19-02-2002, 22:43Berlusconi, dialoghi, forze dell'ordine, Il G8 di Genova 2001, ScajolaPermalink
Sparlate a vista
Un ministro, lei? Mi faccia il piacere, mi faccia. Al massimo una minestrina… (Pazienza)
È vero, è facile fare brutte figure quando si è ministri degli Interni. Anzi, se si guarda al passato gli unici Ministri degli Interni che ci ricordiamo sembravano aver ricevuto la delega alle brutte figure. Il povero Bianco. Maroni. Gava, che si dimise per manifesta incapacità.
Il fatto è che nessuno studia da Ministro degli Interni. Da bambini, di solito, sogniamo di fare i calciatori. O le rockstar. O i piloti. O i navigatori. O gli astronauti. E chi studia sodo sogna di diventare Presidente. Ma nessuno sogna di fare il Ministro degli Interni. Per quanto importante e ben pagato, è un posto di ripiego. Scommetto che sulla scrivania Scajola tiene un modellino. Una macchina rossa. O una barca a vela…
Scajola era noto come un buon organizzatore di partiti. È abbastanza plausibile che il giorno prima di giurare in Parlamento sapesse poco o nulla delle mansioni spettanti a un Ministro degli Interni. Probabilmente a tutt’oggi non ne sa molto di più. Cioè, nella vita ti fai un mazzo così, alla fine ti fanno Ministro degli Interni, e non puoi neanche ordinare a un carabiniere di sparare? Pare di no. E comunque cambia poco, perché il carabiniere spara comunque, se è in giornata, se si sente in pericolo, se ha il fumo negli occhi, se è in preda al panico, se c’è un ragazzo a tre metri da lui con un estintore in mano, se i colleghi gli hanno detto che comunque sarà legittima difesa e non rischia neanche il posto. E allora, per quanto impanicato, prende la mira e spara. E poi riprende la mira e spara di nuovo, perché un ragazzo a tre metri di distanza con una pallottola in corpo è pur sempre una potenziale minaccia per sé e per compagni. Tra qualche tempo Placanica tornerà in servizio. Spero di non trovarmelo a tre metri di distanza.
Ricapitolando: quand’anche Scajola avesse ordinato alle forze dell’ordine di sparare, esse non potevano che ignorare l’ordine. Hanno sparato, sì, ma prima di riceverlo, o anche dopo, seguendo l’estro del momento. E hanno fatto altre cose che nessuno ha loro ordinato, tipo il massacro alle Diaz o le torture a Bolzaneto: dopo sei mesi di interrogatorio non sono ancora in grado di riferire chi gli ha ordinato di andare lì, e comunque quando loro sono arrivati c’erano già dei loro colleghi con un’altra divisa che avevano fatto tutto, non restava che dare una mano a pulire. Il tutto, naturalmente, all’insaputa del Ministro degli Interni, che ordini così non poteva darli. Ma se nessuno può ubbidirgli, e comunque tutti fanno quello che gli pare, allora a cosa serve un Ministro degli Interni? A nulla. A fare qualche brutta figura davanti alle telecamere ogni tanto.
La cosa interessante non è tanto la gaffe, ma il modo in cui il poveraccio è stato prontamente sbugiardato dalle forze di polizia. Una prontezza un po’ sospetta, uno sgarbo eloquente: Ministro, noi non la copriamo più.
A quel punto però il Ministro non poteva tirarsi indietro: aveva pronunciato la parola “sparare”, tutti avevano sentito, e la polizia aveva negato. Che fare? Se io fossi stato il suo Addetto alle Relazioni avrei visto una sola via d’uscita: la papera. Signori, è stata una mistificazione della sinistra, dovuta a un errore di pronuncia. Infatti, anche se qualcuno di voi ha erroneamente compreso “sparare”, io in realtà avevo ordinato di:
- sparire. Proprio così: “Se oltrepassano la linea rossa, voi sparite”. La tattica dello spiazzamento: voi fate tutto questo casino per entrare? Beh, noi spariamo. Nel senso che vi sgombriamo la piazza, non giochiamo più. Un’idea geniale, ministro. E nei fatti, almeno i carabinieri, durante il 21 luglio, erano spariti. Se ne vide solo una piccola delegazione davanti alla Diaz. Invece la polizia non sparì affatto. Sparò in compenso numerosi lacrimogeni ad alzo zero. Sempre per quel maledetto errore di pronuncia.
