Lettera a Bruxelles
20-01-2011, 02:33autoreferenziali, Berlusconi, poesiaPermalinkLa gronda
Ma te lo immagini, che questa cosa che sembrava sul punto di cascare anni fa, questa cosa che come posso descrivertela; pensa a una grondaia di una vecchia casa, pensa alla ruggine e al catrame, e pensa che avrebbe potuto cadere in qualsiasi momento, dal duemila in poi, e pensa che invece è ancora qui.
E non voglio dirti che è tutta la realtà che ci resta, perché non voglio metterla in tragedia; io per quel che posso me la sono fatta una mia realtà, casa lavoro famiglia, me la sono ben scavata una mia buchetta e onestamente non mi posso lamentare – e lo sai che quando c'era da lamentarsi non mi tiravo indietro – non ti dirò che questa grondaia è tutta la realtà, ma lasciami dire che ne è comunque un grosso pezzo, questa grondaia che guardo tutti i giorni e non vuol cascare. Fosse l'impero bizantino, che decadeva decadeva ed è durato mille anni.
E sapessi la nausea di sapere che questa cosa banale, triviale, che poteva benissimo non esserci e invece c'è; questa cosa che per me e per molti è berlusconi, ma non fosse berlusconi sarebbe stato qualche altra cosa; tu sapessi la nausea di sapere che comunque cadrà, un giorno crollerà, un giorno non potrà far altro, e sarà quel giorno solo a finire sui libri, e la gente penserà ai tipi come me come a quelli che quel giorno han fatto festa; non penserà a tutti i giorni che abbiamo aspettato, tutti i giorni che non siamo riusciti a far di meglio che a guardare la gronda marcia non cascare. Alla nausea di assistere a tutto questo giorno per giorno, allo stillicidio di tutti questi capitoli inutili, perché tanto s'è capito da un pezzo dove va a finire il libro, o no?
E come si spiega che non è finito ancora. Qual è il senso di restare lì, a quali fili di ragno è appesa una gronda che doveva cascare anni fa – Lo sai dove stan facendo la rivoluzione adesso? Ora tu dimmi, se dobbiamo prendere lezioni dalla Tunisia. Cosa abbiamo solo noi, che nemmeno i tunisini hanno più, cosa c'impedisce di guardare alle cose come stanno. Tu lo sai che sono fissato, per me è solo una questione di televisione. Punto. Tutto il consenso sta lì, e un po' sui giornali, ma neanche tanto. Abbiamo voluto lasciargli le tv, e a lui non è servito altro, per raccontarci la realtà come gli piace. Salvo che lui non ha mai avuto niente da raccontarci, una volta non lo sapevamo, adesso sì. È un debole come noi, succube dei suoi stessi programmi, è il pubblico del suo stesso drive in. Non c'è dietro nessun disegno occulto, ci ha modellato a sua immagine e somiglianza, e lui è brutto e senza fantasia. L'obiettivo della sua vita era sedersi nel privé a guardare le tipe che fanno il trenino; ce l'ha fatta e ora dovremmo invidiarlo. La nausea di avere avuto per avversario un tizio così.
E pensare che abbiamo avuto perfino paura di lui; che io, almeno, dietro ai suoi primi manifesti azzurri che sembravano la pubblicità dei fustini temevo ci fosse davvero la rivoluzione liberale, il miracolo italiano, la Thatcher italiana. Averlo saputo subito, che lui la Thatcher manco si ricorda chi è, per via che non era una “bella gnocca”. (“Nyokka”, scrisse l'Indpendent). L'avessimo capito subito, che il nemico era tutto lì, una vescica d'aria, un peto, una gronda che casca a pezzi.
E dov'erano quelli che dovevano capirlo subito? perché noialtri in fondo chi eravamo, studenti, precari, maestrini che in fondo della vita non sanno un cazzo, tirano a indovinare e sperano di non prenderci; ma dov'erano i grandi che operano nel retroscena, e i famosi Poteri Forti, ma che razza di Potere Forte lascia che un Paese vada a pezzi per un personaggio così; ma non eravate abbastanza forti da schiacciarlo, almeno all'inizio? Ci voleva così tanto a capire, se l'avevamo capito persino io o te? Eravamo profeti o facevamo soltanto uno più uno uguale a due?
E che anni sono stati, a cercar di buttar giù in qualsiasi modo un marciume, un catorcio che comunque cadrà, quand'è il momento; certo prima dell'impero bizantino.
E insomma su questa gronda, che è marcia e non cade, penso con qualche gioia che un giorno basterà che una rondine si posi un attimo, perché tutto nel vuoto precipiti irreparabilmente, quella volando via. E sul serio non m'importa se non ci sarò più io. Neanche tu ci sei, per questo.
