sofismi su Israele, 9-10
16-01-2009, 03:13antisemitismo, fascismo, Israele-Palestina, nazismoPermalink(Comincia qui, continua qui)
9. Attacco all'Antisemita
Il sillogismo è abbastanza noto: gli israeliani sono ebrei; tu ce l'hai con loro; quindi ce l'hai con loro perché sono ebrei. Non li odi perché bombardano, non li odi perché espropriano, non li odi perché segregano; li odieresti anche se non facessero nulla di tutto ciò, perché il vero motivo per cui li odi è che sono ebrei.
Smontare questo sofisma non è affatto facile, sapete? In realtà l'unica dimostrazione empirica richiederebbe la collaborazione degli israeliani: se smettessero anche solo per un breve tempo di espropriare, bombardare, segregare, a quel punto sarebbe più facile distinguere chi critica Israele per queste cose dagli antisemiti tout court.
Da un punto di vista logico, l'antisemitismo di un critico di Israele si smonta in un attimo, grazie a quel famoso rasoio di Occam: se l'esercito di Israele fa cose oggettivamente odiose (ad es. bombardare scuole disarmate); se il governo gliele ordina; se il popolo le sostiene, non c'è affatto bisogno di inventarsi un astratto “odio per gli ebrei” che giustifichi le mie critiche: entia non sunt multiplicanda. Da un punto di vista logico.
I guai cominciano quando si passa alla comunicazione. Occorre criticare Israele senza suggerire nessun tipo di odio razziale. Beh, non è facile. Diciamo anche che è maledettamente difficile.
Ci sono motivi contingenti: un critico di Israele, oggi, si trova schiacciato tra quelli che hanno tutto l'interesse a fraintendere quello che dici e ad affibbiarti patenti di antisemitismo, e quelli che sono antisemiti davvero (e non sono mica pochi): gruppetti neofascisti che tentano insolite accozzaglie rosso-brune, teppisti che dopo anni di svastiche hanno imparato a disegnare la Stella di David, semplici provocatori... e musulmani. I musulmani, in realtà, non sai mai cosa stiano gridando alle manifestazioni, ma è sufficiente inneggiare Hamas per associarsi a un movimento che (lo abbiamo visto) assume tratti antisemiti.
Giusto per complicare la situazione, nell'ultimo decennio ha preso piede la definizione di “antisemitismo di sinistra”, una vera e propria piaga che ammorberebbe la coscienza di generazioni, denunciata da cronisti coraggiosi, come Piero Citati:
E si capisce, il coraggio uno non se lo può dare – poi però l'omertà diventa un peso insostenibile, ed ecco la preziosa testimonianza
Da far accapponare la pelle, la giovinetta di sinistra che si augura ad alta voce di terminare l'opera di Hitler; soprattutto considerando il numero di vittime che il terrorismo casariniano-carusiano-agnolettiano ha fatto in questi anni dieci anni di lotta armata senza quartiere. Il pezzo di Citati, pubblicato nel torrido agosto 2006 mentre i carabinieri partivano per andare a mettere una pezza in Libano, e salutato da molti come un formidabile j'accuse nei confronti del nuovo strisciante odio etnico, esemplifica un po' l'atteggiamento dei nostri intellettuali di fronte al fenomeno: è una cosa terribile, gli antisemiti di sinistra sono tanti che non si possono nemmeno nominare, fanno cose orribili, per esempio... una ragazzina ha detto una scemenza. Dove? Mah, a una manifestazione. Citati, lei va alle manifestazioni col taccuino e si scrive le frasi? O gliel'hanno raccontata? O l'ha vista in tv? Ma è sicura che fosse di sinistra quella ragazzina? Ha una minima idea di come si vestano quelle di sinistra? Ma pensate che qualcuno gli abbia fatto anche solo una di queste domande, a Piero Citati?
Di antisemitismo di sinistra si è cominciato a parlare parecchio più o meno nel 2003, con la pubblicazione di un controverso dossier commissionato dall'Unione Europea (in un primo momento annunciato in ambienti neoconservatori come un tuonante atto d'accusa contro gruppi di sinistra: quando poi lo abbiamo letto abbiamo scoperto quello che sapevamo già, e cioè che in Italia i responsabili di aggressioni e atti vandalici contro gli ebrei sono quasi tutti esponenti di movimenti o tifoserie di destra).