- sperare. “Se oltrepassano la linea rossa, voi sperate che facciano i bravi e si comportino bene”. Ed effettivamente il 21 luglio qualche manifestante oltrepassò la linea senza far nulla di pericoloso, e non fu nemmeno trattenuto. Tutto grazie alla lungimiranza del nostro ministro.
- spirare. Questa è più difficile da accettare, ma forse il Ministro chiedeva ai paladini delle Forze dell’Ordine un sublime sacrificio che avesse un valore di dissuasione morale: “Se oltrepassano la linea rossa, voi spirate”. Per ogni manifestante che entrava, un poliziotto avrebbe fatto hara kiri. Seduta stante. E a quel punto persino il più sanguinoso blecbloc (per non parlare di quelle anime belle delle tute bianche o dei lillipuziani) ci avrebbe pensato due volte a compiere un gesto che comportava il sacrificio di un innocente. Veramente crudele, ministro. Ma efficace.
- sparlare. Questa è la versione più plausibile, la più in tono con le direttive della Casa della Libertà. “Se oltrepassano la linea rossa, sparlate”. In quest’ultimo caso Scajola non avrebbe fatto altro che ripetere l’ordine che gli arrivava dal suo principale:
“Capo, e se oltrepassano la linea rossa? Cosa dico ai miei uomini?”
“Digli di sparlare”
“Sparare? Ma non posso!”
“Ho detto sparlare, idiota. Dire un mare di cazzate”.
“Cazzate, Presidente?”
“Ma sì, stordirli con le scemenze, e più stupide sono meglio è”.
“Ma di che tipo, Eccellenza?”
“Le prime che ti vengono in mente. Di’ che volevi sparare. E poi smentisci. E poi che avevi paura per Bin Laden. Di’ che sai cose che non puoi dire ma che si sapranno presto. E poi di’ che la sinistra ti sta strumentalizzando”.
“Sire, non capisco”.
“A dire il vero neanch’io, però funziona. Vedi, io ho notato questa cosa. Ogni giorno io li fotto da un punto diverso, e loro se ne accorgono, e iniziano a protestare. Allora, sai cosa faccio? Dico una cazzata qualunque, del tipo: le prostitute col tanga è una vergogna. Oppure: la sinistra ha un conflitto d’interessi con la verità. Lo giuro sui miei figli. Mi consenta. E tante altre, che neanche più me le ricordo. Ne ho dette troppe. E sai cosa succede?”
“Che succede, Maestà?”
“Succede che loro s’indignano, e protestano”.
“Ma protestavano anche prima”.
“Sì, ma prima protestavano per una cosa seria. Invece dopo protestano per una cazzata. E continuano finché io ne dico un’altra. E un’altra ancora. Quante ne avrò dette in vita mia, non lo so neanch’io. Parlo, sparlo, straparlo, è l’unica cosa che so fare. È sempre stato così, sin da quando vendevo villette in Brianza. È l’unica cosa che funziona”.
“Quindi l’ordine è sparlare a vista”.
“Proprio così. Frastornarli di cazzate. A raffica. A ripetizione. I carabinieri dovrebbero essere ben esercitati”.
“Ma Padre, e se poi salta fuori che era un ordine che non potevo dare?”
“Scajola, insomma, secondo te io ti pago per dare ordini a qualcuno?”
“No, Santità?”
“No. Ti pago per prenderli da me. Ma soprattutto per dire cazzate. A raffica. A ripetizione. Anzi, adesso ti convoco una conferenza stampa per domani, e vediamo come te la cavi. Fammi vedere cosa sai fare. Mi raccomando, Ministro dei miei interni”.