Ma te lo immagini, che questa cosa che sembrava sul punto di cascare anni fa, questa cosa che come posso descrivertela; pensa a una grondaia di una vecchia casa, pensa alla ruggine e al catrame, e pensa che avrebbe potuto cadere in qualsiasi momento, dal duemila in poi, e pensa che invece è ancora qui.
E non voglio dirti che è tutta la realtà che ci resta, perché non voglio metterla in tragedia; io per quel che posso me la sono fatta una mia realtà, casa lavoro famiglia, me la sono ben scavata una mia buchetta e onestamente non mi posso lamentare – e lo sai che quando c'era da lamentarsi non mi tiravo indietro – non ti dirò che questa grondaia è tutta la realtà, ma lasciami dire che ne è comunque un grosso pezzo, questa grondaia che guardo tutti i giorni e non vuol cascare. Fosse l'impero bizantino, che decadeva decadeva ed è durato mille anni.
E sapessi la nausea di sapere che questa cosa banale, triviale, che poteva benissimo non esserci e invece c'è; questa cosa che per me e per molti è berlusconi, ma non fosse berlusconi sarebbe stato qualche altra cosa; tu sapessi la nausea di sapere che comunque cadrà, un giorno crollerà, un giorno non potrà far altro, e sarà quel giorno solo a finire sui libri, e la gente penserà ai tipi come me come a quelli che quel giorno han fatto festa; non penserà a tutti i giorni che abbiamo aspettato, tutti i giorni che non siamo riusciti a far di meglio che a guardare la gronda marcia non cascare. Alla nausea di assistere a tutto questo giorno per giorno, allo stillicidio di tutti questi capitoli inutili, perché tanto s'è capito da un pezzo dove va a finire il libro, o no?
E come si spiega che non è finito ancora. Qual è il senso di restare lì, a quali fili di ragno è appesa una gronda che doveva cascare anni fa – Lo sai dove stan facendo la rivoluzione adesso? Ora tu dimmi, se dobbiamo prendere lezioni dalla Tunisia. Cosa abbiamo solo noi, che nemmeno i tunisini hanno più, cosa c'impedisce di guardare alle cose come stanno. Tu lo sai che sono fissato, per me è solo una questione di televisione. Punto. Tutto il consenso sta lì, e un po' sui giornali, ma neanche tanto. Abbiamo voluto lasciargli le tv, e a lui non è servito altro, per raccontarci la realtà come gli piace. Salvo che lui non ha mai avuto niente da raccontarci, una volta non lo sapevamo, adesso sì. È un debole come noi, succube dei suoi stessi programmi, è il pubblico del suo stesso drive in. Non c'è dietro nessun disegno occulto, ci ha modellato a sua immagine e somiglianza, e lui è brutto e senza fantasia. L'obiettivo della sua vita era sedersi nel privé a guardare le tipe che fanno il trenino; ce l'ha fatta e ora dovremmo invidiarlo. La nausea di avere avuto per avversario un tizio così.
E pensare che abbiamo avuto perfino paura di lui; che io, almeno, dietro ai suoi primi manifesti azzurri che sembravano la pubblicità dei fustini temevo ci fosse davvero la rivoluzione liberale, il miracolo italiano, la Thatcher italiana. Averlo saputo subito, che lui la Thatcher manco si ricorda chi è, per via che non era una “bella gnocca”. (“Nyokka”, scrisse l'Indpendent). L'avessimo capito subito, che il nemico era tutto lì, una vescica d'aria, un peto, una gronda che casca a pezzi.
E dov'erano quelli che dovevano capirlo subito? perché noialtri in fondo chi eravamo, studenti, precari, maestrini che in fondo della vita non sanno un cazzo, tirano a indovinare e sperano di non prenderci; ma dov'erano i grandi che operano nel retroscena, e i famosi Poteri Forti, ma che razza di Potere Forte lascia che un Paese vada a pezzi per un personaggio così; ma non eravate abbastanza forti da schiacciarlo, almeno all'inizio? Ci voleva così tanto a capire, se l'avevamo capito persino io o te? Eravamo profeti o facevamo soltanto uno più uno uguale a due?
E che anni sono stati, a cercar di buttar giù in qualsiasi modo un marciume, un catorcio che comunque cadrà, quand'è il momento; certo prima dell'impero bizantino.
E insomma su questa gronda, che è marcia e non cade, penso con qualche gioia che un giorno basterà che una rondine si posi un attimo, perché tutto nel vuoto precipiti irreparabilmente, quella volando via. E sul serio non m'importa se non ci sarò più io. Neanche tu ci sei, per questo.
Comments (17)