Perché Renzi si ostina con l'inglese? (Because yes, he can).

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The Crimson
Ogni volta che a Renzi capita di trovarsi in un Paese anglosassone e di tenere un 'discorso' in inglese, provo sensazioni contrastanti.

Da una parte abbiamo una persona che ci rappresenta e che non parla inglese molto bene - anche se bisogna ammettere che è migliorato. Dall'altra abbiamo una specie di riflesso condizionato dell'antirenzismo più superficiale, così prevedibile che è lecito domandarsi se lo stesso Renzi non lo stia prevenendo e provocando. Quanti minuti ci vogliono perché compaia il video coi sottotitoli buffi, che avrà ovviamente quelle migliaia di visualizzazioni che il video ufficiale sull'Unità non otterrà mai? (Ma poi saranno davvero così buffi i sottotitoli?)

Nel frattempo qualcuno fa notare che a indignarsi per l'inglese di Renzi sono solo gli italiani. Gli anglosassoni non lo trovano particolarmente buffo, o meglio, all'inglese esotico dei capi di Stato sono abbastanza abituati. Da più di cinquant'anni hanno avuto la possibilità di ascoltare gli accenti strani, ma comunque degni, dei rappresentanti di tutte le nazioni del Commonwealth. Si è probabilmente sviluppata nello spettatore una condiscendenza dal vago sapore coloniale - ed è questo, forse, a infastidirmi: è vero, mentre noi lo critichiamo per la pronuncia ancora parecchio ruspante, magari gli americani in sala pensano: però si è impegnato. Sì appunto: però si è impegnato (poverino) non è quello che dovrebbero pensare del capo del nostro governo. Non dovrebbero sentirlo parlare come un pizzaiolo in un telefilm degli anni Settanta. È addirittura migliorato. Non aveva niente di meglio da fare in questi mesi, che prendere ripetizioni? Visto che non è comunque un buon accento, perché non parla nella sua lingua che in teoria dovrebbe amare e difendere, e non si fa tradurre da un professionista (ne abbiamo di bravissimi che ci farebbero fare un'ottima figura)?

Sui social se ne parla, si litiga, è in gioco qualcosa di più del renzismo: la nozione che più ci tormenta, la Provincialità. Sei più provinciale se parli inglese come Renzi e (soprattutto) non te ne vergogni, anzi lo sfoggi fiero in situazioni istituzionali? o sei più provinciale se ne critichi la pronuncia, quando tutti sanno che non sei più fluent di lui - e poi diciamocelo che questa ossessione per la pronuncia è roba da falliti che si tappano in casa nel week-end per guardarsi le serie coi sottotitoli. Nel frattempo c'è un padroncino che col suo inglese da dispense in edicola si è preso governo e parlamento, e loro.. come si dice rosica in inglese?


Flash-back  Antefatto

Fu mi pare un'olgettina, durante un'udienza del processo, a spiegare che il programma di alcune "cene eleganti" prevedeva la proiezione di un film, ovviamente, su Berlusconi - un documentario che esibiva, qualora sussistessero dubbi, i motivi per cui il padrone di casa era così figo. Mi sembra di ricordare che il climax di questo documentario fosse il discorso tenuto da B al Congresso degli USA nel 2006, poco prima di quelle elezioni che avrebbe dovuto perdere e che invece miracolosamente pareggiò. L'inglese di B. era ovviamente terribile, ma non così tragico, considerata la sua età - B ha quella di certi miei professori universitari che benché coltissimi non si facevano mai sfuggire una parola in inglese a lezione, consapevoli del fatto che i loro studenti li avrebbero considerati ridicoli. Ecco: questa consapevolezza del ridicolo è il tratto distintivo di un ceto medio riflessivo, discretamente istruito, a cui B. e Renzi sono rimasti fieramente estranei.

Quel discorso a un Congresso abbastanza svogliato, B. lo volle fortissimamente, e lo preparò con una cura insolita in quegli anni, in cui passava più tempo a palazzo Grazioli che a palazzo Chigi e cominciava a dare l'impressione di fottersene. Probabilmente sì, se ne fotteva già alla grande, ma allo spot elettorale nel Campidoglio americano ci teneva in un modo particolare. Il discorso non era affatto male (conteneva addirittura una critica al Conflitto di Civiltà) e finiva con una trombonata epica, il ricordo probabilmente inventato da sana pianta di un cimitero di guerra angloamericano visitato da bambino, col padre che gli dà la mano e gli spiega che lì ci sono le persone morte per la sua libertà, e l'improvviso crescendo, "I have NEVER FORGOTTEN, and I NEVER WILL", e boom, giù applausi. Ecco, per dire, Renzi si impegna, ma non a questi livelli, per ora (è un male? è un bene?)