“Sì, Signore”.
Un ministro, lei? Mi faccia il piacere, mi faccia. Al massimo una minestrina… (Pazienza)
È vero, è facile fare brutte figure quando si è ministri degli Interni. Anzi, se si guarda al passato gli unici Ministri degli Interni che ci ricordiamo sembravano aver ricevuto la delega alle brutte figure. Il povero Bianco. Maroni. Gava, che si dimise per manifesta incapacità.
Il fatto è che nessuno studia da Ministro degli Interni. Da bambini, di solito, sogniamo di fare i calciatori. O le rockstar. O i piloti. O i navigatori. O gli astronauti. E chi studia sodo sogna di diventare Presidente. Ma nessuno sogna di fare il Ministro degli Interni. Per quanto importante e ben pagato, è un posto di ripiego. Scommetto che sulla scrivania Scajola tiene un modellino. Una macchina rossa. O una barca a vela…
Scajola era noto come un buon organizzatore di partiti. È abbastanza plausibile che il giorno prima di giurare in Parlamento sapesse poco o nulla delle mansioni spettanti a un Ministro degli Interni. Probabilmente a tutt’oggi non ne sa molto di più. Cioè, nella vita ti fai un mazzo così, alla fine ti fanno Ministro degli Interni, e non puoi neanche ordinare a un carabiniere di sparare? Pare di no. E comunque cambia poco, perché il carabiniere spara comunque, se è in giornata, se si sente in pericolo, se ha il fumo negli occhi, se è in preda al panico, se c’è un ragazzo a tre metri da lui con un estintore in mano, se i colleghi gli hanno detto che comunque sarà legittima difesa e non rischia neanche il posto. E allora, per quanto impanicato, prende la mira e spara. E poi riprende la mira e spara di nuovo, perché un ragazzo a tre metri di distanza con una pallottola in corpo è pur sempre una potenziale minaccia per sé e per compagni. Tra qualche tempo Placanica tornerà in servizio. Spero di non trovarmelo a tre metri di distanza.
Ricapitolando: quand’anche Scajola avesse ordinato alle forze dell’ordine di sparare, esse non potevano che ignorare l’ordine. Hanno sparato, sì, ma prima di riceverlo, o anche dopo, seguendo l’estro del momento. E hanno fatto altre cose che nessuno ha loro ordinato, tipo il massacro alle Diaz o le torture a Bolzaneto: dopo sei mesi di interrogatorio non sono ancora in grado di riferire chi gli ha ordinato di andare lì, e comunque quando loro sono arrivati c’erano già dei loro colleghi con un’altra divisa che avevano fatto tutto, non restava che dare una mano a pulire. Il tutto, naturalmente, all’insaputa del Ministro degli Interni, che ordini così non poteva darli. Ma se nessuno può ubbidirgli, e comunque tutti fanno quello che gli pare, allora a cosa serve un Ministro degli Interni? A nulla. A fare qualche brutta figura davanti alle telecamere ogni tanto.
La cosa interessante non è tanto la gaffe, ma il modo in cui il poveraccio è stato prontamente sbugiardato dalle forze di polizia. Una prontezza un po’ sospetta, uno sgarbo eloquente: Ministro, noi non la copriamo più.
A quel punto però il Ministro non poteva tirarsi indietro: aveva pronunciato la parola “sparare”, tutti avevano sentito, e la polizia aveva negato. Che fare? Se io fossi stato il suo Addetto alle Relazioni avrei visto una sola via d’uscita: la papera. Signori, è stata una mistificazione della sinistra, dovuta a un errore di pronuncia. Infatti, anche se qualcuno di voi ha erroneamente compreso “sparare”, io in realtà avevo ordinato di:
- sparire. Proprio così: “Se oltrepassano la linea rossa, voi sparite”. La tattica dello spiazzamento: voi fate tutto questo casino per entrare? Beh, noi spariamo. Nel senso che vi sgombriamo la piazza, non giochiamo più. Un’idea geniale, ministro. E nei fatti, almeno i carabinieri, durante il 21 luglio, erano spariti. Se ne vide solo una piccola delegazione davanti alla Diaz. Invece la polizia non sparì affatto. Sparò in compenso numerosi lacrimogeni ad alzo zero. Sempre per quel maledetto errore di pronuncia.
