Rosalia non la racconta tutta
04-09-2024, 00:30santiPermalink4 settembre: Santa Rosalia vergine, patrona di Palermo (1125-1160)
A un certo punto Rosalia si spazientì coi palermitani, che l'avevano quasi del tutto dimenticata. Attraverso un emissario, Vincenzo Bonelli, salito sul monte Pellegrino per sfuggire alla peste che aveva ucciso la moglie, nel 1625 fece alla città un'offerta irrifiutabile: io pongo fine all'epidemia, ma voi dovete accettarmi come santa patrona. Le ossa trovate l'anno scorso sul monte dai francescani, così poche che una commissione di esperti non era nemmeno riuscita a dimostrare che si trattasse di ossa umane, guardatele meglio: sono le mie, sono le reliquie di cui la città ha bisogno in un momento tanto grave. Portatele in processione, e la peste cesserà.
Il povero Bonelli sarebbe morto comunque – la santa glielo aveva predetto – ma grazie all'intercessione di Rosalia avrebbe ritrovato la moglie in paradiso. Era la peste descritta da Manzoni nei Promessi sposi; l'idea che una processione religiosa potesse fermare il contagio era diffusa presso tutti i ceti sociali, malgrado l'evidenza dicesse un'altra cosa. Servivano però soprassalti di religiosità che convincessero la popolazione a mobilitarsi, ritrovamenti miracolosi come nell'Alto Medioevo, e questo può parzialmente spiegare la sensazione di anacronismo che sentiamo accostandoci alla leggenda di Santa Rosalia, che sarebbe nata dalla nobilissima schiatta dei Sinibaldi, accolta come damigella di corte della regina Margherita, moglie del re normanno di Sicilia Guglielmo I, salvo che le date non coincidono; promessa sposa a Baldovino (futuro re di Gerusalemme) come premio per aver salvato il re dall'assalto di un leone, animale non molto diffuso né in Terrasanta né in Sicilia.
Rosalia Sinibaldi però voleva rimanere pura come i due fiori contenuti nel suo nome (la rosa e il giglio) e così si sarebbe data alla vita eremitica sul monte Pellegrino. Questo succede in molte vite di santi ma di solito sono, appunto, santi della tarda antichità o dei primi secoli del Medioevo, mentre al tempo dei normanni in Sicilia se non volevi sposarti entravi in un normale monastero, ce n'erano già di importanti malgrado la recente dominazione araba. Rosalia insomma è una santa che non ce la racconta tutta, che si presenta con una storia all'apparenza simile a tante altre, ma che se la confronti bene ti rendi conto che qualcosa non torna.
È vero che esistono tracce di un culto per Santa Rosalia anche precedenti al Seicento, ma poca cosa e comunque non si spiega come mai prima delle apparizioni del 1624-25 fosse quasi completamente dimenticata. È vero che esiste un'iscrizione in latino zoppicante che recita “Io Rosalia, figlia di Sinibaldo, signore della Quisquina e (del Monte) delle Rose, per amore del Signore mio Gesù Cristo, stabilii di abitare in questa grotta”, salvo che la grotta non è sul monte Pellegrino, per cui bisogna ipotizzare che Rosalia nel suo eremitaggio si sia spostata almeno una volta. Un'ipotesi stuzzicante, ma indimostrabile, è che la Rosalia del Seicento sia il risultato dell'appropriazione culturale di una santa sudamericana che stava conoscendo un certo successo, Santa Rosa da Lima.