Renzi e il ballottaggio interiore
17-06-2015, 00:45RenziPermalink
Matteo Renzi arrivò a Palazzo Chigi, 15 mesi fa - sembrano anni - non per caso ma grazie al sostegno di un blocco tutt'altro che compatto, anzi quanto mai composito e trasversale. In questo blocco vi era, naturalmente, Matteo Renzi. Per quanto risulti pleonastico, bisogna dare atto a Matteo Renzi di aver sempre sostenuto Matteo Renzi con lealtà e devozione. Tutto intorno c'era il PD: magari non proprio tutto il PD, ma molto più PD di quanto avesse creduto in Renzi alle primarie del '12 e perfino a quelle stravinte dell'anno successivo. Letta stava navigando a vista: Renzi portava una vigorosa ventata di novità e sembrava una promessa di primavera - in ogni caso una palla da prendere al balzo, mentre Berlusconi annaspava e Grillo sobbolliva nel suo brodo rancoroso.
Più in là del PD, c'era un bacino elettorale molto vasto, che andava dai delusi di Berlusconi agli orfani della sinistra che non avevano creduto né in Monti né in Bersani; alcuni di loro si erano lasciato attirare dalle lucciole a 5 stelle, per poi pentirsene una volta saggiatane l'inconsistenza - in confronto ai chip sottopelle e dentiere in 3d, il rottamatore suonava tutto sommato realista e pragmatico. E poi c'era Berlusconi al tramonto, che dopo aver divorato tutti i suoi eredi credibili sembrava genuinamente incuriosito dal giovane rivale che gli si parava davanti, e pronto a concedere qualche riforma importante in cambio dell'onore delle armi. Quando Matteo Renzi arrivò a Palazzo Chigi, 15 mesi fa, per qualche tempo non parlammo d'altro, e anche chi non lo sopportava doveva ammettere che era stato bravo ad arrivare fin lì in così poco tempo, sapendo trarre profitto da una situazione tanto confusa. Poi si sa come vanno le cose: i giornalisti per un po' lo trattarono con benevolenza, in tv lo ascoltavano volentieri senza fargli domande difficili. In Direzione i notabili accorrevano a pronunciare la loro professione di fede renziana in streaming, le europee andarono benissimo - Renzi si convinse di avere in pugno la situazione.
Neanche un anno dopo ruppe con Berlusconi: a tutt'oggi non mi è poi tanto chiaro il perché. Berlusconi si sarebbe contentato di Amato al Quirinale, Renzi impose Mattarella: ne valeva la pena? Forse si rendeva conto di quanto B. fosse inaffidabile (non ci voleva un Guicciardini) e volle togliersi la soddisfazione di anticiparlo. Da lì in poi - tu guarda la coincidenza - stampa e tv si sono accorti dell'emergenza clandestini, e non hanno più smesso di parlarne. D'altro canto quando mai è successo che in Italia tv e giornali ti impongano l'agenda e ti facciano vincere o perdere le elezioni? Quando Renzi rinunciò all'appoggio indiretto di Berlusconi, sapeva pur sempre di poter contare su sé stesso, sul suo partito, e su un bacino elettorale che andava dai delusi del centrodestra ai vedovi della sinistra. Da questi ultimi a dire il vero decise di separarsi col Jobs Act - e d'altro canto lo aveva promesso a qualcun altro, e poi non si può piacere a tutti, no? Rimaneva pur sempre il sostegno di sé stesso (Matteo Renzi), del suo partito, e di quel bacino elettorale che non cominciava a terrorizzarsi perché su Rete4 i Rom rubavano i bambini. Nel frattempo era giunto al pettine il nodo della riforma elettorale: non avendo più i voti di Berlusconi, Renzi fu costretto a sostituire qualche membro recalcitrante in commissione e imporre la fiducia ai suoi senatori. A quel punto qualche corda si spezzò: la miniscissione di Civati fu appena la punta dell'iceberg. Altri masticarono amaro e decisero, evidentemente, che gliel'avrebbero fatta pagare. Sarebbe stato sufficiente metterlo in difficoltà su qualche riforma scritta altrettanto male, e per sfortuna di Renzi, non ci vollero molti giorni a trovarne una: la Buona Scuola.