Quel dossier non mi ha mai convinto, forse perché definiva Informazione Corretta un sito web “imparziale nel giudizio” (dai, con tutta la più buona volontà...): però è un documento utile per capire cosa si intende per “antisemitismo di sinistra”. Un concetto che io trovo una contraddizione in termini: se uno è antisemita crede nelle razze pure e impure, per cui non può essere di sinistra; se uno è di sinistra, come fa a dire o fare cose antisemite? Può dirle per sbaglio?
Siete avvertiti: se usate questo repertorio, siete antisemiti. Secondo me tutto sommato ci può stare: l'unica mia perplessità è legata alle “lobby ebraiche”. Se dico che negli Usa esiste una lobby che cerca di mantenere il governo su posizioni filo-israeliane, affermo una cosa antisemita?
Ma poi, ha senso farsi domande del genere? Tanto ci sarà sempre qualcuno che capirà male, e qualcuno che farà di tutto per capire male. Io alla fine della fiera sono solo un blog. Posso fare tutti gli sforzi che voglio per criticare Israele nel modo più politically correct possibile; poi succede come alla Fiera del Libro di Torino: arriva Vattimo, dice due scemenze sui Savi di Sion, et voilà! Ecco squalificato tutto il movimento filopalestinese italiano. Perché? Che ci sia un complotto internazionale, una lobby massonica che paga Vattimo per dire la prima sciocchezza che gli frulla in testa e sputtanarci tutti quanti? No, le cose sono più semplici: un professore universitario in pensione è abituato a gettare le sue piccole o grandi Verità su un pubblico di laureandi, dottorandi, assistenti e altri yesmen; non è minimamente abituato a soppesare tutto quello che dice per evitare fraintendimenti pericolosi: e quindi cade nel primo tranello che trova, e se non ce ne sono se li fabbrica da solo.
10. Attacco al nazista, o Sillogismo del Gran Muftì.
Sillogismo: i palestinesi sono nemici di Israele: gli israeliani sono ebrei; i nazisti li sterminavano: i palestinesi sono nazisti! E sei nazista anche tu che li difendi.
Possibile che qualcuno scriva veramente roba del genere? Sì, lo fanno. E si credono pure astuti, perché sanno una cosa che tu non sai: come si scrive “Gran Muftì”.
Per “Gran Muftì” si intende in realtà Mohammad Amin al-Husayni, leader nazionalista prima panarabo e poi palestinese, che dal 1921 al 1948 fu effettivamente Gran Muftì (autorità giuridico-religiosa islamica) di Gerusalemme. Al-Husayni capeggiò la rivolta araba degli Anni Trenta, quando i kibbutz ebraici erano presi di mira dai cecchini palestinesi. Ma fece uccidere anche parecchi arabi, rei di non sostenere una linea più morbida con gli ebrei, o semplicemente perché parteggiavano per fazioni avversarie alla sua. Nel frattempo tesseva relazioni diplomatiche con Italia e Germania, nella speranza di far fronte comune contro inglesi ed ebrei. L'occasione venne nel 1941, quando quattro generali filo-Asse fecero un golpe in Iraq. Ma andò male: gli inglesi si ripresero Iraq e Palestina, e al-Husayni scappò in Germania, diventando definitivamente un uomo del Reich. La sua mansione specifica fu organizzare le SS musulmane in Bosnia, una cosa che mi riempie di stupore ogni volta che la rileggo: c'erano SS musulmane in Bosnia. Se non bastasse a qualificarlo come nazista, molti studiosi ritengono che abbia partecipato attivamente allo sterminio degli ebrei. Alla fine della guerra scappò in Svizzera, e nel 1948 era di nuovo il leader palestinese durante la guerra che non a caso i palestinesi chiamano Catastrofe. Arafat continuò a considerarlo (in mancanza di meglio?) un eroe della causa palestinese, e fino a un certo punto lasciò intendere di essere suo nipote. Ma in generale Al-Husayni ha reso davvero un servizio catastrofico alla sua causa: ha diviso i palestinesi, facendo guerra anche a molti di loro, e ha procurato loro quella fama di nazismo che filtra la legge di Godwin. Ovvero: in una discussione sulla questione israelo-palestinese citare Hitler è ammesso, perché in una determinata situazione storica i palestinesi (alcuni) si sono alleati dei nazisti in chiave anti-ebraica. Questo è incontrovertibile, malgrado anche la studiosa israeliana Idith Zertal abbia riconosciuto che “la demonizzazione del Gran Muftì serve a ingigantire la minaccia-Arafat”. Per demonizzazione s'intende quello che ha osservato lo storico americano Peter Novick (trad. mia):