Già allora il pubblico si divise tra quelli che ah ah ah, ma sentilo, non sa parlare, e quelli che no, anzi, ci ha fatto anche una bella figura. La verità non sta neanche in mezzo: fu entrambe le cose, un capolavoro Kitsch. Il discorso aveva senso solo se pronunciato in un inglese stentato - però non troppo stentato, come il saggio di fine anno di un bambino. Ma perché lo aveva fatto, perché si era chiuso in casa con un discorso scritto, con lo sforzo che poteva essere alla sua età impararselo a memoria? Era davvero così importante ricevere i complimenti di qualche lobby italoamericana, di un già azzoppatissimo George W. Bush? Già allora il sospetto è che B. non vivesse l'episodio come una mossa elettorale, semmai l'opposto: non si fanno i discorsi al Congresso per vincere le elezioni, ma i discorsi al Congresso sono quelle cose straordinarie che ti capitano se nella vita ce l'hai fatta, se hai vinto le elezioni! Cinque anni dopo mostrava ancora il filmino alle squinzie, guardate che roba mi è capitata di fare, solo a me è capitata. E Renzi?

Perché parla in inglese Renzi? A dissuaderlo dall'impresa, oltre al buonsenso, dovrebbe concorrere la percezione dei propri limiti, e il rispetto per le istituzioni e per i cittadini che rappresenta. Su un piattino della bilancia c'è tutto questo; sull'altro c'è quella fantastica faccia di gomma che fa quel che gli pare perché è divertente. Sa che il suo inglese fa schifo, sa che i gufi e i rosiconi guferanno e rosicheranno, e se la gode: con tanta autoindulgente autoironia che è l'orribile arma che la nostra generazione ha messo a punto e lascerà ai posteri; doveva essere un'arma protettiva e invece quanti danni ci ha fatto, quanti ancora ne farà. Ma soprattutto il suo inglese semplificato e paratattico è un alibi perfetto per nascondere la superficialità dei suoi contenuti; uno statista con un senso più alto delle istituzioni si contenterebbe di parlare in italiano e farsi tradurre - ma a quel punto dovrebbe anche sforzarsi di avere cose profonde da dire. Se insistiamo a guardare i sottotitoli, ci perdiamo il punto: cosa sta dicendo?

Nei giorni precedenti il suo arrivo ad Harvard, un professore italiano che vive là lo ha definito non un semplice semplificatore, ma un "disneyficatore". Lasciando stare Disney - le cui capacità di persuasione mi sono sempre sembrate assai superiori - è chiaro che "semplificatore" non funziona: è quasi un complimento. Un buon comunicatore è per forza di cose un semplificatore. Renzi ci tiene moltissimo a passare per entrambe le cose, specie in questo momento in cui forse qualche sondaggio referendario non gli è piaciuto. Chiacchiera con tutti, fa tanta comunicazione disintermediata - ha anche convocato una direzione del Pd, la situazione ormai a lui più congeniale (quando era in minoranza neanche si faceva vedere). Può andarci in camicia sbottonata e umiliare le sue vittime designate, quei rappresentanti della minoranza che alla fine gli votano qualsiasi cosa e hanno soltanto da obiettargli 'fa' più piano', 'non essere arrogante'. Nei minuti successivi di solito qualche renziano di non primissimo pelo sta già descrivendo la sua erezione su Facebook. Renzi non è un semplificatore, Renzi non è che abbia un materiale complesso da semplificare. Renzi ha avuto sempre idee molto semplici (chiudiamo il senato! aboliamo province! premio di maggioranza a chi arriva primo! assassinio stradale!) e le sta spingendo a pugni. Semplificarle più di così non si può. Se potesse, credo che sceglierebbe di esprimersi sempre nel suo inglese personale. Niente sintassi, tanti monosillabi, e anche la battuta più scema riprende smalto - e vuoi mettere il gusto di vedere i tuoi sottoposti che ti fanno comunque i complimenti. If you're not a woman you can go to Casablanca. Lo dici in italiano e sei in un film di Pierino. Lo dici in inglese, eccoti ad Harvard.
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