98. Ragazzi non giocate troppo spesso accanto agli ospedali

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[Benvenuti alla Gara delle canzoni di Battiato, oggi con la canzone più lunga e antica ancora in lizza].

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Sequenze e frequenze (#144)

Nel momento in cui scrivo, mentre continua il testa a testa serrato tra Aria di Rivoluzione e La Cura, Sequenze ha buone probabilità di essere l'unico brano pre-Cinghiale nei 32 ammessi al terzo turno. Questo, se in parte è ingiusto nei confronti di un periodo in cui Battiato ha inciso e sperimentato molto, dall'altra conferma quanto Sequenze sia l'episodio più rappresentativo almeno di tutta la fase 1972-1975 (diciamo da Fetus a Gladiator), sospeso com'è tra l'anima prog e quella più avanguardistica che si esprime soprattutto nella lunga coda strumentale. Ma è anche la prima canzone in cui Battiato sperimenta il suo stile salmodiante: la prima in cui mette in gioco le memorie del suo passato, la prima in cui fissa il mare. Sulle corde di Aries è di gran lunga il disco più solare di quegli anni, ed è il primo di cui FB in seguito parlerà volentieri, come di un'esperienza purificatrice. E nonostante la percepibile distanza con Pollution, il synth è ancora in primo piano; la suite che occupava un lato intero dell'album era quasi un luogo comune del prog (tutti gli artisti che ascoltavamo negli anni '80, se andavi a cercare, nel decennio precedente avevano fatto un disco con almeno un pezzo lungo un intero lato; un pezzo che a riascoltarlo sembrava inspiegabile, completamente diverso da tutto quello che avevano fatto dopo, misterioso come un vecchio album di foto dei genitori pieno di gente sconosciuta coi baffi). 


Venezia-Istanbul (Battiato/Pio, #48)

Ecco un brano che mi sorprende di trovare ancora in gioco. Non ha neanche avuto un percorso così facile – ha buttato fuori Mesopotamia, Un vecchio cameriere, Ruby Tuesday. La sensazione è che i grandi elettori della Gara ragionino più per album che per canzoni singole, e anche ai singoli più rilevanti del Battiato pre o post-Ottanta preferiscano anche gli episodi meno noti dei dischi degli anni Ottanta. Patriots continua a essere uno dei dischi più amati: è un caso tipico di successo postumo, perché quando uscì vendette appena quarantamila copie (l'Hunky Dory di Battiato, in un certo senso).

Se parla di qualcosa, Venezia-Istanbul potrebbe parlare di relativismo culturale, un concetto di cui al tempo non si parlava parecchio (e anche adesso mi sa passato di moda). I pagani ammazzavano i cristiani, poi viceversa, il mondo va così (forse finisce qui). Spuntano qua e là tra le righe riferimenti all'omosessualità come pratica o tendenza: Socrate parlava spesso delle gioie dell'Amore, e nel petto degli alunni si affacciava quasi il cuore, tanto che gli offrivano anche il corpo, e poi i famosi "due abbracciati in un cinemino di periferia", che nel testo riportato in copertina sono specificati "uomini" tra parentesi: una precisazione a cui evidentemente Battiato teneva, ma che sui solchi del disco avrebbe pregiudicarne la diffusione radiofonica. Non era poi così facile parlare di queste cose in un disco nel 1980. Una riflesso equivoco ricade anche sulla passione di D'Annunzio per gli aeroplani e le bande legionarie, con quel commento sibillino: che scherzi gioca all'uomo la Natura.    


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