Dunque, tecnicamente, chi cita il Gran Muftì segna un punto per Israele: era un alleato di Hitler. Parte del popolo palestinese, in un periodo della sua storia, è stato alleato di Hitler, persino complice di Hitler. Quanto ne possano sapere di Hitler a Gaza o nei campi profughi, è irrilevante: gli eredi di un popolo che sessant'anni fa ha collaborato con Hitler devono continuare a pagare per il loro errore. Quindi gli israeliani han ben ragione di bombardare loro – ehi, aspetta, ma a quel punto avrebbero il diritto di bombardare anche noi, che con Hitler abbiamo collaborato un po' di più. E i tedeschi. E perché no, i giapponesi. E... sì, vabbè, ma perché darsi tanta pena? I palestinesi sono dietro casa, son comodi, facciamo che il Male Assoluto se lo espiano loro.
(Continua, ma il più è fatto)
9. Attacco all'Antisemita
Il sillogismo è abbastanza noto: gli israeliani sono ebrei; tu ce l'hai con loro; quindi ce l'hai con loro perché sono ebrei. Non li odi perché bombardano, non li odi perché espropriano, non li odi perché segregano; li odieresti anche se non facessero nulla di tutto ciò, perché il vero motivo per cui li odi è che sono ebrei.
Smontare questo sofisma non è affatto facile, sapete? In realtà l'unica dimostrazione empirica richiederebbe la collaborazione degli israeliani: se smettessero anche solo per un breve tempo di espropriare, bombardare, segregare, a quel punto sarebbe più facile distinguere chi critica Israele per queste cose dagli antisemiti tout court.
Da un punto di vista logico, l'antisemitismo di un critico di Israele si smonta in un attimo, grazie a quel famoso rasoio di Occam: se l'esercito di Israele fa cose oggettivamente odiose (ad es. bombardare scuole disarmate); se il governo gliele ordina; se il popolo le sostiene, non c'è affatto bisogno di inventarsi un astratto “odio per gli ebrei” che giustifichi le mie critiche: entia non sunt multiplicanda. Da un punto di vista logico.
I guai cominciano quando si passa alla comunicazione. Occorre criticare Israele senza suggerire nessun tipo di odio razziale. Beh, non è facile. Diciamo anche che è maledettamente difficile.
Ci sono motivi contingenti: un critico di Israele, oggi, si trova schiacciato tra quelli che hanno tutto l'interesse a fraintendere quello che dici e ad affibbiarti patenti di antisemitismo, e quelli che sono antisemiti davvero (e non sono mica pochi): gruppetti neofascisti che tentano insolite accozzaglie rosso-brune, teppisti che dopo anni di svastiche hanno imparato a disegnare la Stella di David, semplici provocatori... e musulmani. I musulmani, in realtà, non sai mai cosa stiano gridando alle manifestazioni, ma è sufficiente inneggiare Hamas per associarsi a un movimento che (lo abbiamo visto) assume tratti antisemiti.
Giusto per complicare la situazione, nell'ultimo decennio ha preso piede la definizione di “antisemitismo di sinistra”, una vera e propria piaga che ammorberebbe la coscienza di generazioni, denunciata da cronisti coraggiosi, come Piero Citati:
Quanto agli antisemiti di sinistra, sono talmente tanti che non oso nemmeno nominarli.
E si capisce, il coraggio uno non se lo può dare – poi però l'omertà diventa un peso insostenibile, ed ecco la preziosa testimonianza
Ricordo soltanto una giovane, non so se casariniana o carusiana o agnolettiana, che proclamava ad alta voce: «Quelli che non ha ucciso Hitler, li ammazzeremo noi».