Matteo Renzi non aveva più il sostegno di Berlusconi, né di molti dei suoi ex elettori un po' in apprensione per le epidemie di ebola e di scabbia; e anche nel partito qualcuno cominciava a mugugnare. Gli restava però l'appoggio Matteo Renzi: e di una larga fetta di elettorato di centrosinistra - più o meno la quota percentuale di Veltroni, abbastanza per vincere le elezioni finché tutti gli altri avranno la buona creanza di astenersi. A questa fetta di elettorato Renzi decise di imporre la Buona Scuola, un aborto di riforma aziendalista dell'istruzione pubblica, con ricchi premi per chi piace ai presidi monocratici - no, neanche tanto ricchi a dire il vero. Poi si può discutere di quanto faccia schifo (parecchio), ma se hai rotto con Berlusconi e le sue televisioni. col sindacato e con un pezzo del tuo partito, davvero che altro ti resta da fare se non disgustare gli insegnanti di tutte le scuole pubbliche d'Italia? Nel frattempo c'è stata una tornata elettorale e si è scoperto - incredibile! - che persino quelle pippe dei Cinque Stelle, se si va al ballottaggio, si portano a casa intere province. Ora Renzi ha rotto un partito per imporre in parlamento un sistema elettorale che prevede un ballottaggio nazionale. Renzi naturalmente era convinto di vincerlo.
Ne è ancora convinto: perché è vero che non ha più l'appoggio di Berlusconi, né degli elettori delusi dal centrodestra o della sinistra; è vero che fa anche un po' fatica a imporsi al suo partito: però è altrettanto vero che in mezzo a tutte queste vicende, in questa "legislatura da brivido", non ha mai perso il suo alleato più fedele, ovvero Matteo Renzi. Alla luce di questa semplice nozione, non è poi difficile capire il senso della rivelazione concessa a Gramellini: Renzi ha fallito fin qui perché non è stato abbastanza Renzi. A chi obietta che fin qui Renzi è stato talmente renziano da rompere con tutti quelli che potevano aiutarlo o sostenerlo, proponiamo di calarsi nel suo punto di vista: 15 mesi fa tutti lo osannavano. Poi lo hanno tradito. Non hanno capito il Jobs act, non hanno compreso la genialità dell'italicum, non apprezzato la bontà della Buona Scuola. Non capiscono niente. Solo tu puoi capirmi, dice Matteo Renzi a Matteo Renzi. Perché perdi tempo con questi sfigati? A questo punto scegli: o me o loro. È tempo di ballottaggio, anche per te.
Più in là del PD, c'era un bacino elettorale molto vasto, che andava dai delusi di Berlusconi agli orfani della sinistra che non avevano creduto né in Monti né in Bersani; alcuni di loro si erano lasciato attirare dalle lucciole a 5 stelle, per poi pentirsene una volta saggiatane l'inconsistenza - in confronto ai chip sottopelle e dentiere in 3d, il rottamatore suonava tutto sommato realista e pragmatico. E poi c'era Berlusconi al tramonto, che dopo aver divorato tutti i suoi eredi credibili sembrava genuinamente incuriosito dal giovane rivale che gli si parava davanti, e pronto a concedere qualche riforma importante in cambio dell'onore delle armi. Quando Matteo Renzi arrivò a Palazzo Chigi, 15 mesi fa, per qualche tempo non parlammo d'altro, e anche chi non lo sopportava doveva ammettere che era stato bravo ad arrivare fin lì in così poco tempo, sapendo trarre profitto da una situazione tanto confusa. Poi si sa come vanno le cose: i giornalisti per un po' lo trattarono con benevolenza, in tv lo ascoltavano volentieri senza fargli domande difficili. In Direzione i notabili accorrevano a pronunciare la loro professione di fede renziana in streaming, le europee andarono benissimo - Renzi si convinse di avere in pugno la situazione.
