La tentazione democristiana

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Quindi, insomma, Renzi prende atto che il centrosinistra è minoritario (anche la sua versione di molto annacquata) e, mentre a parole sventola una "vocazione maggioritaria", nei fatti si prodiga per trovare la quadra che gli consenta di governare anche se non supererà il tetto del trenta-e-qualcosa per cento dei consensi. Possibilmente senza troppi contrappesi istituzionali, che sono quella cosa noiosa della politica USA che né lui né Veltroni hanno ricavato dalle serie tv: per cui, insomma, il senato è solo un intoppo da sostituire con una parata di amministratori eletti da altri amministratori, eccetera. Tutto questo è pericoloso non solo per Renzi - il quale mi pare animato dalla buona fede talvolta micidiale di certi timonieri e padri della patria - ma soprattutto per chi verrà dopo di lui e non sarà necessariamente altrettanto animato da buone intenzioni.

Questo è il rischio a cui ci espone Renzi e la sua dissennata strategia: ma esistono alternative? Perché bisogna essere abbastanza onesti da ricordare che Renzi non ha vinto la leadership del centrosinistra alla lotteria, ma rilevando la direzione del PD al termine di una serie di tentativi forse meno dissennati, forse più ragionevoli, ma tutti comunque terminati in modo fallimentare. Fallì l'Ulivo del '96 per questioni bertinottiane che è sempre più difficile non confondere con capricci; fallì la gestione D'Alema-Amato, che pure le provò tutte per conquistare quella fetta di elettorato mancante (anche loro ci misero qualche soldo in busta prima delle elezioni, inutilmente). Fallì il nuovo Ulivo decapartitico dopo aver vinto le elezioni per un soffio; fallì la vocazione maggioritaria veltroniana; fallì Bersani che pure fece solo mosse ragionevoli. Siamo in uno di quei momenti della Storia in cui si fa imperatore chiunque passi di lì e abbia un paio di sesterzi da lanciare alla plebe o ai pretoriani; Matteo Renzi i sesterzi li aveva e pare che finalmente i finanziatori siano tutti on line; la sua proposta non pare proprio il massimo, ma ne abbiamo una migliore?

Forse sì.

Non dico che sia la migliore in senso assoluto - non lo è affatto - però è migliore del disastro a cui Renzi e le sue coorti un po' improvvisate stanno attendendo. Peraltro è una proposta molto semplice, lontana dalle macchinosità a cui ci hanno abituato i nostri ultimi riformatori, da Calderoli in giù (Calderoli ci sta facendo una figura da statista, rendiamoci conto). Ed è la proposta - pensate - di Beppe Grillo: torniamo al proporzionale. Ognuno vada alle elezioni con i suoi, ognuno strappi quei due o tre punti che riesce a strappare, e poi?

E poi cosa volete che succeda: quello che già succede adesso. Il PD, sospinto da populismi di segno opposto, si ritroverà al centro del parlamento, non necessariamente maggioritario ma indispensabile a qualsiasi maggioranza: in pratica, la nuova Democrazia Cristiana. E a quel punto sceglierà, come sceglievano i democristiani, se puntare moderatamente verso un populismo più berlusconiano o più grillino: come si diceva? Avanti al Centro contro gli opposti estremismi. All'inizio la comunella con Berlusconi o qualche frammento berlusconiano come il NCD sarà l'opzione più realistica, anche Grillo ci tiene molto a recitare il suo ruolo di predicatore-speaker della minoranza offesa.

(Non mi stanco di notare il paradosso: da una parte c'è un Renzi apparentemente bonario che sta, nei fatti, rottamando le istituzioni democratiche, al punto di rischiare concretamente che Grillo si ritrovi dopo un ballottaggio in maggioranza al parlamento. Dall'altra c'è un Grillo urlatore che, se gratti appena un po' la patina apocalittica, in sostanza ti sta proponendo un accordo ragionevolissimo: non mi fate governare, che non saprei che cazzo fare. Tu e Berlusconi vi pigliate il potere e io mi gestisco il malcontento che ne deriverà. E bisogna pure ringraziare che ci pensa lui e non un Genny La Carogna. Al confronto Grillo è veramente un gentiluomo. Una volta che gli è quasi scappata una marcia su Roma ha fatto dietrofront immediatamente. Ogni sua campagna sembra voler escludere sapientemente qualsiasi possibile attrito con la realtà pratica: impeachment a Napolitano! Referendum consultivo sull'euro! persino quando raccoglie le firme per qualcosa, non si preoccupa di rispettare le scadenze di legge. Se escludi l'audio frastornante dei suoi comizi e rifletti su come il grillismo sia riuscito a incanalare un enorme malcontento in forme di protesta pacifiche e civili, ancorché inconcludenti, ti rendi conto che è il migliore cane da guardia dell'opposizione che una nuova democrazia cristiana potrebbe meritarsi).

Ora io non voglio dire che l'opzione proporzionale sia la mia preferita: ma mi sembra che la Storia soffi da quella parte, perlomeno negli ultimi mesi. Grillo ci terrebbe tanto; anche il PD ne trarrebbe un sicuro beneficio; Berlusconi ne soffrirebbe ma gli resterebbe un margine per contrattare. E allora perché Renzi insiste, perché non cede a un'ancestrale tentazione democristiana? È solo cocciutaggine, o ha capito qualcosa di più?

Diamogli una chance: forse ha capito qualcosa di più. Ovvero, che il sistema tripolare è soltanto transitorio, e che non c'è un vero motivo per cui il PD debba rimanere al centro del quadrante. Anche se non possono allearsi, per motivi in un certo senso personali, Grillo e Berlusconi hanno profonde affinità e parlano a bacini elettorali parzialmente sovrapponibili. Prima o poi uno dei due personaggi ridimensionerà la sua presenza, e il populismo tornerà a occupare un solo polo, a votare un partito, a sventolare una bandiera. Che bandiera sarà? Cosa potrà sintetizzare, stavolta, l'antipolitica e la rivolta fiscale, il leghismo con il salario garantito? A occhio c'è una sola bandiera disponibile, ed è quella antieuropea. Il populismo che verrà non potrà che ritrovarsi nel grande ingorgo dell'antieuropeismo, e a quel punto probabilmente vincerà. Ma nel frattempo, a noi malgrado tutto europeisti, che portabandiera rimane? Matteo Renzi? (continua)
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