Da far accapponare la pelle, la giovinetta di sinistra che si augura ad alta voce di terminare l'opera di Hitler; soprattutto considerando il numero di vittime che il terrorismo casariniano-carusiano-agnolettiano ha fatto in questi anni dieci anni di lotta armata senza quartiere. Il pezzo di Citati, pubblicato nel torrido agosto 2006 mentre i carabinieri partivano per andare a mettere una pezza in Libano, e salutato da molti come un formidabile j'accuse nei confronti del nuovo strisciante odio etnico, esemplifica un po' l'atteggiamento dei nostri intellettuali di fronte al fenomeno: è una cosa terribile, gli antisemiti di sinistra sono tanti che non si possono nemmeno nominare, fanno cose orribili, per esempio... una ragazzina ha detto una scemenza. Dove? Mah, a una manifestazione. Citati, lei va alle manifestazioni col taccuino e si scrive le frasi? O gliel'hanno raccontata? O l'ha vista in tv? Ma è sicura che fosse di sinistra quella ragazzina? Ha una minima idea di come si vestano quelle di sinistra? Ma pensate che qualcuno gli abbia fatto anche solo una di queste domande, a Piero Citati?
Di antisemitismo di sinistra si è cominciato a parlare parecchio più o meno nel 2003, con la pubblicazione di un controverso dossier commissionato dall'Unione Europea (in un primo momento annunciato in ambienti neoconservatori come un tuonante atto d'accusa contro gruppi di sinistra: quando poi lo abbiamo letto abbiamo scoperto quello che sapevamo già, e cioè che in Italia i responsabili di aggressioni e atti vandalici contro gli ebrei sono quasi tutti esponenti di movimenti o tifoserie di destra).
Quel dossier non mi ha mai convinto, forse perché definiva Informazione Corretta un sito web “imparziale nel giudizio” (dai, con tutta la più buona volontà...): però è un documento utile per capire cosa si intende per “antisemitismo di sinistra”. Un concetto che io trovo una contraddizione in termini: se uno è antisemita crede nelle razze pure e impure, per cui non può essere di sinistra; se uno è di sinistra, come fa a dire o fare cose antisemite? Può dirle per sbaglio?
Il sito Web Che fare?, appartenente ai gruppi
dell'estrema sinistra, riporta elementi antisionisti, del fondamentalismo filoarabo e antiamericani, oltre a ricorrenti stereotipi contro gli ebrei, utilizzati in passato e attualmente: le lobby ebraiche, il rapporto con la Massoneria, il complotto internazionale, il potere economico mondiale in mano agli ebrei, ebrei circoncisi con il marchio del dollaro sono tutti esempi di slogan più e più volte ripetuti.
Siete avvertiti: se usate questo repertorio, siete antisemiti. Secondo me tutto sommato ci può stare: l'unica mia perplessità è legata alle “lobby ebraiche”. Se dico che negli Usa esiste una lobby che cerca di mantenere il governo su posizioni filo-israeliane, affermo una cosa antisemita?
Ma poi, ha senso farsi domande del genere? Tanto ci sarà sempre qualcuno che capirà male, e qualcuno che farà di tutto per capire male. Io alla fine della fiera sono solo un blog. Posso fare tutti gli sforzi che voglio per criticare Israele nel modo più politically correct possibile; poi succede come alla Fiera del Libro di Torino: arriva Vattimo, dice due scemenze sui Savi di Sion, et voilà! Ecco squalificato tutto il movimento filopalestinese italiano. Perché? Che ci sia un complotto internazionale, una lobby massonica che paga Vattimo per dire la prima sciocchezza che gli frulla in testa e sputtanarci tutti quanti? No, le cose sono più semplici: un professore universitario in pensione è abituato a gettare le sue piccole o grandi Verità su un pubblico di laureandi, dottorandi, assistenti e altri yesmen; non è minimamente abituato a soppesare tutto quello che dice per evitare fraintendimenti pericolosi: e quindi cade nel primo tranello che trova, e se non ce ne sono se li fabbrica da solo.
10. Attacco al nazista, o Sillogismo del Gran Muftì.
Sillogismo: i palestinesi sono nemici di Israele: gli israeliani sono ebrei; i nazisti li sterminavano: i palestinesi sono nazisti! E sei nazista anche tu che li difendi.