- sperare. “Se oltrepassano la linea rossa, voi sperate che facciano i bravi e si comportino bene”. Ed effettivamente il 21 luglio qualche manifestante oltrepassò la linea senza far nulla di pericoloso, e non fu nemmeno trattenuto. Tutto grazie alla lungimiranza del nostro ministro.
- spirare. Questa è più difficile da accettare, ma forse il Ministro chiedeva ai paladini delle Forze dell’Ordine un sublime sacrificio che avesse un valore di dissuasione morale: “Se oltrepassano la linea rossa, voi spirate”. Per ogni manifestante che entrava, un poliziotto avrebbe fatto hara kiri. Seduta stante. E a quel punto persino il più sanguinoso blecbloc (per non parlare di quelle anime belle delle tute bianche o dei lillipuziani) ci avrebbe pensato due volte a compiere un gesto che comportava il sacrificio di un innocente. Veramente crudele, ministro. Ma efficace.
- sparlare. Questa è la versione più plausibile, la più in tono con le direttive della Casa della Libertà. “Se oltrepassano la linea rossa, sparlate”. In quest’ultimo caso Scajola non avrebbe fatto altro che ripetere l’ordine che gli arrivava dal suo principale:
“Capo, e se oltrepassano la linea rossa? Cosa dico ai miei uomini?”
“Digli di sparlare”
“Sparare? Ma non posso!”
“Ho detto sparlare, idiota. Dire un mare di cazzate”.
“Cazzate, Presidente?”
“Ma sì, stordirli con le scemenze, e più stupide sono meglio è”.
“Ma di che tipo, Eccellenza?”
“Le prime che ti vengono in mente. Di’ che volevi sparare. E poi smentisci. E poi che avevi paura per Bin Laden. Di’ che sai cose che non puoi dire ma che si sapranno presto. E poi di’ che la sinistra ti sta strumentalizzando”.
“Sire, non capisco”.
“A dire il vero neanch’io, però funziona. Vedi, io ho notato questa cosa. Ogni giorno io li fotto da un punto diverso, e loro se ne accorgono, e iniziano a protestare. Allora, sai cosa faccio? Dico una cazzata qualunque, del tipo: le prostitute col tanga è una vergogna. Oppure: la sinistra ha un conflitto d’interessi con la verità. Lo giuro sui miei figli. Mi consenta. E tante altre, che neanche più me le ricordo. Ne ho dette troppe. E sai cosa succede?”
“Che succede, Maestà?”
“Succede che loro s’indignano, e protestano”.
“Ma protestavano anche prima”.
“Sì, ma prima protestavano per una cosa seria. Invece dopo protestano per una cazzata. E continuano finché io ne dico un’altra. E un’altra ancora. Quante ne avrò dette in vita mia, non lo so neanch’io. Parlo, sparlo, straparlo, è l’unica cosa che so fare. È sempre stato così, sin da quando vendevo villette in Brianza. È l’unica cosa che funziona”.
“Quindi l’ordine è sparlare a vista”.
“Proprio così. Frastornarli di cazzate. A raffica. A ripetizione. I carabinieri dovrebbero essere ben esercitati”.
“Ma Padre, e se poi salta fuori che era un ordine che non potevo dare?”
“Scajola, insomma, secondo te io ti pago per dare ordini a qualcuno?”
“No, Santità?”
“No. Ti pago per prenderli da me. Ma soprattutto per dire cazzate. A raffica. A ripetizione. Anzi, adesso ti convoco una conferenza stampa per domani, e vediamo come te la cavi. Fammi vedere cosa sai fare. Mi raccomando, Ministro dei miei interni”.
“Sì, Signore”.
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