Neanche un anno dopo ruppe con Berlusconi: a tutt'oggi non mi è poi tanto chiaro il perché. Berlusconi si sarebbe contentato di Amato al Quirinale, Renzi impose Mattarella: ne valeva la pena? Forse si rendeva conto di quanto B. fosse inaffidabile (non ci voleva un Guicciardini) e volle togliersi la soddisfazione di anticiparlo. Da lì in poi - tu guarda la coincidenza - stampa e tv si sono accorti dell'emergenza clandestini, e non hanno più smesso di parlarne. D'altro canto quando mai è successo che in Italia tv e giornali ti impongano l'agenda e ti facciano vincere o perdere le elezioni? Quando Renzi rinunciò all'appoggio indiretto di Berlusconi, sapeva pur sempre di poter contare su sé stesso, sul suo partito, e su un bacino elettorale che andava dai delusi del centrodestra ai vedovi della sinistra. Da questi ultimi a dire il vero decise di separarsi col Jobs Act - e d'altro canto lo aveva promesso a qualcun altro, e poi non si può piacere a tutti, no? Rimaneva pur sempre il sostegno di sé stesso (Matteo Renzi), del suo partito, e di quel bacino elettorale che non cominciava a terrorizzarsi perché su Rete4 i Rom rubavano i bambini. Nel frattempo era giunto al pettine il nodo della riforma elettorale: non avendo più i voti di Berlusconi, Renzi fu costretto a sostituire qualche membro recalcitrante in commissione e imporre la fiducia ai suoi senatori. A quel punto qualche corda si spezzò: la miniscissione di Civati fu appena la punta dell'iceberg. Altri masticarono amaro e decisero, evidentemente, che gliel'avrebbero fatta pagare. Sarebbe stato sufficiente metterlo in difficoltà su qualche riforma scritta altrettanto male, e per sfortuna di Renzi, non ci vollero molti giorni a trovarne una: la Buona Scuola.
Matteo Renzi non aveva più il sostegno di Berlusconi, né di molti dei suoi ex elettori un po' in apprensione per le epidemie di ebola e di scabbia; e anche nel partito qualcuno cominciava a mugugnare. Gli restava però l'appoggio Matteo Renzi: e di una larga fetta di elettorato di centrosinistra - più o meno la quota percentuale di Veltroni, abbastanza per vincere le elezioni finché tutti gli altri avranno la buona creanza di astenersi. A questa fetta di elettorato Renzi decise di imporre la Buona Scuola, un aborto di riforma aziendalista dell'istruzione pubblica, con ricchi premi per chi piace ai presidi monocratici - no, neanche tanto ricchi a dire il vero. Poi si può discutere di quanto faccia schifo (parecchio), ma se hai rotto con Berlusconi e le sue televisioni. col sindacato e con un pezzo del tuo partito, davvero che altro ti resta da fare se non disgustare gli insegnanti di tutte le scuole pubbliche d'Italia? Nel frattempo c'è stata una tornata elettorale e si è scoperto - incredibile! - che persino quelle pippe dei Cinque Stelle, se si va al ballottaggio, si portano a casa intere province. Ora Renzi ha rotto un partito per imporre in parlamento un sistema elettorale che prevede un ballottaggio nazionale. Renzi naturalmente era convinto di vincerlo.
Ne è ancora convinto: perché è vero che non ha più l'appoggio di Berlusconi, né degli elettori delusi dal centrodestra o della sinistra; è vero che fa anche un po' fatica a imporsi al suo partito: però è altrettanto vero che in mezzo a tutte queste vicende, in questa "legislatura da brivido", non ha mai perso il suo alleato più fedele, ovvero Matteo Renzi. Alla luce di questa semplice nozione, non è poi difficile capire il senso della rivelazione concessa a Gramellini: Renzi ha fallito fin qui perché non è stato abbastanza Renzi. A chi obietta che fin qui Renzi è stato talmente renziano da rompere con tutti quelli che potevano aiutarlo o sostenerlo, proponiamo di calarsi nel suo punto di vista: 15 mesi fa tutti lo osannavano. Poi lo hanno tradito. Non hanno capito il Jobs act, non hanno compreso la genialità dell'italicum, non apprezzato la bontà della Buona Scuola. Non capiscono niente. Solo tu puoi capirmi, dice Matteo Renzi a Matteo Renzi. Perché perdi tempo con questi sfigati? A questo punto scegli: o me o loro. È tempo di ballottaggio, anche per te.
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