Possibile che qualcuno scriva veramente roba del genere? Sì, lo fanno. E si credono pure astuti, perché sanno una cosa che tu non sai: come si scrive “Gran Muftì”.
Per “Gran Muftì” si intende in realtà Mohammad Amin al-Husayni, leader nazionalista prima panarabo e poi palestinese, che dal 1921 al 1948 fu effettivamente Gran Muftì (autorità giuridico-religiosa islamica) di Gerusalemme. Al-Husayni capeggiò la rivolta araba degli Anni Trenta, quando i kibbutz ebraici erano presi di mira dai cecchini palestinesi. Ma fece uccidere anche parecchi arabi, rei di non sostenere una linea più morbida con gli ebrei, o semplicemente perché parteggiavano per fazioni avversarie alla sua. Nel frattempo tesseva relazioni diplomatiche con Italia e Germania, nella speranza di far fronte comune contro inglesi ed ebrei. L'occasione venne nel 1941, quando quattro generali filo-Asse fecero un golpe in Iraq. Ma andò male: gli inglesi si ripresero Iraq e Palestina, e al-Husayni scappò in Germania, diventando definitivamente un uomo del Reich. La sua mansione specifica fu organizzare le SS musulmane in Bosnia, una cosa che mi riempie di stupore ogni volta che la rileggo: c'erano SS musulmane in Bosnia. Se non bastasse a qualificarlo come nazista, molti studiosi ritengono che abbia partecipato attivamente allo sterminio degli ebrei. Alla fine della guerra scappò in Svizzera, e nel 1948 era di nuovo il leader palestinese durante la guerra che non a caso i palestinesi chiamano Catastrofe. Arafat continuò a considerarlo (in mancanza di meglio?) un eroe della causa palestinese, e fino a un certo punto lasciò intendere di essere suo nipote. Ma in generale Al-Husayni ha reso davvero un servizio catastrofico alla sua causa: ha diviso i palestinesi, facendo guerra anche a molti di loro, e ha procurato loro quella fama di nazismo che filtra la legge di Godwin. Ovvero: in una discussione sulla questione israelo-palestinese citare Hitler è ammesso, perché in una determinata situazione storica i palestinesi (alcuni) si sono alleati dei nazisti in chiave anti-ebraica. Questo è incontrovertibile, malgrado anche la studiosa israeliana Idith Zertal abbia riconosciuto che “la demonizzazione del Gran Muftì serve a ingigantire la minaccia-Arafat”. Per demonizzazione s'intende quello che ha osservato lo storico americano Peter Novick (trad. mia):
Il Muftì è stato per molti versi un personaggio riprovevole, ma una sua partecipazione significativa all'Olocausto, sostenuta più volte nel dopoguerra, non è mai stata sufficientemente comprovata. Questo non ha trattenuto i curatori dei quattro volumi dell'Enciclopedia dell'Olocausto dal dargli un ruolo di primissimo piano. L'articolo sul Muftì è due volte più lungo di quelli su Goebbels e Goering, più lungo di quelli di Himmler e Heydrich, più di quello su Eichmann... di tutte le voci biografiche, è superato in lunghezza (di poco) solo da quello su Hitler.Se Al-Husayni è tanto popolare, è perché si presta alla perfezione al ruolo di padre dell'"islamofascismo", un ibrido che andava per la maggiore anche in Iraq, finché non ci siamo messi a mercanteggiare la pace con i mullah.
Dunque, tecnicamente, chi cita il Gran Muftì segna un punto per Israele: era un alleato di Hitler. Parte del popolo palestinese, in un periodo della sua storia, è stato alleato di Hitler, persino complice di Hitler. Quanto ne possano sapere di Hitler a Gaza o nei campi profughi, è irrilevante: gli eredi di un popolo che sessant'anni fa ha collaborato con Hitler devono continuare a pagare per il loro errore. Quindi gli israeliani han ben ragione di bombardare loro – ehi, aspetta, ma a quel punto avrebbero il diritto di bombardare anche noi, che con Hitler abbiamo collaborato un po' di più. E i tedeschi. E perché no, i giapponesi. E... sì, vabbè, ma perché darsi tanta pena? I palestinesi sono dietro casa, son comodi, facciamo che il Male Assoluto se lo espiano loro.
(Continua, ma il più è fatto)
Comments (53)