: forse cinquecento. Ma facciamo la tara anche alle vittime di Jenin, che essendo armate sono senz'altro terroristi (mentre i coloni che girano armati per il centro di Hebron sono pacifici cittadini). Mettiamo che "qualche decina" siano 50: quanto valgono, in base all'equazione Kissinger, cinquanta morti palestinesi?
Se si calcola tre milioni di palestinesi nei Territori (approssimazione per eccesso, ma ragionevole, se ce n'è un milione e duecentomila solo nella striscia di Gaza), la debita proporzione dà 4166,6 periodico (controllate anche voi). Facciamo quattromila. L'equivalente di quattromila cittadini americani è morto e sepolto a Jenin. Quasi le Twin Towers. Nota: abbiamo i dati forniti dall'esercito israeliano, che non è tenuto a dire la verità (sarebbe piuttosto stupefacente che la dicesse). Ma anche così l'equazione Kissinger darebbe ragione ad Arafat. A meno che non sia applicabile ai morti palestinesi, ma solo agli israeliani. Quindi anche la matematica non sarebbe uguale per tutti? Questo Mr. Kissinger, sospettato di crimini contro l'umanità, non lo dice.
Insomma, hai voglia a fare la tara. I morti palestinesi sono più di quelli israeliani. E se i civili contano di più, anche i civili morti palestinesi sono più dei civili israeliani. Per una ragazzina israeliana morta in discoteca possono esserci due o tre ragazzini palestinesi che forse avrebbero preferito esserci anche loro, in discoteca, ma non ce ne sono nei Territori. Se decidiamo che ogni vita umana ha il medesimo valore (idea familiare in quella regione, da duemila anni almeno), piangeremo sia per gli israeliani che per i palestinesi, ma per questi ultimi dovremo piangere più tempo. Se diciamo che lo Stato d'Israele è minacciato, dobbiamo anche dire che è minacciata l'esistenza stessa del popolo palestinese. E trarre la conseguenza: da che parte stiamo? Perché è ipocrita, in questa colossale disparità di mezzi, dirsi imparziali: è solo un modo lambiccato e tipicamente italiano di infilarsi sul carro dei vincitori, quali che siano. (Israele vince? Ed ecco un'affollata schiera di opinionisti sentire l'improvviso bisogno di riconoscere a Israele il diritto all'esistenza. Purtroppo Israele questo diritto se lo è preso anni fa, senza chiedere opinioni alla crema del giornalismo italiano). Io non sono imparziale. Io sto coi perdenti. Le ragioni dei vincitori non m'interessano. Tanto i vincitori hanno i mezzi sufficienti a farsi sentire. I perdenti invece hanno bisogno di aiuto. Non dico che i loro morti valgono di più – non faccio equazioni, io, non sono un esperto di geopolitica e non lavorerò mai per la Casa Bianca. Dico solo che i loro morti sono di più. Vediamo chi smentisce questo.
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