Spendi spandi spending review

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Qualche tempo fa Enrico Letta, salito un attimo a palazzo Chigi per tenere il posto in caldo, constatata la necessità di tagli drastici ma non scriteriati, nominò Carlo Cottarelli commissario straordinario per la revisione della spesa. Si trattava di un compito di una certa responsabilità, e Cottarelli non lo prese sottogamba. Provvide anzi alacremente a nominare una nutrita schiera di collaboratori, suddivisi in venti sottogruppi che, nel giro di un anno, produssero una serie di rapporti ora finalmente disponibili on line. Non c’è dubbio che sfogliandoli ci si possa fare un’idea su quali siano i tagli necessari e non più posticipabili.

Ma sono ottocento pagine.

Non resta che nominare una commissione che se li legga e ci faccia un riassunto, tanto più esauriente se la si dividerà a sua volta in una diecina di sottocommissioni, ognuna con un capitolo specifico da studiare e sintetizzare. Quando si tratta di risparmiare, da noi non si bada alle spese.

(Visto che mi avanzano un po’ di caratteri, li regalo a Francesco Daveri: Fino a che la politica dà in appalto ai tecnici la stesura di un listone di cose da fare, anche radicali, non si va da nessuna parte. Le listone dei chirurghi dei tagli sono montagne che hanno finora partorito solo il topolino della listina di spesa “aggredibile”. Con l’unico risultato che la spesa pubblica in percentuale sul Pil è aumentata di tre punti dal 2003 a oggi, per un totale di cinquanta miliardi in più.)
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